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Autore: Yasha 26    30/03/2015    3 recensioni
Il cuore è un prezioso organo che ci tiene in vita. Per molti è anche la sede dell'amore e della nostra anima.
Può, l'amore, superare le barriere del tempo, dello spazio e anche della morte?
Esiste un amore senza fine... per sempre?
Virginia e Tyler lo scopriranno fin troppo presto.
Dal testo:
-Il mio cuore è tuo e lo sarà per sempre, fino al suo ultimo battito. E sappi che se dovessimo lasciarci, un giorno, condividere la vita con altri compagni, tu farai ugualmente parte di me. Sarai per sempre nel mio cuore Virginia.-
*****
Mi risveglio in preda al terrore. Il cuore mi batte in gola, il respiro è affannato.
A volte sento ancora la sua voce dirmi ti amo.
Mi sono svegliata molte volte con l’impressione di sentirmi chiamare, perdendomi nella speranza e nell’illusione che fosse tutto un sogno. Poi tocco il letto freddo e vuoto, vedo il suo pigiama tra le mie braccia, e ricado nella triste realtà che lui non mi ha chiamata. E la disperazione torna ad impossessarsi dei miei pensieri, corrodendomi le membra, secondo dopo secondo, rendendo la mia esistenza peggiore dell’Inferno.
Rivoglio il mio Tyler!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Piccolo avviso ai lettori: Questo racconto non nasce esclusivamente da una mia ispirazione, ma da alcune ricerche effettuate, partendo da una mia idea di base. In questa storia romantica/drammatica si trovano scorci di vita reale. Per questo vi pregherei di cuore di spendere un po’ del vostro tempo leggendo anche le note a fine storia, per comprendere appieno ciò che ho scritto. Ve lo chiedo perché so che molti non leggono per nulla le note, ma se ci sono, un motivo c’è ^_^
Vi lascio alla lettura di una storia che non prevede il finale pucci pucci tutto rosa e fiori (vi avviso già da ora) ma di quello che è la vita vera. Buona lettura ^_^
 

 
 

Per sempre nel mio cuore


 
 
“Per quanto tempo è per sempre?”
“A volte, solo un secondo.” 
Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie.
 
 
 
-Forza Virginia! Gli altri stanno aspettando solo noi!- mi chiama mio marito per l’ennesima volta.
-Arrivo!- sbuffo, mentre rifinisco il trucco con un bel rossetto rosa lucido.
Mi guardo allo specchio da tutte le angolazioni per vedere come sto. L’abito nero, con ricami sul corpetto a cuore, cade perfettamente, le decolleté nere, tacco 12, mi slanciano abbastanza, borsetta abbinata all’abito, trucco impeccabile, ciglia lunghe e curvate, rossetto brillante, orecchini e collana abbinati, capelli mossi senza ciocche fuori posto…sì mi sembra tutto a posto. Sono soddisfatta!
-Amore, insomma, siamo in ritardo. Non hai ancora finito di rimirarti nello specchio delle tue brame? Sei bellissima come sempre.- ironizza lui, abbracciandomi da dietro e guardandomi dallo specchio.
-Voglio essere perfetta, non bellissima. E’ il nostro primo anniversario e voglio sia tutto perfetto.- preciso sorridendo.
-Per me basti tu a rendere tutto perfetto. Non serve il trucco raffinato e l’abito di gran classe. Mi basta averti con me per altri mille anniversari.- replica baciandomi la spalla lasciata scoperta dall’abito.
-Che dolce che sei! E’ per questo che ti amo tanto Tyler!- rispondo, voltandomi a baciarlo.
-Mi ami perché ti faccio i complimenti? Accidenti, basta poco. Mi converrà tenerti alla larga tutti gli uomini che ti faranno complimenti da adesso in poi.- scherza lui, beccandosi un mio sguardo assassino.
-Divertente!- ribatto stizzita, staccandomi dal suo abbraccio.
-Dai amore, scherzo. Non arrabbiarti. Lo so a cosa ti riferivi, ma sai che mi piace stuzzicarti.- ridacchia divertito.
-Ah sì? Vedremo quanto ti divertirai stanotte sul divano!- scherzo io stavolta, uscendo dalla stanza e scendendo al piano inferiore, lasciandolo lì come uno stoccafisso. Me la rido, quando lo sento scendere di corsa le scale per raggiungermi.
-Stavi scherzando prima, vero?- chiede preoccupato.
-Chissà.-
-Dai Virginia, non puoi fare sul serio. Stavo scherzando…- si giustifica, mettendo su il suo solito broncio triste, che fa ogni volta che vuole farmi intenerire.
-Non fare la faccia da cucciolo.- mi lamento. Sa benissimo che cedo subito quando fa così. E’ scorretto!
-Vuoi davvero lasciare il tuo povero maritino a dormire al freddo e al gelo sul divano?- chiede, facendosi ancora più tenero.
-Siamo in estate.- gli faccio notare divertita.
-E’ uguale. Il mio povero “cuore” lontano da te è al freddo e al gelo. Non puoi farlo soffrire così.- recita drammatico, mettendosi una mano proprio sul cuore.
-Il tuo cuore eh?- ridacchio, intuendo il suo doppio senso.
-Beh, ”anche” il mio cuore.- sostiene, sorridendo malizioso.
-Ahahaha ok ok, hai vinto tu. Il tuo “cuore” starà a caldo anche stanotte. Non è mia intenzione farlo soffrire tanto.- lo rassicuro, scoppiando a ridere.
-Grazie per la gentile concessione, mia Signora.- dice fingendo un inchino.
-Di nulla. Ora andiamo o ci daranno per dispersi.- propongo, prendendolo sottobraccio e avviandoci insieme verso l’auto.
 
 
-Finalmente! Ma vi eravate persi?- ci accoglie la nostra amica Amber, seguita da suo marito Michael e le loro gemelline.
-Più che la strada, stavo per perdere il letto.- sghignazza Tyler, mentre io alzo gli occhi al cielo.
-Oh oh! Argomento piccante in arrivo! Che hai combinato amico?- lo interroga Michael interessato, come ogni volta che si parla di sesso e affini.
-Bene, adesso quei due non li stacca più nessuno! Andiamocene.- sbuffa Amber, portandomi lontano dai commenti, sicuramente depravati, di quei due.
-Già. Gli altri sono arrivati?- chiedo guardandomi in giro per la sala.
-Non ancora ma staranno per arrivare.-
Per festeggiare il nostro primo anniversario, io ed Tyler abbiamo deciso di organizzare una festa con le nostre famiglie e amici più intimi, nello stesso luogo in cui si è tenuto il ricevimento dopo la cerimonia.
È una villa su tre piani, con un giardino immenso di cui mi sono innamorata la prima volta che l’ho visto. La festa si terrà proprio lì, tra fiori colorati e alberi profumati di aria pulita.
Che giornata magnifica quella in cui ci siamo sposati! Ero così emozionata che tremavo al momento del sì. Avevo atteso tanto quel momento, fin dal giorno in cui capii di essere innamorata di Tyler.
Ci siamo conosciuti grazie al mio lavoro, cinque anni fa. Facevo la commessa in un negozio di gioielli all’epoca, che poi acquistai dopo il matrimonio.
Ero da poco tornata single dopo una relazione abbastanza tormentata col mio ragazzo storico del liceo, Colin. Il nostro era un tira e molla continuo. Litigavamo e ci lasciavamo, per poi tornare insieme due giorni dopo. Quando poi lui mi confessò di non essere più innamorato di me perché aveva conosciuto una certa Sarah, mi sentì morire. Lo amavo, e ci rimasi malissimo.
In quel periodo ero sempre triste e cupa, e certo il mio lavoro non mi aiutava. Accogliere ogni giorno gente allegra e felice in cerca del loro anello di fidanzamento, o coppie che venivano a scegliere le fedi per il loro imminente matrimonio, mi distruggeva. Poi, un pomeriggio, entrò lui; alto, moro e bello come il sole. O almeno così è parso a me.
La prima cosa che mi colpì di lui furono gli occhi, di un brillantissimo nero, tant’è che lo associai ai diamanti neri, che io prediligo agli altri.
Cercava un regalo particolare per una ragazza, la sua fidanzata pensai. Gli proposi un bracciale, proprio di diamanti neri, così in tinta coi suoi bellissimi e incantevoli occhi, che sembrava mi penetrassero l’anima ogni volta che li guardavo di nascosto, mentre lui era intento a guardare i gioielli.
Mi dava strane sensazioni averlo vicino. Mi sentivo attirata come una calamita. Sentivo il mio corpo strano, come in balìa delle onde irrequiete di una mareggiata. Il cuore mi balzava in gola ogni volta che mi porgeva qualche domanda sul gioiello che osservava. Batteva tumultuoso ad ogni suo sguardo tinto d’ardesia.  Quando poi uscì dal negozio col suo acquisto, provai un moto d’ invidia verso quella ragazza, che aveva tutto per sé un così bel ragazzo dagli occhi del colore della tempesta, dalla voce dolce e gentile, dai modi raffinati ed eleganti.
Lo pensai per giorni, soprannominandolo “Black Diamond” per via di quelle due gemme che mi avevano stregata da subito.  Mi chiedevo chi fosse, che lavoro svolgesse, quanti anni avesse, ma soprattutto il suo nome. Mi sarebbe piaciuto chiederglielo, ma sarei sembrata invadente, come se ci stessi provando, cosa che non mi sarebbe dispiaciuta affatto per la verità.
Dopo un’intera settimana passata a sospirare e sperare di incontrarlo per caso in un supermercato, in qualche libreria, perfino in farmacia, mi rassegnai. Quante probabilità c’erano di incontrarlo? E se anche fosse accaduto? Che avrei fatto? Avrei flirtato con lui? Era comunque fidanzato, quindi non mi avrebbe certo dato corda. Poi, una decina di giorni dopo, mentre pulivo con fare annoiato la vetrina dei gioielli, il mio cuore riprese a battere frenetico; lui era ritornato! Con quel suo bellissimo sorriso e quei diamanti al posto delle iridi.
Mi stupii non poco quando mi ringraziò del consiglio, dicendomi che il bracciale era molto piaciuto alla sorella. Rimasi di stucco. Non era per la fidanzata, ma per la sorella. Senza volerlo sorrisi felice, cosa che non sfuggì a lui, che mi chiese perché avessi sorriso. Ovviamente gli mentì, dicendo che sorridevo perché il mio consiglio era stato utile, ma “mister occhi di diamante” non ci credette. E’ sempre stato molto sveglio il mio Tyler. Iniziammo a chiacchierare, finché non mi chiese di uscire con lui. Ne fui immensamente felice, tanto che quasi saltellai dalla gioia.
Qualche giorno dopo stavamo già insieme.
Il nostro è stato un vero colpo di fulmine, infatti mi rivelò che in quei giorni non aveva fatto altro che pensarmi, che gli ero piaciuta subito, ma che non sapeva come approcciarsi con me. Si era fatto coraggio usando la scusa del volermi ringraziare per il consiglio, in modo da potermi rivedere e invitarmi a cena fuori.
Siamo stati fidanzati per quattro anni. Uno più bello dell’altro. Poi l’anno scorso, la fatidica richiesta di sposarlo.  Piansi per dei lunghissimi minuti senza rispondergli, tanto che pensò non volessi, quando invece non attendevo altro dal giorno in cui ci mettemmo insieme. Lo amavo così tanto da voler passare la vita con lui e il matrimonio era ciò che di più sognavo, anche se c’era una cosa a cui avrei dovuto rinunciare. Ma per lui avrei accettato di tutto.
Non è stato un matrimonio pomposo, ma semplice e tranquillo, con pochi invitati, in mezzo al verde di questo splendido giardino, che mi circonda nuovamente adesso.
Questo primo anno è volato. Mi sembra ieri di aver indossato il mio abito da sposa e di aver camminato per questi vialetti profumati e pieni di fiori, abbracciata a mio marito.
-A che pensa la mia bella mogliettina?- mi domanda il protagonista dei miei pensieri, abbracciandomi.
-Ad un uomo.- rispondo io.
-Ad un uomo? Beh, mi auguro proprio di essere io quell’uomo.- dice un po’ infastidito. Che geloso.
-Ovviamente stupidone!- rido, abbracciandolo a mia volta. Quanto amo stare fra le sue braccia. Mi da un senso di protezione unico.
-Ti amo Virginia.- dice improvvisamente, stringendomi più forte.
-Ti amo anch’io Tyler. Più della mia vita.-
-Mi sento l’uomo più felice della Terra ad averti come moglie. Questo anno è stato stupendo. Mi piace la vita da uomo sposato. Però manca una cosa…-
-Cosa?- chiedo guardandolo attenta. Cosa ci manca? Abbiamo tutto. Una magnifica casa, un lavoro stabile, una famiglia unita e degli ottimi amici.
-Un figlio.- rivela, lasciandomi sconvolta. Lo guardo allibita prima di riuscire a riprendere l’uso della parola, scomparso in quel momento.
-Vuoi…un…un bambino? Davvero? Ma non dicevi che…-
-Ci ho ripensato. In questo anno passato da marito e moglie ho capito che la nostra situazione è diversa da quella dei miei genitori. Noi siamo felici e ci amiamo. Non credo che i nostri figli passeranno ciò che abbiamo passato io e mia sorella Megan. Non lo permetterò mai!- afferma, stringendo i pugni dalla rabbia.
Purtroppo Tyler ha avuto un’infanzia difficile. Suo padre era un alcolizzato che quando ritornava a casa picchiava la moglie e i figli. Carol, mia suocera, è sempre stata molto passiva, subiva senza reagire. L’unico a proteggere la madre e la sorellina era lui. Per fortuna il padre è morto in un incidente, investito mentre attraversava la strada senza guardare, talmente era ubriaco. Quella fu la librazione per loro. A quindici anni Tyler cominciò a lavorare per mandare avanti la casa.  Mi ha confessato di avercela un po’ con sua madre per non aver mai reagito. Di questo gliene fa una colpa. Per questo motivo aveva deciso di non volere figli. Non voleva che potessero subire ciò che ha passato lui. Ha sempre temuto di essere un pessimo padre proprio perché il suo non è stato d’esempio.
Non ho mai criticato la sua scelta così drastica. Ogni volta che usciva fuori l’argomento, lo vedevo soffrire tantissimo, così quando mi disse di non voler figli, io non dissi nulla. La mia scelta era: o stare con lui e amarci tutta la vita, perché ho sempre saputo che lui è quello giusto per farlo, oppure lasciarlo e trovare un altro che volesse figli, col rischio magari poi di divorziare. Ho scelto Tyler senza ombra di dubbio.  Ora se ne esce con questa notizia, che sinceramente mi ha sconvolta non poco.
-Io non sono Carol. Non permetterei a nessuno al mondo di toccare i miei figli, nemmeno a te, Tyler.- confesso, intuendo il punto. Teme di poter perdere il controllo un giorno, ha paura di poter essere come suo padre, ed io come sua madre, passiva a farsi picchiare. Ma io non sono così, soprattutto se qualcuno provasse a picchiare i miei figli. Non sono ancora madre, ma so già che non lo permetterei a nessuno, nemmeno al grande amore della mia vita.
-Lo so. È per questo che ho cambiato idea. Tu hai un bel caratterino, e sono sicuro che mi daresti una padellata in testa se tornassi a casa ubriaco.- sdrammatizza lui.
-Una di quelle grandi per la precisione!- scherzo anche io, facendolo sorridere.
-C’ho pensato così tanto in questo anno, soprattutto perché i sensi di colpa mi assalivano pensando che, per colpa mia, ti privavi di una cosa che so desideri. Lo vedo come guardi i bambini. Vedo la luce che ti brilla negli occhi quando prendi in braccio i figli di Amber e Michael. Ciononostante, non me lo hai mai fatto pesare. Questo mi ha fatto stare malissimo.-
-Non dobbiamo fare un figlio perché credi io lo voglia. Io voglio te e la tua felicità. Saperti felice è la mia felicità. Non mi serve altro. Mi basta sapere che mi ami. Quindi se hai deciso così per me, non è necessario.- lo rassicuro. Non voglio che dica sì ad un figlio che magari non vuole, solo per fare felice me.
-Non è solo per te, lo voglio anche per me, perché forse è ora di superare queste paure, ma ci sono arrivato guardando te e la voglia di essere madre che nascondi. Ho provato ad immaginarti col pancione, ad allattare, ho immaginato nostro figlio gattonare e dire papà per la prima volta, e ti confesso che l’idea non mi è dispiaciuta affatto. Per quanto riguarda il mio amore lo avrai sempre. Il mio cuore è tuo e lo sarà per sempre, fino al suo ultimo battito. E sappi che se dovessimo lasciarci, un giorno, condividere la vita con altri compagni, tu farai ugualmente parte di me. Sarai per sempre nel mio cuore Virginia.- dice stringendo le mie mani tra le sue.
-Non mi piace questo argomento! Pensare alla possibilità di divorziare, proprio il giorno del nostro anniversario poi, mi mette una tristezza immensa.- mi lamento rattristata e con le lacrime agli occhi. Pensare di non stare con lui mi uccide. Altro che divorzio e altri compagni!
-Beh, amore, è un dato di fatto. Non possiamo sapere se rimarremmo sposati fino a quando saremo vecchi. Certo, è ciò che mi auguro, ma capita spesso che dopo un grande amore ci si lasci.-
-Lo so, ma non mi piace pensarci lo stesso. Sono sicurissima che staremo insieme per sempre, finché non moriremo e che non ci lasceremo mai! Gli altri non si amano quanto noi, per questo divorziano. Di questo ne sono sicura!- affermo decisa.
-La tua sicurezza è ciò che più amo di te. Non ti lasci mai abbattere, per questo sono sicuro che sarai una madre splendida.- aggiunge, baciandomi dolcemente la fronte.
-E tu un padre splendido. Non pensare a quel bastardo di tuo padre. Tu non sei e non sarai mai come lui. Io non te lo permetterei neanche. Quindi basta argomenti tristi stasera, è il nostro anniversario e voglio godermelo tutto. Al diavolo i padri violenti, gli alcolizzati, i nuovi compagni e tutto il resto! Andiamo a festeggiare il nostro amore con gli altri, così più tardi a casa, festeggiamo noi due.- dico facendogli l’occhiolino maliziosa, facendolo sorridere,
-Mmmh…ci sto. Mi piace il programma della serata. E poi dobbiamo mettere in cantiere un bel bambino. Serviranno tante prove immagino.- soffia sensuale sul mio collo, iniziando a baciarlo e facendomi venire i brividi.
-Sì, ma a casa! Non credo sia il caso di provarci qui.- replico, svincolandomi dalle sue mani tentatrici, che stavano accarezzando già troppo.
-Uff…peccato! Un’occasione persa!- sghignazza divertito, mentre io scuoto rassegnata la testa.
 
 
La sera trascorre allegra e serena. Ci divertiamo tutti. Quasi tutti diciamo, dato che Amber ha mollato le gemelline a Michael, per godersi un po’ la serata. Adesso lui è disperato nel rincorrerle per la sala, mentre si tolgono accaldate scarpe e vestitini. Quando saranno grandi e sapranno di questa cosa, non si faranno vedere in giro per un bel po’ mi sa.
Quando la festa finisce ci dirigiamo tutti verso le nostre auto. È stata una serata magnifica! Soprattutto per la richiesta di Tyler di avere un figlio. Nemmeno ci speravo ad essere sincera. Ne sono così felice che vorrei urlarlo a tutti. A stento mi sono trattenuta dal raccontarlo agli altri. Voglio sia una sorpresa quando accadrà.  Già immagino l’espressione di mia madre quando le dirò: “mamma sono incinta!” Aaah non vedo l’ora. Mi sento davvero euforica oggi. La giornata non poteva concludersi nel migliore dei modi.
-Non hai fatto che sorridere per tutta la serata.- mi fa notare mio marito quando mette in moto e si avvia verso casa nostra.
-Sono felice. Non sono mai stata tanto felice in vita mia!- affermo entusiasta.
-Per la storia del bambino?- chiede incuriosito.
-Perché ho un marito d’oro e speciale, che in molte mi invidiano. E sì, anche per il bambino, che spero venga presto. Sono sicura ti somiglierà tantissimo! Come dev’essere carino un “mini-te”!- esclamo emozionata.
-Un mini-me? Oh beh, mi auguro venga più bello di come ero io da piccolo.-
-Sono sicura che dovevi essere bellissimo da piccolo, invece.-
-Affatto. Ero grassottello, con le lentiggini e gli occhiali. Ero abbastanza bruttino. Sono migliorato crescendo.- ridacchia.
-Ma finiscila! Chi è brutto rimane brutto, sia da bambino che da adulto. Dovevi solo finire lo sviluppo. La ciccia era tutta bellezza, quella che hai adesso.- insisto io. Figurarsi se era brutto. È talmente bello da fare invidia a un modello!
-Ti ringrazio amore, ma sai come dice il detto? Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.- continua lui.
-Uffa, la vuoi smettere di dire che sei brutto? O stavolta mi arrabbio davvero!-
-Oh sì, mi piace quando metti il broncio, diventi tenera come una bambina capricciosa.- ride divertito.
-Io non sono affatto una bambina capric... TYLER ATTENTO!- urlo, quando due grandi fari ci vengono in contro nel buio della notte, invadendo la nostra carreggiata.
Una forte sterzata, il rumore stridente delle ruote, l’auto sbalzata dalla strada che si cappotta.
Stiamo morendo? Oh Dio, aiutaci!
 
Quando tutto sembra fermo e immobile, riapro gli occhi. Siamo sottosopra, la cintura mi tiene ancorata al sedile e mi sento il sangue fluire alla testa.  Sono viva, ma ho male ovunque.
Il mio pensiero va ad Tyler, così mi volto dal lato del guidatore, ma lo trovo vuoto. Dov’è? Forse è uscito a chiedere aiuto? Non riesco a pensare altro, la testa è troppo pesante e dolorante.
Tyler…
 
 
 
-Si sta svegliando.-
-Virginia? Virginia, mi senti?- mi richiama una voce familiare. Fisso i miei occhi nella direzione della voce, trovandomi di fronte Amber, con affianco Michael e mia madre.
-Amber…- chiamo con difficoltà. Ho un mal di testa atroce.
-Virginia, ci riconosci, non è così? Sia ringraziato il cielo. I medici temevano perdessi la memoria con la botta che hai preso. Riconosci anche gli altri, vero?-
-Sì, ma che è successo?- chiedo confusa. Li vedo sussultare tutti e poi abbassare la testa.
-Ecco, tesoro, hai avuto un incidente. Un’auto, guidata ad alta velocità da un ubriaco, ha invaso la vostra corsia, colpendovi in pieno. L’auto si è ribaltata e per tirarti fuori c’è voluto parecchio tempo.- spiega mia madre.
-La nostra corsia hai detto? C’era anche Tyler?- chiedo allarmata. Non mi ricordo nulla di quello che è successo. L’ultimo ricordo che ho è quello della festa.
Tutti mi guardano sconvolti, Michael, in lacrime, esce fuori dalla stanza.
-Che succede?- domando agitata, sollevandomi a sedere e ignorando il dolore alla schiena e alle costole, ma nessuno continua a rispondere. Aleggia un’aria tesa che non mi piace per niente.
-Parlate, accidenti! Dov’è Tyler? Perché non è qui? È rimasto ferito?- chiedo alzando la voce.
-Tesoro, tuo marito, non portava la cintura ed è stato sbalzato fuori dall’auto. Ha riportato gravissime ferite e…- si interrompe mia mamma, portandosi una mano alla bocca, iniziando a piangere e a trattenere i singhiozzi.
Improvvisamente anche dai miei occhi iniziano a scendere gocce salate, temendo la fine della frase, però mi rifiuto di pensare ad altre possibilità che non siano lui ferito in un letto di questo ospedale.
-E’ solo ferito, vero? Non è nulla di grave?! Magari ha battuto la testa come me e non ricorda più nulla? Per questo piangete? O peggio, è rimasto paralizzato? Ma a me non importa. Lo amo comunque, non è un problema per me occuparmi di mio marito. Ditemi come sta davvero.- piango, pensando a qualunque cosa possa essergli accaduta, tranne la peggiore.
Nella mia mente scorrono tante immagini di come possa stare, dei danni subiti dall’incidente, ma nulla mi spaventa, purché sia sempre con me.
-No, Virginia, niente di tutto questo purtroppo. Lui è…è….non riesco a dirtelo…- singhiozza Amber disperata.
La guardo immobile, aspettando forse la mia condanna.
Nonono! Non è quello che penso! Non può essere! Mi rifiuto!
La rabbia e la disperazione mi fanno alzare come una furia dal letto, ignorando qualunque dolore. Mi stacco gli aghi dal braccio e dalla mano, rovesciando le flebo per terra, urlando come una pazza e raggiungendo a fatica la porta.
-Dov’è mio marito? Voglio vederlo! Subito! Voglio vedere che sta bene! Portatemi da lui!- strillo con tutte le mie forze, aggrappandomi alla porta.
-Virginia, dove vai? Non puoi muoverti!- mi richiama Amber, precipitandosi dietro di me per fermarmi, ma io la ignoro.
-Tyler? Tyler dove sei?- urlo per i corridoi, disperata, finché le gambe non mi reggono oltre e casco per terra.
-Signora! Per amor del cielo, non può camminare ridotta così.- mi rimprovera un infermiere, raggiungendomi e sollevandomi da terra.
-Mi lasci! Voglio andare da mio marito! Dov’è? Mi porti da lui! Voglio vederlo!- continuo a strillare, preda oramai dell’isterismo.
-Signora, suo marito è già in camera mortuaria, non può andarci per adesso.- risponde l’infermiere, stroncando ogni mia flebile speranza.
Mi volto a guardare mia madre, Amber, Michael, Carol e Megan, appena accorse qui sentendomi urlare, tutti in lacrime e con i visi sconvolti.
Il mio cuore si è appena spezzato, ne ho sentito il rumore.
Le lacrime cessano di colpo, lasciando posto al vuoto assoluto.
È morto? Tyler è morto?
Mai più risate e battute maliziose.
Mai più finte litigate.
Mai più anniversari.
Niente bambini.
Niente viaggi romantici al fine settimana.
Non verrò mai più svegliata da un suo bacio all’aroma di caffè.
Non dormirò mai più stretta tra le sue braccia.
Non sentirò mai più il suo calore. Il suo profumo.
Non potrò più specchiarmi nei diamanti neri nei quali mi perdevo per ore.
Non sentirò mai più le sue labbra posarsi su di me.
 
E’ in questo preciso istante, in cui realizzo tutto ciò, che capisco che la mia vita è appena finita.
Oggi sono morta anche io, insieme a mio marito, il mio universo, il mio “tutto”.
 
 
 
 
 
-Virginia, devi mangiare per rimetterti in forze.- insiste mia madre per l’ennesima volta.
-Non ho fame mamma.- dico atona, come sempre.
-Ma è una settimana che ti ostini a non toccare cibo.-
-Non ne ho bisogno. Non più.- rispondo flebilmente, dondolando su me stessa e stringendo il pigiama di mio marito, quello che aveva indossato per l’ultima volta, prima di perdere la vita.
Una settimana.
È passata una sola settimana da quando ho seppellito Tyler, ma a me sembrano secoli, pieni di dolore, tormento e incubi ad occhi aperti. Giorni in cui i miei occhi si fissano in un punto della stanza, ma non vedono nulla oltre il vuoto.
La cosa più dolorosa è stato sapere che lo avevano praticamente fatto a fette, perché in vita aveva firmato un consenso per la donazione degli organi.
Me lo hanno anche smembrato, senza che potessi oppormi, togliendomi pezzi che appartenevano a me. Mio marito apparteneva a me! Era solo mio!
So che la donazione degli organi aiuta altri a vivere, ma a me non importa in questo momento. Mi sembra come se mi avessero rubato parti anche di me stessa.
-Come non ne hai più bisogno? Bambina mia, devi mangiare per vivere. Capisco cosa stai passando, ma non puoi fare così.-
-Io non voglio più vivere mamma! Non ne ho più motivo. La mia vita era Tyler. Senza di lui, la mia vita non esiste, non ha senso!- grido disperata, stringendomi ancora di più ai suoi vestiti.
Lui è morto e io no.
Io sono ancora viva, ma lui no!
Perché? Perché non sono morta anche io insieme a lui?
Perché te ne sei andato, Tyler? Avevi detto che saresti rimasto con me per sempre.
Non è vero. Mi hai mentito! Mi hai lasciata sola!  Che ne sarà di me adesso? Non voglio questa vita se tu non ci sei. Non la voglio! Vieni a prendermi, ti prego! Torna da me e portami con te, perché io da sola non esisto.
Tyler! Tyler ti prego! Amore mio…ti prego!
 
 
 
Mi risveglio in preda al terrore. Il cuore mi batte in gola, il respiro è affannato.
L’ho sognato ancora. Ancora quel maledetto incidente.
Sono passate tre settimane dalla morte di Tyler e io mi sento svuotata. Un inutile ammasso di carne e ossa che respira e cammina, senza scopo, senza senso, come un fantasma che si aggira in preda alla pena e alla sofferenza, le cui catene lo tengono imprigionato in un mondo che non gli appartiene più, ma su cui è costretto a restare, dai suoi tormenti o da qualcosa che ha lasciato in sospeso.
Dormo da sola e mi sveglio da sola, quelle poche volte che dormo grazie a i sonniferi. Piango da sola, sto in casa da sola, nel più totale silenzio.
Gli altri hanno ripreso la loro vita. Non possono farmi da balia tenendomi compagnia di continuo. E sinceramente non li voglio neanche più in giro. Voglio il silenzio. Voglio immaginare ancora il suono della voce di Tyler che mi chiama dalla cucina per la cena, o per avvisarmi che lo shampoo è finito.
A volte sento ancora la sua voce dirmi ti amo.
Mi sono svegliata molte volte con l’impressione di sentirmi chiamare, perdendomi nella speranza e nell’illusione che fosse tutto un sogno. Ma poi tocco il letto freddo e vuoto, vedo il suo pigiama tra le mie braccia, e ricado nella triste realtà che lui non mi ha chiamata. Lui non c’è più. E la disperazione torna ad impossessarsi dei miei pensieri, corrodendomi le membra secondo dopo secondo, rendendo la mia esistenza peggiore dell’Inferno.
L’unica cosa che temo, di cui ho il terrore, è il giorno in cui dimenticherò la sua voce. Non voglio dimenticare nulla di lui. Né un ricordo, né una sua espressione, né il suo profumo, nulla!
Passo le mie giornate dentro l’armadio, in mezzo ai vestiti profumati del dopobarba che usava lui. Ogni abito mi ricorda un determinato momento in cui lui lo indossava.
Da tre settimane mi sento sepolta viva dalla desolazione. Mi sembra di annegare in un fiume di dolore.
Ogni ricordo, oggetto, suono, mi mostra l’immagine di mio marito. È terribile tutto questo! Non riesco a reggere questo macigno che mi schiaccia ogni giorno di più. Non ce la faccio. Mi sento impazzire!
Non voglio più questo supplizio. Non voglio ripensare a quanto fossi felice quella sera, all’incidente, ai giorni in ospedale, al funerale, al ritorno a casa. Non mi sto arrendendo, semplicemente non voglio lottare. Lottare per cosa poi? Per un futuro? No, Tyler era il mio futuro. Io non sono nulla senza di lui.
Rivoglio il mio Tyler. Lo rivoglio con me. Purtroppo non ascolta le mie preghiere, che gli chiedono di venirmi a prendere. Non è giusto. Non può lasciarmi così!
Girovago per la casa senza meta, con lo sguardo assente, quando i miei occhi si posano sul ceppo di coltelli in cucina. Quei coltelli che amava usare lui quando cucinava quei suoi piatti immangiabili, ma che mandavo giù per farlo felice.
Un pensiero mi avvolge la mente, liberandola da un po’ di peso.
Finalmente sorrido.
 
 
 
-Virginia? Virginia ma dove sei? Perché non rispondi al cellul… Virginiaaa! Oh cielo, che hai fatto?! Virginia!- strilla Amber, raggiungendomi in camera da letto e trovandomi avvinghiata ai vestiti di Tyler, ormai imbrattati di sangue.
La vista è offuscata. La sento appena strillare e chiamare aiuto.
Sento la vita scivolarmi via e sorrido felice.
Finalmente i miei tormenti finiranno.
Staremo di nuovo insieme. Amore, aspettami!
 
 
 
-Idiota! Sono un’idiota! Non avrei dovuto lasciarla sola. Avrei dovuto immaginarlo che avrebbe commesso qualche sciocchezza!-
-Amore, non è colpa tua. Anche tu hai la tua vita in fondo. Hai una casa e dei figli a cui pensare. È normale che dovessi allontanarti qualche volta. Non fartene una colpa.-
-Invece sì che me ne faccio una colpa, Michael! Se fossi stata con lei non si sarebbe mai tagliata le vene rischiando di morire dissanguata. Avrei dovuto esserci!-
Delle urla mi rimbombano nelle orecchie, strappandomi alla tranquillità.
Rischiare di morire dissanguata, ha detto? Allora…
-Virginia, ti sei svegliata! Come ti senti?- accorre subito Amber, vedendomi aprire gli occhi.
Mi guardo intorno e mi ritrovo ancora una volta in quel dannato ospedale. Non sono morta nemmeno stavolta? Ma perché?
Le lacrime invadono i miei occhi, lasciandomi singhiozzare disperata.
-Virginia, tesoro…-
-Perché? Perché mi hai salvata? Perché Amber?- strillo in preda allo sconforto.
-Come puoi chiedermelo? Sono la tua migliore amica, Virginia! Non potrei mai lasciarti morire! E menomale che non è accaduto. O sareste morti in due, razza di stupida! Avresti ucciso Tyler una seconda volta!- urla lei arrabbiata.
-Che intendi dire?- chiedo confusa dalle sue parole.
-Che sei incinta, cretina! Tyler ti ha lasciato un dono prezioso prima di andarsene, e tu stavi per ucciderlo!- dice, cominciando a piangere anche lei.
Rabbrividisco a questa notizia e deglutisco a vuoto tanto sono sconvolta. Io…incinta? Ma com’è possibile se prendevamo precauzioni?
-Non può essere. Io non ci posso credere. Tu mi stai mentendo Amber!- esclamo incredula.
-Non ti sto affatto mentendo! Lo hanno detto i medici che ti hanno salvata. Per fortuna tuo figlio ha più voglia di vivere di te e non ha subito danni dal tuo gesto sconsiderato. Se non fossi arrivata in tempo, adesso sareste morti entrambi! È questo ciò che Tyler avrebbe voluto per te, eh? Non di certo! Avrebbe voluto vederti felice a crescere suo figlio, o sua figlia, ma tu, con la tua stupidità, stavi per cancellare tutto.- mi rimprovera severa.
-Non puoi capire, Amber! Io mi sento morta dentro! Sono morta il giorno in cui è morto Tyler. Non riesco a vivere senza di lui. Mi sento sola e abbandonata. Tu non puoi capire cosa si prova e ti auguro di non provarlo mai, ma credimi, è straziante, lacerante! Il dolore è più forte di ogni altra cosa logica e ragionevole!- mi difendo io.
Lei non sa cosa si prova. Non può giudicarmi così.
-Ok, io non posso capire, hai ragione. Ma ciò che capisco adesso è che hai trovato un motivo per vivere. Glielo devi, Virginia. A Tyler e a questa creatura. Quindi adesso che hai fatto la cazzata, che per fortuna è andata male, rimboccati le maniche e impegnati con tutte le tue forze ad andare avanti per crescere il mio futuro nipotino, o giuro che ti lego ad una sedia finchè non partorisci, per non farti fare altre stupidaggini. Intesi?- minaccia seria.
Nelle sue parole non c’è traccia di scherzo, è benissimo capace di farlo.
-Va bene, Amber. Ci proverò.- non mi resta che acconsentire.
Non per la sua minaccia, ma per il bambino che si trova in me. Non capisco come sia accaduto. È un miracolo forse, non so, ma non ucciderò il mio bambino adesso che so che c’è. Lo crescerò come meglio potrò, in ricordo di Tyler e alla sua voglia di avere un figlio.
Ci vorranno tutte le mie forze ed energie però.
Amore mio aiutami tu, ti prego!
 
 
 
 
-Tyler? Dove sei?- lo chiamo arrabbiata.
Quel bambino ha la capacità di sparire in un lampo, accidenti. Ha solo cinque anni ma è sveglio come uno di dieci. Approfitta del giardino vicino casa nostra per sparire e isolarsi su qualche albero a giocare.
-T.J. conto fino a dieci, e se non esci subito stasera niente dolce, capito? Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette…-
-Eccomi mamiiii!- strilla, correndomi in contro con le guance arrossate.
-Tyler Harrison Junior, la prossima volta che ti rifugi nel giardino senza avvisarmi, ti chiudo in camera tua per una settimana in punizione, capito?- lo rimprovero esasperata.
-Sì mamma, scusami.- risponde dispiaciuto, facendo quel visino da cucciolo bastonato, come faceva suo padre.
Tyler, amore mio, sono passati cinque anni da quando mi hai lasciato. Ogni giorno senza di te è stata una stilettata al cuore. Ma almeno una ragione per andare avanti me l’hai donata.
T.J. è la tua copia. Stessi occhi, stessi capelli, stesso carattere. Non sembrerebbe nemmeno mio figlio. Ogni cosa in lui ricorda te, lo dice anche tua madre. Carol dice che sembri tu da piccolo, ma con meno chiletti sulla pancia. Sorrido quando mi racconta qualche aneddoto su di te che ancora non conosco.
Da quando non ci sei più, ci siamo molto unite, lei perché vede in T.J. te, io perché nei suoi racconti rivedo il mio amore perduto. Entrambe viviamo in funzione tua. Anche se non oso e non voglio immaginare che atroce dolore sia perdere un figlio. Spero che almeno questo mi sia risparmiato.
Oggi verrò a trovarti con lui. Lo so, non lo porto spesso, ma il cimitero non mi sembra un bel posto per un bambino così piccolo. Soprattutto perché con lui presente non posso esternare il mio dolore, quello che mi porta a piangere ore davanti la tua lapide.
Non riesco ancora a farmene una ragione, nemmeno dopo cinque anni. Immaginarti dentro quella costruzione fredda di marmo mi gela sempre dentro, come se il freddo della pietra mi entrasse nelle ossa, colpendo in pieno il mio cuore ormai ridotto in brandelli.
Ma il tuo di cuore dove sta, amore mio? Ti è stato strappato via senza il mio consenso. Questa è una cosa che non ti perdonerò mai Tyler! Avresti dovuto rivelarmi la tua volontà di donare gli organi. Questa cosa mi tormenta. Non sopporto il pensiero che delle parti di te siano sparse in giro. Mi fa male. Sono un’egoista, me ne rendo conto, ma non posso farci nulla.
-Mamma? Perché piangi?- mi chiama mio figlio, tirandomi i pantaloni.
-Nulla tesoro. Mi era entrata una cosa nell’occhio. Andiamo a trovare papà? Che dici?-
-Sìììììì. Glieli posso mettere io i fiori?- chiede entusiasta.
-Certo che sì.- sorrido, mascherando ancora una volta il dolore.
 
 
-Ciao papà! Come stai in paradiso? Mamma mi ha detto che lì è pieno di cani, gatti e tanti animali. Lo sai che a me piacciono tanto tanto gli animali? Ho chiesto a mami se mi regala un cavallo, ma ha detto di no perché non c’è spazio. Non è che me ne presti uno di quelli lassù? Oppure convinci tu mamma a darmene uno! Sai, la sento che ti parla di nascosto e sono sicuro che le rispondi, quindi dille tu di prendermi almeno un cagnolino. Ti preeeeeegoooooo!- sussurra con tono abbastanza alto da permettermi di sentirlo e rattristarmi ancora di più.
Lui sente che ti parlo. Beh, non ho mai smesso di farlo. Ti do il buongiorno e la buonanotte, ti parlo come se fossi presente. Lo so, può sembrare folle, ma è l’unica cosa che mi permette di non impazzire davvero. Immaginarti ancora al mio fianco, in qualche modo mi tranquillizza.
-T.J. hai finito di parlare con papà?- chiedo, cercando di nascondere le lacrime, asciugandole velocemente.
-Sì mamma. Ora gli mettiamo i fiori.- dice contento, ponendoli sulla lapide.
Dopo qualche preghiera ci avviamo per tornare a casa, ma prima, forse, passeremo in un negozio di animali. Sì, ho deciso!
-Mami ma che posto è questo?- mi chiede, osservando dei cuccioli in vendita nelle gabbie.
-Volevi un cagnolino, no? Coraggio, scegline uno.- gli sorrido allegra.
Voglio farlo felice. Vederlo sorridere è la mia cura contro il dolore, l’unica che funzioni.
-Davvero posso? Che fulmine è stato papà! Voglio quello allora! Sì, voglio quello nero!- dice indicando un cucciolo nero con qualche striatura marrone.
-Ti piace quello? Ok chiamiamo la commessa e ce lo facciamo prendere.-
-Hai buon gusto piccolino.- interviene un ragazzo, avvicinandosi.
-Davvero signore?- chiede mio figlio felice.
-Eh sì. Quello è un Kai Ken*, uno dei cani più rari che esistano in Giappone. E’ l’unico, come vedi, tra gli altri cuccioli.- ci spiega il ragazzo, che sembra intendersene.
-Allora immagino che il prezzo sarà anche superiore.- scherzo io.
-Beh mi creda, li vale tutti i soldi che spenderà. È un cane molto fedele ai suoi padroni ed è molto dolce coi bambini.-
-Sembra conoscere bene i cani.-
-Sì, ne ho molti e di varie razze, il che mi porta a conoscerne aspetti e caratteristiche positive e negative. Ma che maleducato mi scusi. Mi atteggio ad esperto ma non mi sono nemmeno presentato: mi chiamo Alexander Kennedy, piacere.- si presenta.
-Un nome importante il suo. Io sono Virginia Harrison e questo è mio figlio T.J.-
-Non sa quante tristi battute ho sempre ricevuto per il mio cognome, ma le assicuro che la mia famiglia non è imparentata con i Kennedy presidenti, o ne avremmo giovato economicamente.- scherza.
-Oppure sareste andati incontro alla loro triste maledizione. I Kennedy sono famosi per le morti improvvise.-
-Chissà, nel dubbio sto lontano da aerei, sci e auto presidenziali.- ride lui.
Chiacchieriamo ancora un po’, soprattutto perché sono interessata ai consigli su come allevare un Kai Ken, che a quanto pare è un cane da caccia. A saperlo prima non lo avrei preso. Spero non gli venga mai in mente di attaccare T.J. Forse non è stata una buona idea prendergli un cane del genere. Magari era meglio un barboncino o un volpino.
-Tranquilla Virginia. Può fare paura una volta adulto, per via della stazza, ma ti assicuro che è un cane dolcissimo. Non preoccuparti per T.J. , andranno d’amore e d’accordo come due fratelli.- mi tranquillizza Alexander, col quale ho abbandonato le formalità.
-Insomma, sei sicuro che possa fidarmi? Non è che farei meglio a riportarlo al negozio?- tentenno ancora.
-Ma no! Facciamo così, ti lascio il mio numero e se hai problemi col cane mi chiami, così ti do qualche consiglio, ok?- propone, scrivendo il numero su un bigliettino.
-Ok ti ringrazio. Speriamo non ce ne sia bisogno e che si comportino bene entrambi.- sospiro rassegnata, chissà che combineranno quei due, perché anche T.J. ci metterà la sua.
-Ahahahaha beh, sul cane so cosa fare, sui bambini molto meno. Non andiamo molto d’accordo.-
-Non ti piacciono?- chiedo, mentre osservo mio figlio giocare col cagnolino.
-Non è che non mi piacciano. Non so come rapportarmi con loro. Sono un universo a parte, di cui i grandi non fanno parte.-
-Ma anche tu sei appartenuto a quell’universo un tempo.- gli faccio notare divertita.
-Lo so, ma è più forte di me. Quando vedo un bambino, l’impulso è quello di scappare, quasi ne avessi paura.-
-Allora suppongo che tua moglie non avrà presto un bambino.-
-Come fai a sapere che sono sposato? Oh, certo, la fede.- si risponde ovvio.
-Lei che ne dice di questa specie di fobia per i bambini?- domando curiosa.
La cosa mi ricorda un po’ me e Tyler. Anche lui era restio ad avere dei figli. Purtroppo,, proprio quando aveva cambiato idea, è morto, senza sapere che un figlio ce l’ aveva già.
-Che per adesso rispetterà i miei tempi. Tra l’altro ci siamo anche sposati da poco, quindi è anche giusto godersi la vita da liberi, no?-
-Punti di vista. L’importante è essere pronti.-
-Tu lo eri con T.J.?-
-Non ero nulla, prima di sapere che fossi incinta. Ero forse l’ombra di me stessa. Pronta lo sono stata dopo, quando è nato. Mi sono messa d’impegno per crescerlo nel migliore dei modi e spero di riuscirci anche in futuro.-
-Se non sono indiscreto, posso chiederti perché dici che prima della sua nascita eri l’ombra di te stessa?- chiede lui e non posso far altro che rattristarmi nuovamente –Scusami, non volevo offenderti con la mia domanda. Non devi rispondere, anzi perdona il mio poco tatto.- si scusa subito, notando il mio cambio d’umore.
-Figurati, non mi hai offesa, mi sono solo rattristata pensando al passato. Vedi, ho scoperto di essere incinta in un momento buio della mia vita. Mio marito era appena morto in un grave incidente stradale ed io mi sentivo vuota, inutile, sola, tanto che stupidamente pensai di raggiungerlo, togliendomi la vita. Per fortuna la mia migliore amica mi ha salvata in tempo. Quando mi sono ripresa mi hanno detto che ero incinta e che per un vero miracolo mio figlio era sopravvissuto al mio stupido gesto. Da quel giorno mi sono fatta forza e sono andata avanti per lui, per mio figlio, ultimo grande regalo di mio marito.- spiego ritornando a piangere.
-Mi spiace aver riaperto una ferita così grande. Perdonami.- dice consolandomi, poggiando una mano sulla mia spalla.
-Non si è mai richiusa quella ferita e mai lo farà. Amavo troppo mio marito, lo amo tuttora. Trovo una ragione di vita in mio figlio o non credo vivrei più. A volte lo ritengo colpevole per avermi lasciata sola, diceva che sarebbe rimasto con me per sempre e che io sarei stata sempre parte di lui, ma così non è stato. Lo so, è stupido ed infantile, non ha certo scelto lui di morire tanto giovane, sono solo una sciocca.-
-Non sei affatto una sciocca. Il tuo amore è così grande che quasi ti opprime. Ma non credo che lui sarebbe felice di vederti così. La vita va avanti. So che è difficile, ma va avanti. Devi semplicemente lasciarlo andare e vivere la tua vita, Virginia. Tenerlo legato così a doppio filo a te, non lo farà riposare in pace.-
-Non ci riesco.- confesso.
-Ma devi provarci. Per te, tuo marito e tuo figlio. Sei ancora così giovane. Non puoi fare la vedova a vita. Scommetto che non sei mai uscita la sera, non hai più avuto una vita sociale in questi anni.-
-Indovinato.-
-E non è giusto questo. Piangerti addosso non ti ridarà tuo marito, anzi lo renderà infelice. Mettiti nei suoi panni: se fossi morta tu e lui fosse rimasto in vita, che avresti voluto per lui? Che si disperasse per tutti i giorni della sua vita nel tuo ricordo o che si fosse rifatto una vita?- mi chiede lui, e su queste parole mi fermo a riflettere.
In effetti il suo esempio non fa una piega. Se le cose fossero inverse io avrei voluto Tyler felice, anche senza di me. Ma non è facile ugualmente.
-Hai ragione Alexander, ma credimi, non so come fare. Mi rendo conto che le tue parole sono giuste, ma non riesco a vedermi con nessun altro che non sia mio marito. Non potrei mai. Mi sembrerebbe di tradirlo e non voglio.- spiego affranta.
-Per vivere serena, non devi per forza avere un altro uomo accanto se non te la senti. L’importante è che tu sorrida, ti riapra alle gioie della vita. Esci da sola o con qualche amica, fai shopping, vai a qualche festa, divertiti insomma. Ritornare a sorridere non significa dimenticare o tradire tuo marito. Ti aiuterà solo a vivere meglio e a crescere tuo figlio più serenamente. Tuo marito sarà sempre con te, non ti lascerà mai. Sono sicuro che ti è sempre vicino, a vegliare su di te, e che l’unica cosa che desidera è vederti felice. E se un giorno arriverà un uomo ben venga, altrimenti continuerai la tua vita da sola, ma con la consapevolezza che sei sola per scelta, non perché credi di tradire la memoria di tuo marito.- afferma con sicurezza lui.
Lo guardo stupita per le sagge parole che nessuno in questi cinque anni mi ha mai rivolto. Ma chi è questo ragazzo?
-Sei uno psicologo forse?- mi sfugge ad alta voce. Cavolo! Volevo solo pensarlo, invece m’è scappato. Speriamo non si offenda.
-Ahahahaha no, affatto. Sono solo un marito innamorato perso della moglie e che capisce bene cosa si potrebbe provare a lasciare sola la persona che sia ama. Mi raccomando Virginia, pensa a ciò che ti ho detto. Ora devo scappare purtroppo, la mia dolce metà si chiederà che fine ho fatto e starà già per chiamare la polizia, l’esercito e i marines per cercarmi.- scherza, ridendo divertito, seguito da me che penso alla scena.
-E mi raccomando, chiama pure se avessi dubbi o problemi col cucciolo. Ti darò volentieri qualche consiglio.- prosegue lui.
-Ok lo farò. Grazie Alexander, di tutto.- lo ringrazio grata. Le sue parole mi hanno sinceramente colpita.
-Ma figurati. Spero solo tu prenda in considerazione le mie parole e faccia la scelta giusta. Ora vado. Ciao T.J..- ci saluta.
-Ciao signore. Mi stai simpatico sai? Spero di vederti presto.- gli dice mio figlio, stringendo il suo cucciolo.
-Anche tu mi sei simpatico. Mi raccomando fai il bravo bimbo.- gli dice scompigliandogli i capelli per poi salutare e andare via.
Che ragazzo singolare. È curioso come uno sconosciuto sia riuscito a dirmi qualcosa che nemmeno la mia famiglia ha mai pensato di dirmi.  Ha detto che “capisce bene cosa si potrebbe provare a lasciare sola la persona che sia ama” ma che significa? Forse stava per morire qualcuno che amava o ama? La moglie forse o un suo familiare?
Inutile rimuginarci sopra. Forse non ha tutti i torti. Col mio comportamento rendo infelice Tyler. Se mi vedesse, rimarrebbe deluso da me. Mi riteneva così forte e invece, mi sto dimostrando una debole.
Uscire con un’amica? Forse non è una cattiva idea tutto sommato. Ho trascurato molto la mia amicizia con Amber in questi anni in cui mi sono solamente dedicata ad T.J. e al lavoro, escludendo tutto il resto.
Un paio di giorni dopo chiamo la mia amica e ci diamo appuntamento per fare un po’ di shopping, magari mi distraggo un po’. Cominciamo a piccoli passi, poi si vedrà. Di qua a ritornare quella di una volta ce ne corre. Anzi, credo non sarò mai più quella di una volta. Le sofferenze cambiano le persone. Ma forse posso migliorare un po’ le cose, almeno per il bene di T.J..
 
 
 
-Sono rimasta molto stupita quando mi hai proposto di uscire a fare shopping, sai? Non usciamo noi due da sole da una vita.- mi fa notare la mia amica, mentre ci riposiamo un po’ sedute ad un bar, dopo ore di shopping.
-Hai ragione. Ti ho trascurata molto in questi cinque anni, ma ero del tutto concentrata su T.J. e altro. Mi dispiace.-
-Figurati Virginia, non te ne faccio mica una colpa. So che sono stati anni terribili, solo mi chiedevo come mai ti fossi finalmente decisa a uscire un po’. Mi hai piacevolmente sorpresa.-
-Tyler non vorrebbe vedermi ridotta così. Lo faccio per lui e per nostro figlio, e anche perché ho deciso di seguire il consiglio di una persona.- spiego sorridendo, ripensando a quel ragazzo.
-Una persona? Chi?- chiede lei.
-Un ragazzo che ho conosciuto l’altro giorno al negozio di animali dove ho preso il cane ad T.J..-
-Che? E me lo dici solo adesso? Come si chiama? Chi è? Che ti ha detto?- domanda a raffica, incuriosita.
-Calma! Una domanda alla volta! Comunque si chiama Alexander Kennedy e…-
-Kennedy? Davvero?- mi interrompe sorpresa.
-Non è un loro parente, quindi frena l’entusiasmo Amber.- intervengo subito.
-Peccato! Poteva essere un buon partito.- dice dispiaciuta.
-Sei sposata, Amber!- la rimprovero.
-Ma mica per me, scema! Ma per te!- esclama ovvia.
-Io? E che dovrei farci? Lo sai che non sono interessata ad altri uomini. Il mio cuore è appartenuto solo a Tyler e morirà amando solo lui.- preciso per l’ennesima volta.
Odio quando mi dicono “Sei giovane e devi pur rifarti una vita con un altro uomo”. Amber me lo ripete in continuazione!
-Ma come puoi esserne così certa? Che ne sai che fra…che ne so, dieci anni, incontri un altro uomo che puoi amare? Lo escludi a priori!- lamenta lei.
-Lo sento e basta. Non ripetermi sempre la stessa cosa, ti prego.-
-Ok testa dura! Ma se segui il consiglio di uno sconosciuto vuol dire che in qualche modo ci tieni e ti ha colpito come persona, no? Perché non potrebbe essere proprio lui la persona che può starti vicino? Vuoi lasciare crescere T.J. senza padre?- insiste.
-T.J. il padre ce l’ha, ma disgraziatamente è sottoterra e non gli serve un surrogato! Per quanto riguarda Alexander è vero, mi ha colpito come persona perché mi ha fatto vedere le cose sotto altri aspetti. Parlava come se capisse davvero cosa si prova a perdere qualcuno, mi capiva. O almeno è questa la sensazione che mi ha trasmesso. Comunque, tanto per precisare, è felicemente sposato!- concludo io secca.
-Capito. Va beh, ci rinuncio. Io lo dico per te, ma se devi arrabbiarti ogni volta, non ti dico più niente.-
-Lo so che lo fai per me, ma dirmi di cercarmi un altro non mi è d’aiuto, Amber. Mettiti un momento nei miei panni! Se morisse Michael, tu lo sostituiresti subito con un altro?- le dico finalmente, liberandomi. Era tantissimo che volevo dirglielo ma per non ferirla non l’ho mai fatto. Ma adesso sono stanca, rigiriamola al contrario e vediamo se pensa a farsi un altro o no!
Mi guarda qualche istante senza sapere cosa rispondere.
-No, non credo. Hai ragione tu, scusami. Però devi capire che non posso neppure dirti: “piangiti addosso tutta la vita, Virginia. Rimani a parlare da sola la notte finché vivi”. Cerco di spronarti ad andare avanti, perché in fondo è la verità anche se non ti piace ammetterlo. La vita continua e se Dio vorrà, avrai tantissimi anni davanti a te. Hai solo trentasei anni, non puoi condannarti alla solitudine per i prossimi quaranta e passa anni, lo capisci?-
-Credi non c’abbia mai pensato? Ma al momento la ferita è troppo fresca e non riesco a pensare ad altro che a mio marito, morto troppo presto, col quale pensavo di trascorrere quei quaranta e passa anni di cui parli. L’unica cosa che so adesso è che vorrei andare a dissotterrarlo, per non lasciarlo solo in quel posto così triste come il cimitero. È un pensiero contorto, me ne rendo conto. Ma proprio finché ho di questi pensieri non riesco nemmeno a prendere in considerazione l’idea di sostituirlo con un altro. Non ce la faccio! Non voglio!- le spiego, rattristandomi nuovamente.
Ok forse non è stata una buona idea uscire insieme. Invece di risollevarmi il morale mi sta andando dall’altro capo della Terra a forza di scendere giù sotto i piedi.
-Scusami, amica mia. Non era mia intenzione renderti triste.- si scusa dispiaciuta.
-Lascia stare. Forse è meglio che vada a casa adesso. Non c’è nessuno e il cane è rimasto solo, non vorrei combinasse qualche guaio. Ci sentiamo dopo al telefono.- la saluto, defilandomi con la scusa del cagnolino.
Si vede che è dispiaciuta per come è andata, ma non ho voglia di sorbirmi altre prediche e consigli da chi ha ancora un marito e una famiglia felice da cui tornare. Non sono certo invidiosa di questo, ma non sopporto più di sentire sempre la stessa cantilena.
 
 
 
Ok…quando ho detto ad Amber che ritornavo a casa per il cane scherzavo. Non credevo che un cucciolo potesse davvero fare chissà che. Ma quanto mi sbagliavo! Mi ha distrutto casa!
-TUUUU!!!! Brutto cane cattivo! Guarda che hai fatto?!- sbraito guardando tutte le piante scavate e rovesciate. Terriccio ovunque, pezzi di piante sparse qua e la, i tappeti sporchi di vomito, dato che il furbacchione deve aver ingoiato piante e terra.
-Il mio povero soggiorno!- piagnucolo disperata mentre il colpevole mi guarda tremante e con le orecchie abbassate.
-Guarda che non mi commuovi con quell’espressione, sai? Da oggi tu stai fuori in giardino! In casa non ci metti più piede, o zampa, che dir si voglia! Mi sono ammattita quando ho preso questo cane? Pure ripulire tutto mi tocca adesso. Accidenti!- mi lamento, mentre prendo scopa e paletta per ripulire il casino che ha combinato.
E menomale che Alexander aveva detto che sono cani docili! Eh si, l’ho visto quanto è docile! Oh ma aspetta, ma sì! Quasi quasi chiedo a lui come comportarmi. Anche perché fosse per me gli farei fare un volo a calci fuori da casa mia in questo momento! Però, se lo disturbassi? Ma in fondo è stato lui a darmi il suo numero. Ok dai, proviamoci!
Compongo il numero e inoltro la chiamata. Fa un paio di squilli e poi finalmente risponde.
-“Pronto?”-
-Ehm…pronto Alexander? Ciao, scusa il disturbo, sono Virginia Harrison, ti ricordi? Ci siamo conosciuti qualche giorno fa al negozio di animali.- mi presento imbarazzata.
-“Ma certo che mi ricordo di te Virginia! Ciao, come va?”- chiede allegro.
-Tutto bene, a parte la rappresentazione di un campo da guerra nel mio soggiorno.- sbuffo io.
-“Eh”?- esclama confuso.
-Il cane.- spiego solamente.
-“Oh! Ah…ahahahahah…ok, ora ho capito! Ti ha già distrutto casa? Precoce!”- ridacchia lui.
-Sai, non trovo molto divertente il vomito verde rappreso sui miei poveri tappeti.- rispondo infastidita.
-“Sicuramente ha mangiato qualche pianta. Lo hai rimproverato?”-
-A voce, diciamo. Avrei voglia di sculacciarlo per la verità, ma la violenza non credo sia giusta, quindi “mister esperto di cani”, che mi suggerisci di fare?-
-“Prendigli delicatamente il musetto e avvicinalo alle piante rovinate e lo rimproveri dandogli qualche schiaffetto leggero sul sederino. Prenderà paura e non lo farà più”- mi spiega lui.
-Prenderlo per il muso? Come? Devo tirarlo?-
-“Assolutamente no! Devi solo prenderlo in braccio, portarlo davanti il danno che ha fatto e avvicinargli delicatamente il musetto. Avendo sotto al naso il guaio combinato, più il tuo rimprovero, capirà che non deve più farlo.”-
-Ma se gli faccio male? Se mentre lo prendo per il muso si tira indietro non rischio di strozzarlo?- chiedo dubbiosa.
-“Ok, facciamo così, dimmi dove abiti e ti faccio vedere come devi fare. Vedrai che non devi sottoporlo ad un tortura cinese.”- scherza.
-Mmh…sì mi sa che è meglio se vieni tu.- mi arrendo alla fine.
Una ventina di minuti dopo avergli dato l’indirizzo è già qui a mostrarmi che fare.
-Ecco, vedi? Lo avvicini con delicatezza, quasi a strofinare il naso contro la terra riversa dal vaso, lo rimproveri e gli dai un finto schiaffetto sul sedere. Ovviamente la cosa è totalmente indolore ma prenderà paura del tuo gesto e ci penserà su due volte prima di rifarlo. L’importante però è farlo il prima possibile perché se prima pulisci e poi lo rimproveri lui non capirà, perché dimenticherà ciò che ha combinato e si sentirà rimproverato senza motivo.- mi spiega, mostrandomi come fare.
-Ok capito. E’ più semplice di quel che pensassi.- constato io.
-E a te che sembrava chissà che.- sghignazza divertito.
-Non ho mai avuto un cane, quindi non so come ci si comporta.- mi giustifico.
-Non è poi così difficile. Comunque ha fatto davvero un bel casino per essere un cucciolo così piccolo.-
-Non dirlo a me, comunque scusami per averti disturbato ma non sapevo a chi rivolgermi.-
-Figurati, non mi hai disturbato affatto. Guardavo mia moglie farsi le unghie, sapessi che cosa interessante!-
-Eri con tua moglie? Oh cielo, che penserà?- chiedo dispiaciuta e colpevole.
-Che vuoi che pensi, sa che sono qui ad aiutarti col cane. Non gliel’ho mica nascosto.-
-E non si è arrabbiata che andassi a casa di una donna, una sconosciuta poi.-
-Nah! Erin si fida di me. Sa che morirei piuttosto che tradirla.-
-Vi amate molto vedo.- noto sorridendo. Devono avere un bel rapporto, come quello che avevo con Tyler.
-Come i pesci amano il mare, le piante amano il sole e i polmoni amano l’aria. Uno senza l’altro non esistiamo.- dice sorridendomi a sua volta.
Esattamente come me e Tyler.
-Anche con tuo marito era così, vero?- domanda, leggendomi forse nel pensiero.
-Sì. Ci completavamo a vicenda. Dov’ era uno andava l’altro.- ricordo tristemente.
-Com’è morto?-
-Era notte, avevamo appena festeggiato il nostro primo anniversario di matrimonio. Un ubriaco ha invaso la nostra corsia, sbalzando la nostra auto fuori strada. Mio marito purtroppo è finito fuori dall’auto. I medici non sono riusciti a salvarlo. Io invece sono rimasta viva.- dico con dispiacere.
-Ne sembri dispiaciuta.-
Ma questo ragazzo mi legge davvero i pensieri?
-Dato quanto ami tua moglie, credo tu possa capire quello che si potrebbe provare nel perdere chi più ami al mondo.-
-Ma così non sarebbe nato tuo figlio. Ricordo male o è nato dopo l’incidente?-
-Ricordi bene. T.J. è l’unica gioia che mi resta.-
-La tua vita è la tua gioia, Virginia. Sono sicuro che tuo marito sarà felice di saperti viva. Credimi, so che dico.- dice lui abbassando la testa.
-Che intendi dire?- domando incuriosita.
-Io…beh…ecco…ehm…- balbetta in difficoltà. Che strana reazione. Cosa nasconde questo ragazzo?
-C’è qualcosa che tu sai e io no?- chiedo stranita.
Può mai essere che questo ragazzo conoscesse Tyler? Ma no, impossibile o lo avrei conosciuto anche io. E poi ci siamo incontrati per caso in quel negozio. O no?
-No, beh ecco, intendo dire che…io ho rischiato di morire cinque anni fa. E credimi se ti dico che il mio unico pensiero non era perdere la vita, ma la reazione di mia moglie, che all’epoca era la mia ragazza. Temevo che se fossi morto lei avrebbe reagito esattamente come te adesso, cosa che io non vorrei mai. Con tutta la forza di questo mondo le ho chiesto e fatto promettere che se fossi morto, lei sarebbe dovuta andare avanti, farsi una famiglia con un altro…-
-E lei che ti ha risposto?-
-Vuoi parola per parola? Le ricordo, sai?- mi dice ridendo e io annuisco.
-“Vaffanculo, idiota! Tu non morirai! E se dovesse accadere, vengo a prenderti fino all’Inferno per massacrarti di botte.”-
-Oh…- riseco solo a dire sinceramente colpita.
-Che grande amore, eh? Se fossi morto voleva aggiungerci il resto picchiandomi ahahahaha.-
-Ti ama davvero tanto e posso dirti che la capisco. Anche io mi arrabbio quando mi dicono di rifarmi una vita, ma so che non ci riuscirei.-
-Lo so lo capisco, ma per chi va via l’unico pensiero è sapere che la persona amata sta bene e che vive anche per noi, portandoci nel suo cuore per sempre.-
-Sembra di sentire parlare Tyler.- mi sfugge ad alta voce.
-Uomo saggio tuo marito.- dice lui, stupendomi non poco.
-Come sai che mio marito si chiamava Tyler?- sono sicura di non aver mai fatto il suo nome.
-Eh? Ah ecco…sì, tuo figlio! Hai detto si chiama Tyler Junior.- risponde lui. Che strano. Non mi ricordo di averglielo presentato così, ma solo come T.J. , forse ricorderò male.
-Comunque, prima dicevi che hai rischiato di morire. Come, se posso chiedere…- domando curiosa.
-Una malattia, da cui per fortuna sono uscito.- si limita a dire e così non indago oltre. Chissà che malattia. Forse cancro? Beh lui non lo ha detto, quindi non chiedo. Non vorrei sembrare troppo invadente. Anche se non vedo cosa ci sia di male. Io gli ho raccontato parecchie cose personali. Mah…la gente è strana a volte.
-Bene, ora se non hai più bisogno di me torno a guardare la mia bellissima moglie che si contorce in modi assurdi per mettersi lo smalto ai piedi. Chiama per qualsia cosa, ok?- dice, avviandosi verso la porta.
-Ok. Ti ringrazio per l’aiuto. E speriamo abbia imparato a non distruggere le mie povere piante, mettendomi sottosopra il soggiorno.- dico guardando male la palla di pelo rifugiata sotto al tavolo.
-Se farai come ti ho detto non farà più danni. Io ho a che fare con nove cani e tutti hanno imparato così, quindi…-
-Nove? Devi amarli molto per averne tanti.-
-Sarebbero di più se qualcuno non fosse morto per vecchiaia o malattia. Ma la vita è anche questa, no?- risponde sorridendo.
-Già. Ancora grazie e chiedi scusa a tua moglie da parte mia.-
-Macché. Anzi, che ne dici di venirci a trovare con T.J. questa domenica? Così te la presento. Sono sicuro le piacerai tantissimo.- propone spiazzandomi.
-Ma non vorrei disturbare…-
-E basta con questo disturbo! Sono sicuro le farà piacere. Ci siamo trasferiti da poco in un nuovo quartiere e non ha amiche. Sono sicuro le farà piacere parlare con una donna, di trucchi, smalti e abiti. Così magari lascia in pace me ahahahhahah!- ma ride sempre questo ragazzo? È proprio strano.
-Va bene, allora accetto volentieri. Devi darmi l’indirizzo però.-
-Certamente, te lo scrivo.- dice, scrivendomi l’indirizzo su un foglietto che aveva in tasca.
E’ strano anche che abbia sempre carta e penna dietro per scrivere le cose. O forse sono solo paranoica e trovo tutto strano, dato che sono la regina del caos e non troverei un foglio su cui scrivere in casa mia nemmeno ribaltando i cassetti.
-Allora vi aspettiamo domenica. Porta anche il cagnolino. A proposito, come si chiama?-
-T.J. lo ha chiamato Tiger, per via della sua razza.-
-Capisco. Ok, vado. Salutami tuo figlio.-
-Certo. Ciao.-
 
 
 
La tanto attesa domenica arriva e io e T.J. siamo a casa di Alexander e sua moglie Erin a pranzare in giardino, circondati da cani che si rincorrono felici.
L’allegria regna sovrana in questa casa.
Erin è una ragazza molto dolce e solare. Abbiamo parlato un po’.  Mi ha detto che quando Alexander era malato lei si sentiva morire al pensiero che lui la lasciasse per sempre. Capisce in parte il mio dolore. Anche lei come me sostiene che se Alexander fosse morto non avrebbe più voluto saperne di altri uomini. Lui è il suo tutto, come per me lo era Tyler. Mi fa piacere trovare qualcuno che la pensa come me. Mi sa che diventeremo molto amiche.
-Allora Virginia, che lavoro fai?- mi chiede Erin mentre l’aiuto a sparecchiare.
-Ho una gioielleria. Prima vi facevo la commessa, poi l’ho acquistata. Tu lavori?-
-No purtroppo. Cerco lavoro ma non riesco a trovare nulla. Prima facevo la segretaria, poi quando Alexander si è ammalato ho lasciato tutto per stargli vicino.-
-Certo, lo capisco. Potevano essere i suoi ultimi giorni. Lo avrei fatto anche io. Ma come ha fatto a guarire?- indago curiosa.
La vedo aprire bocca per rispondere, ma poi ci ripensa e tentenna. Ma cos’è tutto questo mistero?
-Gli hanno fatto un trapianto. È stato questo a strapparlo dalla morte.- mi dice alla fine.
Un trapianto? Allora forse era di midollo osseo e come avevo ipotizzato era cancro. Ma perché sono così restii a parlarne? Non sono mica gli unici.
-Scusami se ne parlo poco, ma ricordare quei momenti è troppo doloroso. Che ne dici di parlare di cose più allegre?- propone lei e annuisco ancora un po’ dubbiosa. Per loro è difficile parlarne? Pensassero allora quanto è difficile per me che non ho la fortuna di poter gridare al miracolo come loro. Va beh, lasciamo stare.
La giornata prosegue tranquilla fino a quando…
-Mamma! Mamma! Aiuto!- urla T.J. correndoci in contro.
-Tesoro che succede?- chiedo allarmata.
-Tiger è caduto in piscina! Non riesce a tornate sul bordo! Aiutatelo o affoga!- strilla piangendo.
-Ma no, i cani sanno nuotare. Vedrai che se la cava.- lo rassicura Alexander.
-No no! Lui non si fida! Aiutalo ti prego!- insiste.
-Ok vieni.- gli dice, prendendolo per mano.
Arrivati in piscina notiamo che Tiger ha davvero difficoltà a muoversi in acqua, sembra non saper bene coordinare le zampe, così Alexander si tuffa a prenderlo, riportandolo a mio figlio sano e salvo.
-Grazie Alexander!- lo ringrazia lui riconoscente, mentre il cane rimesso a terra si scrolla l’acqua di dosso.
-Di nulla piccolo. Scusate vado a cambiarmi.- dice, togliendosi la magliettina zuppa d’acqua, e lì rimango un po’stranita.
Ha una lunga cicatrice al centro del petto, come quella che aveva mio nonno quando lo hanno operato al cuore. Ciò vuol dire che ha avuto problemi al cuore? Qualche valvola mal funzionante? E se invece si trattasse di altro? Nessuno dei due ha accennato a qualche problema cardiaco, né Alexander né Erin. Magari l’operazione risale a tanti anni fa, anche a quando era più piccolo. Non capisco perché la cosa mi turbi tanto.
-Mamma credo che Tiger abbia fame.- mi chiama mio figlio, distraendomi.
-Sì tesoro diamogli la pappa.- rispondo, dandogli il suo omogeneizzato e ritornando a pensare alla cicatrice. C’è qualcosa che mi suona strano.
Quando Alexander ritorna coi vestiti puliti non riesco a fare a meno di chiederlo. Lo so che non dovrei impicciarmi, ma qualcosa mi spinge a farlo.
-Posso chiederti una cosa?- gli chiedo io.
-Certo, dimmi.-
-La cicatrice, quella al petto…-
-Ah…lo avevo scordato. Idiota! Sono proprio un idiota!- risponde lui infastidito. La reazione mi stupisce non poco.
-Perché saresti un idiota? Volevi nasconderla? Non ne capisco il motivo. Hai problemi al cuore? Guarda che non c’è nulla di male. Anche mio nonno soffriva di cuore, ma mettendogli a posto delle valvole poi si…-
-Non aveva un semplice problema alle valvole.- interviene Erin, interrompendomi.
-Erin, no…- la prega suo marito.
-Devi dirglielo, tesoro. E’ giusto che sappia.- dice Erin, con aria colpevole.
-Dirmi cosa?- chiedo pensierosa. Che mi stanno nascondendo questi due?-
-Non sarà facile Virginia. Ma forse è giusto che tu sappia, ormai, arrivati a questo punto.-
-Ma sapere che cosa? Cosa sta succedendo? Chi siete voi due? Perché è chiaro che voi avete qualcosa da nascondere che riguarda me, anche se io non vi ho mai visto in vita mia. Conoscevate mio marito forse?- ipotizzo io.
-Diciamo che ci siamo “conosciuti”, anche se indirettamente.- dice Alexander.
-Indirettamente?- ripeto sempre più confusa.
-Vedi Virginia, la malattia di cui parlavamo prima non era altro che una grava cardiopatia. Il cuore di Alexander non funzionava più correttamente. Ha avuto non so quanti infarti. Serviva un trapianto, un cuore nuovo.- mi spiega Erin con occhi lucidi.
-Un trapianto? Hai subito un trapianto di cuore? E’ questo il mistero?- chiedo stupita. Cosa c’è di strano? Tralasciamo che negli ultimi anni non vedo di buon occhio i trapianti, ma questo loro non lo sanno mica, no?
-Sì. Ho subito un trapianto. Cinque anni fa.- precisa lui.
-E allora?- chiedo continuando a non capire.
-Il mio donatore…era morto in un grave incidente d’auto, causato da un uomo ubriaco.- spiega lui e qui credo di cominciare a capire qualcosa, mettendo insieme i tasselli delle notizie appena avute.
-Un incidente d’auto…cinque anni fa? Cosa stai cercando di dirmi, Alexander? Non quello che credo io, vero? Non…non può essere ciò che penso, non è così?- chiedo sconvolta, il cuore in gola in preda alla tachicardia e la testa confusa, in balìa del panico.
-Quando ho saputo che c’era un cuore disponibile, compatibile con me, ne fui felice. Era la mia salvezza, quella di Erin e della mia famiglia. Certo, sapere che per avere un futuro, qualcuno aveva perso la vita ed il suo di futuro, era triste, ma non potevo certo rifiutare.- continua, evitando la mia domanda.
Le lacrime adesso stanno invadendo i miei occhi. E’ chiaro come sono andate le cose. Lui…hai il cuore di Tyler!
Cielo, mi sento morire! Non può succedermi questo. Non anche questo!
-E’… è assurdo! Tu non puoi entrare nella mia vita e spiattellarmi la tua felice famigliola, mentre la mia è distrutta! Con che coraggio mi hai cercata? Perché sono sicura che non ci siamo incontrati per coincidenza, no? Come avete potuto prendervi gioco di me e del mio dolore, dandomi consigli e fingendo di capirmi? Ma che persone siete? Sei vivo grazie alla morte di mio marito! Con che faccia ti presenti a me, tutto sorridente, quando io vivo continuamente nel tormento e nella disperazione?- sbotto furiosa, rovesciando anche la sedia su cui ero seduta.
-No, Virginia, non è come credi! Sì è vero, ho effettuato delle ricerche per scoprire a chi dovevo la vita, così sono risalito alla vedova dell’uomo che mi ha salvato. Ho voluto cercarti per ringraziarti, perché grazie alla donazione di quel cuore io sono vivo. Non volevo certo deriderti o spiattellarti la mia felicità. L’unico mio interesse era ringraziarti e…sapere come stavi.-
-Sapere come sto? Sto uno schifo! Sarei voluta morire mille volte, ecco come sto! E mi spiace dirtelo, ma donare gli organi non è stata una mia scelta, ma di mio marito, che aveva firmato un consenso in vita. Fosse stato per me non avrebbero mai smembrato Tyler, svuotandolo anche degli organi. Quindi sono l’ultima persona da ringraziare, perché fosse stato per me saresti morto anche tu!- dico dura e crudele. So che non è giusto dire queste cose, ma in questo momento sono furiosa. Vorrei spaccare tutto!
Dentro il suo petto batte il cuore di mio marito. Quel cuore che diceva mi sarebbe appartenuto per sempre. Quel cuore su cui mi addormentavo la sera e che mi cullava. Lo odio per questo! Non doveva privarmi anche di quello. Tyler, come hai potuto?
-Ti prego, non dire così. Non l’ho ucciso io tuo marito. Mi spiace per quello che è successo, credimi…-
-Come può dispiacerti se vivi grazie alla sua morte? Me lo spieghi?-
-Mamma, che succede? Perché state litigando?- chiede mio figlio, raggiungendoci coi cani, con cui giocava dall’altra parte della casa.
-Prendi Tiger, T.J. , ce ne andiamo!- ordino, asciugandomi gli occhi alla meno peggio col dorso della mano.
-Virginia, ti prego aspetta! Vorremo poter spiegare. Nemmeno io ero favorevole affinché Alexander ti cercasse, ma lui ne sentiva il bisogno. Abbiamo litigato per questo, ma lui voleva solo sapere come stavi. Ti prego non pensare male.- interviene Erin.
-Sentiva il bisogno di sapere come sto, dici? Ora che lo sa, che cambia? Ma fatemi il piacere. Uscite dalla mia vita e non fatevi mai più rivedere o giuro che quel cuore te lo strappo e me lo riprendo, perché mi appartiene! Ce l’hai contro la mia volontà. Quindi non osare mai più presentarti davanti ai miei occhi!- esclamo, tirandomi per mano Tyler ed andando via da quella casa maledetta.
 
Torno a casa disperata e in lacrime. Ho lasciato T.J. da Carol con una scusa. Ho bisogno di stare sola. Mi sento esplodere il petto. Il mio ormai è anche un dolore fisico. Il mio corpo non riuscirà a reggere anche questo tormento.
Perché? Perché doveva accadermi anche questo? Che ho fatto di male per meritare di soffrire così? La mia vita è un Inferno. Non la posso più nemmeno chiamare vita. Vegeto su questa terra per mio figlio.
Proprio quando decido di provare a rimettermi in sesto, di provare a sorridere di nuovo, mi capita anche questo. Perché?
 
 
 
 
Le successive settimane passano pesanti. Mi trascino come uno zombi tra scuola, lavoro, casa, parenti. Nemmeno un solo sorriso esce delle mie labbra. La mia mente non fa che pensare che ho avuto vicino il cuore di Tyler. Fa uno strano effetto. Un conto è non sapere dov’era, un altro è sapere chi ce l’ha, averci parlato, averlo avuto vicino.
Inconsciamente, avrei una voglia matta di sentirlo battere. Di sentire quel suono che cullava le mie notti e che mai più mi sarà concesso sentire. Non passa giorno in cui non mi chieda perché. Perché tutto questo è successo a noi?
I miei pensieri vengono interrotti dal campanello. Chi sarà? Non aspettavo nessuno oggi. Quando apro mi ritrovo davanti Alexander, l’ultima persona che avrei mai voluto vedere.
-Ciao.- mi saluta, accennando un sorriso. Ovviamente non ricambio e faccio per chiudere la porta, ma lui la blocca mettendoci un piedi in mezzo.
-Virginia, aspetta!-
-Togli quel piede o te lo mozzo!-
-Correrò il rischio. Ti prego, dammi la possibilità di spiegarti! Ti prego! Fallo per la memoria di tuo marito Tyler, ti supplico!- insiste lui.
-Non nominarlo! Non nominare il suo nome! Non sei nessuno per farlo!-
-Ma è stato lui a convincermi a cercarti! Ti prego, fammi spiegare. “Black Diamond” ti dice nulla?- continua lui, lasciandomi sconvolta.
Ha detto Black Diamond? Come fa a saperlo?
-Ok entra. Sentiamo cosa hai di così importante da dirmi.- mi arrendo infine, lasciandolo entrare. Voglio capire da dove ha tirato fuori il soprannome che avevo dato ad Tyler.
-Ti ringrazio!- dice entrando. Quando ci accomodiamo lo invito a parlare. Prima comincia prima se ne va.
-Io…mi dispiace tu abbia preso così male la cosa. Non era mia intenzione offenderti, davvero.-
-A no? E allora qual era il tuo scopo?- chiedo fredda.
-Sapere come stavi. Me lo chiedeva il mio cuore, in continuazione.- si giustifica, e quasi non gli scoppio a ridere in faccia.
-Il tuo cuore? Senti, se vuoi prendermi in giro è meglio che te ne vai, davvero. Non ho tempo per ascoltare queste stupidaggini.- dico risentita. Non solo lo faccio entrare per spiegarsi, ma mi prende anche in giro?
-Non sto scherzando e non ti prendo in giro. Sono serio come mai in vita mia. Sei libera di non crederci ma io devo togliermi questo peso, poi potrai mandarmi al diavolo per sempre.- afferma serio.
-Va bene, parla.- sbuffo infastidita. Sentiamo che si inventa.
-Prima, quando ho detto che era il mio cuore a spingermi a cercarti, non mentivo. Anzi, per la precisione era tuo marito ad insistere. Qualche mese dopo il trapianto, ho iniziato a fare strani sogni, in cui era presente una donna in lacrime. Non ne vedevo il volto, ma ogni volta avevo voglia di raggiungerla e abbracciarla per consolarla. Poi, col passare degli anni, ho sognato delle frasi ricorrenti. Una frase è detta da una donna, che chiama qualcuno Black Diamond. Poi vi è una frase che mi fa stare male ogni volta che mi sveglio: “Sarai per sempre nel mio cuore, Virginia”.- racconta lui, facendomi sbiancare. Sono le parole che mi disse quella sera, mentre eravamo in giardino. Non può conoscerle. Nessuno le ha sentite. Eravamo solo noi due. Non può essere vero. Non riesco a credere alle mie orecchie!
-Io non conoscevo nessuna donna che si chiamasse così, quindi ho cominciato a chiedermi chi fosse la ragazza che sognavo, chi fosse questa Virginia. Era estenuante fare sempre lo stesso sogno. Poi una sera, Erin ebbe un’idea. Aveva sentito parlare, qualche anno prima, di una strana teoria chiamata “memoria cellulare”, in cui una persona che riceve l’organo di un’altra, ne ricorda alcune cose. Così, su questa ipotesi tanto bizzarra, ho cercato chi fosse il mio donatore. Pensavo fosse una donna dal nome Virginia e che la sognassi perché era morta tragicamente. Invece scoprì che la notte in cui ricevetti il mio nuovo cuore era morto un trentenne dal nome Tyler H. in un grave incidente stradale, e che in macchina con lui c’era la moglie, rimasta miracolosamente viva, dal nome Virginia H. . Il nome della moglie era quello che sognavo, il tuo, Virginia.- si ferma guardandomi, trovandomi silenziosa e immobile con gli occhi sgranati.
Riprende il discorso vedendomi incapace di parlare tanto sono sconvolta, aggiungendo altro tormento al tormento.
-Da allora non feci altro che sentire il bisogno di cercarti. In me si era creata una strana paura, come se potesse esserti accaduto qualcosa. Mi sentivo spinto a cercarti e lo feci, sperando di poter tornare alla mia vita, con la mia ragazza con cui litigavo costantemente perché mi accusava di pensare più a te che a lei. Io ero sicuro di amarla ma, il pensare sempre ad una sconosciuta stava distruggendo la mia vita. Così decisi di cercarti e ti trovai. Per fortuna stavi bene. Scoprii che avevi avuto un figlio dal tuo defunto marito e questo mi aveva sollevato moltissimo. La mia anima si mise in pace fortunatamente, così come il mio cuore. Io e Erin ci sposammo, trovando casa, per caso o per sfortuna, non so, non molto distante dalla tua. Non è mai stata mia intenzione avvicinarti per raccontarti tutto. Mi limitavo solo a visitare ogni tanto la tomba di tuo marito, per ringraziarlo del dono della vita. Per caso mi trovavo al cimitero proprio quella volta in cui eri con T.J. . Feci finta di sistemare i fiori della tomba poco più accanto, per non farmi vedere. Sentii parlare tuo figlio con suo padre mentre gli diceva che tu parli con lui di nascosto, e ho visto le lacrime scenderti copiose ancora dopo cinque anni. La tua sofferenza era visibile anche da lontano. In quella scena rividi l’immagine che mi appariva in sogno tempo prima. Non so dirti poi cosa mi sia passato per la mente, ma decisi di seguirti al negozio di animali. Avevo bisogno di avvicinarti. Volevo provare a darti un po’ di conforto, invece guarda che guaio ho combinato. Mi dispiace davvero, non avevo cattive intenzioni. Mi sentivo solo in dovere di aiutarti e ringraziarti per quel dono così importante per me. Non volevo ferirti o prendermi gioco di te.- termina lui con gli occhi lucidi.
Io non ho detto una parola da quando ha iniziato il suo discorso, non ci riesco. Non un suono riesce ad uscire dalle mie labbra, serrate dal dolore.
-Virginia, ti prego, dì qualcosa…- mi incita lui, ma io mi sento bloccata, come paralizzata, incredula da ciò che ho appena sentito. Non riesco a crederci, anche se ci credo. Non mi capisco più nemmeno io.
-Forse preferisci che me ne vada. In fondo non so darti torto dopo tutto quello che hai passato. Mi dispiace davvero Virginia.- dice alzandosi e facendo per andar via. Solo allora trovo la forza di parlare.
-Alexander?- chiamo in un sussurro strozzato e appena udibile. Lui si ferma e si gira a guardarmi.
-Dimmi.-
-Posso… ti prego… posso… ascoltare per un’ultima volta…il cuore di Tyler battere ancora?- gli chiedo sconvolta.
Lui annuisce e si siede sul divano vicino a me. Appoggio l’orecchio al suo petto e lo sento. È strano ma lo riconosco, è lui! È il cuore che mi ero abituata a sentire ogni giorno. Il suo pulsare non è come gli altri. Il suo ritmo è più dolce, è unico, perché apparteneva a lui.
Libero finalmente le lacrime, piangendo, singhiozzando e urlando anche, cullata dall’abbraccio di Alexander, che mi lascia sfogare liberamente senza dire nulla, senza aggiungere altro, facendomi svuotare da qualcosa di opprimente e soffocante.  Piango per non so quante ore, finché non esce più una sola goccia salata dai miei occhi gonfi e arrossati.
Mi sento andare a fuoco. Mi brucia ovunque, soprattutto la gola. Devo aver urlato parecchio mi sa. La testa sta per esplodermi. Mi sento così sfinita che non ho la forza di aprire gli occhi. Solo il mio udito è ancora vigile, ma cede anche lui sotto la stanchezza e sotto quel suono familiare, che tanto amavo.
 
 
Mi sveglio che è buio. Sono nel mio letto con la luce dell’abat-jour accesa. Alexander è sulla poltrona vicina al letto che mi osserva.
-Come ti senti?- chiede accennando un sorriso.
-Come se fossi caduta dall’ottavo piano di un palazzo e un camion mi avesse investita, facendomi volare via, sotto le ruote di un treno.- dico sollevandomi e facendolo ridere.
-Meglio di quello che credessi allora.-
-Sei rimasto qui? Non era necessario. Mi spiace.- mi scuso, mortificata per essermi addormentata.
-Non potevo certo lasciarti sola dopo tutto quello che è successo. E poi ammetto che vederti dormire ha un che di rilassante.- ammette arrossendo.
Che situazione imbarazzante. Come devo comportarmi adesso?
-Io…mi spiace per le cose orribili che ti ho detto. Sono davvero mortificata, ma era il dolore a parlare per me. Mi dispiace.- dico davvero dispiaciuta.
-Non preoccuparti. Ti capisco e non me la sono presa. Non deve essere una cosa semplice da accettare e superare. Ma se me lo permetterai vorrei essere tuo amico, Virginia.- chiede serio.
-Perché?-
-Non lo so perché. Forse per lo stesso motivo per cui ti ho cercata. O magari perché non mi piace sapere che soffri. Vorrei davvero esserti d’aiuto. Darti un appoggio. Non sono Tyler e mai lo sarò, però, provo questo strano senso di protezione nei tuoi confronti che non mi lascia.- spiega imbarazzato.
Resto un po’ a guardarlo. Che fare? In fondo lui non ha colpe di quel che è accaduto. E in un certo senso è stato Tyler a chiedergli di cercarmi.
-Ok. Allora amici.- dico allungando la mano, che lui stringe sorridendo.
Devo farmi forza e smettere di piangere. Tyler non mi ha lasciato, in qualche modo, ed io non posso essere così debole davanti a lui, perché anche se non è con me fisicamente, lo è la sua anima. E lo sarà per sempre.
 
 
 
 
 
-Nonna, come ti senti oggi?- mi chiede Julie, la mia nipotina venuta a trovarmi anche oggi.
-Meglio tesoro. Ma non dovresti passare i tuoi pomeriggi con le amiche, invece di chiuderti qui in ospedale con questa vecchia decrepita?- le chiedo rammaricata di averle rubato tanti giorni preziosi.
-Non dire cavolate, nonna! Preferisco stare con te, che andare a divertirmi mentre tu sei qui da sola, almeno finchè mamma o papà non tornano da lavoro.- mi spiega lei, prendendo dallo zaino un nuovo libro da leggermi, per tenermi compagnia.
La mia dolce nipotina. Ha da poco compiuto vent’anni. E’ una donna ormai. Che gioia che provai quando nacque. Ancora ricordo il giorno in cui il mio T.J. mi annunciò di essersi innamorato. E di chi se non della figlia di Alexander e Erin, con cui passava le sue intere giornate?
Oh Tyler, sembra che tutto sia stato scritto dal destino.
La tua morte, la scoperta di essere incinta, l’incontro con Alexander che aveva il tuo cuore, la nascita di sua figlia Alyssa, che non sarebbe mai nata senza quel trapianto, il matrimonio dei nostri figli e infine questo splendido tesoro che ho al mio fianco: nostra nipote.
Sono passati quasi cinquant’anni dalla tua morte, amore mio. Cinquanta lunghissimi anni.
Non ho mai voluto nessuno al mio fianco. Sono rimasta in attesa. In attesa del tuo ritorno, che finalmente mi sembra così vicino adesso che sono ad un passo dalla morte. Il mio cuore ha resistito anche troppo in questi anni, adesso però inizia a cedere e perder colpi. Vorrei ben vedere, sono una vecchietta di ottant’anni passati!
Nonostante la tua assenza si sentisse forte, ho avuto una vita serena alla fine. Il pensiero poi che mi fossi rimasto accanto, attraverso Alexander, mi ha dato forza per andare avanti e godermi gli anni che ho vissuto, circondata dalla nuova grande famiglia che si era venuta a creare.
-Nonna, tutto bene? Sei pallida.- chiede mia nipote, fermando la lettura.
-Sì tesoro, tutto bene. Sono solo un po’ stanca. Riprendi pure a leggere.- la rassicuro, sorridendole.
Lei riprende a leggere non so cosa. Non seguo molto la storia. Mi piace solo sentire la sua voce tenermi compagnia, mi rilassa, forse anche troppo perché mi sa che sto per appisolarmi.
 
 
-Ehi, dormigliona! Sveglia!- mi chiama una voce familiare.
-Che? Oh, devo essermi addormentata mentre Julie leggeva.- mi giustifico. Purtroppo l’età fa brutti scherzi.
-Non stai dormendo, Virginia. Non più.- chiarisce ancora quella voce.
Non più? Che significa?
Aspetta un attimo, perché anche se ho aperto gli occhi non vedo nulla? Ma che succede?
-Indovina.- risponde la voce, come se mi avesse letto nel pensiero. Solo adesso realizzo che la voce udita è quella di Tyler. Anche dopo cinquant’anni la riconosco.
-Tyler? Ma dove sei? Non ti vedo.- lo chiamo, cercandolo nell’immensa distesa del nulla che mi avvolge. Improvvisamente, l’immagine di un giardino mi appare davanti.
-Ma questo giardino è…-
-Quello della villa dove abbiamo festeggiato il matrimonio e il nostro primo e unico anniversario.- dice, sbucando da dietro una siepe, vestito elegantemente come la sera in cui morì.
-Che sogno strano è mai questo?- chiedo più a me stessa che a lui.
-Non stai sognando amore. Te l’ho già detto.- insiste ancora, avvicinandosi.
-No? Ma allora come faresti ad essere di fronte a me se non è un sogno?- domando scettica.
-La tua attesa è finita Virginia.- risponde semplicemente, sorridendo e prendendomi per i fianchi, avvicinandomi di più a lui.
D’istinto porto le braccia dietro al suo collo per stringerlo anche io, e solo adesso mi accorgo di avere addosso un abito elegante anche io e le mie mani non sono più raggrinzite dal tempo. Mi tocco il viso ed è perfettamente liscio e vellutato come un tempo. Sono ringiovanita?
Un dubbio mi assale. Se non è un sogno…
-Aspetta, non mi dire che…-
-Sì, sei morta, ed io sono venuto a prenderti. Adesso sì che rimarremmo insieme per sempre,  amore mio.- mi spiega felice.
-Di…dici davvero? Io…sono morta? Ma come? Non ho sentito nulla.- chiedo scettica.
-Un infarto ha fermato il tuo cuore mentre nostra nipote ti leggeva un libro.-
-Che cosa? No, povera Julie! Appena se ne accorgerà rimarrà sconvolta!- affermo dispiaciuta.
-Lo sa già. Guarda.- dice, mostrandomi la camera d’ospedale dove ero ricoverata.
-“Nonnina! Nonna! Non andartene! Ritorna, ti prego!”- urla disperata Julie, mentre mi stringe.
-“Coraggio tesoro, non fare così. Non c’è più niente da fare. E poi guarda il suo viso…sta sorridendo.”- le fa notare mia nuora Alyssa, asciugandosi le lacrime.
-“Sono sicuro…che papà…è venuto a prenderla. Adesso…sarai felice finalmente mamma.”- sostiene mio figlio singhiozzando, mentre mi fa una carezza sul viso segnato dal tempo.
-E’ una scena tristissima. Poverini mi spiace per loro.- dico iniziando a piangere.
-E’ la vita, Virginia. Tutti moriamo o diamo vita ad altri tutti i giorni.-
-Lo dici proprio tu, che te ne sei andato giovanissimo?-
-L’età non conta. Quando la nostra ora arriva non possiamo farci nulla.-
-Già. Ma adesso che sei qui con me non andrai più via, non è così?- chiedo piena di speranza.
-Non sono mai andato via. Ti ricordi? “Sarai per sempre nel mio cuore”.- risponde sorridendo e prendendomi per mano, conducendomi chissà dove.
Adesso sì, finalmente la mia anima è di nuovo felice.
Dopo cinquant’anni posso dire di essere nuovamente felice, fra le braccia dell’unico uomo che ho amato più della vita stessa e che continuerò ad amare PER SEMPRE.
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
*Il Kai Ken prende il nome dalla zona di provenienza (distretto di Kai, prefettura di Yamanashi ) una regione circondata da montagne. 
Questa razza è conosciuta anche come Kaitoraken (tora dog o tiger dog per via della tigratura del mantello, ecco perchè T.J lo chiama Tiger ) ed è stata dichiarata come tutti i nativi giapponesi “monumento nazionale”. Eccovi un paio di fotine se volete kai-ken 1 e kai-ken 2
 
 
Salve ^_^ eccoci con le note di cui vi parlavo.
Allora cominciamo col dire che sono affascinata dalla memoria cellulare. In molti dicono che dopo aver subito un trapianto, soprattutto di cuore, prendano abitudini strane, cambiano gusti alimentari, sognano addirittura il loro donatore.
I medici respingono questa teoria in cui non sono il cervello, ma anche il resto del corpo, attraverso le cellule trasportate dal sangue, riesca a mantenere memoria. Eppure le cronache sono piene di testimonianze di gente trapiantata che ha addirittura sognato il momento della morta di colui che ha donato quell’organo.
A me piace pensare che ci sia un continuo della vita, in qualche modo, della persona morta così prematuramente. Sapere che una parte della persona che hai amato vive ancora è una piccola consolazione, almeno io la vedo così.
Se siete interessati vi lascio alcuni link con le storie di chi ha vissuto questa esperienza così toccante ^_^
 
http://esotericmania-merlin.blogspot.it/2010/08/si-puo-veramente-trapiantare-lanima.html
 
http://archiviostorico.corriere.it/2011/settembre/17/deja_della_star_trapiantata_Vivo_co_9_110917039.shtml
 
http://archiviostorico.corriere.it/1997/dicembre/13/CON_CUORE_HANNO_TRAPIANTATO_ANCHE_co_0_97121314103.shtml
 
 
Questi sono solo una minima parte ovviamente.
Io non ho voluto ingigantire la cosa comunque, mantenendomi su qualcosa di più moderato con Alexander e il suo nuovo cuore. Niente amore verso Virginia, solo senso di protezione ^_^ sarebbe stato troppo scontato e banale.
Per quanto riguarda il “trapasso” di Virginia…beh…solo su questo punto mi avvalgo della licenza poetica/letteraria e alle storia di chi, scampato alla morte, sostiene di aver visto un proprio caro, familiare, nel tunnel della luce (?) venuto a salutarlo o a prenderlo. E poi chissà che non accada davvero ^_^
Solitamente do sempre lieto fine scontati, “dolciosi e feliciosi” stavolta no,  la vita è triste e fa schifo…c’è poco da fare. Non sempre la si può “indorare” e renderla bella come si vorrebbe.
Spero vi sia piaciuta,  e se vorrete farmi sapere che ne pensate mi fareste felice ^_^
Baci baci Faby <3 <3 <3 <3
 

 
   
 
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