CICALE

Fa caldo. Fa così caldo che Kageyama ha seriamente la tentazione di andare alla ricerca della pozza d’acqua più vicina e sdraiarcisi dentro fino a che il sole non è calato oltre l’orizzonte, che, precisiamo, in quel momento si presenta tremolante e impalpabile alle vista, deformato dall’aria torrida. Se vi posa lo sguardo per troppo tempo, gli sembra di vedere l’illusione del brutto muso di Oikawa che gli ride in faccia.

Il sole è alto nel cielo, le cicale sono assordanti e nessun membro della squadra si azzarda a mettere fuori anche solo un mignolo dal riparo dell’ombra. È pieno Luglio, ed è il terzo giorno di due settimane di ritiro estivo della squadra. 
La Karasuno si è radunata nel giardino dell’economico albergo che ospita la loro trasferta. Chi seduto intorno ai tavolini sotto il riparo degli ombrelloni, chi stravaccato sotto il portico, chi appoggiato al tronco dei rari alberi che costeggiano il perimetro, sotto l’ombra delle fronte. Kageyama è seduto su una delle scomodissime sedie di plastica, a torso nudo, e sta cercando di ignorare l’enorme fastidio della pelle sudata che si appiccica di continuo alla plastica, lasciandolo bagnato fradicio e irritabile. Il frinire delle cicale, che di notte non lo lascia dormire, è momentaneamente sovrastato dal ciarlare di Nishinoya e Tanaka-senpai, che stanno litigando per decidere che dei due detenga il diritto di offrire una bibita alla loro manager. Kagayama sbuffa sia per scansare una ciocca umida dalla fronte, sia perché in quel momento gradirebbe di più perfino il concerto di quei fastidiosissimi insetti. Ha la gola arsa, ma non ha la forza né la voglia di alzarsi e ordinare qualcosa da bere al bar dell’hotel. Sbuffa di nuovo, fa vagare lo sguardo perennemente imbronciato sullo scenario davanti ai suoi occhi: Sugawara, neanche a farlo apposta, ingenuo e ignaro è in procinto di porgere un bicchiere di thè ghiacciato a Shimizu, davanti all’espressione allibita e indignata dei due pretendenti; Daichi, alle spalle dell’alzatore, cerca di mascherare un sogghigno alzando gli occhi al cielo; Asahi è accasciato sulle scale che precedono il portico, contro la ringhiera, e si sta facendo aria con la maglietta, con le palpebre abbassata; Yamaguchi e Tsukishima probabilmente si sono appisolati sotto l’albero, e Kageyama cede quasi alla tentazione di andare a cercare un pallone e schiacciarlo in faccia all’arrogante compagno di squadra. Quasi. È un’occasione d’oro, ma fa troppo caldo. I suoi arti sono intorpiditi –e bagnati, dannazione- e i pensieri nella sua testa si agitano confusamente come mosche rinchiuse sotto un bicchiere.

 Le lamentele di Tanaka e Noya gli trapanano le orecchie, e allora chiude gli occhi e rovescia la testa all’indietro, maledicendo il fatto che nel loro soggiorno non sia incluso l’utilizzo della piscina. Mentre sta lì, desiderando disperatamente dell’acqua che non sia quella che sta abbondantemente evaporando dal suo corpo, ecco che essa si materializza, magicamente, sotto forma di una lieve cascatella che va a bagnargli il volto, gli finisce nel naso e lo fa cadere a cadere a terra rantolando mezzo soffocato. Gli ci vuole circa un decimo di secondo per intuire chi sia il colpevole da strozzare –tirare calci sarebbe troppo faticoso.

L’aria usce dalla sua bocca sotto forma di un ringhio rauco –Hinata…- 

-Oi, Kageyama! Ti senti un po’ più rinfrescato, ora?- 

Il nanerottolo pare godersi il fatto che, una volta tanto, può guardare il compagno di squadra dall’alto in basso. 
Tobio non fa in tempo nemmeno a sibilargli un insulto, che nota come le sottili braccia dell’altro siano tese nello sforzo di tenere sollevati nientemeno che un’enorme anguria e una bottiglietta  mezza vuota. Per un istante, si domanda come diavolo sia riuscito a rovesciargli in faccia l’acqua senza far cadere tutto. 

-Idiota, mi hai quasi annegato- bofonchia, tanto non ha nemmeno la forza di urlare. Ha troppo caldo, e quell’anguria sembra deliziosamente fresca. Arritata dai rantoli di Kageyama, i ragazzi hanno momentaneamente distolto l’attenzione dalle proprie attività per concentrarla sulla loro piccola esca e il suo invitante carico.

Hinata sghignazza, esagitato come al solito, e Kageyama non capisce se è l’afa a fargli passare in fretta l’arrabbiatura o è il sorriso del compagno che è caldo, tanto caldo, ma non come quello che lo sta opprimendo, che sta già facendo evaporare la preziosa acqua dal suo viso, un calore diverso, che lo costringe a distendere le labbra all’insù, anche se si sente uno scemo, che gli riempie il petto di esaltazione infantile, che illumina quel pomeriggio d’estate come un piccolo Sole. 
Con voce squillante, Hinata ha già chiamato a raccolta la Karasuno, il coach  è corso a prendere un coltello e in men che non  si dica Kageyama è circondato dai compagni che si riempiono la bocca di rossa polpa succosa, fresca e dolce come la loro giovinezza. Tra gli schiamazzi, Kageyama si ritrova coinvolto rissa fatta di semini neri sputacchiati in faccia a tradimento, e le risate, compresa la sua, sono talmente alte che le cicale sono come scomparse.












Note


Buonasera. Esordisco nel fandom di Haikyuu con quella che voleva essere una semplice flash-fic, ma la faccenda mi è lievemente sfuggita di mano xD
E niente, la primavera mi ha fatto venire nostalgia dell’estate (e se io penso all’estate una delle prime cose che mi vengono in mente è il costante sottofondo delle cicale) plus avevo voglia di scrivere di un Kageyama accaldato. E poi la Karasuno offre troppi spunti per scenette come questa *lancia uno sguardo adorante ai suoi bimbi*. 

Ecco, vi lascio questa stupidata, spero che vi piaccia xD 
(Non sono un granchè nello scegliere i titoli, si vede?)

Amberle