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Autore: Cleaver    03/04/2015    1 recensioni
Finto. Tutto era finto. Le persone portavano una maschera sorridente per quello, per nascondere le loro espressioni. Ridevano divertiti, morendo dentro. Danzavano, allegri, mentre in realtà ogni loro respiro sanciva un passo più vicino alla tomba.
Orribili piccoli sacchi di organi pensava, portandosi indietro il boccolo biondo ribelle, le mani curate e piccole, le unghie laccate di rosso.

L'ultimo ballo.
Genere: Dark, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La sala era piena di gente che danzava. Quasi magico, avrebbe detto. Vorticavano avvinghiati l’uno all’altro senza mai scontrarsi, i vestiti dai mille colori che creavano aureole variopinte, le mani unite, le facce mascherate.
Quasi, però. Non del tutto magico. Per essere magico, insisteva dentro di sé, anche lei avrebbe dovuto far parte di quello spettacolo, non esserne una passiva osservatrice, appoggiata ad una colonna di marmo bianco. Si scostò i boccoli dorati dalle spalle, fasciate in un candido vestito color della neve appena caduta. La maschera da coniglio era calda e le bloccava il fiato. Cercava con lo sguardo qualcuno di interessante, ma ogni singola persona dentro quella sala era monotona e comparabile ad una di quelle colonne alle quali era appoggiata.
Tutte uguali, tutte altrettanto noiose. Certamente scolpite alla perfezione dalla mano di qualche artista, ma troppo omologate per essere degne di attenzione.
Sospirò, gli occhi nocciola che vagavano dalle tende in velluto, al rinfresco nell’angolo della sala, alla donna che in quel momento le era passata davanti, volteggiando con il suo cavaliere. Il vestito era giallo ocra, sembrava di seta, ma un occhio esperto avrebbe saputo dire subito che nient’altro era che una semplice imitazione. Come del resto lo era tutto in quella sala.
Finto. Tutto era finto. Le persone portavano una maschera sorridente per quello, per nascondere le loro espressioni. Ridevano divertiti, morendo dentro. Danzavano, allegri, mentre in realtà ogni loro respiro sanciva un passo più vicino alla tomba.
Orribili piccoli sacchi di organi pensava, portandosi indietro il boccolo biondo ribelle, le mani curate e piccole, le unghie laccate di rosso.
Batté due volte i tacchi laccati a terra, staccandosi dalla colonna di marmo bianco per attraversare la sala, raggiungendo le scale che portavano alla balconata.
«Spero che vi cada il soffitto sulla testa» mormorò, osservando la gente che ballava da dietro la spalla.
Come si allontanò dalla stanza i suoi boccoli ondeggiarono, così come l’orlo del suo vestito bianco. Le calze nere che aveva sotto sembravano nasconderle le gambe nel buio e l’unica cosa che si riusciva a scorgere della ragazza erano le curve fasciate dall’abito. La maschera da coniglio era rosa pastello, gli occhi bucati che facevano intravedere i suoi nocciola. Quella maschera le stava togliendo il fiato, ma se se la fosse tolta la magia della festa sarebbe sparita e il divertimento con essa.
Nessuno si diverte a farsi beccare dalla polizia sorrideva, arrivando alla balconata.


Dal balcone ancora riusciva a sentire le note della musica suonare, solamente più ovattate. La giovane sospirò, le stelle non si riuscivano a cedere a causa del cielo nuvoloso e la fioca luce della Luna non bastava ad illuminare la serata. Che tristezza, per la giovane. Il cielo si era coperto, proprio come se stesse indossando una maschera. Nonostante si fosse alzato il vento le nuvole non sembravano volersi spostare e la bionda si vide costretta a rinunciare al suo desiderio di vedere la volta celeste, abbassando lo sguardo sui suoi tacchi laccati di rosso.
«Ti ho cercata dappertutto, Adelaide» una voce la raggiunse da dietro. Era calda ed avvolgente, maschile e profonda.
«Ti ho aspettato per un’ora, mio caro, ma non ti sei fatto vedere» rispose, voltandosi verso il giovane.
Indossava una maschera bianca, senza alcun decoro; la bocca serrata e gli occhi neri che spuntavano da dietro. Nonostante Adelaide non potesse vedergli per intero il volto sapeva che stava sorridendo.
«Mia dolce, imploro il tuo perdono» scherzò il ragazzo, avvicinandosi alla bionda.
«Dominic, non fare l’idiota» ridacchiò quando il giovane le cinse la vita con le mani. Erano grandi e rilucevano di luce biancastra al chiarore lunare.
«Non mi hai concesso nemmeno un ballo...»
«Lo avrei fatto se tu ti fossi mostrato!» borbottò Adelaide, voltando il viso coperto verso sinistra, evitando di incontrare gli occhi neri di Dominic.
Il suo completo gessato era grigio e sembrava polveroso; quasi come se la Luna si fosse sbriciolata per coprire il suo vestito. Dominic fece combaciare le fronti, nonostante la bionda volesse cercare di allontanarsi dal giovane.
Gli occhi neri del ragazzo affondavano in quelli nocciola della giovane, legno e carbone. Dominic fece scorrere le sue mani dapprima per l’intera lunghezza della schiena, fino a giungere ai corti boccoli dell’amata, per poi sfiorarle il collo in una carezza che sapeva di dolcezza e vento, di parole mancate ed inutili. Alzò lievemente la maschera della ragazza, il giusto affinché potesse vedere le labbra carnose e pallide di ella. Adelaide se le stava mordicchiando, tanto da essere quasi tumefatte e sporche di sangue.
Dominic alzò anche la propria maschera e vi lasciò un bacio a stampo, saggiando il sapore del sangue della ragazza con la propria bocca, beandosi della morbidezza dell’amata e del gusto ferroso che le sue labbra avevano.
Adelaide, imbarazzata, si nascose di nuovo dietro alla sua maschera. Il suo cuore batteva fortissimo, pensava che Dominic potesse sentirlo, tanto il suo petto premeva contro quello della ragazza. Il giovane dai capelli color della terra bagnata rise dell’innocenza della giovane, tenendo ancora un po’ la maschera alzata. Se la tirò giù non appena una nuvola passò davanti alla Luna, oscurando per qualche secondo la balconata.
Poi gli occhi di Adelaide furono attratti dal luccichio di qualcosa.
«Ti va se rientriamo?» propose il giovane.
La bionda acconsentì, i boccoli che sobbalzavano e la mano stretta in quella dell’amato.


«È molto più bello così» stavano danzando senza musica in sottofondo e se probabilmente ci fosse stata sarebbero andati fuori tempo. Un passo avanti ed uno indietro, in un circolo continuo e senza fine.
Le scarpette rosse laccate di Adelaide provocavano un rumore di tacchi sul pavimento.
«Attenta a non scivolare, tesoro mio» le sorrise Dominic, la maschera non era più a coprire i loro volti. Loro sorridevano davvero, a differenza delle altre centinaia di persone nella sala.
Ora era davvero magia. Danzare sopra un lago era sempre stato il suo sogno, poco importava che quello fosse fatto d’acqua o di sangue, si diceva la ragazza.
Dominic la conduceva con maestria, evitando teste mozzate, braccia recise e busti che riposavano per terra. Adelaide passò vicino alle gambe della donna che indossava il vestito di falsa seta e sorrise, non le stava simpatica e si era divertita un modo a pugnalarla alle spalle per poi tranciare ogni singola parte del suo corpo. L’aveva squartata come un maiale, sorrideva. La sua faccia somigliava a quella di una scrofa, le diceva Dominic, felice di vedere la sua amata sorridente.
Il vestito bianco di Adelaide ora era macchiato di sangue e di sudore, qualche chiazza di vino rosso.
Quello stupido ha cercato di difendersi lanciandoti un bicchiere, mia dolce. Deve esser punito seriamente le aveva detto Dominic, stringendola a sé per lo spavento che aveva preso.
Gli occhi nocciola di Adelaide percorsero la linea della mascella dell’amato, arrivando poi al naso aquilino, fino agli occhi grandi e neri, sovrastati da due folte sopracciglia castane. Il tutto, nel complesso, gli donava un aspetto autoritario e mascolino, molto piacente.
«Sei così bello, mio caro» gli aveva detto la bionda, le labbra tumefatte dai morsi che si era data, gli zigomi sporchi di sangue.
Schivarono una testa dalla bocca aperta, era una testa dalle guance grassocce e rubiconde, i capelli tagliati a spazzola e un neo palesemente finto sopra l’angolo della bocca. Gli occhi erano aperti, di un banalissimo color marrone. La colonna vertebrale era stata spezzata e si riusciva ad intravedere dal collo grasso che aveva, ancora coperto dal colletto nero della camicia che doveva portare una volta. Quando era ancora vivo pensò Adelaide, stringendosi di più a Dominic.
Il giovane sorrise alle parole dell’amata, tirandola verso di sé per baciarla di nuovo. Per poco non scivolarono sopra una mano sozza di sangue, dalle unghie spezzate.
Apparteneva a quella giovane dal vestito verde che aveva cercato di opporre resistenza al coltello di Dominic e che era riuscita a graffiargli la guancia, suscitando l’ira di Adelaide. Alla fine il pugnale della bionda le aveva squarciato il ventre, facendo colare il sangue nerastro assieme con le budella. Era caduta in ginocchio, tentando di rimettersi dentro l’intestino, mentre boccheggiava in cerca d’aria.
Adelaide, ancora furiosa, si era chinata verso di lei, prendendole a forza il braccio e tranciandole la mano brutalmente. La ragazza aveva gridato ed Adelaide le aveva sputato in faccia, piantandole il coltellaccio in mezzo alla fronte e facendole schizzare gli occhi fuori dalle orbite.
Dominic aveva dovuto calmarla stringendola da dietro, dicendole che andava tutto bene e che non poteva sprecare le sue energie per una singola persona.
Il resto dei partecipanti alla festa era stipato tutto in fondo alla sala, dove terrorizzato non sapeva cosa fare. I due amanti avevano bloccato le uscite e se anche uno di loro avesse tentato la fuga sarebbe stato bloccato ancor prima di riuscire a raggiungere il centro della sala da Dominic, che passivamente osservava la sua amata Adelaide uccidere e torturare le sue cento persone.
Tue e di nessun altro, mia dolce le aveva assicurato il castano, carezzandole dolcemente una guancia, per poi lasciarvi un bacio altrettanto dolce.
Adelaide aveva riso imbarazzata, voltandosi con occhi folli verso gli ospiti che imploravano per qualche miracolo.
«Sei sempre così impulsiva, Adelaide... avresti potuto farti del male» le disse apprensivo Dominic mentre la faceva volteggiare per la sala sporca di sangue. L’unico rumore udibile erano i ticchettii delle scarpe che battevano sul pavimento in marmo e qualche volta i suoni liquidi che accadevano quando uno di loro, per sbaglio, calpestava qualche organo.
Adelaide sorrise, stringendosi ancora all’amato.
«Non preoccuparti, c’eri tu a proteggermi e se ci sei tu, io, vedi, sento che tutto andrà sempre per il meglio» la bionda appoggiò il volto sulla spalla di Dominic, che le carezzò la schiena fermando il loro valzer silenzioso.
«Sei stanca, dovremmo andare a riposarci»
«Oh, ma Dominic, oggi è una così bella serata...» lamentò la giovane, avvolgendo le braccia attorno al collo del castano.
Il ragazzo sorrise, posando il mento sulla testa piena di boccoli dell’amata. Le posò un bacio sulla fronte, proprio dove c’era una piccola macchiolina di sangue.
Senza preavviso la prese in braccio, baciandola poi fervorosamente sulla bocca, togliendole il respiro.
«Devi riposare, mia dolce» insistette Dominic, passandole il dorso della mano sulla guancia.
Adelaide non vide altra soluzione che accettare ed insieme si allontanarono dalla sala da ballo piena di cadaveri.
Almeno, pensò la giovane, ho ballato anche io.























カ トラリー[Katorarī]
Ne'.
Lo so che, in teoria, avrei già pubblicato qualcosa ieri... ma questa era saltata in mente mentre ascoltavo - appunto - il Valzer di Primavera di Chopin e quindi è nata. Adelaide è un nome che amo, gh. Per Dominic mi son ispirata al Dominic di Eureka Seven--
Quindi niente, la pubblico ora, perché per me la decenza non esiste e non lascerò passare alcun giorno di "pausa", sfrutto le vacanze di Pasqua per pubblicare e darmi alla pazza gioia e poi i miei doveri si faranno sensire, sobs.
Vabé, spero vi sia piaciuta c:
Cleaver.
   
 
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