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Autore: FireFistAce    03/04/2015    3 recensioni
Salve! Questa storia è il mio primo Crossover e, quindi, la prima Jelsa che scrivo. Piccola precisazione: i capitoli sono alternati, dopo il prologo sono Jack, Elsa, Jack, Elsa, ecc...
Spero che vi piaccia!
Dal capitolo due:
"Jack (si chiamava così, giusto?) si rimise in piedi subito, volteggiando fino a terra e atterrando con grazia.
Ora che lo guardavo bene, notai che doveva avere più o meno la mia età, ed era vestito in modo improponibile per uno che aveva planato sulle montagne innevate: una leggerissima felpa blu con le maniche lunghe, un paio di pantaloni marroni a pinocchietto e basta. Non aveva le scarpe, non aveva le calze, una sciarpa, un paio di guanti, niente. [...]"
Dal capitolo tre:
"Avrei voluto farle un sacco di domande in quel momento.
Non hai freddo? Non sei stanca? Non vuoi tornare a casa?
Invece rimasi in silenzio e la accontentai, passando intorno a una nuvola conica che andava verso l'alto, girandole intorno e poi capovolgendomi per tornare verso il suolo a capo in giù.
Sentii le sue braccia stringermi il collo e il suo viso affondare nella mia spalla mentre cadevamo a velocità folle verso il basso.
“Hai paura?” chiesi preoccupato.
“No”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Forse un problema

Atterrammo davanti alla fontana del castello con grazia e Elsa fu subito pronta a correre.

“Dobbiamo andare da Anna!” esclamò, ma io mi ero resa conto di un'altra cosa. Mi guardai intorno preoccupato, sentendo uno strano formicolio alla testa.

“Dove sono Nord e Dentolina?” chiesi. Non vedevo la grossa slitta rossa di Nord, né le piume verdi iridescenti di Dentolina. Dov'erano finiti?

Lo sentii prima ancora di vederlo. Mi lanciai in avanti spingendo via Elsa quando percepii quel fruscio sinistro che mesi prima avevo imparato ad associare a un attacco di Pitch.

“Attenta!” gridai. Le spinsi via e sentii l'aria che si spostava accanto al mio orecchio. L'avevo scansato di pochissimo.

Rotolammo a terra, finendo per battere con la schiena contro gli scaloni dell'ingresso. Mi si mozzò il fiato in gola.

“Sempre pronto a tutto, Frost. Bravo” disse una voce melliflua. Aprii un occhio con un po' di fatica, sentendo il punto in cui avevo battuto pulsare di dolore.

“Tu viscido come sempre, Pitch” risposi. Lui mi fu accanto e mi alzò di peso, tenendomi per il collo. Iniziai a sputacchiare, mi mancava l'aria nei polmoni.

“Jack!” gridò Elsa, lanciandosi poi contro di noi. “Lascialo andare, maledetto!” esclamò, ma Pitch le sguinzagliò contro i suoi incubi, i cavalli neri, che la accerchiarono.

“Ti sei fatto la ragazza, Frost?” mi sbeffeggiò.

“Va'... al... diavolo...” riuscii a dire. Strinse gli occhi e mi scaraventò a terra. Un'esplosione di luci colorate davanti agli occhi mi fece perdere il senso della realtà; avevo battuto la nuca.

Era un dolore tremendo, che non avevo mai provato prima di allora.

“Sei un moccioso e un arrogante come sempre, vero Jack? Non cambi mai!” gridò Pitch, in preda all'ira. Mi lanciò contro quella sua sabbia scura e mi sentii soffocare.

Dovevo cambiare tattica, stavamo perdendo rovinosamente.

Tossendo alzai la faccia e lo guardai in viso.

“Come ti sei liberato di tutti quegli incubi?” domandai. Lui sorrise beffardo.

“Oh, è stato difficile. Per colpa vostra i miei piccoli incubi stupendi mi avevano intrappolato. Sono rimasto chiuso nell'oscurità per un tempo infinito, a covare il mio odio per i guardiani e per i bambini pieni di sogni fiabeschi. Bleah!” disse. “Ma poi ho sentito un richiamo lontano. Un suono così dolce e piacevole. Era il suono dell'odio, della vendetta e della rabbia. Poco a poco, nutrito da quell'odio, mi sono liberato dagli incubi, che però diventavano sempre più forti e sicuri. Non capivo cosa fosse, un potere simile non l'avevo mai sentito scorrere nelle mie vene. E, seguendo quel richiamo, ho trovato lui” spiegò.

Una figura incappucciata si fece avanti, la stessa che aveva ucciso Elsa. Quel tipo, Hans qualcosa, si mostrò a noi, liberandosi il viso dal mantello.

“Tu! Maledetto mostro!” gridò Elsa, lanciandosi in avanti per afferrarlo, ma fu scaraventata indietro dai cavalli neri.

“Sì. Io. E vedo che anche tu sei ancora viva” rispose lui, con una nota di rimprovero nella voce.

“Di certo non grazie a te, essere viscido e...”

“Via, via, questo modo di parlare non si addice a una Regina. Anche se, in effetti, credo che tu non sia più tale, dico bene?” considerò.

Io ero confuso.

“Come può vederci? Cosa hai fatto, Pitch?” domandai. Pitch fece spallucce.

“Io niente. È stato lui a vedere me per primo, io gli ho solo dato una mano ad osservare bene la realtà circostante” mi rispose.

“Hai modificato la sua capacità di vederci? Ma non si può fare!” esclamai.

“Io posso farlo, a quanto pare, e l'ho già fatto. Hans adesso è dalla mia parte, nelle mie mani, e questo potere meraviglioso che grazie a lui mi scorre nelle vene mi ha fatto capire che finora ho sbagliato tutto. Non devo agire sui bambini: l'odio degli adulti è più che sufficiente per potenziarmi” commentò.

“Maledetto!” gli gridai contro, per poi lanciarmi su di lui, il bastone alla mano pronto a colpirlo.

Lui si scansò e mi lanciò addosso un'enorme montagna di sabbia oscura, che illuminai col ghiaccio e bloccai col bastone.

Mi sembrò di tornare a mesi prima, quando ci eravamo battuti in cima a una montagna.

“Sei troppo debole, Jack. Ormai ho un potere che non avevo allora, un potere che può schiacciarti!” mi disse.

Vidi un'enorme ammasso di sabbia nera venirmi incontro e mi voltai per fuggire. Subito dopo per me ci fu l'oscurità completa.

 

Quando ripresi i sensi sentivo Elsa accanto a me che piangeva. Aprii gli occhi e la vidi inginocchiata a terra, il mantello ghiacciato sparso intorno a lei, le mani premute sugli occhi.

Avevo un mal di testa incredibile, sembrava che mi avessero preso a bastonate sul cranio per ore e ore.

“C-che cosa... cosa...” provai a dire, ma avevo la nausea. Quando si rese conto che mi ero ripresa, Elsa mi prese il viso con le sue mani calde.

“Sei vivo!” esclamò, per poi affondare con la faccia nel mio petto.

“Ouch! Elsa, ti prego... ahia!” mi lamentai. Sentivo un dolore continuo, tutto il mio corpo era un livido.

Lei si alzò, ancora lacrimante, e mi guardò. Poi si mise di nuovo a singhiozzare.

“Mi dispiace!” disse disperata.

“Per cosa? Che cosa è successo?” domandai.

“I-io ho provato... ho provato ad evocare la neve, o qualche mostro o una cosa simile, ma non ce l'ho fatta. Quel tipo, Pitch, e Hans si sono messi a ridere e mi hanno scagliata a terra, dove sono rimasta bloccata per colpa di quella sabbia oscura. Se ne sono andati con Nord e Dentolina stretti tra le braccia. Pitch... lui... ha detto che se li vogliamo rivedere vivi dobbiamo andare al laboratorio di Nord, al Polo” mi spiegò.

Strinsi per un attimo gli occhi, in preda al panico: e ora? Era di nuovo tutto nelle mie mani?

“Va bene, allora andiamo” decisi. Mi alzai un po' barcollante, ma col bastone riuscivo a muovermi abbastanza bene. Guardai Elsa e le tesi la mano.

“Forza” la spronai, ma lei rimase inginocchiata a terra, gli occhi bassi, le spalle ancora sussultanti.

“Mi dispiace...” sussurrò.

“Non ti preoccupare, possiamo aggiustare tutto” dissi. Si voltò di poco verso di me, sempre evitando di guardarmi.

“No, non possiamo. Tu puoi, io devo rimanere qui”

La guardai stralunato.

“Che cosa? Stai scherzando?” domandai. Stavolta mi guardò, gli occhi pieni di lacrime.

“Jack, mi dispiace, sul serio, ma io che posso fare? Non ho più poteri, non posso venire con te lasciando Anna da sola! Se devo scegliere se rimanere qui a vegliare su di lei mentre un pazzo assassino si aggira per Arendelle o venire con te al Polo, preferisco stare qui!” commentò.

“E cosa pensi di fare da sola? L'hai appena detto tu che non hai più poteri!” ribattei piccato.

“Ma potrei comunque farmi vedere da Hans, se tornasse! Hai pensato alla possibilità che sia una trappola? Che in realtà Pitch voglia che noi ci allontaniamo dal castello entrambi?”

“E una volta che ti ha visto che pensi di fare? Di fargli le boccacce per dissuaderlo?”

“Jack, ti prego, ti scongiuro, cerca di capirmi. Non posso lasciare Anna da sola”

“Io devo capirti?” chiesi sconvolto. “IO? Due dei miei amici sono appena stati rapiti perché un pazzo scatenato ha un potere mai visto prima e io dovrei capire te?”

Elsa si asciugò le lacrime, poi si voltò. Intravidi per un istante il suo viso, adesso su di esso aleggiavano tristezza e dolore.

“Mi dispiace Jack, ma penso che le nostre strade si dividano qui. Io ho i miei cari da proteggere e tu i tuoi. Scusami” disse con la voce che tremava. Corse dentro al castello, il mantello svolazzante e le braccia strette al petto.

“Elsa, aspetta... ELSA!” gridai, ma non si fermò, non si voltò. La vidi sparire al di là della porta senza poter fare niente per recuperarla.

Ero stravolto.

Per un istante valutai l'opzione di andarle dietro ma sapevo che sarebbe stato tutto inutile: se Hans e Pitch erano andati verso il Polo, sicuramente nessuno sarebbe stato dentro al castello, quindi la paura di Elsa era infondata e stupida. Sì, sicuramente era così.

“Vento, portami da Nord!” esclamai saltando in mezzo a una brezza gelida e scivolando verso il laboratorio.

Dentro di me sapevo, in una parte remota della mia mente, che Elsa poteva avere ragione e che, al suo posto, mi sarei comportato alla stessa maniera. In realtà, quando c'era stato bisogno di me mi ero comportato anche peggio.

Nonostante questo, il fatto che avesse lasciato Nord e Dentolina in balia di quell'essere mi faceva imbestialire.

Anzi no.

Mi faceva arrabbiare il fatto che avesse lasciato me da solo per sua sorella.

Scossi la testa, rimproverandomi per quei pensieri: ero un egoista fatto e finito.

Avevo capito già da un po' che Elsa mi piaceva, ma ragionare così era veramente da bambini, e io non potevo permettermi dubbi o esitazioni in quel momento.

Arrivai al laboratorio entrando dalla finestra.

“Calmoniglio, Sandy!” chiamai.

Un secondo dopo fui buttato a terra con forza e la mia testa, già ferita, esplose di dolore.

“JACK!” sentii gridare da quella che dedussi essere Dentolina, ma non ne potevo essere certo. In qualche modo quella voce impanicata mi fece ricordare mia sorella.

“Ben arrivato, Jack. Non credevo che saresti venuto così in fretta visto che la tua fidanzata è rimasta ad Arendelle” disse Pitch.

Mi voltai supino e provai a metterlo a fuoco, ma il dolore era troppo forte.

“C-come lo sai... che...” stavo per svenire.

Un'ombra nera (Pitch?) si avvicinò a me, abbassandosi sul mio viso.

“Sai, ho dei modi per contattare i miei sottoposti” commentò.

“I tuoi... sottoposti?” chiesi.

Ci fu una risata lunga e malvagia, poi Pitch sparì dalla mia vista.

“Esattamente, mio caro Frost! I miei sottoposti! Non penserai mica che consideri quell'inetto del Principe un mio pari? Se fosse stato per lui niente di tutto questo sarebbe accaduto!” commentò da qualche parte lontano da me.

“Smettila, vile codardo! Usare umani adulti è una cosa deplorevole!” disse Nord.

“Sinceramente non mi interessa che ne pensi tu. Per quanto mi riguarda, il potere è la cosa più importante” considerò Pitch.

“C-cosa dicevi a proposito... di Hans...” domandai a mezza voce.

Di nuovo l'ombra nera apparve di fronte al mio viso.

“Stavo dicendo che quello è solo un mio sottoposto, niente di più. L'ho lasciato ad Arendelle a compiere la sua vendetta sulla nuova Regina, per voi basto io”

Ci volle un secondo affinché le parole di Pitch arrivassero al mio cervello, poi le registrai.

“Oh no. Elsa” sussurrai comprendendo ciò che mi stava dicendo. Lui rise.

“Esattamente. Elsa. La Regina di Ghiaccio, la nuova guardiana. Sai, credevo che sarebbe stata un problema, quando è morta e l'Uomo sulla Luna ha deciso che dovesse risorgere, ma scoprire che non ha più i poteri mi ha tranquillizzato. Era inutile tanto da viva quanto da morta e, a mio parere, è stato uno spreco di vite umane ucciderla, ma Hans la odiava così tanto” raccontò.

Elsa era sola al castello con quell'essere.

Ero stato uno stupido, era logico che fosse una trappola. Aveva avuto ragione lei.

E io l'avevo abbandonata.

  
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