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Autore: B Rabbit    30/03/2015    0 recensioni
Carattere come vetro incandescente, il suo, perennemente modellato secondo il momento e il tempo astratto, abilità migliorata durante gli anni del suo apprendistato ancora inconcluso – capacità sviluppata per sopravvivere, spada e scudo nel medesimo attimo – [...] ma in presenza di lui, il fuoco moriva, e in quell'istante il vetro assumeva magicamente l’iniziale aspetto, sotterrato anni prima il giorno della partenza con Bookman.
[Tra la centosessantottesima e la centosessantanovesima notte]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UnCertainty





Passeggiò tranquillamente per il lungo corridoio della base, la nuova Home.
Sorrideva e salutava i volti che incontrava durante il tragitto, scherzando su qualcosa di irrilevante se si fermava a parlare con qualcuno.
«Ci vediamo!» ripeté Lavi all’ennesimo individuo, un’altra persona che avrebbe scordato o mai più rivisto, agitando la mano prima di riavviare la sua ricerca. Sorrise.
Carattere come vetro incandescente, il suo, perennemente modellato secondo il momento e il tempo astratto, abilità migliorata durante gli anni del suo apprendistato ancora non concluso – capacità sviluppata per sopravvivere, spada e scudo nel medesimo attimo –.
Il chiacchiericcio indefinito lo annunciò della vicinanza della mensa.
Poggiò la spalla destra sul grande pilastro di candida pietra e, in silenzio, scrutò i volti dei presenti con la speranza di non aver sbagliato luogo.
Udì dei passi decisi divorare velocemente il corridoio e la distanza che si interponeva tra essi e lui.
I sussurri della gente del refettorio aumentarono e una smorfia di ribrezzo deturpò il viso del rosso.
È solo paura, la vostra
Si voltò e, guardando la figura che avanzava a capo basso, levò il braccio in segno di saluto.
«Ohi, Allen!» lo chiamò allegro, il tono spensierato della sua voce in netto contrasto con i visi scuri e i mormorii della gente che li circondavano, come sfondo di un palcoscenico – inchiostro, solo incognite indifferenti nella sua mente –.
Il giovane lo oltrepassò velocemente, e Lavi notò i suoi pugni serrati e il labbro dilaniato dalla forza dei canini.
Abbassò lentamente la mano ed osservò in silenzio quel ragazzino che svaniva via come un miraggio, e nei suoi movimenti intravide la sofferenza che lo angustiava.
Non si è voltato. Non era in grado di mascherare il suo tumulto interiore
E il sorriso svanì piano dalle labbra di Lavi.


La terra era coperta da un morbido velo d’erba, tranne che per una zolla quadrangolare in cui una croce in pietra nera sorrideva a chiunque si avvicinasse, la superficie buia ancora screziata di lacrime ormai evaporate e sogni sbiaditi.
Vicino alla tomba, dei solchi paralleli fra loro ferivano la terra – la stessa in cui, tempo addietro, i suoi artigli argentei si conficcarono per la prima volta, splendendo maligni nella notte –.
Era come se l’erba si fosse rifiutata di celare le prove di quell’atto vergognoso, lasciando il volto di Gea sfregiato – deturpato come la sua pelle, in cui il ricordo della caduta pulsava ogni istante sotto il cremisi di quella maledizione –.
Allen accennò un passo in avanti, percorrendo con lo sguardo le lettere che spiccavano sul braccio orizzontale della croce. Rimase immobile, rigido come la dama ammantata d’ombra che tutti allontanavano con stupidità, additandola come ingiusta o fredda per un compito che in pochi sarebbero stati capaci di sopportare.
Stette immobile quando due braccia circondarono il suo corpo e lo accolsero in una stretta leggera.
«Lavi» soffiò debolmente Allen, la voce povera di stupore ma gravida di amarezza. «Tim ti ha indirizzato qui?».
«Sì» gli rispose e le iridi smeraldine guizzarono sulla tomba di fronte a loro, dilatandosi appena il senso di quelle lettere si formò nella mente del ragazzo – Mana Walker –. «Ti ho seguito fino a quando non sei scomparso lungo un corridoio, ma poi ho notato Tim appollaiato sul pomello di uno sgabuzzino e… beh, è stato facile» spiegò, mentre dinanzi ai suoi occhi volteggiavano i frammenti della storia di un bambino che aveva perso la gioia insieme al suo genitore adottivo.
Le labbra di Allen si tesero leggermente, un sorriso vacuo e sterile che strideva con la gentilezza seppellita nel suo animo. «Dovevo chiudere il gate…».
«Come hai fatto a depistare Due Nei?».
«L’ho addormentato con i sonniferi creati da Komui» disse in un soffio, e il suo viso parve rasserenarsi lievemente appena l’altro si irrigidì alle sue spalle. «L’avevo trovato durante il trasloco» spiegò; accennò una risata divertita quando udì un povero ispettore uscire dalle labbra dell’altro.
«Beh, avrai meno problemi se rimarrò con te» proferì il fulvo, posando il mento sul capo dell’altro. «Perché?» chiese lui, gli occhi fissi sul terreno. «Perché così non potrò tradire l’Ordine come Quattordicesimo?».
Il ragazzo espirò piano, osservando i rami nudi e affusolati dell’albero vicino. «Sei uno scemo» gli disse invece e lo strinse maggiormente a sé, facendo combaciare la sua schiena col proprio petto – Allen non disse nulla, alcun suono zampillò dalle sue labbra, né di protesta né di stizza. Semplicemente, la sua mente navigò in altri pensieri più gravosi e oscuri e dolorosi –.
«Mana ti voleva bene» soffiò Lavi, capendo la natura delle riflessioni che tormentavano l’altro, quasi fosse capace di udire il suono triste di violino che scaturivano da essi.
Il più giovane rimase in silenzio per qualche attimo, gli occhi puntati su quelle dannate leggere.
«Non lo conoscevi neanche, come fai a dirlo? Dov’è la certezza, la verità delle sue parole?».
«Nel tuo cuore» rispose lui immediatamente, sciogliendo l’abbraccio, e il giovane sentì il freddo affondare impassibile nella sua schiena, come gli artigli nel corpo deforme di Mana. «E nelle tue lacrime» aggiunse poi.
Allen sgranò gli occhi; si portò una mano al viso, percependo soltanto in quel momento l’umidità di quelle scie che gli segnavano la pelle. Il più piccolo chinò la testa, contrasse la mascella.
Un sospiro abbandonò le sue labbra.
«Ho paura…» ammise asciugandosi velocemente le lacrime. «Ho paura che Mana volesse bene al Quattordicesimo, non a me» si avvicinò alla lapide e carezzò la superficie gelida.
«Andava tutto così bene» continuò, mentre il mondo diveniva nebuloso e confuso a causa dell’amarezza e del dolore diluiti in pianto silenzioso. «Una casa… una famiglia. Andava tutto così bene…».
Lavi si morse il labbro appena un singhiozzo tremò sofferente nell’aria; vide l’inglese stringersi l’addome con le mani nel tentativo di sopprimere i singulti, di annullare l’angoscia che lo stringeva con freddezza. Si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla schiena, regalandogli conforto con un semplice tocco.
«E quando mi ero abituato…» proseguì l’altro. «Mi hanno portato via tutto. Di nuovo».
Il diciottenne aggrottò le sopracciglia, frustato da quei singhiozzi e da quelle lacrime silenziose, ma che riecheggiavano in lui in modo assordante. «Non tutto» sussurrò, e posandogli una mano dietro la nuca, attirò a sé l’esorcista e lo strinse forte. «Ci sono io» mormorò vicino al suo orecchio, ottenendo unicamente come risposta un gemito doloroso.
Il carattere di Lavi era come vetro incandescente, pronto ad essere modellato per agevolare il compito della registrazione, ma in presenza di lui, di Allen, il fuoco moriva, e in quell’istante il vetro assumeva magicamente l’iniziale aspetto, sotterrato anni prima il giorno della partenza con Bookman.
«Ci sono io, qui con te» lo rassicurò, la voce ammorbidita da sentimenti veri, non riflessi, sfaccettature del moto d’animo umano. E prendendo il viso dell’esorcista nelle mani, addolcì la pena di quel suo cuore sofferente con un morbido bacio, condividendo insieme ad Allen il peso del suo dolore.








- Su, ****, vieni qui! -
- Asp-, Mana! Chiamami “Allen”! “Allen”! -
- Oh là là. Perché tanto accanimento per questo nome? -
- Perché… era il nome del tuo cane! -
- Certo, mi ricordo, ma non comprendo ancora il motivo -
- Perché è grazie a lui che ci siamo conosciuti -
- Hai ragione, bambino mio. Su, andiamo ora… Allen -


















Sono tornata e, no, non sono morta, mi dispiace :D
Ho trovato questa OS nella cartella e, beh, la voglia di continuarla è arrivata.
Spero che vi sia piaciuta un pochino, già :3
Vorrei dire che, con oggi, sono passati tre anni dalla prima pubblicazione – e come festeggiare se non con una OS semplice semplice, con trama inesistente, titolo scadente ma, soprattutto, Laven? Perché la Laven va sempre bene, ragazzi –.
E nulla, vi saluto :3

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