Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: himpornscrive    31/03/2015    1 recensioni
Levispov [ ereri ]
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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ごめんなさい
                                       himpornscrive
 




 
Trovo estremamente inutile la mia vita, dove non ho concluso altro che quella che chiamano esistenza, dei molteplici titani caduti sotto le mie lame.  Non ho mai assaporato altro che il sapore del sangue mentre, con I denti scavavo affondo nel mio interno guancia con l'intento di trattenere qualsiasi emozione. Reprimere, è il mio stile di vita, e ho represso tutto. Ogni singola lacrima avrebbe dovuto infiltrarsi in un altro condotto, pur di non fuoriuscire e mostrare il mio interno. Non sono mai stato capace di far qualcosa d'impulso, se non solo errori madornali, così ho imparato. Ho imparato a fingere tante cose, che sono diventato un ottimo attore in tutto. Anche ai limiti, dove tutto stava per crollare, dove delle mie barriere non restava altro che macerie, io non cedevo. Sinceramente non ho mai optato per il sorrido per mascherare la tristezza, trovo decisamente poco rispettoso sorridere dinnanzi a tutto questo morire di soldati e civili. Non che mi importi sul serio di qualche opinione altrui, ma non sarebbe decoroso neanche per me, perciò mi sono abbandonato a un volto inespressivo, e mi ha giovato. Mi ha giovato assai, dinnanzi alle mie avventure, se così si possono definire. In principio non mi trovavo particolarmente scomodo con tale atteggiamento, il mio caratteraccio, oltre a evitarmi contrattempi sul campo, allontanava da me praticamente tutti. Rispettavano I miei spazi senza obbiezioni e nessuno rischiava di metter piede dove non doveva, perciò, non avrei potuto desiderare di meglio. Poi però, una volta sul vero campo di battaglia, ho iniziato a sentire fin troppa pressione premere sui miei muri che ho temuto davvero si rompessero. Allora mi sono degnato di rinforzarli con tenute più resistenti di prima, ma non era mai abbastanza. A volte avrei preferito spegnermi, altre mi serviva una distrazione e basta. Non ho mai trovato interessante mettere mani dove non mi spettava, ma da vero bastardo le ho messe fin troppo oltre nel solo tentativo di cambiare aria. Ho violato corpi che non mi spettavano e sopratutto, per causa mia tante madri non hanno visto in ritorno il proprio figlio. Erwin mi ha sempre assicurato che non c'entravo, che non potevo salvarli tutti, e dio come odiavo il suo essere fottutamente perspicace nei miei confronti. Avrei giurato al mondo intero, con conseguente assenso, che ero un bastardo e non m'interessasse minimamente di chi cadeva a terra senza vita davanti ai miei piedi, ma a lui non potevo. Era tremendamente bravo a comprendermi che la sua presenza mi spaventava. Davanti a lui mi sentivo nudo da farmi schifo, e mi facevo schifo tanto fa fuggire a gambe levate da tutta la merda che mi ronzava attorno. Sembravo un uomo senza timore che non aspettava altro di combattere per puro passatempo, eppure odiavo farlo. Non digerivo facilmente il solo ordine di dover rivivere ancora e ancora le vicende che mi allegano corpi di enormi sembianze da fare a pezzi. Non che sia contrario, anzi, è solo che non siamo mai tornati senza un cadavere o qualche morto da dichiarare, e tutto questo mi traumatizzava. Contavo senza sosta le ore che mi distanziavano dalle varie missioni e mi preparavo, autoconvincendomi che sarei tornato sicuramente al quartier generale dopo, e quante volte mi ritrovavo a sperare il contrario. Sarei potuto morire nello stomaco di un titano e sorridere nel mentre.  Ma poi qualcosa è cambiato, in peggio, o in meglio forse. Non mi sono mai soffermato a pensarci sù e se dovessi dare una mia opinione soggettiva, direi solo che è cambiato. Erano belli da far impazzire quegli occhi fin troppo già vissuti se pur nuovi per me, che il solo incontrarli risvegliava la mia voglia di vivere in un batter d'occhio. Erano sempre accompagnati da un sorriso se non eravamo nel bel mezzo di una strage, e quel sorriso sembrava quasi rivolto a me. Non saprei dirlo con certezza, ma il moccioso mi era sempre accanto. Ovviamente, era quello il mio volere, e lui da soldato avrebbe dovuto eseguire senza proteste, ma non era solo questione di non allontanarsi: lui era fottutamente vicino. Lo sentivo più di un contatto pelle a pelle senza che mi sfiorasse, e la cosa era estremamente da brivido. Poi mi ritrovavo le notti a pensare a qualcosa che non fosse lui, e a maledirlo per riuscire a risvegliare quegli spiriti un po' sepolti in me e lo detestavo. Lo detestavo tanto da iniziare ad amarlo rovinosamente. E li mi accorsi quanto a pezzi stava crollando la mia difesa, e rinnegai anche lui tragicamente. Infine fu un flash, qualcosa di confuso ma tremendamente umido. Ricordo esattamente tutto, ma non voglio rivedere dettagliatamente la scena. Era una fredda notte di dicembre forse, quando le mie gambe si mossero dal letto fino alla stanza del ragazzino che dormiva beatamente. Ero fin troppo nervoso per riuscire a guardarlo in faccia mentre gli allargavo le gambe con tanto di non chalance. Le mie azioni mi portavano a pensare quanto schifoso fossi nel bel mezzo dell'amplesso e non riuscivo a a far altro che scaricare la tensione contro quel corpo una volta immacolato. Scaricavo il mio nervoso, ma non riuscivo a guardarlo in faccia neanche mentre me ne andavo. E così passarono I giorni, e così li passavo io, ripensando a quanto successo fin a quel punto in cui I miei piedi ripercorrevano il medesimo tragitto a distanza di giorni che pian piano si avvicinavano tra loro. Iniziai a pretendere quel brivido almeno una volta a settimana, poi arrivai a una, due volte per notte, ma nonostante tutto, la considerazione di degnarlo di uno sguardo o un bacio era infinitamente lontana da far paura. Mi congelavo non appena tentavo che iniziai a capire che fosse rispetto. Rispettavo da morire quel ragazzino da non volerdo degnare di una cosa tanto intima quanto un bacio per paura di sconsacrare qualcosa di così tremendamente latteo. Lui dal suo canto tentava approcci del genere, ma ne riusciva rifiutato e sopratutto deluso. Deluso che il suo star male faceva star me doppiamente tale, da interrompere quel nostro piccolo spiraglio di vita e rinascere. Volevo tornare me, il vecchio me, quell'uomo sicuro agli occhi di tutti e senza timore di affrontare la morte in un duello cruciale. Ma era fin troppo tardi. Mi autoconvinsi che il solo ignorarlo sarebbe bastato, ma lui era troppo folle da lasciarmi fare. Insomma, eravamo in due e non sempre prevaleva il mio volere sul resto. Eren iniziò a tormentarmi, se tale possa definirsi un atto che si riavvicinava alla disperazione che leggevo nei suoi occhi ogni volta che incontravano I miei. E io mi sentivo male da non riuscire neanche a lottare contro un titano singolo di scarsa agilità. Mi crollava tutto dinnanzi a qualcosa che sembrava pungermi sul petto, all'altezza del cuore. Inizialmente presi in considerazione l'ipotesi di ignorarlo, poi però iniziai a sentire il dannato bisogno di una ultima concessione, che per cause ignare si trasformava continuamente in penultima. A lei ne susseguiva un'altra e un'altra ancora, fino a riprendere il precedente ritmo: niente più, niente meno, e con questo sottolineo la mia incompetenza per gli approcci che andavano oltre il sesso. Era forse troppo, arrivare a guardarlo nel mentre e a baciarlo, nonostante ci fosse una dannata curiosità verso il gesto a me ignaro, ma sapevo reprimerla a dovere. Non volevo si innamorasse di un uomo come me. Era dannatamente stupido a dirsi davanti all'evidenza dei fatti, e stupido ero io che fingevo di non arrivarci per non trovare delle soluzioni scomode. Probabilmente amavo il sesso con lui, forse per quel suo essere dannatemente impacciato da farmi tenerezza. Non mi ha mai chiesto nulla, ne tantomeno era insoddisfatto di come gestivo la situazione. Era docile da far paura e mi ricordava tanto le fanciulle alle prese con le loro prime volte, nonostante non erano per lui tali. Le sue gote si arrossavano terribilmente e questo lo capivo mentre lo scorgevo nello spogliarmi. Le sue gambe tremavano contro I miei fianchi a cui erano salde, mentre affondavo con bisogno in lui. Le sue dita spesso prendevano a giocare con I miei capelli una volta terminato, nello stallo tra il concludere e il mio lasciare la sua stanza e tutto questo mi faceva star bene da una parte, e star male dall'altra. Sentivo sempre più il bisogno di averlo e meno mi gettavo tra le sue braccia con il passare del tempo. Insomma, le mie paure stavano tornando a galla e mi sentivo tanto schifoso da non volerlo profanare in alcun modo, nonostante il suo evidente ma silenzioso dissenso. Eren era fin troppo rispettoso nei miei confronti da farmi sentire sempre in torto. Nonostante non reclamasse nulla per la maggior parte del tempo, era perennemente con una espressione che prima della mia crisi esistenziale non conoscevo affatto. Quel volto passava fin troppo tempo senza un sorriso accennato che mi spaventava il solo guardarlo per vedere che espressione avesse. E ogni volta lo facevo con attenzione per paura di essere colto nel sacco. La cosa che forse meno mi preoccupava, invece, era il suo etichettarmi bastardo e non esiste un bastardo preoccupato. Poi un giorno accadde ciò che mai avrei immagginato e più di tutto avrei temuto. Dinnanzi allo spettacolo del ragazzino avvolto dal cristallo, sentii un sonoro crack che mi fece collassare letteralmente. Persi letteralemte il controllo della mia attrezzatura e andai incontro a un albero. Col passare dei giorni mi ripresi dal trauma, ma lui no. Lui era fottutamente intrappolato nel cristallo e non accennava a volerne uscire. Trascorsi un mese nei sotterranei dove era stato riposto; non ricordo di aver toccato propriamente cibo, ne di essermi allontanato per più di un'ora. Mi chiamarono in battaglia, ma non mi presentai. Mi diedero acqua, mi prescrissero riposo, ma tutto ciò che io facevo era fissarlo. Passavo il mio tempo a guardare quel volto e ogni giorno scorgevo una piega trriste in più, cosa che mi fece comprendere chi fosse davvero il colpevole di tali azioni. E così mi odiai, odiai me stesso come non avevo mai detestato nessuno. Avrei voluto scendere in campo per poi morirci, ma sorvolavo altamente l'ipotesi di lasciarlo solo. Così rimasi lì, chiamandolo ogni giorno per ore, in lacrime. Mi spogliai di ogni mia barriera davanti a lui, sperando mi percepisse almeno in qualche modo. E lo attesi per giorni, I giorni diventarono settimane, le settimane mesi e I mesi anni. Poi tutto svanì, come d'autunno il verde. Solo tristezza rimase nei cuori di chi come Erwin, ora aveva un nome in più da allegare a un volto e commemorare. La mia tristezza si diffuse in tutti quei cuori pieni di ammirazione per me, liberandomi da un peso grosso più di un macigno, che per me era la vita stessa. 

Ora, non so dirvi dove andrò ne tantomeno chi incontrerò,

ma forse è meglio così.

 

 

 

 

Salve, ciao, buonasera, buonmenevadoafanculo.
Gente, questa è una piccola parentesi che ho messo su oggi tanto per distaccarmi un momentino dalla fanfiction che NON HO ABBANDONATO. Ora, care, so che questa roba ha davvero poco senso, ma ieri sera mi sono imbatutta in una serie di foto che raffiguravano qualcosa di vagamente simile e mi è venuto il pallino di metterci su una os piccina picciò con ovviamente un finale tragico. Spero con tutto il cuore di non aver postato una cagata fatale in quanto> sono assonnata ma allo stesso tempo ansiosa di postare e quindi, nonostante il caffè ci capisco ben poco.
Insomma, vorrei un commentino con I vostri pareri, non ve ne chiedo 300, solo uno a persona più di tanto non si può recensire eheh.
Poi se non vi  va bene, mi va bene così, detto questo: BUONANOTTE gente.

 

 



 
 
 
  
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