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Autore: Black Swan    20/12/2008    3 recensioni
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha tutto.
E’ l’unico punto di contatto fra due delle più potenti famiglie del paese, ha ricchezza, bellezza, intelligenza, una posizione di prestigio.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha le idee chiare.
Sa cosa deve o non deve fare, ha imparato molto presto come far girare il mondo nel verso che gli fa più comodo, ha preso la decisione di condurre una doppia vita a soli quindici anni e custodisce segreti che i suoi genitori neanche immaginano lui possa conoscere.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory è convinto di avere già tutto quello di cui ha bisogno: i pilastri della sua vita sono già stati piantati, i confini già marcati. Si renderà conto che anche lui può sbagliare.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai fatto i conti con il suo cuore. Si accorgerà quanto prima dell’errore commesso.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai realmente ascoltato il suo cuore. Scoprirà che non è mai troppo tardi per cominciare…
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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0015

Non E’ Mai Troppo Tardi

15

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrivarono in silenzio in camera sua.

Juna chiuse la porta alle loro spalle e respirò profondamente, «Ok Jennifer, spara.»

«Non ne faccio una giusta.»

«Così sei un po’ vaga.»

Sorrise senza poterselo impedire. «Ora va meglio» aggiunse il ragazzo con un tono che le spedì un brivido lungo la schiena.

Osservò con profondo interesse la coperta del letto. «Credo di aver fatto una cretinata, sai?»

«Davvero? E quale?»

«Sai perché non voglio festeggiare il mio compleanno?»

«Penso di immaginarlo.»

«L’ho detto a Micky.»

Le mani di Juna si posarono sulle sue spalle e la guidò fino al letto per farla sedere sulla sponda. Prese posto accanto a lei. «Per quanto può valere la mia opinione, non hai fatto una cretinata.»

«Davvero lo pensi?»

«Michael è molto confuso in questo momento, parlandogli chiaro almeno una volta, hai evitato ulteriore confusione, ti pare?»

Avrebbe voluto che il suo compleanno passasse in sordina anche per non farlo sapere a quel ragazzo… e adesso si ritrovava a parlarne a tu per tu proprio con lui…

«Mi ricordavo che il tuo compleanno cascasse in questo mese, non ricordavo il giorno preciso però. Avevo in programma di chiederlo ai tuoi.»

Alzò lo sguardo troppo sorpresa per parlare.

Juna sorrise, «Ho un’ottima memoria Flalagan. Tu non ti ricordi il mio?»

«Il quattro dicembre ma…» subito dopo si sarebbe presa a calci.

C’era cascata.

«Sì, direi con tutte le scarpe.»

«La vuoi smettere?»

«Di fare cosa?»

«Di leggermi nel pensiero, accidenti a te.»

Stavolta Juna rise. «Non ho bisogno di leggerti nel pensiero, ciò che ti si legge in faccia è più che sufficiente!»

Tentò di salvare il salvabile, «Me lo ricordo perché fra te e Sharon ci corre pochissimo.»

«Buono a sapersi. Neanche Drake avrà scuse allora.»

Ok, non ci aveva creduto. Come bugiarda faceva davvero pietà.

«Componi il numero di Sharon» disse passandole il cordless.

«Non vuoi farlo tu?»

«A parte il fatto che non conosco il suo numero, non è detto che risponda lei, meglio se i suoi sentono una voce familiare.»

Lo compose e con sorpresa sentì la voce di Aaron. «Ciao Aaron, sono Jennie.»

«Ciao bambina. Sorpresa di sentirmi di nuovo a casa eh?»

Non si poteva nascondere niente a quell’uomo. «Sharon non mi ha detto che eri tornato.»

«Che mia figlia stia facendo l’abitudine alla mia presenza?»

«Chissà. Di sicuro parte della sua tranquillità è dovuta anche a questo, sai quanto ti adora.»

«Sentimento ampiamente ricambiato. Vuoi parlare con lei, immagino.»

«Se me la passi mi fai un favore.»

Lo sentì ridere, «Salutami i tuoi e abbraccia Micky.»

«E tu salutami Connie.»

La cornetta passò a Sharon. «Ciao Jen, come va?»

«Ti ricordi i bei discorsi sul mio compleanno?»

Juna si distese sul letto portandosi le mani sul viso, realizzò che lo fece per trattenersi dal ridere.

«Jennie?» la voce di Sharon era perplessa.

«Scusami, mi sono distratta. Madeline mi ha smascherato prima del dessert.»

«Perfetto. E ora?»

«Resto dell’idea che non voglio festeggiare. Purtroppo mio padre non è d’accordo con me.»

«C’era da immaginarselo, ti pare? Juna che dice?»

«Niente. Juna è qui, te lo passo così fissate.»

«Ah, ok, grazie.»

 

La voce di Sharon era rassegnata, «Ciao Juna, come stai?»

«Molto meglio Sharon, grazie. Tu?»

«Ne parlavo con Jen anche oggi: mi faccio quasi paura da quanto sono calma.»

«Di solito il panico prende un paio di giorni prima.»

Sentì il letto sussultare e si rese conto che Jennifer si era sdraiata accanto a lui, affondando il viso contro la coperta.

Stava ridendo.

«Fate proprio una bella coppia, tu e quella infame» fu il commento di Sharon dall’altra parte del filo.

«Non ti ho detto niente di nuovo eh?»

«Che sta facendo Jennie?»

«Sta ridendo.»

«La strangoli da parte mia appena hai un attimo di tempo?»

«Vedrò che posso fare, ma non approfittare del gentiluomo che è in me.»

Sharon ridacchiò, «Sei il degno amico di Drake.»

«Lo prendo come un complimento. Lo devi sentire stasera?»

«Di solito ci sentiamo dopo le dieci.»

«Perfetto, digli che lo aspetto domani dopo pranzo. Devo parlargli.»

«Riferirò alla lettera. Allora, dimmi: quando posso averti un po’ tutto per me?»

Sorrise.

Sharon era l’incarnazione della sorella che aveva sempre immaginato, anche come senso dell’umorismo si trovavano. «Tranne domani pomeriggio, quando vuoi.»

«Domani l’altro? Arriverei verso le quattro, se non è troppo presto.»

«Anche prima se vuoi. Che ne dici delle tre? Ci sarà anche il tempo di fare due chiacchiere.»

«Fantastico: alle tre dopo domani allora. Grazie Juna.»

«E di cosa? Sarà un bell’allenamento, considerato che ho deciso di rimettermi a studiare.»

«Già, Drake me lo ha detto. Non sai che sollievo è stato per lui. Ci hai fatto prendere un accidente da restarci. Non ti ci provare mai più, intesi?»

«Agli ordini signora.»

Seguì un profondo sospiro rassegnato, «Dio, se sei il degno amico di Drake.»

Ridacchiò, «Ti ripasso Jennie.»

Rese la cornetta alla ragazza e le fece segno che l’avrebbe aspettata giù, poi uscì dalla stanza.

Michael era di vedetta.

Non poteva neanche dire di esserne sorpreso.

«Possiamo parlare?» chiese il bambino.

Lo condusse in camera con sé e chiuse la porta. Michael prese posto sul suo letto, arrampicandocisi con una velocità incredibile, e restò con lo sguardo basso.

«Tua sorella mi ha riferito cosa ti ha detto» cominciò per facilitarlo.

«E’ così spaventata… non possiamo dirle che con te siamo al sicuro?»

Eccoci al dunque. Doveva succedere prima o poi.

«Michael, non so se sarai in grado di capire, ma tua sorella sarà al sicuro fino a quando non saprà niente di me e Drake.»

Michael si morse il labbro inferiore, «Ti ho fatto un giuramento e so che non si scherza con i giuramenti… però il compleanno di Jennie è sempre stato il mio giorno preferito in tutto l’anno, non è giusto che…»

«Troveremo il modo di festeggiarlo.»

Michael sorrise subito rincuorato. «Adesso devo scendere… o penseranno che sono caduto nel bagno.»

Si avvicinò per prenderlo in collo e lo alzò di peso, «Andiamo allora.»

«Quando viene Shasha?»

«Domani l’altro, alle tre.»

Uscendo dalla stanza si scontrarono quasi con Jennifer.

«Ciao sorellina» disse Michael sorridendo raggiante.

Jennifer lo guardò per qualche secondo, sorpresa, poi guardò lui e sorrise appena. «Juna ti ha detto che Shasha viene domani l’altro?» chiese poi.

«Sì.»

Senza pensare cinse le spalle di Jennifer con il braccio libero, bloccando Michael contro il fianco opposto.

Sentì il sussulto della ragazza e il suo lieve irrigidimento, ma fu un attimo, subito dopo sentì la leggera carezza sulla sua mano.

Lo tradusse prontamente come un ringraziamento: la ragazza non si aspettava di veder sorridere così il fratello dopo quello che gli aveva confidato.

Cosa sarebbe successo se fosse venuta a conoscenza del perché era così facile per lui tranquillizzare quel bambino?

Ricordava perfettamente lo sguardo sconvolto della ragazza al pensiero che potessero esistere al mondo persone come lui e Drake.

Dei killers a sangue freddo.

C’erano diverse cose di cui doveva parlare l’indomani con Drake.

 

Alzò lo sguardo verso la scalinata neanche lei sapeva il perché… e fu uno shock in piena regola veder scendere suo figlio abbracciato a Jennifer e con Michael in braccio.

Era un quadretto perfetto. Diciamo pure uno dei suoi sogni diventato improvvisamente realtà.

«Che mi venisse un colpo» mormorò suo marito.

«Facciamo a metà Connor» ribatté Jeremy con lo stesso tono.

«Zia, te lo chiedo come favore personale: smettila di guardarli come se stessero volando» disse Justin.

Poteva anche farlo, ma sentiva perfettamente che l’intero ingresso si era congelato a osservarli.

Incrociò lo sguardo di sua madre e di sua suocera.

Juna si rendeva conto di cosa stava facendo? Era la prima volta da quando respirava che lo vedeva abbracciato ad una ragazza.

Fu Madeline a prendere la parola, «Juna, quando Sharon sarà dei nostri?» chiese con un tono che la stupì per quanto suonava normale.

«Domani l’altro nonna» rispose suo figlio distogliendo l’attenzione da Jennifer. «Domani pomeriggio verrà Drake… ma non sono sicuro che si fermerà a cena. Ti saprò dire.» Si guardò intorno, «Dov’è finito George?»

«In salone con tuo nonno Mansur» rispose sua madre.

Michael, avvinghiato al collo di suo figlio, imitò Juna «Dove è Lissa?» chiese «Dobbiamo finire un disegno.»

Juna lo rimise a terra ma per far questo dovette lasciar andare Jennifer.

Fu come se l’avessero svegliata da un esperimento ipnotico.

Michael partì spedito verso il salone. Si voltò all’improvviso, «Mi hai fatto una promessa, vero Juna?»

Suo figlio rimase in silenzio qualche secondo, poi guardò Jennifer, «Tuo fratello mi ha fregato e tu sei l’unica che può aiutarmi.»

Michael sorrise soddisfatto e sparì oltre la soglia del salone.

«Cosa gli hai promesso?» chiese Jennifer rassegnata.

Però la ragazza aveva l’atteggiamento giusto.

«Che in qualche modo avremmo festeggiato il tuo compleanno.»

Jennifer chiuse un attimo gli occhi, respirò profondamente, «Juna…»

«Jennie, onestamente: pensi che abbia una bacchetta magica per riuscire a calmare tuo fratello in pochi minuti? Ti propongo un compromesso. Nonna, spalanca le orecchie.»

«Sentiamo» disse la ragazza.

«Faremo un semplice rinfresco» sottolineò il concetto guardando sua nonna «il pomeriggio del tuo compleanno. Solo noi, Sharon… e Drake di riflesso. Magari anche i genitori di Sharon, anche se Drake potrebbe uccidermi per molto meno.»

Jennifer sorrise cercando evidentemente di impedirselo con tutte le sue forze. «Sei impossibile Juna.»

Sapeva riconoscere una resa davanti a suo figlio… e quella era una da manuale.

«Ti ho già detto che fa parte del mio charme?»

Jennifer lo colpì scherzosamente ad una spalla, «Va bene, hai vinto McGregory. Ma preparerà Susan il rinfresco, così sarò sicura che non sarà qualcosa di folle, intesi?» per conferma guardò anche Madeline.

Sua suocera capitolò a malincuore, «D’accordo Jennifer.»

Patrick rise di cuore, «Che squadra! Hanno avuto ragione di mia moglie, io sono sessant’anni che ci provo senza successo!»

Madeline rivolse un’occhiataccia al consorte, ma tempo un secondo e sorrideva anche lei.

«Nonna, che ne dici, me lo merito un caffè?» chiese suo figlio con uno dei suoi sorrisi irresistibili.

Suo marito l’abbracciò, «Andiamo in salone anche noi?»

Gli cinse la vita appoggiandosi a lui, «Ti seguo.»

Cominciava a pensare che la richiesta di Juna di non cercare di metterlo con Jennifer fosse solo uno specchietto per le allodole. Uno modo per sollevare Jennifer da un’ulteriore pressione, in un momento a dir poco difficile per la ragazza.

Suo figlio aveva già deciso di arrivare a lei attraverso vie tutte sue.

 

Il giorno dopo Drake arrivò puntuale come al solito, vale a dire almeno mezz’ora più tardi rispetto a quando doveva.

Salutò Jennifer con un bacio sulla guancia, Michael e Melissa facendoli frullare a turno in aria e il resto della stanza con un radioso salve!… poi toccò a lui. «Ti sembra normale che debba parlare di te anche con Sharon?»

«In maniera direttamente proporzionale al fatto che per fissare con te abbia dovuto usare lei come tramite: considerato che nelle ultime settimane alzi il telefono solo per lei, è il minimo.»

«Il solito antipatico. Ciao Howard! E’ caffè l’odore che sento?»

Howard sorrise e gli porse la tazza, «Già pronto. Ben arrivato.»

«Grazie, se non ci fossi tu in questa casa…»

Prese posto come al solito accanto a lui e bevve il caffè conversando del più e del meno con suo padre e i suoi nonni.

Nonno Mansur, anche dietro richiesta di Jennifer, aveva deciso di rimandare ulteriormente la partenza per partecipare al rinfresco.

Per l’ennesima volta si chiese se dopo avergli detto di Jawad, Drake sarebbe ancora stato disposto a considerarlo un amico.

Era ancora un mistero come avesse potuto tenerglielo nascosto per tutto quel tempo.

«Mac, andiamo in camera tua?» chiese Drake all’improvviso.

«Sì, certo.»

Restarono in silenzio fino a quando furono dentro la stanza. «Juna, hai uno sguardo che non mi piace per niente» esordì Drake.

«E’ per questo che mi hai chiamato Mac

Al silenzio dell’amico si rese conto che se doveva essere sincero, doveva esserlo da subito e fino in fondo.

Sospirò, «Sono convinto che sto per giocarmi la tua amicizia, Drake.»

Lo vide davvero sorpreso. «Cosa accidente stai dicendo? Mi credi idiota? So che Sharon viene qui domani, ma per Dio non crederai davvero che possa pensare…»

Toccò a lui essere preso in contropiede, «Sharon non c’entra. Non ci manca altro che tu possa pensare che potrei provarci con lei. Non hai capito niente in una vita che ci conosciamo?»

Drake si mise all’istante sulla difensiva. «Juna, cosa è successo?»

«La cosa meno scioccante che devo dirti oggi è che ho parlato a George della nostra doppia vita.»

«Cosa hai fatto???»

«Siediti.» Mentre Drake ubbidiva senza staccargli gli occhi di dosso, gli raccontò cosa si erano detti lui e George.

Drake si mise una mano sulla bocca, ancora aperta, respirò profondamente a occhi chiusi, poi cominciò a parlare lentamente. «Ok. Quindi deduco che questa cosa degli Estrada ti preoccupa davvero. Voglio dire: hai tirato in ballo una…» contò quante persone sapevano di loro e gli vide assumere un’espressione rassegnata realizzando quante fossero, esclusi loro stessi «quarta persona, do per scontato che fosse davvero necessario… anche se poi è praticamente un collega. Che altro c’è?»

«Prima di lasciarmi a casa dopo aver riaccompagnato te, Matthew mi ha confessato di condurre a sua volta una doppia vita: sotto il nome di Aaron ha un’esistenza al di fuori dei servizi segreti. Mi ha fatto memorizzare un numero di cellulare da usare in casi disperati e, considerato che mi ha avvertito che potrebbe non rispondere direttamente lui, credo abbia anche una famiglia da qualche parte.»

«Fantastico: non sei l’unico veramente preoccupato per la storia degli Estrada. Capisco perché lo ha fatto memorizzare a te: deve averlo deciso su due piedi per cercare di recuperare la nostra fiducia e solo tu hai la capacità di memorizzare qualcosa solo guardandola.»

«Esatto, ma voglio che lo sappia anche tu Drake. Non sta scritto da nessuna parte che se…» si bloccò e decise di essere realista, «che quando le cose precipiteranno, io e te saremo insieme.»

Drake sospirò, «Anche questo è giusto. Come pensi di fare?»

«Ho delle barrette di cioccolato. Lo scriverai con una di quelle sulla mano, quando penserai di averlo imparato, lo laverai via. Dovrai impararlo prima di uscire da questa stanza.»

«Hai promesso a Matthew di non scriverlo da nessuna parte?» Al suo cenno affermativo sorrise, «Non per niente sei un genio. Dammi quel cioccolato.»

Glielo dettò e Drake lo osservò per qualche secondo. «Almeno non è difficile.» Tornò a guardare lui, «Continua, ogni tanto mi rinfrescherò la memoria mentre parli.»

«Hai già avvertito Matthew che molliamo?»

«Sì. Ho avuto l’impressione che se lo aspettasse. Non lo sento da quando gli ho riferito cosa abbiamo deciso.»

«Hai ben presente che per niente al mondo Jennifer o Sharon o i nostri familiari dovranno mai sapere di questa nostra parentesi esistenziale?»

Drake lo fissò per qualche secondo, poi annuì, semplicemente.

Cominciava la parte peggiore.

«Ok… allora possiamo passare alla parte peggiore.»

Drake spalancò gli occhi, «C’è di peggio?»

«Se qualcuno ti dicesse che c’è qualcosa di me che non sai, gli crederesti?»

«No.»

«Neanche se fossi io, quel qualcuno?»

Drake chiuse un attimo gli occhi, poi sorrise appena, «Non mi arrabbio se ti sei messo con Jennifer e non mi hai avvisato entro i cinque secondi successivi. Capisco che potevi essere impegnato.»

In qualsiasi altro momento avrebbe apprezzato la gentilezza.

«No Drake, sto parlando di qualcosa che riguarda la mia nascita.»

Drake non staccò gli occhi dai suoi, sprofondò nella poltrona… poi riuscì davvero a meravigliarlo. «Qualche fratello o sorella nell’armadio?»

Aprì bocca senza esito per due volte prima di articolare in qualche modo «Come fai a…?»

Il suo migliore amico chiuse di nuovo gli occhi, «Sei il degno figlio di tua madre, lasciatelo dire. E’ stata una sua frase mentre parlavamo con George al telefono, il giorno in cui ti sei sentito male, a mettermi sulla giusta strada. Ha detto, letteralmente, che tu eri l’unico figlio che le era rimasto. Essendo tua madre, tendo a prenderla alla lettera almeno quanto prendo te quindi, considerato che da quando sei al mondo ho visto tua madre praticamente tutti i giorni e non ho mai notato pancioni sospetti, poteva significare solo una cosa: che prima di te ce n’erano stati altri. Cosa sai esattamente?»

«In realtà, Drake, c’è stato un altro figlio nello stesso momento…» Gli raccontò di come aveva scoperto per caso della breve esistenza del gemello omozigote. «Quando ne ho avuto l’occasione ho fatto addirittura una ricerca anche dal computer di Richard, ma di Jawad non c’è traccia» concluse.

«Non puoi chiederlo ai tuoi, non puoi chiederlo al professor McIntyre, anche se proprio lui ha sicuramente tutte le risposte che cerchi…»

«Non posso chiederlo a nessuno, senza scatenare un casino… e comunque sono propenso a credere che nessuno sappia della sua esistenza. Neanche i miei nonni o le sorelle di mia madre. Drake, è possibile che i miei genitori abbiano nascosto l’esistenza di Jawad a tutti quanti?»

«Mia madre non ha mai neanche lontanamente accennato ad una cosa del genere. La prima volta che mi è giunto qualcosa all’orecchio è stato quando a tua madre, sconvolta e fuori di sé dalla preoccupazione, è sfuggita quella frase. Ti avrei solo fatto vedere l’espressione di tuo padre. Se è possibile? Se non avessi sentito tua madre dire quella frase ti avrei detto di no, ma dopo quella frase e l’espressione di tuo padre penso che sia addirittura sicuro, anche se non mi so spiegare il perché.»

«Siamo in due.»

«Hanno falsificato il tuo certificato di nascita… per inciso il professor McIntyre lo ha fatto. Connor e Manaar hanno taciuto alle rispettive famiglie la morte di un nipote. Hanno cancellato l’esistenza di loro figlio. Non riesco a pensare ad un solo motivo che possa giustificare tutto questo… ma conoscendo i tuoi, questo motivo c’è di sicuro.»

«Se hanno deciso di agire così c’è una valida ragione, non ho dubbi riguardo a questo. Larry non avrebbe mai falsificato un documento senza un motivo più che valido, anche se a chiederglielo fosse stato mio padre.»

Drake annuì, «Sono d’accordo.»

Si guardarono in silenzio.

Restava sempre quella domanda: perché?

«E se chiedessi a Cip e Ciop di indagare?» chiese lentamente Drake «In fondo è anche questo il loro lavoro, no?»

 

«Hanno già abbastanza da fare adesso» rispose dopo qualche secondo di silenzio Juna.

Aveva dell’incredibile. Che razza di peso si era portato dietro quel ragazzo per quindici anni.

«Ma tu vuoi sapere la verità?»

Com’era possibile che Manaar avesse nascosto una cosa del genere alla sua famiglia?

E a sua madre? Manaar aveva saputo del suo arrivo anche prima di suo padre: era andata con l’amica dal ginecologo!

Non riusciva a trovare una spiegazione.

«C’è un solo modo per sapere la verità Drake: dovrei chiederla a mio padre e mia madre.»

La sua logica spietata non perdonava neanche se stesso.

«Mi inchino davanti alla tua logica. Sai che dovrei staccarti la testa vero?»

«Mi aspettavo molto di peggio Drake, te l’ho detto.»

In altre parole, perdere la sua amicizia era una prospettiva peggiore del perdere la testa. Juna aveva un modo tutto suo per dirgli che gli voleva bene.

Si sforzò di ignorare il piacere che quella realtà puntualmente gli dava. «Come accidenti non ti è venuto in mente di parlarmene prima?»

Juna gli rispose con una diplomatica scrollata di spalle.

«Apprezzo la diplomazia» lo informò, «ma non la considero una risposta soddisfacente.»

Lo vide sorridere, poi lanciò la bomba, «Cosa è cambiato Drake? Tu l’hai capito?»

Sprofondò di nuovo sulla sua poltrona preferita e prese tempo, «E’ come se mi fossi svegliato da un lungo sonno» ammise. «Se ti dovessi dire cosa esattamente è cambiato, non ne ho idea. Prendi Sharon. Effettivamente l’ho conosciuta quasi due mesi fa, a quella festa che tu hai elegantemente sabotato per la presenza di Marianne. Mi ha colpito subito, ma sono riuscito a metterla in disparte fino al giorno in cui l’ho rivista a casa tua ed è stato quel giorno che mi sono reso conto che non l’avevo dimenticata. Ero troppo preso da quello che ci aspettava quando Cip e Ciop ci contattavano. Abbiamo preso l’F.B.I. come una specie di cilindro magico, amico mio.»

Juna stava annuendo, «Ti dirò di più: ho realizzato che la doppia vita che credevo di avere non è mai effettivamente esistita. A livello familiare la mia vita era zero, esclusi i miei genitori, ovviamente.»

«Ci ho pensato… ma come ti spieghi la mia vita?»

«Come ho iniziato a perdere colpi, per simpatia mi sei venuto dietro.»

Non riuscì a trattenersi dal ridere, «Mac, sei encomiabile!»

«Oh, lo so… non immaginerai mai cosa sono riuscito a fare oggi.»

«Sono tutto orecchi.»

«A parte l’essermi scavato la fossa da solo perché mi sono fatto vedere abbracciato con Jennifer, ti ho praticamente organizzato un incontro con i genitori di Sharon.»

Era troppo sperare di aver capito male.

«Per quanto riguarda Jennifer, ti risparmierò i commenti… per quanto riguarda la seconda parte: come saresti riuscito in questo capolavoro?» chiese cercando di mantenere la calma.

«Jennifer finisce gli anni fra una settimana. Organizzeremo un rinfresco nel pomeriggio e Sharon e i suoi genitori sono invitati.»

«Ah, e tu sei stato così gentile da riservare un invito anche a me.»

«Mmmmhhhhhh, non esattamente. Direi che ci ha pensato Jennifer.»

«Sì, certo, e quest’anno nevicherà ad agosto all’Equatore…»

Stavolta il suo migliore amico rise di gusto.

«Beh, in fondo Sharon già conosce mia madre» aggiunse giusto per farlo smettere.

E infatti Juna smise di ridere, «Cosa? Quando è successo??»

Ovviamente era troppo intelligente per chiedergli, alla luce delle sue ultime confessioni, perché non me lo hai detto prima?

Era dura la vita accanto a un genio.

«Posso affermare che la mia vita si divide in due parti: prima e dopo che tu svenissi disteso in terra.»

«Piantala Drake, dimmi com’è successo.»

Ridacchiò, «Ci è inciampata sopra la notte che ti sei sentito male: io ho fatto la veglia a te, mia madre si è occupata della tua e Sharon ha fatto da balia a Jennie. Eravamo tutti sotto lo stesso tetto, era inevitabile che succedesse. E’ stato anche quando ci siamo baciati la prima volta, a dirla tutta.»

Juna sorrise, «Mia nonna ti uccide se immagina una cosa del genere sotto il suo tetto.»

«Chi le andrà a dire una cosa del genere

«Non certo io, ci tengo a te.»

«Allora siamo a posto. Oltre a me e Sharon lo sai solo tu… beh, e Jennifer. A proposito: come hai fatto a farti beccare abbracciato a Jennifer?»

Juna lo gratificò di un’ennesima scrollatina di spalle, «Sto perdendo colpi» gli ricordò.

«E’ successo qualcosa di cui devi rendermi partecipe?»

Juna scosse la testa. Ci avrebbe giurato.

Decise di cambiare tattica. «E’ successo qualcosa di cui dovresti rendermi partecipe?»

Stavolta rise, «Sono ancora in alto mare con quella ragazza. Come accidenti pensi che possa fare adesso che abita sotto il mio stesso tetto? E comunque anche tu stai prendendo tempo con Sharon.»

Era vero. «Te lo concedo.»

«Com’è il numero di cellulare di Aaron?»

Lo disse automaticamente.

L’espressione di Juna si fece sorpresa e ironica insieme, «Complimenti vivissimi Drake. Vai a lavarti le mani adesso.»

Controllò il numero, «L’ho detto giusto? A volte riesco ancora a meravigliare anche me stesso.»

 

«Quindi se ho ben capito ti ho portato qui per studiare» disse suo padre mettendo in folle la macchina davanti al cancello.

«Esatto. Studiando con Juna, non solo Jen ha recuperato quattro materie, fra cui la sua bestia nera, ma è passata con la media dell’otto.»

Suo padre annuì distrattamente.

Proprio adesso che era incredibilmente a casa, era lei che ci stava poco.

«Mi dispiace stare fuori casa proprio ora che ci sei tu papà, ma Juna ha un effetto calmante su di me… e con quest’esame rischio veramente un esaurimento.»

«Oh, non preoccuparti Shasha. Passando l’esame con una media alta farai contento anche me. Su, vai adesso. Ti passo a prendere alle sette e mezzo, fatti trovare qui.»

Annuì, gli stampò un sonoro bacio sulla guancia e uscì dalla macchina.

Suonò il campanello al cancello e si aprì la piccola porta laterale.

Ad attenderla appena superata la soglia c’era Venusia.

Era come se ogni cane si fosse scelto l’umano che gli andava più a genio: Dragar era innamorato di Micky, Cocoon aveva adottato Jennie, Lizar era l’ombra di Juna, Indios quella di Drake… e Venusia aveva cominciato a seguirla ovunque quando era all’interno della proprietà McGregory.

Accarezzò la testa della cagna mormorandole paroline dolci e percorse con lei al fianco tutto il viale.

Sul portone ad attenderla c’era Howard.

«Buon pomeriggio Howard.»

«Ben arrivata signorina.»

Venusia si bloccò appena lei salì il primo gradino.

Nessuno dei cani osava superare quei gradini. Non solo erano esemplari stupendi, ma anche divinamente addestrati.

I McGregory tendevano a circondarsi del meglio.

Jennifer apparve appena ebbe lasciato il giacchetto ad Howard.

«Eccoti qua!» esclamò felice saltandole al collo.

«Ah, salve fanciulle!» esclamò la voce di Justin alla loro sinistra.

«Ciao Just, vai da Diane?» chiese Jennifer.

«Abbastanza prevedibile eh?» fu la risposta del ragazzo.

Era incredibile che fosse imparentato stretto con Juna.

Tutti in famiglia avevano ripreso i colori del patriarca, tranne Juna che era la fotocopia al maschile della madre.

Justin aveva aperto la porta, quando si bloccò e fece dietro front, «Ah accidenti…» si avviò verso le scale. «Già che mi sono scordato mezzo mondo in camera vi chiamo Juna?» chiese.

Jennifer sorrise, «Grazie Justin.» La prese per mano, «L’aspettiamo in sala» la informò.

Incrociarono gli zii e il padre di Juna e si fermarono a salutarli.

Connor appariva molto stanco.

Juna le raggiunse alle spalle mentre salutavano i tre uomini.

«Papà?» chiamò.

«Dimmi.»

«Tutto a posto?»

Connor annuì, «Sì, non preoccuparti.»

Gli fece fare tre passi, poi… «A cena parlerò al nonno di riportare il lavoro qui. Mi sono stufato di vedervi fare le due di notte. Chiaro papà?»

Anche gli zii di Juna si voltarono verso di lui, poi guardarono il fratello maggiore che non aveva staccato gli occhi dal figlio. «Tua madre mi stacca la testa.»

«La mamma capirà. A furia di fare da chioccia a me sta perdendo di vista te. Le ricorderò che siamo importanti tutti e due. Andate a riposarvi, dopo cena per un paio d’ore ci occuperemo degli arretrati.»

Connor si arrese con un cenno della testa. «D’accordo.»

Rimasti soli Juna si concentrò su di loro, «Buon pomeriggio fanciulle, scusate se vi ho messo in secondo piano.»

«Non preoccuparti» gli disse.

«Tuo padre ha l’aria distrutta» aggiunse Jennifer, «hai fatto bene ad importi in quel modo.»

Juna annuì, «Non devo raccontarti quanto comincio a sentirmi in gabbia qui dentro, vero? E’ come se il mondo intero avesse iniziato ad entrare e uscire da questa casa… l’unico immobile sono io.»

Annuì comprensiva.

«Io vado a farvi un caffè se vi va. Poi vi lascio soli per studiare in pace.»

«Se lo prendi con noi ne possiamo parlare» disse Juna.

Jennifer annuì.

«Ottimo. Avverti Howard e raggiungici, ok?»

Jennifer girò su se stessa e tornò verso l’ingresso.

«Mi sento come una bomba senza sicura» esordì.

«Mi dovrò improvvisare artificiere?»

Rise, «Forse tu e Drake state troppo tempo insieme!»

Juna sorrise, «Togli quel forse

Arrivati in sala Juna le fece segno di sedersi sul divano, lui occupò una delle poltrone.

«Allora, Jennie mi ha detto le materie che porterai all’esame.»

«Sono una pazza vero?»

Juna scosse le spalle, «Immagino tu abbia scelto i mali minori. I libri sono dentro lo zaino?» Al suo cenno affermativo aggiunse, «Dammi quelli di storia e arte per favore.»

«Inglese non ti serve?»

«Sono già laureato in inglese, non avrò problemi. Con storia mi devo rinfrescare le idee e arte… beh, devo vedere di cosa si tratta.»

Mi sta dicendo che leggerà i libri mentre prendevano il caffè per poi…?

Juna prese il libro di arte e lo aprì. «Tutto?» chiese.

«Solo le pagine segnate con una stella.»

Annuì e cominciò a leggere.

Dopo qualche minuto tornò Jennifer che si bloccò sulla porta perplessa per poi prendere posto accanto a lei.

Si avvicinò a lei, «Sta veramente facendo quello che penso che stia facendo?» chiese in un bisbiglio.

Se era abitudine di quel ragazzo imparare a memoria i libri per poi aiutare a ripassare, Jennifer avrebbe capito perché c’era già passata.

E infatti…

«Imparerà in pochi minuti quello che tu hai imparato in nove mesi» rispose in un bisbiglio.

«Fra Drake e Jennie ti dovrebbe essere arrivata la notizia che voglio prendere la laurea in arte… sto sondando il terreno» disse Juna… che ovviamente le aveva sentite, accidenti a lui.

«Ah sì? Allora posso dirti anche questo: se la lasci per ultima la prendi insieme a Jennie perché se non cambia idea vuole laurearsi in arte.»

Jennifer le scaricò una gomitata nelle costole.

La ignorò insieme al dolore e vide Juna sorridere senza staccare gli occhi dal libro. «Ho già promesso a Just di prendere per ultima giurisprudenza… questa possiamo risparmiarla alla grande Flalagan.»

Rimase sbalordita sentendolo usare un gioco di parole proprio di Jennifer e suo fratello. Michael era il piccolo Flalagan.

A giudicare dall’espressione anche Jennifer era stata presa in contropiede.

Juna non era un ragazzo, era un radar.

Doveva concludere che fosse più facile nascondere la Terra dietro un ago piuttosto che qualcosa a quel tipo.

Il silenzio della stanza fu interrotto dall’entrata di Howard con un vassoio.

Jennifer scattò in piedi per aiutarlo e fu ringraziata con un sorriso.

Furono serviti in maniera perfetta, alla fine, dopo essersi schiarito la voce, Howard si rivolse a Juna. «Signorino, le occorre qualcosa?»

«Sono a posto così, grazie Howard.»

L’uomo non si mosse.

Juna sospirò e alzò gli occhi dal libro, «Sei peggio di mia madre, lo sai?»

Howard fece un veloce inchino, «Le porto subito le vitamine.»

«E tu sei peggio di un bambino» disse Jennifer quando Howard sparì dalla stanza.

Juna incassò il commento con una scrollatina di spalle e un sorrisetto da delinquente.

Jennifer alzò gli occhi al cielo. «Bisogna stargli dietro come a un bebè per queste vitamine» le spiegò poi. «Il medico gli ha tolto tutti gli antibiotici e deve prendere solo quelle pasticche… e praticamente va rincorso!»

«Sto cominciando a pensare che ti diverti, Jennifer» fu il commento di Juna.

Jennifer lo guardò malissimo e Juna sorrise senza alzare gli occhi dal libro.

Eppure doveva arrivare a capo di quel ragazzo. In un modo o nell’altro.

Nel successivo quarto d’ora tornò Howard, Juna prese le vitamine, bevvero il caffè e Juna chiuse i libri.

«Ok, possiamo cominciare» disse.

 

Sharon guardò Juna come se fosse pericolosamente fosforescente.

Effettivamente fino a quando non lo si vedeva all’opera non ci si rendeva conto di quanto fosse incredibile.

Rimise tutte le tazzine nel vassoio e si alzò. «Bene, io vi lascio.»

«Micky?» chiese Sharon.

«Sta facendo un sonnellino con Lissa. Magari stiamo un po’ tutti insieme prima che tu vada via, ci trovate al gazebo. Buono studio.»

Juna e Sharon ringraziarono in coro.

Uscì dalla sala e si scontrò con Anne, «Oh signorina, non doveva disturbarsi» disse prendendole il vassoio.

«Nessun disturbo Anne. Juna resterà in sala per un po’ con Sharon, io vado a leggere al gazebo. Per favore, se mi cercassero i miei li avverte che sono lì?»

Anne annuì e si ritirò con un inchino.

Salì in camera a prendere il libro che le aveva prestato Georgie.

 

Cominciarono da storia.

Nel giro di mezz’ora la situazione fu chiara: Sharon aveva davvero bisogno solo di un ripasso, perché le cose le sapeva.

Cercò di intavolare una discussione, come la ragazza gli aveva detto che si sarebbe svolta l’interrogazione dell’esame, e Sharon aveva ben chiari i collegamenti e la cronologia dei fatti.

La lasciò discorrere sugli argomenti che aveva scelto lei, poi passò a farle domande specifiche.

«Juna, come dannazione fai a ricordarti tutto?» gli chiese all’improvviso «Hai letto il libro di storia in meno di dieci minuti!»

«Ho una memoria eidetica. Ciò che vedo mi si imprime nella memoria, che sia un’immagine o delle parole. A parte questo, ho già studiato storia e me la ricordo. Ho dato un’occhiata al libro per rinfrescarmi un po’ le idee.»

«Quali lauree vuoi prendere oltre ad arte?»

«Medicina, psicologia e giurisprudenza.»

La vide annuire, «Andiamo a segnarci insieme a psicologia?» propose all’improvviso.

«Vuoi fare la psicologa?»

Annuì, «Sono già abbastanza brava a capire le persone… e poi mi affascina. Mi piacerebbe diventare una profiler, magari in forza all’F.B.I.. Tu perché vuoi prenderla?»

«Mi affascina. Di natura sono curioso come un gatto e poi… beh, credo che possa tornarmi utile con il lavoro che faccio. Capire le persone non è facile.»

Sharon annuì di nuovo. «Juna… ricordami che devo parlarti di Drake.»

Qualcosa gli disse che se avesse fatto domande in quel momento avrebbero potuto dire addio al ripasso, quindi si limitò ad annuire.

Passarono ad arte e si spostò accanto a Sharon per seguire i commenti alle fotografie del libro.

Dopo quattro o cinque opere che scelse lui a caso, decisero di fare una pausa.

Erano già passate quasi tre ore.

«Direi che abbiamo fatto un bel passo avanti» disse.

«Da sola ci avrei messo una settimana a fare quello che ho fatto con te in un pomeriggio» ammise Sharon. «Sono passate tre ore e mi sembra mezz’ora.»

«Metti via i libri allora. Magari torni un’altra volta e cominciamo da inglese. Mi sento di rassicurarti però: le cose le sai. Non farti prendere dal panico.»

Sharon annuì. «Ok. Mio padre passa a prendermi alle sette e mezzo» lo informò. «Mi aspetta al cancello.»

Seguì un breve silenzio.

«Volevi parlarmi di Drake» le dette l’input.

Sharon annuì di nuovo. «Ieri sera si è accorto di qualcosa che lo ha praticamente sconvolto e non capisco come mai.»

«Cioè?»

«I miei occhi. A volte, per esempio quando sto al Sole senza occhiali scuri o una forte luce mi colpisce gli occhi, compaiono dei riflessi più chiari. Ho gli occhi neri di norma, ma a volte capita che compaiono queste… non so come definirle. Ieri Drake se n’è accorto e… accidenti, l’ho visto cambiare colore.»

Ci mise qualche secondo a capire.

«Riflessi chiari tipo i miei?»

Sharon si voltò di scatto verso di lui. «Li hai anche tu?»

Annuì, «Perenni.»

Sharon si avvicinò a lui e lo guardò per qualche secondo negli occhi. «Sì, molto simili direi. Da lontano non si notano molto sai? Secondo te cosa è preso a Drake?»

Ci volle tutto il suo impegno per mantenere un’espressione neutra.

A Drake era preso un colpo, ecco cosa.

Immaginava senza problemi l’associazione di idee che aveva fatto Drake, specie con la scoperta così ravvicinata alla loro ultima chiacchierata.

Era una vita che il suo migliore amico gli diceva che in quasi ventun’anni di vita non aveva riscontrato quei riflessi dorati-argentei in nessun altro elemento in natura.

Poteva essere follia, ma per come si era evoluta la situazione fino a quel momento non c’era da azzardarsi a ignorare ipotesi solo perché potenzialmente assurde.

Il suo omozigote aveva avuto i suoi stessi occhi, riflessi inclusi?

Jennifer gli aveva detto che fra Sharon e lui ci correva pochissimo.

Pochi giorni o poche ore? Jawad era sopravvissuto meno di ventiquattro ore.

I suoi occhi erano serviti per…?

«Juna?»

Si riscosse.

Sharon lo stava guardando preoccupata.

«Scusami… stavo cercando di immaginare cosa è preso a Drake.»

Improvvisa McGregory.

«Non credo di doverti dire che Drake ha un certo debole per gli occhi neri vero?»

Sharon sorrise. «No, direi che è evidente.»

«Beh, una delle cose che mi ha sempre detto è che i miei occhi su una donna sarebbero stati la perfezione per lui. Non si aspettava di trovarne neanche di simili.»

Sharon spalancò gli occhi in un’espressione sbalordita, poi scoppiò a ridere «E’ più pazzo di quanto immaginassi! Mi ha fatto prendere un accidente! Perché non me lo ha detto subito??»

Scosse le spalle. «Ti sconsiglio di cominciare la tua carriera di psicologa proprio con lui.» Alle risatine di Sharon decise di togliersi una pulce dall’orecchio, «Quando sei nata?»

«Il cinque dicembre.»

«Mi pare di capire che io e te siamo coetanei.»

Sharon annuì.

Appunto.

«Tu?»

«Sono più vecchio di te di un giorno.»

Sharon spalancò gli occhi piacevolmente sorpresa, «Non ci credo! Quest’anno lo festeggeremo insieme, che dici?»

Annuì, «Drake e Jennifer potrebbero non reggere a due feste in due giorni. Specie Drake comincia ad avere una certa età sai? Che ne dici di andare a svegliare i bambini?»

Sharon rise, «Ti seguo!»

 

Squillò il cellulare.

Falcon.

L’ultima volta che lo aveva sentito gli aveva dato una delle peggiori notizie della sua carriera.

«Pronto?»

«Ciao Matt.»

Anche questa volta il tono di voce non prometteva niente di buono. «Cosa è successo?»

«Devo chiederti un fuori programma. Non lo farei se non è importante, specie alla luce di quanto ti ho detto l’ultima volta.»

«Tu e Darkness potrete sempre contare su di me. Dimmi tutto.»

«Ho bisogno di sapere vita, morte e miracoli di una ragazza. Si chiama Sharon Castlemain.»

Sentì il terreno sparirgli da sotto i piedi.

Sentì chiaramente il colore fluirgli dal viso… per fortuna non erano in video chiamata.

«Ah. Motivi personali?»

«Se ho ragione i motivi riguardano più Ju… pardon: Darkness, che me. Matt, non posso dirti niente. Devi credermi sulla parola: è importante.»

«Cosa ti interessa sapere di preciso?»

«Beh… se per esempio ha avuto un trapianto di occhi.»

Se non si fosse trovato nei panni del comandate Matthew Farlan, quello sarebbe stato il momento adatto per farsi prendere dal panico.

«Capisco la tua reticenza» disse Falcon al suo silenzio.

Mai abbastanza ragazzo mio.

«Vedrò quello che posso fare. Se l’esito delle ricerche fosse positivo?»

Falcon diede una risatina nervosa, «Sarebbe la prova più lampante che il mondo è un granello di sabbia nell’Universo.»

Sapeva tutto. In qualche modo era saltato fuori il fatto dell’omozigote di Darkness.

Era evidente.

Maledizione, con quei due ragazzi sotto lo stesso tetto, cosa si aspettava?

«Matt, voglio essere sincero con te, ok?» riprese al suo silenzio «Questa ragazza si avvia a diventare la donna della mia vita… usciamo insieme al momento e sto aspettando che questa storia sia sistemata per chiederle di mettersi con me, ma c’è un particolare che devo avere chiaro e da solo non arriverei a niente.»

I panni del comandante Farlan gli scivolarono via di dosso in un battito di ciglia per lasciare libero papà Aaron, «Le vuoi bene?»

«E’ stato un autentico colpo di fulmine vecchio mio. E’ anche per lei che scarico te e Richard.»

Non riuscì a trattenere un sorriso. «Confortante. Deve essere proprio una ragazza speciale.»

«Oh sì, lo è. Mai avrei pensato di perdere la testa per una brava ragazza. Mi fai sapere qualcosa appena lo sai?»

«D’accordo. Come sta Darkness?»

«Meglio. Accidenti a lui mi ha fatto perdere dieci anni di vita!»

«Salutamelo quando lo senti.»

«Stasera stessa. Devo dirgli di aver sguinzagliato il miglior segugio dell’F.B.I..»

Riattaccò con un sorriso… anche se non c’era niente di cui essere allegri.

 

Juna lo batté sul tempo.

Gli squillò praticamente il cellulare fra le mani.

«Ciao, stavo per chiamarti» esordì imboccando le scale con la precisa intenzione di barricarsi in camera.

«Lo so» fu la risposta del suo migliore amico. «Sharon mi ha parlato della tua reazione davanti ai riflessi dei suoi occhi.»

«Non c’è verso di farne una pulita eh?»

Si chiuse la porta di camera sua alle spalle.

«Per la cronaca: hai avuto la reazione che hai avuto perché i miei occhi su una donna sarebbero la perfezione per te e avevi ormai perso le speranze di trovarne anche solo di simili.»

Rimase basito.

«Juna, riesci ancora a stupirmi almeno una volta al mese.»

«E’ il tuo modo di dirmi che sono un fantastico racconta balle? Comunque, credo di essere arrivato alla tua stessa conclusione Drake. E’ fantascienza, ma non ne trovo altre.»

«Lo immaginavo. Senti Juna, ho chiesto a Matt di indagare su Sharon.»

Silenzio, poi… «Cosa hai fatto?»

«Non potevo chiedergli di indagare su di te, giusto? In questo modo, se abbiamo inquadrato bene la situazione, arriveremo comunque a qualcosa, ti pare?»

Il silenzio di Juna disse più di cento parole.

Silenzio assenzio.

«A parte questo com’è andata oggi?» riprese.

«Credo che la tua fidanzata si diplomerà con il massimo dei voti.»

Sorrise senza volerlo. «Sei insopportabile.»

«E’ andata via saranno dieci minuti, neanche. Suo padre la aspettava al cancello.»

Qualcosa nel tono di Juna lo mise in allerta. «C’è qualcosa che dovresti dirmi?»

«Sta diventando la tua domanda preferita. Quante varianti pensi di rifilarmi della stessa solfa?»

«Juna…!»

«Maledizione Drake, non lo so. Aspettiamo di sapere qualcosa da Matt.»

«Juna…!!»

«Ok, d’accordo» si arrese. «Oggi è la giornata dell’assurdo. Appena ho capito cosa ti era passato per la testa, il mio cervello ha continuato a viaggiare per i fatti suoi…»

«… e quando questo avviene si va sempre a finire nei casini. A quali conclusioni sei arrivato?»

Non doveva fare certe domande a Juna, perché erano occasioni d’oro per sganciare bombe nucleari.

Puntualmente ne partì una. «Fra me e Sharon ci corrono ventiquattr’ore scarse, lo sapevi già?»

Gli venne da ridere, «Sono circondato da sagittari…»

«Una cosa che apprezzo di te è il tuo inossidabile senso dell’umorismo.»

Inutile prendersi in giro, fra lui e Juna non occorrevano giri di parole. «Ho capito dove vuoi andare a parare. Jawad sarebbe morto in tempo utile per dare gli occhi a Sharon. Resta un particolare che non riesco ad accettare come semplice coincidenza: Sharon è la migliore amica di Jennifer.»

«Io questo l’ho accettato invece, perché c’è una coincidenza molto più preoccupante… che tu ancora rifiuti di prendere in considerazione, a quanto pare.»

«Vale a dire?»

«Il padre di Sharon. E’ rimasto l’unica incognita della situazione. Oggi sarebbe potuto venire a prenderla all’ingresso, farsi vedere, invece l’ha aspettata al cancello. Sai che non posso ancora uscire di casa vero?»

Un vero e proprio concerto di campanellini d’allarme cominciò a suonargli in testa, «Dillo a parole tue, Mac.»

«Aaron Castlemain. Aaron è anche il nome che mi ha dato Matthew per la sua seconda vita.»

Rimase a bocca aperta. «Stai scherzando vero?» chiese.

Si buttò sul letto.

«Ha praticamente ammesso di avere una famiglia, Drake» riprese Juna. «Ricordi che ne abbiamo parlato? Dietro sua diretta ammissione inoltre mi teneva d’occhio da un bel po’, prima di propormi di entrare sotto i suoi comandi. Altra cosa: ha scomodato Richard, che è più alto in gerarchia, per andare da Jeremy. Lui non deve figurare. Non potrebbe essere perché Jeremy, Michael, Jennie e Sarah lo conoscono già come il padre di Sharon?»

Ecco, lo aveva detto.

«Quindi io avrei appena chiesto a Matthew di indagare su sua figlia… a dirla tutta gli avrei appena detto che sua figlia è la potenziale donna della mia vita e che è stato un colpo di fulmine.»

Juna emise un leggero fischio, «Complimenti amico mio. Ascolta questa adesso: se veramente gli occhi di Jawad sono serviti per un trapianto su Sharon, Matthew ha sempre saputo dell’esistenza del mio omozigote… e probabilmente sa anche come sono andate le cose. Appena posso uscire di casa, io e te andiamo da Matthew… sempre che fra tre giorni non mi arrivi a casa sotto l’identità di Aaron Castlemain.»

Si passò una mano sulla fronte. «D’accordo» si arrese. «Mac, ti voglio bene, ma sto cominciando ad odiare la tua indiscutibile logica.»

«Drake, se mi sono sbagliato, andiamo a festeggiare.»

 

Mentre ascoltava sua figlia parlare in termini a dir poco entusiasti di Juna, non poteva che biasimare se stesso perché aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire così.

«Abbiamo già deciso di festeggiare il compleanno insieme! E’ nato un giorno prima di me papà, ci pensi? Ah papà, a proposito di compleanno… resti per tutta la settimana vero?»

«Perché?»

«Fanno una festicciola per il compleanno di Jennie… fra tre giorni se non ricordo male, ma ti saprò dire meglio, e siamo tutti invitati. Dimmi che ci verrai, ti prego. Così conoscerai anche Drake in un terreno neutro. Sai che ci tengo a sapere la tua opinione.»

E va bene, se doveva finire, sarebbe finita con un botto.

Diciamo la prova del nove per coloro che sarebbero sempre rimasti i suoi agenti migliori: come avrebbero reagito quei due vedendolo nei panni del padre di Sharon?

«D’accordo.»

Sua figlia gli saltò al collo incurante del fatto che stesse guidando, «Ah, ti adoro!»

«Almeno conoscerò questi due ragazzi eccezionali.»

«Gli potrai chiedere tutto quello che vuoi sapere, li avvertirò che sei una spia del governo mancata!»

Sorrise per non mettersi a piangere.

 

Ultimamente Larry passava per caso a Villa McGregory a scadenze regolari.

«Già che ci sono ti faccio una visitina di controllo.»

… E quello era diventato un intercalare.

Salirono in camera, seguiti da suo padre e sua madre e, dopo la visitina, Larry annuì soddisfatto.

«Bene. Molto bene. Sono orgoglioso di te Juna. So quanto ti è costato, ma sei guarito. Da ora cadono tutti i divieti. Domani mattina fatti una bella colazione nel gazebo.»

Sua madre quasi cascò in terra dal sollievo: suo padre la riprese al volo.

«Larry, ha perso un sacco di peso» prese la parola suo padre controllando con un occhio l’equilibrio della consorte.

«Vi do il permesso di viziarlo con una dieta ipercalorica» concesse Larry. «Ma bada bene ragazzo, non abusare della guarigione.»

«Niente lavoro» tradusse prontamente sua madre.

«Mamma, toglitelo dalla testa» mise in chiaro. «Intanto stasera starò un paio d’ore con papà nello studio, era già deciso. Eviterò di stare tutto il giorno in ufficio, ma le stanze comunicanti sono state create per questo e cominceremo ad usarle. Sono veramente stufo di non far niente.»

Sua madre lo fulminò con lo sguardo, ma si arrese.

«Andiamo a dare la bella notizia agli altri?» propose suo padre.

Inutile dire che la famiglia accolse la notizia con un coro da stadio. Per non parlare di Melissa e Michael.

Ma quello che gli fece più piacere furono gli occhioni lucidi di Jennifer, ovviamente.

 

Bastò un’ora e mezzo, a suo figlio, per rimettere in corsa l’arretrato di quasi due mesi.

Anche Paul e Ryan lo guardavano a bocca aperta mentre, senza aprire un singolo fascicolo e dopo aver letto una sola volta i resoconti di Wall Street dell’ultimo mese, tirava le fila di situazioni finanziarie che gli avevano tolto il sonno per settimane intere.

Suo padre e Mansur invece avevano gli occhi lucidi… se l’orgoglio fosse stato lucente, li avrebbero visti a occhio nudo dal centro di Andromeda.

«Beh, direi che ci siamo» disse alla fine Juna. «Papà, che ne dici?»

«Mi aspettavo molti più danni. Per fortuna non ci sono state perdite oltre i massimali contrattuali.»

Juna annuì. «La borsa ha aspettato la mia bronco-polmonite per mettersi a fluttuare.»

«Nipote, se non ti avessi visto, probabilmente non ci avrei creduto» disse Paul.

«Domani mattina portiamo il lavoro in ufficio perfettamente aggiornato, mi sembra un sogno» aggiunse Ryan.

Suo figlio si stiracchiò sulla poltrona, «Aaahhh… mi è mancato tutto questo.» Si rilassò contro la morbida pelle della poltrona, «Nonno, che ne dici di mettere in moto queste tre stanze?»

Suo padre si trovò preso alla sprovvista. «Pensi che…?» lanciò un’occhiata anche a lui.

«O qui o quel testone di mio figlio è capace di tornare in ufficio… e allora sì, sua madre diventerà una furia.»

«Beh… allora non avrete più bisogno di me» disse Paul.

«Zio, non credere di cavartela così a buon mercato» disse Juna. «Tu e lo zio Ryan comincerete a specializzarvi, in modo da togliere un po’ di lavoro a me e a mio padre.»

«In queste stanze c’è posto per tutti» asserì suo padre. «E’ arrivato il momento di coinvolgere l’intera famiglia.»

Suo figlio annuì, «Ho intenzione di cominciare a istruire anche Justin» li informò. «Quando entrerà da Warren deve avere già le idee chiare sulla compagnia.» Si rivolse al nonno, «Io, Drake e Justin dobbiamo cominciare a muoverci compatti.»

Suo padre annuiva, «Più che giusto.»

«Già che siamo in argomento…» prese la parola Mansur, «cominciate anche a prendere in considerazione l’ipotesi della fusione.»

Calò il silenzio più assoluto.

«Di quale fusione stai parlando, Mansur?» chiese suo padre.

«Delle due compagnie sotto l’unico erede. Patrick, non credo di doverti dire che comincio ad essere vecchio anche io. Passo tutto a Juna, poi lui deciderà cosa fare.»

Se Manaar non ne sapeva ancora niente, aveva appena trovato un ottimo argomento di conversazione per il dopo cena!

«Nonno, non se ne parla per almeno altri dieci anni» disse Juna.

«No, ascoltami. I tuoi zii non sono minimamente interessati alla compagnia, ognuno di loro ha successo nel proprio campo. Il fatto che tu sia stato così male mi ha ulteriormente frenato fino ad ora, ma sono vecchio Juna e da qualche tempo ricevo troppe telefonate da rinomati squali della finanza. Non vogliono la compagnia, ma i miei clienti e i miei clienti sono l’eredità che voglio lasciare a te. La fusione sarà il paravento per la cessazione dell’attività. Cedo a mio nipote il portafoglio clienti. Il ricavato della compagnia verrà diviso in parti uguali fra le mie figlie.»

Suo padre respirò profondamente, «Nel qual caso la compagnia cambierà nome.»

Lo guardarono tutti sbalorditi.

«In che senso papà?» chiese Paul.

«Per esempio McGregory-Alifahaar Investments. Comunque un nome che rispecchi chi ne sarà a capo e Juna ha due cognomi.»

Rimase a bocca aperta.

Questo, più di qualsiasi altra cosa, dimostrava quanto realmente suo padre avesse sotterrato l’ultra ventennale ascia di guerra.

Anche Mansur era bocca aperta, «Grazie Patrick. E’ il più bel regalo che puoi farmi.»

Suo figlio si mise comodo sulla poltrona, «Scusate…»

Quando ebbe l’attenzione generale, riprese. «Avete preso in considerazione l’ipotesi che la fusione fra due delle più importanti compagnie del settore getterà nel caos il settore? Senza contare che l’antitrust potrebbe avere da ridire riguardo ad una simile concentrazione di potere.»

Suo padre e suo suocero si guardarono, poi guardarono il nipote «A questo ci penseranno i nostri avvocati e voi sarete in grado di far fronte a qualsiasi caos» disse poi suo padre.

Mansur scosse le spalle «Mettiamola così Juna: lascia perdere la fusione, io chiudo semplicemente i battenti. I miei clienti mi chiederanno sicuramente di indirizzarli verso una persona capace che goda della mia illimitata fiducia e io ho solo te.»

Suo padre allargò le braccia, «Problema risolto.»

«Mia moglie vi spara, a tutti e due» non riuscì più a trattenersi.

«Mia figlia doveva pensarci prima di sposare il primogenito di una dinastia e mettere al mondo un genio che poi è l’unico nipote maschio che ho» disse Mansur con un sorriso.

Era una battuta di vecchia data.

Suo suocero aveva in mente questa soluzione da quando Juna respirava.

«Tesi interessante» commentò dopo un breve silenzio suo figlio, poi si rivolse a lui «quanto pensi ci metterà la mamma a smontarla?»

«Ci metterà molto meno a smontare me» ribatté.

«Oh, smettila Connor» disse Mansur. «Mia figlia respira per te dal momento in cui ti ha visto!»

 

La semplice verità di quell’affermazione fece sorridere suo padre, «Questo non le ha mai impedito di incazzarsi quando lo ha ritenuto necessario» fece poi notare al suocero.

«Anche se innamorata, mia figlia resta una Alifahaar di prima categoria» fu la blanda presa di realtà di suo nonno.

«Se sei davvero deciso dovremo informare gli altri e far partire gli avvocati» disse suo nonno Patrick.

«Patrick, è una decisione che ho preso diciannove anni fa. Le mie figlie, senza esclusioni, lo sanno molto bene.»

«Mansur, potresti comunque continuare ad occuparti dei tuoi clienti» disse improvvisamente suo padre. «Sai che devo dirti sempre quello che penso e non mi sembri proprio pronto per la pensione. La compagnia diventerà il tuo paravento contro gli squali.»

«Io avrò l’esperienza che avete tu e il nonno quando avrò sessant’anni» prese lui la parola. «Senza contare che per i tuoi clienti sarebbe meglio un passaggio graduale, ti pare? Non puoi mollarli di punto in bianco dicendo signori vi presento il mio erede. Tieni sempre di conto che il mondo tende a vedermi come un ragazzo di diciannove anni scarsi.»

Suo nonno soppesò l’argomentazione con una smorfia, poi annuì, «Ok, te lo concedo: è ragionevole.»

Non riuscì a trattenere una smorfietta, «Troppo buono.»

 

 

 

______________________________________________

 

NOTE:

 

giunigiu95: stupire è una delle mie specialità… per quanto riguarda Juna & Jennie… chissà… non posso dare anticipazioni… XD Ho le idee chiare su come andrà a finire!

 

Zarah: hai ragione… e ti parla una patita dei gialli, li seguo tutti, da Colombo alla Fletcher (che mio fratello butterebbe giù a fucilate, dice che porta troppa sfiga!), senza contare le varie sigle (CSI, NCIS). Sai che non ho mai giocato a Cluedo? o.O

   
 
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