PRIMA PARTE
Una giornata, l’ennesima,
volgeva al termine all’Ange Café.
Il sole
aveva già iniziato la sua discesa oltre l’orizzonte, al di là dell’oceano, e le
prime stelle si erano fatte strada attraverso il cielo color arancio riempiendo
l’aria di magia.
Ange
alzò gli occhi dal bancone, incrociando con lo sguardo le superbe figure di una
coppia di draghi, un maschio ed una femmina, intenti a rincorrersi l’uno con
l’altro in uno dei loro giochi di corteggiamento che ormai si era abituata a
vedergli compiere.
Quasi
non credeva possibile di aver passato quasi un anno della sua vita a combattere
quelle creature, e tutto per colpa di un sadico piano ordito dalla mente
perversa di un sedicente dio.
Ma ora
quei giorni erano lontani.
Ora
c’erano solo pace e prosperità.
La sua
nuova nazione cresceva vigorosa giorno dopo giorno, attirando a sé un numero
sempre crescente di potenziali abitanti.
Stava
per sollevare il vassoio pieno di bicchieri vuoti, dopo che le ultime clienti
se n’erano andate, quando si sentì abbracciare alle spalle.
«Tusk!» imprecò. «Smettila di fare lo stupido.»
«Non far
finta che ti dispiaccia» sorrise beffardo lui cingendola un po’ più forte.
Purtroppo
ormai quel pervertito aveva imparato a conoscerla, e a differenza che in
passato Ange non riusciva più a sottrarsi alle sue manifestazioni d’affetto,
anche le più esagerate.
Aveva
bisogno di Tusk. Era la sua vita.
Avevano
aperto quel caffè insieme, realizzando un sogno comune di una vita nuova e
pacifica, e anche se a distanza di due anni non erano ancora riusciti a
coronare con un erede il loro amore sincero e appassionato sentivano che era
solo una questione di tempo.
Tusk da parte
sua amava giocare e provocare un po’ la sua donna, ricordando quasi con
nostalgia i giorni lontani in cui bastava una parola, un gesto inconsulto, o
uno dei suoi proverbiali colpi di sfortuna, per ricevere in cambio sonore
legnate.
Se ci
pensava le ossa gli dolevano ancora, ma era un dolore così dolce, facile da
sopportare.
I lavori
di fine giornata andarono ben presto a farsi benedire, e i due, abbassate le
tapparelle ed esposto il cartello di chiusura, si ritrovarono, seminudi,
abbracciati l’uno all’altra su uno dei divanetti, a scambiarsi baci
appassionati.
«Io odio
quando fai così» disse Ange prendendo fiato. «Mi fai passare persino la voglia
di picchiarti. Lo sai quanto ci sta costando quella tua orribile zuppa che
nessuno vuole mangiare?»
«Ne sono
felice. Anche perché, tra un calcio nello sterno e le tue pallottole, non ho
più niente in corpo che non sia già stato rotto.»
Lei
rise, divertita, scambiandosi con lui un nuovo bacio, poi gli occhi di entrambi
caddero verso la luce del sole che, filtrando dalle tapparelle, annunciava un
tramonto ormai prossimo al completamento. E allora, sui loro volti, comparve
quasi un che di nostalgia.
«Ripensi
mai al nostro vecchio mondo?» domandò Tusk
«Perché
dovrei farlo?» rispose lei quasi stizzita. «Dopotutto, non è più il nostro
mondo.»
«Ma lo è
stato. Chissà cosa sta accadendo laggiù. Embryo li
controllava in ogni cosa. Erano burattini nelle sue mani, senza neppure
rendersene conto. Mi domando cosa stia succedendo ora che quel legame è stato
reciso. Non erano abituati a prendere decisioni per conto loro.»
«Ma
dovranno farlo. Se vogliono sopravvivere. E a conti fatti, della sorte di qualcuno
che mi ha tirato le uova dandomi del mostro e invocando la mia morte, può
fregarmene solo fino ad un certo punto.»
«Eppure,
mi rifiuto di credere che fossero tutti così.
Che ci
fosse qualcuno di diverso in mezzo a loro?»
«Umanamente
parlando erano come dei cloni. Fatti in serie per amare quello che doveva
essere amato e disprezzare quello che doveva essere odiato.
I Norma
erano l’unica eccezione, e per questo ci chiamavano mostri. Trovo difficile
pensare che qualcuno di loro potesse essere diverso, almeno fino al momento in
cui Embryo è morto.»
«Immagino
che tu abbia ragione» rispose Tusk con un sorriso che
però non appariva troppo convinto. «Ma sono sicuro che, con la morte di Embryo, siano riusciti in qualche modo a trovare la loro strada.
È anche questa la forza dell’Uomo, dopotutto.»
«Devono
avercela fatta. In caso contrario, probabilmente a quest’ora sono già tutti
morti. Un destino che si sarebbero ampiamente meritati.»
A volte
Ange sapeva essere davvero cinica, a tratti persino spietata, ma Tusk non se la sentiva di fargliene una colpa; era
difficile mantenere un punto di vista obiettivo dopo tutto quello che doveva
avere passato, e in fin dei conti non era così sbagliato considerare gli umani
dell’Altra Terra in modo tanto negativo.
Era vero
che Embryo li aveva programmati per odiare i Norma,
ma Momoka ed Emma avevano dimostrato che non erano
stati privati del libero arbitrio, e della capacità intrinseca di saper
distinguere il bene dal male, il giusto dalla menzogna.
La
speranza era che quanto accaduto a loro due fosse accaduto anche per tutti gli
altri, ma una parte di Tusk dubitava che ciò potesse
davvero essere avvenuto.
«A
proposito di Momoka, dov’è?» domandò Tusk. «È dall’ora di pranzo che non la vedo.»
«È
andata in città con Pamela e le altre a fare spese. Dopodomani saranno due anni
dalla fine di Libertus. Voglio dare una festa.»
«È una
splendida idea. Preparerò la mia migliore zuppa di serpente.»
«Ancora
con questa zuppa!? È una perversione o cosa!?»
La luce
del sole continuò ad affievolirsi, scomparendo rapidamente nel giro di pochi
attimi, lasciando il posto a minacciosi boati: doveva essere in arrivo un gran
bel temporale.
Poi,
d’improvviso, la porta del locale si spalancò fragorosamente.
«È
terribile, nobile Angelise!» strillò Momoka apparendo sull’uscio, salvo poi arrossire
d’imbarazzo alla vista dei suoi due amici e padroni intenti nel loro momento di
intimità. «Scu… scusate!»
«Momoka!» urlò Ange coprendosi alla bene e meglio. «Quante
volte ti ho detto che non devi entrare quando vedi le tapparelle abbassate!»
«Mi
dispiace, nobile Angelise» rispose lei mortificata,
ma riacquistando nel giro di un attimo tutta la sua agitazione. «Però, c’è un
problema! Presto, venite a vedere!».
I due
amanti si guardarono tra di loro, confusi e un po’ preoccupati, ma niente li
avrebbe mai potuti preparare a ciò che, rivestitisi e raggiunta la vicina
scogliera, si videro comparire dinnanzi.
Non
erano state le prime avvisaglie di un temporale a coprire il sole.
Un
cerchio di nuvole nere, sinistre e minacciose, si era formato nel cielo ad
alcuni chilometri di distanza, in mare aperto, vorticando lentamente su sé
stesso mentre dalle sue viscere sprizzavano lampi e rimbombi di tuono.
Entrambi
sgranarono gli occhi, e un brivido gli attraversò le ossa.
«Ma quella… quella è…» balbettò Tusk
Non ebbe
neanche il tempo di voltarsi che la sua compagna era già corsa in direzione del
granaio attiguo al bar.
«Ange,
aspettami!»
Insieme,
e mettendoci parecchia forza, aprirono il pesante portone di metallo, balzando
in sella ai rispettivi veicoli prima ancora di aver finito di indossare le
rispettive tute da battaglia, riposte con cura all’interno di un armadietto.
Era da
un po’ di tempo che il Villkiss e l’Arquebus se ne stavano a prendere polvere lì dentro, e ciò
nonostante, subito dopo l’accensione, presero a cantare come cardellini,
indifferenti al passare degli anni.
«Momoka, avvisa Salako e le
altre!» ordinò Ange portando con disinvoltura il suo veicolo all’esterno. «Noi
andiamo a vedere che sta succedendo.»
«Sì, mia
signora» fece in tempo a dire la cameriera, e subito dopo i due decollarono a
tutta velocità.
Più Ange e Tusk si avvicinavano a quello strano, ma non insolito,
fenomeno atmosferico, più vedevano confermati i propri timori, e quando infine vi
furono appresso, in una zona di mare basso segnata da cui emergevano i resti
arrugginiti e decrepiti dell’antica città di Tokyo, le sue imponenti dimensioni
suscitarono in loro un ancora maggior timore.
«Non ne
ho mai vista una di queste dimensioni» disse Tusk
alla radio.
Non era
raro che si aprissero delle singolarità.
A
sentire la venerabile Aura, la barriera che divideva i due mondi aveva
risentito pesantemente del tentativo di Embryo di
farla collassare, e anche se non si era ancora riusciti a spiegarne
completamente il motivo essa non era ancora riuscita a ricostruirsi
completamente, lasciando delle falle che di quando in quando assumevano
consistenza per poi, comunque, scomparire nel giro di pochi minuti.
Ange e Tusk quindi aspettarono, fiduciosi che ancora una volta
quel retaggio delle vecchie battaglie sarebbe scomparso, ma a distanza di
parecchi minuti la singolarità, invece che richiudersi, sembrò quasi volersi
ingrandire, facendosi ancor più minaccioso.
«Che
facciamo, Ange? Questa singolarità non sembra volersi chiudere.»
Stavano
decidendo il da farsi, quando una coppia di ragna-mail e un para-mail rosa
dall’aria parecchio famigliare gli si fecero incontro giungendo dalla città;
con loro anche un nutrito seguito di draghi, soprattutto femmine.
«Sta
arrivando la cavalleria!» esclamò Vivian con il suo
solito fare un po’ infantile.
Gli anni
e le battaglie non avevano cambiato il suo carattere gioioso, ma dopotutto era
questo uno dei motivi per cui tutti le volevano molto bene
«Era ora
che arrivaste!» disse sollevata Ange
«Scusa
il ritardo, Ange.» disse Salia. «È successo tutto
molto in fretta, e quando Momoka ci ha chiamate siamo
arrivate il più in fretta possibile.»
«E Salako e le altre?»
«Stanno
arrivando. Saranno qui in pochi minuti. Intanto siamo venute noi due.»
«Allora,
si può sapere che accidenti sta accadendo qui?» domandò Hilda,
rude e schietta come sempre. «Perché questo dannato buco non si è ancora
richiuso?»
«Non
solo non si è richiuso, ma si sta ingrandendo» disse preoccupato Tusk. «Se le cose continuano a progredire, sarà il caso di
chiedere l’aiuto della venerabile Aura.»
«Accidenti
a quella lucertolona. Ha scelto proprio un bel
momento per andarsene in letargo.»
«Non
chiamare la nostra Madre Aura lucertolona!» sbottò Vivian. «E non è andata in letargo, si sta riprendendo!
Provaci tu a farti succhiare l’energia ininterrottamente per centinaia di anni,
e poi vediamo quanto sarai vitale.»
«Sì, si,
d’accordo» tagliò corto la rossa. «Ma ora come ci comportiamo?»
«Aspettiamo
l’arrivo di Salako» consigliò Ange. «Lei
probabilmente saprà aiutarci.»
Ma non
ne ebbero il tempo.
Improvvisamente
l’ingrandimento della singolarità aumentò in modo repentino, provocando una
pioggia di raggi di particelle che per poco non colpirono le ragazze e i draghi
che le accompagnavano, e quando al centro del cerchio di nuvole cominciò a
formarsi una superficie semitrasparente, oltre la quale si potevano scorgere
nitidamente un cielo ed una terra che non avevano nulla a che vedere con il
loro mondo, la preoccupazione negli occhi di Ange e i suoi compagni si tramutò
in vera e propria paura.
«Si è…» balbettò Tusk. «Si è aperto
un varco!»
Non era
possibile.
Nessuno,
a parte Midgardia, aveva il potere di fare una cosa
del genere, e la barriera tra i due mondi non poteva essere ancora così
deteriorata da provocare degli squarci.
Passarono
alcuni istanti, lunghi e carichi di tensione; poi, dalla fessura, cominciarono
a venire fuori uno dopo l’altro un gran numero di para-mail, alcuni di un
modello e di una fattura che né Ange né nessun altro ricordavano di aver mai
visto.
Tra loro
ne spiccava uno, nero pece, con riverberi argentati, un fucile di alta
precisione alla cintura e una falce ripiegata su sé stessa come arma da corpo a
corpo, e un altro color cremisi, che al posto delle mani sembrava avere una
coppia di lame che lo facevano somigliare ad una mantide.
Ad
accompagnarli, elicotteri da combattimento, aeronavi e altri velivoli militari
dall’aria decisamente poco raccomandabile.
«Ma che cosa…» strillò Hilda
Per ultimo,
a coronamento di una situazione che stava diventando sempre più drammatica,
comparve addirittura un ragna-mail, quasi un clone del Villkiss,
che lasciò Ange e le altre atterrite; presentava una colorazione insolita, di
un giallo dorato, con sei ali luminose che formavano un cerchio dietro la sua
schiena, e lo stemma imperiale dell’Impero di Mitsurugi
a capeggiare al centro del petto.
A
cavalcarlo, come un domatore in sella alla propria fiera, c’era un uomo, con
una katana chiusa nel fodero in una mano e un uniforme del Popolo Antico
provvista di casco a celare i lineamenti, che ciò nonostante apparivano
atletici e scolpiti come si conveniva ad un vero soldato.
«Non… non ci posso credere…» disse
Tusk, interdetto e senza parole come tutti. «Questi… sono abitanti dell’Altra Terra!?»
Era
inaudito. Da quando gli abitanti dell’Altra Terra, che oltretutto con la
scomparsa del mana dovevano aver visto ridursi sensibilmente il loro livello
tecnologico, disponevano delle conoscenze necessarie ad aprire i varchi senza
l’aiuto di Embryo?
I nuovi
venuti, inizialmente, non si mossero, seguitando a rimanere nei pressi del
varco con intenzioni a prima vista non bellicose, ma Ange e i suoi compagni
sapevano bene che un simile dispiegamento di forze non poteva portare nulla di
buono.
Il
ragna-mail dorato, lentamente, si portò in testa al gruppo, e con gli occhi
della mente Ange ebbe come l’impressione di scorgere qualcosa negli occhi nel
soldato che lo cavalcava, come una specie di ordine impartito con un filo di
voce, ma che i suoi compagni recepirono immediatamente, scagliandosi fulminei
all’attacco in ogni direzione.
«Lo
sapevo!» ringhiò la ragazza. «Pronti a combattere, presto!»
Da
quando avevano preso confidenza coi nuovi ragna-mail e le nuove capacità del Villkiss Ange, Sanya e Hilda erano diventate quasi imbattibili, e lo stesso si
poteva dire per Vivian e Tusk,
che pur usando dei normali para-mail sapevano il fatto loro.
Ciò
nonostante, quei nuovi avversari si rivelarono degli avversari micidiali, che
misero a dura prova le loro abilità di piloti e di guerrieri; gli aerei e gli
elicotteri sparavano senza sosta, volando in ogni direzione per sfuggire agli
assalti dei draghi e ai colpi dei mezzi nemici, mentre da lontano il para-mail
nero colpiva con letale precisione chiunque arrivasse a minacciare qualche suo
compagno.
La cosa
strana era che, mentre la maggior parte dei para-mail nemici combattevano,
alcuni di essi restavano a bassa quota, intercettando i corpi dei draghi morti
o morenti che precipitavano in mare e trafiggendoli con una selva di
protuberanze simili a tentacoli; questi, emergendo da una specie di enorme
recipiente portato come uno zaino, sembravano risucchiare loro il sangue e le
viscere, riducendoli a mummie rinsecchite.
Quando Vivian se ne accorse, perse la testa.
«Lasciate
stare i miei amici!» urlò piombando loro addosso fuori di sé dalla rabbia.
«Vivian, no!» tentò di bloccarla Sanya
Un
para-mail provò a bloccarle la strada, ma lei lo spazzò via con un colpo solo
del suo boomerang, per poi scagliarsi con forza contro due dei raccoglitori con
un secondo lancio.
Stava
per abbatterne anche altri due, che svuotata la loro ultima preda e presi dal
panico stavano tentando una inutile fuga appesantiti dal loro fardello, quando
uno strano bagliore proveniente dall’alto attirò, troppo tardi, la sua
attenzione; un istante dopo, il suo para-mail subì un violento contraccolpo,
minacciando quasi di farla cadere dalla postazione, e quando riaprì gli occhi
si avvide che ora, al posto del braccio destro, aveva solo un moncone
perfettamente segato, che sprizzava fumo e scintille.
Il
giovane soldato con la katana era lì, ai suoi piedi, ritto sopra le macerie di
un vecchio grattacielo, la spada parzialmente sguainata e lo sguardo basso,
quasi invisibile dietro la visiera rossa del casco.
«Andate!»
ordinò con una voce giovane ma profonda, di ghiaccio, e i due para-mail
raccoglitori immediatamente gli obbedirono, scomparendo in tutta fretta oltre
il portale.
Stupita
ma non doma la ragazzina tentò di afferrare l’assalitore con la mano ancora
intatta, ma questi, fino all’ultimo, non si mosse fino all’ultimo.
«Inutile.»
sussurrò.
Di
nuovo, tutto avvenne in meno di un batter di ciglia; il giovane parve
scomparire, tanto velocemente fu in grado di muoversi, e un istante dopo era in
piedi sulla testa del para-mail di Vivian, mentre
anche l’altro braccio precipitava in mare dopo essere stato irrimediabilmente
reciso.
Era più
di quanto qualunque macchina potesse sopportare; il corto circuito
fortunatamente non provocò l’esplosione, ma Vivian
vide con orrore il suo para-mail spegnersi repentino, per poi cadere inerme
verso il basso ormai privo di energia.
«Vivian!» urlò in lacrime Hilda
vedendola scomparire sotto la superficie.
Come
fece per andare ad aiutarla, però, trovò la sua strada sbarrata dal para-mail
cremisi, a prima vista così simile al suo, che evitati sia due fendenti sia una
scarica di fucile le volò velocissimo addosso costringendola ad erigere lo
scudo per difendersi.
Allora
fu Tusk a provare a correre in aiuto a Vivian, ma forse grazie ai suoi sensi di soldato il ragazzo
riuscì ad avvedersi in tempo della minaccia che, come una saetta, gli stava
venendo addosso, spostandosi in tempo e rimettendoci così solo uno dei due
propulsori posteriori.
Dandosi
la spinta sulla testa del para-mail di Vivian che
precipitava, e forte delle potenzialità della sua tuta, il soldato in nero gli
era arrivato appresso in pochi attimi, venendo afferrato al volo dal para-mail
nero passato in modalità di ingaggio; fu allora che tutti poterono vedere una
giovane donna alla guida del mezzo, capelli di un nero opaco portati piuttosto
corti e sguardo impassibile, quasi senza vita, che stonava incredibilmente con
la delicatezza e grazia dei suoi tratti.
La sua
tuta era nera come il para-mail che pilotava, e solcata dalle medesime
striature, ma presentava anche alcune placche metalliche simili a scampoli di
armatura, che ne accrescevano sensibilmente l’aspetto minaccioso.
Inge, intercettato
il mezzo, era pronta ad abbatterlo con un colpo preciso, ma d’improvviso il
ragna-mail dorato, che per tutto quel tempo se ne era rimasto in disparte, la
attaccò fulmineo, sventagliando una coppia di spade che, con un semplice
contatto tra le estremità delle impugnature, si tramutarono mancato il primo
assalto in una letale arma a doppia lama.
«Non
sono così stupida da farmi sorprendere da così poco.»
Ciò
nonostante Ange dovette indietreggiare, rispondendo di tanto in tanto ai
fendenti portati con letale precisione con qualche colpo di fucile, ma il
ragna-mail nemico non voleva saperne di mollarla e continuava a colpire.
«Ange!»
gridò Salya intervenendo in suo aiuto.
L’attacco
a tenaglia costrinse il ragna-mail a rinunciare all’assedio martellante, e
grazie alla velocità fulminante di Salya ben presto
fu lui a ritrovarsi in apparente difficoltà.
A dargli
man forte intervennero tre suoi compagni, pesci piccoli sicuramente, che Ange e
Salya riuscirono ad abbattere con pochi sforzi, ma
nel tempo che impiegarono a tornare a concentrarsi sul loro bersaglio
principale questi si era già allontanato di almeno un chilometro, bloccandosi
in mezzo al nulla come pietrificato.
Ange
stava domandandosi della ragione di quello strano comportamento, quando, attraverso
la radio, giunse una strana litania; una canzone. E tutto il suo corpo si
pietrificò per lo sgomento.
始まりの光 Kirali…kirali
HAJIMARI NO
HIKARI KIRALI…
KIRALI
終わりの光 Lulala lila
OWARI NO
HIKARI LULALA LILA
返さんel ragna
KAESAN EL RAGNA
砂時計を
SUNADOKEI WO
時は溢れん
TOKI WA AFUREN
Lulala lila
幾億数多の 命の炎
IKUOKU AMATA
NO INOCHI NO HONOO
するり堕ちては星に
SURURI OCHITE WA
HOSHI NI
流れ流れては美しく
NAGARE NAGARETE
WA UTSUKUSHIKU
また生と死の揺りかごで
MATA SEI TO SHI
NO YURIKAGO DE
柔く泡立つ
YAWAKU AWADATSU
Due bocche da fuoco comparvero
sulle spalle del ragna-mail, sprigionando una terrificante quantità di energia;
i suoi alleati, capita la situazione, si erano già spostati, ma di contro
parecchi draghi si ritrovarono investiti in pieno dalla potenza del colpo,
finendo vaporizzati.
Persino Tusk riuscì a cavarsela per il rotto della cuffia,
scampando per la seconda volta in pochi minuti ad un attacco potenzialmente
mortale, ma di contro Sanya non fu altrettanto
svelta, rimanendo paralizzata alla vista di quell’onda distruttiva che le
arrivava addosso.
«Sanya, attenta!».
Colta a
sua volta alla sprovvista, Ange riuscì a sparare a meno della metà della sua
potenza abituale, ma fortunatamente si rivelò abbastanza da fermare l’attacco,
annullandolo, seppure al costo di un danno non indifferente alla strumentazione
del Villkiss.
E, come
già accaduto una volta molto tempo prima, lo scontro di forze contrapposte
sembrò risvegliare qualcosa nella mente della ragazza, richiamando memorie di
tempi ormai lontani.
E di
nuovo, fu stupita di ciò che vide: ricordi perduti, di un’esistenza felice, o
forse terribilmente ipocrita, in cui tutto era semplicità, eleganza, lusso.
Com’era
possibile?
Lo
scontro tra le energie opposte di diversi ragna-mail risvegliava ricordi comuni
ad entrambi i piloti. Chi poteva mai esserci a bordo di quel dannato aggeggio
sbucato dal nulla?
«Ange!»
gridò Tusk vedendo il Villkiss
accusare il colpo. «Stai bene?»
«Tu…» ringhiò la ragazza. «Si può sapere chi diavolo sei?»
Quella
voce che aveva sentito cantare effettivamente le era apparsa famigliare; ma fu
solo quando la sentì di nuovo, fredda e severa, rivolgersi direttamente a lei
attraverso la radio, che cominciò a capire.
«Mi
sorprendi. Ti sei dimenticata a tal punto di me da aver scordato persino la mia
voce?»
Righe di
sudore le comparvero sulla fronte, le mani si strinsero più forte attorno alle
impugnature dei comandi, e un tremore incontrollabile le attraversò tutto il
corpo.
«Non… non può essere…» balbettò
con gli occhi fuori dalle orbite.
Lentamente,
il ragna-mail nemico si riavvicinò, tornando a portata di vista; la cabina di
guida al centro del petto si aprì, mentre dal suo interno faceva capolino un
corpo esile, ma irrobustito il giusto da un coscienzioso allenamento, messo in
elegante evidenza dalle linee della tuta ed impreziosito da una folta e ben
raccolta chioma biondo oro raccolta in una coppia di boccoli spumeggianti.
Ma più
di tutto, furono gli occhi a sconvolgere e ammutolire Ange.
Non
erano quelli che ricordava, né per il colore, divenuto un rosso simile a quello
dei suoi, né per ciò che poteva leggervi dentro; mai avrebbe pensato che la
persona che da due anni vedeva solo nei suoi ricordi e che ora le stava
dinnanzi potesse dimostrare un tale, incontenibile ardore.
«È
passato molto tempo, sorella.»
«Sy… Sylvia!?»
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Sono sicuro al 1000% che 999 utenti su
1000 di questo sito non conoscono quest’anime, anche perché è finito in
Giappone solo 3 giorni fa, ma ciò nonostante ne sono rimasto talmente appassionato
e catturato da aver deciso di scriverci subito una fan fiction, anche perché il
finale mi ha lasciato uno strano amaro in bocca per certe decisioni a livello
di trama che non mi hanno convinto del tutto.
Trattandosi di un sequel do per assodato
che chi legge conosca già la storia, anche se so che questo potrebbe straniere
gli eventuali lettori, ma ho deciso di correre il rischio.
Spero che qualcuno colga l’occasione per
vedere questa serie, perché ribadisco a me personalmente è piaciuta molto: altamente
sperimentale, fonde in modo molto ben pensato azione, dramma, un po’ di
splatter e un erotismo che sa più di hentai soft che
di fan-service commerciale.
A presto!^_^
Carlos Olivera