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Autore: Cleaver    02/04/2015    1 recensioni
«Siamo lieti di dirvi che, proprio in questo giorno, si festeggia la nascita dell’Halloween Café, che compie ben tre anni di attività!» sentenziò gioiosa.
Dal locale partì uno scrosciare di applausi che vennero prontamente zittiti da un gesto della donna.
«Il mio locale, come ben sapete, è diverso dai classici maid café che si vedono per Tokyo e siccome oggi è un giorno speciale ho deciso di proporre un menù altrettanto speciale, bon appetit» ridacchiò infine, della sua risata infantile e trillante.
Le cinque cameriere si adoperarono per servire ogni cliente che prontamente ringraziava, dalla cucina la donna con la maschera osservava, la bocca dorata piegata in un sorriso.

Nelle vie di Tokyo si aggira la gente più strana, semplicemente.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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.Halloween Café.










Con un po’ di fatica, il fattorino, depositò gli scatoloni nel retro del locale. La donna dal petto prorompente lo ringraziò, sorridendo. Aveva il volto coperto da una maschera veneziana, le labbra serrate e dipinte d’oro, gli occhi – l’unica cosa che si riusciva a scorgere – di uno splendido color blu mare.
Lenti a contatto, pensò il fattorino quando sporse la mano per ricevere il compenso.
La donna sorrise da dietro la maschera, il corpo era fasciato da un vestito da cameriera rosso carminio.
«Veramente – iniziò lei – avrei bisogno di un aiuto per sistemare altri scatoloni vuoti. Ovviamente le pagherò anche l’aiuto che mi ha dato» sorrise, voltandosi repentinamente verso uno sgabuzzino vuoto.
Il fattorino, attirato dalla possibilità di portare a casa qualche soldo in più, non esitò a grugnire in consenso.
«D’accordo, signorina» le disse, pulendosi le mani sui pantaloni di jeans slavati.
Il ragazzo era di bell’aspetto, i capelli corti e neri coperti dal cappellino con la visiera della compagnia per la quale lavorava, l’uniforme dalle maniche corte metteva in mostra le braccia muscolose e la carnagione abbronzata. Non doveva avere più di venticinque anni.
La donna vestita da cameriera si mosse per il retro del locale con grazia, quasi come se non stesse toccando il pavimento ma vi stesse fluttuando sopra. Non era uno spazio molto ampio, racchiudeva giusto una sala per far cambiare il personale, uno sgabuzzino che fungeva anche da cella frigorifera e la cucina dalla quale provenivano rumori di pentole che battevano. Probabilmente il cuoco stava preparando l’occorrente per l’apertura.
«Sa, le sono veramente grata per l’aiuto che mi sta dando. Giovani come lei son difficili da trovare» ridacchiò la donna, aprendo la porta dello sgabuzzino. L’interno era più ampio di quel che sembrava da fuori, era buio e freddo.
«Non si potrebbe accendere una luce?» chiese il fattorino, non riuscendo a vedere ad una spanna dal suo naso.
«Oh, no, mi dispiace. I batteri prolificano meglio se hanno una fonte luminosa, la nostra merce è molto delicata» scosse dispiaciuta la testa.
La sua voce era qualcosa di indefinibile, delicata e melliflua. Sembrava quasi di vedere del miele colare da un cucchiaio, a sentirla parlare. Il ragazzo annuì, cercando a tentoni gli scatoloni vuoti che doveva portare via.
«Son giusto tre» gli disse, scrutandolo da dietro.
Nonostante il volto fosse coperto interamente da una maschera – per il tema del locale si diceva il fattorino – i suoi occhi erano completamente visibili e incutevano soggezione. Blu come l’oceano e paurosi come le sue profondità. Nel complesso la donna era molto bella, alta e slanciata, le curve al posto giusto. Era morbida come una Dèa della Fertilità primitiva e altrettanto misteriosa e irraggiungibile.
Il fattorino prese i tre scatoloni, uno di essi aveva gli angoli che gocciolavano di una sostanza nerastra. Li portò fuori e li caricò nel retro del camion che era parcheggiato nel vicolo. Si voltò verso la donna con la maschera, aspettando il compenso.
«È sicuro di non volersi fermare un po’, per un caffè, magari» gli propose, inclinando leggermente la testa.
Nonostante il volto fosse coperto la voce gli giungeva chiara e forte, come se non ci fosse nulla ad ostacolare il suono. L’uomo scosse la testa, declinando l’invito.
«Sono in ritardo, mi spiace» e gli dispiaceva veramente, l’attrazione che aveva quella donna era molto forte, ma se avesse tardato ancora il capo lo avrebbe ucciso.
«Capisco, allora le pago il servizio. Sa, l’ultimo fattorino che avevamo era un incapace... rozzo e aggressivo. Pensi che era persino giunto su posto di lavoro ubriaco e aveva molestato delle mie dipendenti» commentò la donna mascherata, porgendo delle banconote da mille yen.
«Signorina, questo è troppo...» le disse, non potendo accettare una certa cifra per aver solo trasportato degli scatoloni.
«Oh, si figuri, prenda senza fare complimenti. Le pago anche la gentilezza!» gli infilò a forza le banconote nel taschino anteriore della divisa.
Il fattorino la guardò stupito, allontanandosi poi dalla donna per salire sul camion.
«La ringrazio, signorina. Tornerò il mese prossimo» salutò, per poi chiudere la portiera del veicolo e fare manovra, uscendo dal vicolo.
La maschera della donna si piegò in un sorriso, rientrando nel locale. Sperava che quel fattorino sarebbe durato di più dell’ultimo. Se qualcuno toccava le sue dipendenti lei era costretta a risolvere la questione in maniera drastica.


Una volta entrata nel locale la donna osservò le due ragazze vestite da cameriere come lei, con un vestito color pesca. Erano gemelle ed entrambe portavano i capelli castani raccolti in due code ai lati della testa.
«Sayuri, Futaba, potete aprire il locale questa sera, se volete» concesse loro.
Si voltarono insieme, l’incarnato malaticcio.
« Aye~» sorrisero, mostrando i denti. Sayuri portava una benda color malva sull’occhio destro, mentre Futaba ne portava una identica sull’occhio sinistro.
Il locale era, a differenza del retro, molto più ampio e decorato. I muri erano tinti d’un rosso mattone, con il battiscopa alto e di legno nero. Una trentina di tavoli, tutti da quattro o più posti a sedere. Sopra i tavoli una tovaglia bianca con delicati ricami di pizzo, tovaglioli di stoffa grigi e un centrotavola con anemoni bianchi.
Le due gemelle avanzarono verso la porta ed accesero l’insegna che recitava Halloween Café, un gattino che sbucava da dentro una zucca si illuminava ad intermittenza.
Nelle vie di Tokyo era semplice trovare bar o café a tema e tutti costituivano un’attrattiva per i turisti, ma anche per gli abitanti della città appassionati del genere.
L’Halloween Café era molto famoso fra i giovani e ogni sera, quando apriva, era letteralmente sommerso da persone che cercavano in tutti i modi di entrare.
Sayuri e Futaba girarono l’insegna con sopra scritto closed sul verso dov’era vergato open e immediatamente qualche curioso, assieme con clienti abituali, iniziarono ad avvicinarsi.
Alle due gemelle si unirono altre tre giovani ragazze. Una di loro aveva i capelli talmente biondi da sembrare bianchi e le labbra rosee. Portava un’uniforme bluette che riprendeva le sembianze di un kimono. Si chiamava Yuki ed era la più grande fra le cameriere che lavoravano al café.
Quella più bassa, invece, portava una mascherina antipolvere con sopra disegnata una bocca dai denti aguzzi stilizzata, i capelli neri raccolti in due odango e la divisa dalla gonna molto corta e uno zaino, con sopra scritto Mezumi.
La terza, invece, era la più alta. Aveva una sciarpa violetto attorno al collo e dello stesso colore era il vestito che indossava, con la gonna lunga. Il suo nome era Ayano.
Quando il locale fu pieno e ogni cliente servito la proprietaria, la donna mascherata, spense le luci, lasciando solamente le poche candele sparse per il café ad illuminare l’ambiente.
«Siamo lieti di dirvi che, proprio in questo giorno, si festeggia la nascita dell’Halloween Café, che compie ben tre anni di attività!» sentenziò gioiosa.
Dal locale partì uno scrosciare di applausi che vennero prontamente zittiti da un gesto della donna.
«Il mio locale, come ben sapete, è diverso dai classici maid café che si vedono per Tokyo e siccome oggi è un giorno speciale ho deciso di proporre un menù altrettanto speciale, bon appetit» ridacchiò infine, della sua risata infantile e trillante.
Le cinque cameriere si adoperarono per servire ogni cliente che prontamente ringraziava, dalla cucina la donna con la maschera osservava, la bocca dorata piegata in un sorriso.


Alla fine della serata il locale era sporco e sembrava appena uscito da un campo di battaglia.
«Ne’ Futaba, io son stanchissima» disse Sayuri alla gemella mentre si sistemava l’uniforme macchiata.
«Pure io... non mangiavo così tanto da secoli» ridacchiò mentre, coricata supina sopra un tavolo, osservava un bulbo oculare. La sclera era bruna, i capillari intatti e i nervi ancora attaccati.
Lo infilò in bocca, l’acqua in esso contenuto assieme al sangue che colava dalle sue labbra sottili. Le bende color malva erano cadute chissà dove, scoprendo le orbite vuote. Dentro di esse si muoveva qualche verme che ancora cercava di mangiare la carne rimasta ma che prontamente moriva di fame. Futaba si divertiva a vederli soffrire e contorcersi per poi toglierli dalla loro tana calda e mangiarli assieme alla gemella.
Yuki, seduta composta assieme ad Ayano, aveva le mani sporche di rosso. L’uniforme le era scivolata sulle spalle, facendo intravedere i seni torniti e candidi della giovane, mentre Ayano aveva usato la sciarpa per appendere al lampadario una giovane ragazzina strillante che le stava dando sui nervi. Il collo era deformato, pieno di smagliature.
Sul bancone davanti al quale erano sedute le interiora ancora pregne di sangue e del cibo non ancora digerito rubavano il posto a tutto ciò che poteva esserci posato sopra e le due yokai ne banchettavano affamate. Appena Yuki prese con una mano fredda un pancreas ancora rosso e gocciolante un gattino nero si avvicinò, aveva due teste e due bocche piene di denti aguzzi. Yuki lanciò il pancreas al cucciolo che lo rincorse per poi litigarlo fra le due teste.
«Kuro, Shiro, non litigate fra voi, per l’amor del cielo!» gracchiò Ayano, con la bocca piena e grondante di sangue.
Mezumi, che fino ad allora era rimasta in silenzio, s’avvicinò al gattino, la bocca che arrivava da un orecchio all’altro sporca di rosso e il volto imbrattato dello stesso colore.
Prese in braccio Kuro e Shiro, il gattino dalle due teste, e lo spostò, bloccandogli il passaggio verso il pancreas con il suo corpo. Con la brutalità di un animale divise la ghiandola a metà.
«Così ne avete una ciascuna» la voce pacata di Mezumi era fautrice di pace verso qualsiasi essere vivente, il che le rendeva molto semplice scarnificare le genti con la sua bocca piena di denti puntuti.
Dal retro apparve la donna con la maschera, le labbra dorate macchiate giusto di un poco di rosso, gli occhi azzurri vigili.
«Un buon anniversario all’Halloween Café, mie care»
«Capo, ma poi chi ripulisce tutto questo?» chiese Yuki, mentre giocava svogliatamente con un dito, aveva un anello con una pietruzza verde e subito decise che le piaceva molto, rubandolo. Tanto, pensò, ad un dito solo non serviva.
«Ma voi, ovviamente» ridacchiò la donna, accarezzando Shiro e Kuro e ancheggiando verso il retro.























カトラリー[
Katorarī]
Che essenzialmente significa coltelleria in giapponese, permettetemi di essere un po' giappo anche a me, ne'.
Allora, faccio la mia entrata su EFP con una piccola OS horror, scritta in una giornata passata a fare la pendolare in treno, gh. Halloween Café mi piace come titolo, diciamo, gli yokai - per chi non lo sapesse - sono i mostri del folklore giapponese e qua ce ne sono alcuni.
Yuki, Mezumi e Ayano sono rispettivamente una yuki-onna una kuchisake-onna e una rokurokubi, mentre Futaba e Sayuri son due zombie gemelline e la donna con la maschera un fantasma!
Spero che possa esservi piaciuta, ho messo il raiting arancione, ma non sono molto ferrata con questo quando si tratta di scegliere io son sempre un po' impedita ecco, se avete consigli gimmie gimmie. Be', grazie per l'attenzione!
Cleaver.
   
 
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