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Autore: Setsuka    30/03/2015    3 recensioni
{pre-slash!Taichi/Koushiro}
“Posso farti una proposta indecente?”.
“Dipende dalla sua indecenza, sai che non approvo le cose volgari”.
“È molto indecente, ma affatto volgare”.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Koushirou Izumi/Izzy, Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Mentre fuori è calata la notte

Dopo anni torno a pubblicare su Digimon, sperando seguano tante altre pubblicazioni, perché amo la serie, i suoi personaggi e finalmente ho avuto - dopo tutti questi anni - il coraggio di conoscere il suo fandom. Con Digimon Adventure Tri alle porte spero l'ispirazione diventi mia compagna fedele, sì, ma che seduca anche tanti altri fans.
Don't always rain on my parade (ispirato alla canzone Don't rain on my parade di Barbra Streisand dal film Funny Girl) è nata come un piccolo progetto sulla mia OTP, il Taishiro, una raccolta, non ricercata o ambizioso, non un'avventura di molti capitoli, ma una creaturina per mezzo di cui volevo slegare alcuni pensieri e toccare alcuni argomenti.
Alla fine però ho preferito fosse un'unica storia con un Taichi diciottenne e un Koushiro diciassette con le premesse dell'epilogo dello 02 incrociarsi con i sinossi di Adventure Tri, ovvero sullo sfondo di un mondo dove i ragazzi muovono i primi passi importanti per far convivere i due mondi e per questo è citato il padre di Sora, Gennai e Taichi e Kou si ritrovano a tornare da Kyoto. 
La terminologia e i nomi usati, sono quelli della serie originale e non dell'adattamento, nel caso non vi siano familiari questa è la spiegazione, ma nel testo troverete le note che vi serviranno per la lettura. 
Voglio ringraziare Charlie, Daniela, Valerio, Fjona e Vari, perché in modo (per loro) più o meno inconsapevole mi sono stati d'ispirazione e, se non è presuntuoso da parte mia vorrei dedicargli queste righe.
Spero apprezzerete tutti e che lascerete un'opinione (anche critica!) sul testo, in modo da offrirvi un lavoro di qualità.

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Quando il treno iniziò a marciare.





Dal finestrino dello Shinkasen1 diretto a Tokyo, Taichi vide avanzare l'imbrunire.
Il cielo era rosso, pittoresco, poetico e Taichi sospirò.
La giornata era stata intensa, il lungo incontro con Takenouchi-san era stato più proficuo per il professore che per gli ormai adulti bambini prescelti, ma non noioso.
C'erano tante domande che solleticavano le sue fantasie sul futuro, un futuro diplomatico riguardo al mondo dei Digimon, una guerra da combattere con le parole, con l'arma più potente di Yagami Taichi, il carisma.
Koushiro sembrava aver avuto ragione riguardo le capacità oratorie di Taichi, era portato, aveva la stoffa per la politica, ma tutto sembrava così distante e difficile, anche se più pensava al traguardo e più ne era eccitato. Non sarebbe stato solo, poteva farcela, Koushiro per primo l'aveva rassicurato – che senpai terribile che era! – non sarebbe stato solo nella sua propaganda alla comprensione ed accettazione del Digital World, sarebbe stato un ottimo intermediario, così non ci sarebbero stati più incidenti. Era parte di una rivoluzione, era un ingranaggio importante, ma non solo, il suo non era un moto indipendente, non doveva aver timore di nulla, dopotutto... lui possedeva lo Stemma2 del Coraggio!
Quello che avevano davanti era grande ed importante quanto la rivoluzione copernicana, avere una certa inquietudine era naturale quanto saggio, l'orizzonte non era roseo perché la realtà è sempre complicata, soprattutto se da ambo le parti c'è paura, una paura che può diventare odio o aggressività; Taichi era in dovere di esorcizzare quelle paure, quei pregiudizi... era in dovere di far splendere il suo Stemma, nel nome di una bene superiore.
Invidiava il sangue freddo di Koushiro, la sua capacità di essere imperturbabile che gli costava – Taichi lo sapeva – il sacrificio di qualche emozione. Nella visione del mondo di Izumi Koushiro, talvolta la scelta migliore da fare costava del puro autolesionismo emotivo, questo Taichi non lo invidiava, anzi... avrebbe voluto poter proteggere il suo migliore amico da queste insensatezze.
'Miglior amico...tsk...' Taichi era sempre stato un tipo spiritoso, ma non facevano ridere alla luce del sole definizioni che calzavano troppo strette.
Lo Shinkasen era in viaggio da un quarto d'ora, verso Tokyo, e esattamente da quando aveva lasciato la stazione di Kyoto il suo compagno di viaggio non aveva staccato gli occhi dal computer portatile; non c'era molto da sorprendersi, ma Taichi non poteva negare di essere un tantino seccato, nel vagone vuoto l'unico rumore era prodotto dai tasti toccati dalle dita di Koushiro. Quel suono senza armonie e senza melodie non era certo il suono del basso di Yamato, non teneva alcun ritmo, non coinvolgeva, piuttosto era estraniante, ma quella monodia era il suono del talento di Koushiro, un suono al quale si era emotivamente legato, per quanto antipatico potesse risultare.
Taichi guardò il volto teso e concentrato dell'amico; Takenouchi-san aspettava con fiducia il giorno in cui Koushiro si sarebbe unito ai suoi studi, il professore confidava molto nel giovane che era la persona con la maggior conoscenza del Digital World, in compagnia di Koushiro era Takenouchi-san a diventare l'allievo. Taichi si chiedeva se non fosse un peso per l'amico quel continuo lavorare, ricercare e tenersi costantemente in contato col professore, se tutto quel lavoro non dipendesse per caso da qualche segreta paura di deludere qualcuno e se quel qualcuno non fosse proprio lui.

Taichi-san, perdonami, lo so che tu ami davvero il calcio, ma credo che – nella situazione in cui ci troviamo – tu debba avere obbiettivi più alti. Il tuo futuro, nel mondo dello sport, è sprecato”.
Quanto tempo fa era accaduto? Un mese prima? Sembravano secoli... si era davvero offeso a quelle parole, era rimasto ferito dall'idea che fosse solo che un idiota ai suoi occhi.
Era Taichi quello che non avrebbe sopportato l'idea di deludere Koushiro.
Taichi-san, non lo dico con l'intenzione di offenderti, ma perché tu... sei speciale rispetto a tutti noi. Tu hai davvero le doti per diventare un leader, un leader politico intendo, qualcuno che può davvero cambiare i rapporti tra umani e digimon. E se per fartelo capire devo dirti che stai buttando via il tuo talento pensando al calcio, allora sì, mi ripeterò finché non capirai che sto parlando con tutta l'ammirazione che nutro per te e... che vuole solo il meglio, per te, e per il Digital World”.
Amava davvero il calcio, non poteva negarlo, l'idea di poter fare di quel hobby la sua professione l'aveva esaltato fin troppo nel passato, portandolo a perdere di vista cose ben più importanti.
In un mondo dove i digimon erano una minaccia, mostri da sterminare - mostri che la Sicurezza aveva anche abbattuto quando erano comparsi nelle città dei vari continenti - lui non poteva fare finta di nulla, non poteva essere un vigliacco, come non poteva essere egoista; si era comportato da bambino però, in modo pessimo, quando Koushiro era entrato in argomento all'indomani delle iscrizioni universitarie Taichi aveva letto in quelle parole un sottotesto mai voluto, aveva visto quelle parole come una minaccia, aveva portato la mente a Sora che anni prima aveva scelto Yamato, affascinata dalle molteplici qualità del ragazzo, mentre lui era... solo Taichi.
Ne era passato di tempo, erano cambiate così tante cose nelle loro vite, tuttavia quel antico timore ogni tanto riaffiorava, il timore di non valere, di non essere speciale e, a causa di ciò, ogni tanto si comportava come uno stupido passivo aggressivo.

Lo Shinkasen entrò in una galleria, le colline illuminate di rosa diventarono ricordo.

“Koushiro?” senza un panorama non aveva nulla con cui distrarsi, voleva condividere un normale viaggio tra amici, parlando del più e del meno. Koushiro però non rispose, come se non fosse necessario rispondere o – molto più probabile – come se non lo avesse sentito.
Taichi sorrise e con studiata lentezza poggiò la testa sulla spalla di Koushiro.
L'amico geek non staccò gli occhi dallo schermo, ma Taichi lo vide fremere, per una frazione di secondo ed esitare nel premere un tasto; era stato quasi impercettibile, ma il talento atletico di Taichi non era certo solo merito di un fisico allenato.
Kou-shi-roo...cercò di guadagnarsi l'attenzione di Izumi canzonando il suo nome e trattenendo un certo divertimento per l'atteggiamento stoico dell'altro.

“Non serve che richiami la mia attenzione Taichi-san, vai al punto di quello che devi dirmi”.

“Allora mi stavi ascoltando?”.

Certo”.

Credevo fossi distratto”.

Koushiro schiuse le labbra per replicare, ma non uscì suono, c'aveva ripensato. Non era importante che Taichi sapesse che con lui non si distraeva mai. Non poteva escluderlo dai suoi pensieri se li occupava, era questa la verità, ma il buon senso gli aveva suggerito il silenzio e di continuare nel suo lavoro.

“Volevo solo dirti che alla fine avevi ragione. Nel senso che...” era seccante che non lo guardasse, ma
Taichi era anche certo che ogni senso fosse focalizzato su di lui, anche se non smetteva di lavorare al computer.
“...beh, per quanto sembri tutto così lontano dalla mia portata ed
impegnativo, è una sfida che mi entusiasma, io... credo che è proprio quello che voglio nel mio futuro e non vedo l'ora di raggiungerlo”.


Gli angoli della bocca di Koushiro si distesero in un sorriso, era rilassato, felice d'aver sentito quelle parole, come se averle pronunciate cambiasse ogni cosa in meglio, ponendo fine a un capitolo travagliato.

Koushiro, fai schifo nel gongolare, sai?”.

Rise alle parole di Taichi.
Perché dovrei, Taichi-san? Non ne vedo il motivo”.

A sua volta Taichi avrebbe riso, ma si morse l'interno della guancia per non farlo; voleva dare un'impressione imbronciata, seccato dal fatto che quell'aggeggio senza anima e cervello ricevesse più attenzioni di lui. Un inutile comportamento infantile con Koushiro.
Potresti figurare da solo il motivo, non è difficile. Ma quel affare ti distrae”.

Quel affare cosa sarebbe, di grazia?”.

Taichi sbuffò: “il tuo computer”.

Sento dell'ostilità nella tua voce” lo prese in giro, comprendendo quale fosse il reale fastidio – sapeva che il suo lavorare al computer infastidiva gli altri, tra cui Taichi-san, quando non era comodo – ma fingendosi ottuso per giocare ad un gioco che, sapeva, Taichi apprezzava.

Oh sì, un'ostilità tanto forte che potrei garantirti che se solo i finestrini si potessero aprire lo getterei via”.

Se fosse stato un altro a dire una cosa simile, Koushiro probabilmente sarebbe diventato aggressivo come un caimano e avrebbe attentato agli occhi del malcapitato ed impulsivo compagno di viaggio, ma al suo fianco – poggiato sulla sua spalla destra – c'era Taichi-san, l'unico a cui poteva davvero perdonare tutto, l'unico che non riusciva a farlo arrabbiare, ma a sorridere.
Taichi-san sto scrivendo una relazione per Gennai-san su quello di cui abbiamo parlato oggi, potrà darci dei consigli utili” e dopo un secondo d'esitazione, con un lieve imbarazzo aggiunse “...lo sto facendo anche per esserti d'aiuto.
Non dovresti” rispose pacato “già fai fin troppo per me e...” sospirò deluso da se stesso – “...questo mi rende sempre più un pessimo senpai.

Ma Koushiro scosse la testa: “dovresti smetterla di schernirti in quanto senpai, Taichi-san. Se sei sempre stato il nostro leader e se hai le potenzialità per una carriera politica è perché sei tutto fuorché pessimo. Sei la miglior persona per ricoprire questo ruolo, ma già te l'ho detto, no?”.

Uscirono dal tunnel, Taichi lanciò un'occhiata fuori: c'era un paesaggio collinare coperto dai freddi colori violacei che anticipavano la notte, il giorno li aveva lasciati e a Tokyo li avrebbe accolti la notte; avrebbe fatto meglio a riposare, ma non poteva, era distratto.
Non dovresti sempre giustificarmi, sai? Non riesco proprio a capire perché tu lo faccia” o forse solo non voleva capire.
Mi comporto da bambino e tu rivesti i panni della persona matura e mi giustifichi, quando neanche io saprei farlo. E in questi mesi l'ho fatto davvero tante, troppe volte” perché avere diciotto anni fa paura, si è ragazzini, eppure si viene chiamati adulti e a comportarsi di conseguenza.
Sai, è che ultimamente mi sono domandato quale sia il mio posto nel mondo. Tu te lo chiedi mai?”

Koushiro smise di far scorrere le sue dita sulla tastiera, ma non trovò il tempo di rispondere che Taichi si pentì per l'impulsiva domanda: “...scusa, non avrei dovuto.
Il diciottenne tornò con la memoria a molti anni prima, in un'imprecisa giornata di estate, caldo e videogame, dove – dopo una partita ad un picchiaduro – Koushiro gli disse: sai Taichi-san? Io sono stato adottato, mio padre e mia madre non sono davvero i miei genitori”. L'aveva colto di sorpresa, non aveva saputo cosa dire Taichi, era imbarazzato quanto triste, ma soprattutto confuso perché quelle parole erano venute dal nulla, senza una ragione, senza un tono adeguato al contenuto del messaggio. Koushiro gli aveva parlato di ciò come se gli avesse comunicato l'uscita di un nuovo gioco e la sua motivazione era stata: perché non voglio nasconderti nulla”, come fosse un dovere essere trasparente con lui. Taichi gli era grato di tanta considerazione, ma si chiese se in realtà Koushiro non l'avesse fatto per il disperato bisogno di togliersi un peso. Se così fosse stato, non l'avrebbe certo biasimato.

Io so qual'è il mio posto nel mondo”.
Con sorpresa di Taichi, Koushiro gli rispose serio, dimentico del computer. Lo disse quasi in tono solenne, come se la Natura stessa gli avesse sussurrato la risposta nei giorni vissuti, mostrandogli la via da percorrere.

Eh? Lo sai? E dove sarebbe? ”.

Koushiro non era sicuro che Taichi potesse davvero comprenderlo, perché se poteva comprendere le parole ed il loro senso, poteva ignorarne il significato, perché quello l'aveva compreso solo vivendo. Ogni granello di tempo, scorrendo, accumulandosi nel passato, aveva mostrato la risposta del presente e del futuro.
Quando si erano conosciuti Koushiro non aveva nulla, se non la certezza di vivere in una bugia: nessuno voleva essere suo amico, con la scusa che era troppo intelligente per loro; nessun insegnante era felice di essere il suo professore perché temevano le domande di un genio, inoltre aveva scoperto da poco che i suoi genitori non avevano legami di sangue con lui, ma non gli avevano detto nulla, gli sorridevano e mentivano con naturalezza. Il piccolo Koushiro non odiava, non ne era incapace, tuttavia sentiva di non appartenere a nulla, di non essere desiderato da nessuno, di essere un'esistenza di troppo che doveva trovare il modo più silenzioso per non disturbare e non pretendere nulla dalla vita, perché era solo un ospite, era solo una presenza temporanea, nulla lo teneva attaccato a qualcosa e gli ricordava quale fosse il suo posto nel mondo, ma poi aveva incontrato Taichi-san che senza uno scopo era stato gentile con lui, senza guadagnarci nulla aveva voluto essere suo amico e non si vergognava di dirlo, anzi, era contento della sua compagnia nonostante Koushiro non avesse fatto nulla per guadagnarsi la sua simpatia. Ed era seguita la loro avventura nel Digital World, poi erano seguiti giorni in cui non era più solo, accettando l'invito di Taichi-san al campo estivo gli era stato donato un nuovo mondo da scoprire e da amare, reale, per quanto fosse digitale e... bastava metterci piede per diventare in esso un insieme di dati, non più carne e sangue e D.N.A., ma una nuova forma fedele a se stesso; se per gli altri bambini prescelti poteva essere spaventoso, per lui era tutto l'opposto.
C'era solo un'assoluta e lucida certezza per Koushiro, per quanto potesse sembrare ambigua come risposta, era l'unica che poteva dare: io... so solo che il mio posto è al fianco di Taichi-san”.

Il suo posto.
Accanto a lui.
Era... la sua certezza?
Come febbricitante Taichi volle parlare, ma ad aprir bocca non uscì suono e un semplice capriccio d'ozio lo fece rimanere esattamente dov'era e dove Koushiro gradiva la sua presenza.
Pensò al piacere del gelato che scende e il cui zucchero rimane in bocca, mentre lo stomaco accoglie lieto il dolce d'acqua. Si sentì molto Agumon, ma era la sensazione più simile a quella che provò e fu bello, finché le dita di Koushiro non tornarono sulla tastiera e la sua attenzione alla relazione da spedire a Gennai.
Eppure, almeno un silenzio, era appartenuto ad entrambi.

Ehi, Koushiro?”

Richiamò la sua attenzione, mentre gli angoli della bocca si piegavano al divertimento di una malvagia e terribile idea che solo qualcuno con lo Stemma del Coraggio poteva proporre.

Sì, Taichi-san?”.

Posso farti una proposta indecente?”.

Dipende dalla sua indecenza, sai che non approvo le cose volgari”.

È molto indecente, ma affatto volgare” specificò Taichi sapendo che la scelta giusta di parole avrebbe catturato la curiosità del suo formale migliore amico.

Allora accetto la più strana, pudica ed unica proposta indecente che mi sia mai stata fatta. Di cosa si tratta?” era curioso della proposta di Taichi, della sua fantasia, ma non in modo così estremo come si sarebbe potuto pensare. Taichi era sempre fantasioso, pieno di idee e voglia di divertirsi in modi singolari, sia Koushiro che Yamato (e talvolta anche Jou) erano spesso coinvolti nei suoi eccentrici e pudici divertimenti, ma l'invito era stato solo per lui e il tono di Taichi-san era stato così pacato da dare l'illusione di un timbro dolce.
Colpa della vicinanza, doveva essere così.
Izumi attese di sapere di quale morte avrebbe dovuto morire, ma Taichi non disse nulla, sembrò prendersi del tempo ulteriore, come se l'indecenza stessa risiedesse nella paternità della proposta, come fosse qualcosa di cui – per quanto ne sapeva Koushiro – Taichi stesso potesse pentirsi in un futuro più o meno prossimo.

Taichi-san?”

Con la sua testa da porcospino si allontanò da Koushiro tornando eretto al suo posto a sedere, spezzando l'alchemico calore che due corpi possono produrre dalla loro prossimità.
Taichi guardò dal finestrino, la sera stava intensificando i colori, era blu e facendo attenzione si potevano vedere le stelle.
Voleva vederle però in modo diverso.

Koushiro, tra due settimane, a Tanabata3...” si girò e Koushiro finalmente non guardò più il pc, stava guardando il suo senpai e per Taichi fu come uno di quei momento in cui il tempo viene scandito dalle melodie di un pianoforte, dense di emotività, ma cortesi nel riempire il silenzio, nonostante le note d'imbarazzo.
...a Tanabata, vieni con me a vedere i fuochi d'artificio”.

Koushiro non fu sicuro del reale significato di quelle parole, ma sorrise a Taichi mostrando la gratitudine che gli mostrava ogni volta che gli permetteva di essere al suo fianco; che fosse per studio, per un combattimento con i loro digimon o un pomeriggio di videogames, Koushiro era sempre grato a Taichi di ogni cosa.

Va bene”.

Con tanto di yukata!” affermò Taichi prima di abbandonarsi al vero imbarazzo di cui l'altro non ne intuì la natura.

Va bene, ma non voglio essere il solo ad indossarlo”.

O-ovvio”.

Mi sento sollevato”.

Tip-tip... Per gli yukata?” fu seccante per Taichi vedere Koushiro tornare a scrivere al computer, senza realmente estraniarsi dal discorso.

No, perché avevi detto che era una proposta indecente”.

La voglia di sbattere la fronte contro il finestrino fu forte per il più grande.

...ho avuto paura che fosse coinvolto il mio computer” confessò sincero, mettendo un punto al testo che stava compilando per Gennai-san.

Non... non devi temere” e in quel momento di estrema e seccata sincerità, Taichi volle essere impavido ed andare nel dettaglio... “voglio più di chiunque altro al mondo le tue dita siano lontane da quel coso, ovunque, ma non su di lui...ed ammutolì solo quando si rese conto di quanto avesse detto e delle sfumature che potevano assumere quelle frasi. Non avrebbe voluto entrare così nel... non poteva neanche scappare, era su un treno ad alta velocità!

Ok, saranno dove vorrai tu”.

Saranno... dove?!”.
Non solo le guance di Taichi si fecero scarlatte, persino le orecchie diventarono rosse e calde come se la sua temperatura fosse al di sopra del salutare.

Prima fai proposte indecenti Taichi-san e poi ti imbarazzi?” lo prese in giro, lasciando intendere che aveva volutamente ragionato sulla scelta di parole.
Sto solo aggiungendo alla tua proposta l'ambiguità di una reale indecenza”.

Koushiro che faceva allusioni sessuali e le capiva?
Taichi non era di certo pudico, si concedeva come tutti i maschi della sua età conversazioni di sole volgarità e allusioni, ma fu una bastonata sulla nuca associare quelle perle di selvaggio maschilismo a Koushiro. Dove era il piccolo, ingenuo e probo Izumi Koushiro?

Era cresciuto così in fretta e...

“Non protesterò se vorrai tenermi per mano, Taichi-san”.

...e dopotutto il piccolo, ingenuo e probo Izumi Koushiro era ancora lì, sarebbe sempre stato lì, al suo fianco, nel suo posto nel mondo.

Certo, mano nella mano Koushiro. Sarà proprio indecente come pensavo”.






1Lo Shinkasen è il treno ad alta velocità con cui si può raggiungere Kyoto da Tokyo e viceversa.

2Stemma è la traduzione per Crest, ovvero quelle che nell'adattamento italiano sono le Digipietre.

3Tanabata è una delle cinque maggiori festività giapponesi che si celebra il 7 luglio. La tradizionale festa omaggia il ricongiungimento delle divinità innamorate Orihime ed Hikoboshi che rappresentano le stelle di Vega e Altair.



   
 
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