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Autore: avalon9    04/04/2015    3 recensioni
Making Circles è una storia a sé.
E' una spirale che, in qualche modo, attira e riattira ogni cosa. Come può e deve essere la vita; come succede davvero. Come una castello di destini incrociati, per dirla alla Calvino. Ma prendere da lui così, a piene mani, mi sembrava troppo facile.
E' una collezione di ritratti, nati dall'ispirazione della matita di Steve Garcia. Undici ritratti. Undici persone. Undici eroi. O forse solo undici essere umani.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bat Family
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Avalon9

Genere: Introspettivo, Slice of live, Missing Moments

Personaggi Principali: Roy Harper

Altri Personaggi: Jason Todd; Koriand’r

Rating: giallo

Prompt: #Indipendence

In proposito: Indipendence” sorride, premendo per bene i ricordi in un angolino della testa. “Come posso spiegartelo? Ecco. Hai presente il 4 di luglio?”

“Quando gli uomini fanno festa?” chiede Kori, stringendo gli occhi. “Quello che abbiamo fatto noi quel giorno?”

“Sì!” sorride Roy. “Cioè. No. Non proprio. Quello che hanno fatto gli altri. La gente comune, insomma.”

Disclaimer: i personaggi presenti sono proprietà di DComics e dei loro creatori. L’idea no. È tutta mia.

Note: one shot; missing moments

Cose: ho millanta cose in ballo. Una storia che, ormai, sta diventando un reperto archeologico del forum. Qualche fandom che può celebrare il mio funerale e una sanità mentale seriamente a rischio. Eppure ricomincio. Con la premessa, chiara, che questa raccolta inizia ora e non ho nessuna pallida idea di quando finirà. E che chi vuole è ben accetto. Perché ad ogni personaggio, un genio della matita ha associato una caratteristica. E sbizzarrirsi a declinarla, a volte, è un buon rimedio alla neuro. O almeno lo è per me.

Non esiste una vera tabella; sono immagini presentate a cicli, dei buoni, degli ambigui e dei villan. Però il gioco vale la candela.

Intanto, sono partita con Roy. E Jason e Kori. Chè dove c’è uno, ci sono gli altri. Con la loro carica dissacrante e viva. Di chi davvero stritola l’esistenza; con tutti i suoi aspetti. Da quelli entusiasmanti a quelli più squallidi. Sono una casistica stupenda, questi tre.

E no. Non è quella storia cui sto lavorando da un bel po’. Ma, almeno, per la gioia di qualcuno, qui di trapezisti non c’è traccia. Questa è nata di getto, in un folle reale momento di odio viscerale contro lo schermo del computer. E contro compiti multimediali che rasentano il parossismo.

Vabbè. Iniziamo. È meglio, no?

 

Ah! Piccola nota: Buona Pasqua a tutti! Piena di felicità, serenità, tanti coniglietti, pulcini e ovetti di cioccolata!

 

 

 

 

A Francine.

Che mi ha fatto scoprire un arciere.

Pazzo. E complicato. Ma stupendo.

Grazie!

 

 

 

# Indipendence

 

 

 

 

 

Kori è Kori.

Non c’è altro modo per definirla. Perché Kori non la puoi capire; Kori puoi solo viverla. Devi mandare a cagare qualsiasi idea tu ti sia mai fatto su una donna, e ricominciare da capo. Perché Kori ragiona come solo lei sa ragionare; perché con Kori le ovvietà, sì, quelle stupide cose che, cazzo, hai sempre dato per scontato, all’improvviso non le capisci più e ti chiedi come mai la terra non si decide a fare di te un boccone, così, giusto per evitarti l’ennesima figura di merda.

Con la tua ragazza.

Che poi, a voler esser precisi precisi e scassare un po’ le palle, Jason ha il suo bel dire a ridacchiare in quel modo. Scommette che nemmeno lui, ce l’avrebbe, una fottuta risposta a quella fottuta domanda. Ma cazzo no, non è Jason quello che è rimasto con un toast imburrato in mano e la bocca spalancata. Che se apre ancora un po’ gli si disarticola la mandibola e, signori, ecco pronta la nuova Roy Harper Gallery.

E per un istante, un lunghissimo dannato istante, Roy si chiede se forse, ma proprio forse, non ha capito male. Perché non è che la stesse proprio a sentire, in quel momento. Dio. Come fai ad ascoltare quello che una donna ti sta dicendo, quando l’unica cosa cui riesci a pensare è che vorresti baciarla. E scoprire se il sapore del pompelmo che ha bevuto le è rimasto in bocca. E che gusto può avere, la pelle calda di Kori, con la salsedine addosso e il gusto del pompelmo.

La pelle di Kori. Così calda che lo può bruciare ogni volta che lo tocca, ogni volta che fanno l’amore. Ma, Dio, sa benissimo che morirebbe felice, se potesse farlo fra le sue gambe, mentre la guarda e. E vorrebbe non aver altro da fare, in tutta la vita.

Quindi sì. Spera, crede, di aver capito male.

Perché nemmeno Kori, nemmeno la sua principessa con tutta quella confusione che può fare fra parole e lingue, nemmeno lei può avergli chiesto una cosa del genere. Che, diciamocelo, non avrebbe senso. Nessun fottuto senso.

“Roy” lo richiama Kori. “Mi stai ascoltando?”

No.

No che non la sta ascoltando. E che cazzo. Come può stare ad ascoltarla mentre invidia una fragola. Quella fottuta fragola rossa che Kori si sta passando sulle labbra, con l’aria più innocente del mondo. Quella fragola che sta sfiorando con la lingua leggera. Quella fragola che.

Cazzo.

Le opzioni sono due: o Kori s’è ficcata in testa di farlo impazzire, letteralmente, e lui sta considerando l’idea di caricarsela di peso in spalla e trascinarla a letto, e fanculo a Jason e a qualsiasi cosa avesse in testa per quel giorno; oppure è seria. Fottutamente seria. Nel caso, Roy spera che la sua ragazza non abbia sviluppato qualche potere telepatico durante la notte. O lui è fottuto. E cazzo no; non in quel senso.

“Certo!”

Ha voglia di strangolare Jay. Lo odia; soprattutto perchè ha la faccia del gatto che si è appena pappato l’uccellino. E no, quella volta non è lui ad esser finito nelle fauci di un maledetto gattaccio rognoso. Dio. Non che Kori sia rognosa; e nemmeno un gattaccio. Anzi. Kori sembra più una pantera; o una tigre. O qualsiasi altra cosa arancione appartenga alla stirpe dei felini. La sostanza non cambia: Kori è una che ha gli artigli. E non manca di ricordarglielo, quando fanno l’amore. Dio. Fra scottature e scorticature, Roy non sa se esce più malconcio da uno scontro o da una sessione di sesso con la sua ragazza. L’unica differenza, forse, è che il secondo caso è decisamente più piacevole. E non c’è altro da aggiungere.

“Ma. Ecco. Vedi” farfuglia, e sa che vorrebbe essere da qualsiasi parte, ovunque, anche nella fogna che gli aveva procurato Crock, piuttosto che lì, in quel momento. Con Kori che lo fissa e lui che non sa cosa dire. Non ha una fottuta idea di cosa cazzo dire.

E l’uccellino, lì, ai fornelli, sta per piegarsi in due, tanto fa fatica a non scoppiare a ridere. Dio. Dio.

Fanculo Jay. La prossima volta il culo, io, non te lo salvo.

“Non lo sai?”

“Certo che lo so!” si affretta a precisare, strozzandosi quasi con la sua voce. Perché Kori ha socchiuse le labbra e si è avvicinata. Lei e il suo seno appena coperto da quel minuscolo costume. Cazzo. Dovrebbe esserci una legge. Una legge che vieta alle pupe aliene mozzafiato di andarsene in giro mezze nude prima delle undici di mattina. C’è la sua sanità mentale, a rischio. E l’integrità dei suoi attributi, se non riesce a trovare una risposta decente in cinque microsecondi.

Qual era, la domanda?

Ma perché non c’è mai una cazzo di emergenza, quando ti serve? Non potrebbe scoppiare una bomba, da qualche parte? Una bomba piccola piccola, senza tanti morti o feriti. Va bene anche senza morti e feriti. Giusto qualche detrito qua e là e fumo. Tanto fumo. Così tanto da non vedere a un palmo dal naso. O non potrebbe evadere uno di quei super-cattivoni psicopatici che ultimamente hanno aiutato a spedire in prigione? Gli altri giorni sembra che ci sia la lotteria. Gente, ehi, forza, chi ha vinto un tentativo di evasione? Su. Avanti. Non siate timidi. Roy rantola un respiro. E Kori. Dio. Kori ha degli occhi fantastici. E una scollatura da urlo. E lui fissa quel toast con disperazione, l’unica ultima barriera fra la sua ragazza. Che non si è fatta molti problemi ad addentarlo. Che quasi gli stacca un dito, con quel morso.

“Roy” gli soffia Kori, ripassando la lingua sulle labbra appena sporche di marmellata. Di albicocca. Dio. Adesso la bacia. Fanculo a tutto e la bacia. Almeno finirà in cenere contento.

“Roy.”

Ok. Niente bonus evasione.

Roy stira un sorriso, un mezzo ghigno isterico, e pensa che sì, sarà una morte assurda. Il grande Arsenal che schiatta in mutande. Se lo avesse saputo, almeno avrebbe scelto un paio di boxer più di classe. Magari quelli con scritto I’m sexy.

Piano di riserva?

“Oh, insomma, Roy” lo richiama Jason. Ha in mano una spatola e fa rigirare nella padella i donuts come fosse uno chef professionista. E si sta divertendo come un matto. “Non lo vedi che è curiosa? Cosa ti costa dirle cosa significa Indipendence?”

Jay. Ti amo.

Jason ride e Roy sa di avere la faccia dell’idiota. Del perfetto idiota. Ma, ehi, mettetevi nei suoi panni. Non vuole mica deludere la sua ragazza, e dirle che il suo cervello, alla mattina, non carbura bene prima di aver macinato almeno tre tazze di caffè non è proprio quello che gli assicurerà una giornata tranquilla. Kori è vendicativa; soprattutto se pensa di essere ignorata. E lui non ha la minima intenzione di ignorarla.

Roy affonda la mano nella massa scomposta che in testa. Devo tagliarli. Prima o poi devo tagliarli considera, ma poi pensa a Kori. A come Kori ami tirargli i capelli, ami stringerli la testa e di come rida, quando lui si mette d’impegno per cercare di domare quella chioma rossa che si è trovato al posto dei capelli.

Meglio dopo. Anzi: meglio mai.

Indipendence. Eh”

Roy sospira con un mezzo sorriso, la mano a grattare la guancia e la barba di due giorni che inizia a dargli fastidio. Anche se non gli manca, affatto, la necessità di farsela ogni mattina. Con Jason è diverso. È tutto diverso. E chissenefrega se una volta non hai voglia di rifare il letto o se ti trascini per casa come uno zombie per tre giorni, dopo che avete festeggiato qualcosa. Qualsiasi cosa. E festeggiato come si deve, con la effe maiuscola.

Fanculo al fatto che, quello più vecchio, è lui e forse, ma proprio forse forse, dovrebbe dare un po’ di esempio. Col cazzo. Jason non ha bisogno di modelli. Jason è un fottuto bastardo di vent’anni che prima di spara nelle palle e poi ti chiede se hai qualcosa da dirgli. Jason è quel deficiente che lui si è messo a rincorrere in giro per il mondo e che tira fuori dai casini ogni volta che ci si ficca. O almeno ci prova. Chè, se la matematica non è un’opinione, due mezze seghe di eroi, assieme, non hanno mai fatto un eroe completo.

Jason è uno stronzo.

Un fottuto stronzo di merda che lui ha il coraggio di proclamare il suo migliore amico. Da rimbambito coglione di merda qual è, certo. Ma non lo cambierebbe con niente al mondo.

“Roy. Allora?”

Kori ha arricciato le labbra in quella smorfia deliziosa che le riesce bene solo quando è incazzata. Ma davvero davvero incazzata. E lui non può certo resistere a quelle labbra.

“Ai tuoi ordini, principessa.”

Roy è sempre stato un gran chiacchierone. Fin da piccolo, quando arco e frecce le usava alla riserva Navajo. E anche dopo, con Oliver. Ha sempre parlato tanto. Forse fin troppo, a volte. Sembrava una radio ambulante. E, se dovesse ricorrere a uno strizzacervelli, forse gli direbbe che lo faceva per non sentirsi solo. Perché, cazzo, quando ti trovi a dover crescere fra estranei, hai solo due opzioni: o ti chiudi a riccio e diventi muto oppure apri la bocca e non smetti mai di ridere come un idiota.

Lui ha scelto la seconda opzione. Ed è andata a finire com’è andata: chè ormai non riesce più a chiuderla nemmeno quando dovrebbe, la bocca. Oh, ma in fondo chissenefrega? Ha smesso di fare il bravo ragazzo da così tanto tempo che una parola in più o in meno, ormai, che vuoi che cambi?

Però, il modo di parlare di Kori è quello che preferisce.

E ringrazia Dio che abbia una scusa del genere per baciarla ogni volta che ne ha voglia. Altro che potere psichico. Quello è da vero orgasmo. Baciarla e farle capire tutto quello che gli passa per la testa. Dio. Kori è l’unica che sia riuscita zittirlo; e gli argomenti che ha usato sono stati davvero convincenti.

Ecco perché, quando si trova la mano di lei artigliata alla sua faccia, gli sembra di essere precipitato da diecimila metri di altezza e per un secondo, solo un microsecondo, gli passa per la testa l’idea che quella sia un’idea di Jason. Una fottuta idea di Jason per vendicarsi della settimana prima. Di quando lo ha mollato in quel bar senza nemmeno avvisare e se n’è andato in gita romantica. Dimenticando di riferirgli il particolare che quello era proprio il bar in cui Dick aveva dato appuntamento a Tim e Barbara. Misteri di Gotham.

“Non così” sbuffa Kori.

“E perché?”

Kori si mordicchia un labbro, e lancia un’occhiata a Jason. E Roy ha la conferma che sì, in qualche modo, lui c’entra con quella irritante novità. Spera solo, con tutto il cuore, che quello stupido uccellaccio non abbia messo in testa alla sua ragazza qualche altra idea del genere.

“Perché voglio sentirtelo dire” riesce a replicare Kori, e la sua espressione è così innocente e così seria, che Roy non riesce nemmeno a ribattere. E accetta di capitolare.

“Sentirmelo dire, eh?” ridacchia, massaggiandosi il naso. “Ok. Ok. Ma guarda che non sono mai stato un granchè con le definizioni, io.”

Kori scrolla le spalle, e incrocia le mani sotto al mento. Cristo. Sembra Liam. Sembra Liam quando aspettava che lui le raccontasse qualcosa. Qualcosa che per lei sarebbe stata la verità assoluta, una certezza incrollabile.

Idiota.

Perché pensarci non serve a niente. Fa solo male. Cazzo se fa male. E allora è meglio lasciar perdere. Lasciar perdere tutto e dimenticare. O almeno cercare di farlo.

“Roy?”

Jason.

È la voce di Jason a riconnetterlo al presente, a riportarlo in quella cucina, nell’odore di donuts appena fatti e di sale che viene dalla finestra aperta. E c’è Kori.

Indipendence” sorride, premendo per bene i ricordi in un angolino della testa. “Come posso spiegartelo? Ecco. Hai presente il 4 di luglio?”

“Quando gli uomini fanno festa?” chiede Kori, stringendo gli occhi. “Quello che abbiamo fatto noi quel giorno?”

“Sì!” sorride Roy. “Cioè. No. Non proprio. Quello che hanno fatto gli altri. La gente comune, insomma.”

E chi se lo ricordava più, che loro il 4 di luglio lo avevano passato a ridurre in poltiglia verdastra qualche orda di parademoni in un luogo dell’universo di cui non riusciva nemmeno a pronunciare il nome, figuriamoci ricordarselo? Quando Jay si era fatto coinvolgere, e loro con lui, in una di quello bat-missioni del cazzo in cui l’unica cosa che era assicurata era che c’era da menare le mani. E che ci si poteva rimettere la pelle.

In una parola? Una figata.

“La festa?”

“Esatto. La festa.”

Indipendence vuol dire fare festa?”

“Oddio. No” gesticola Roy. Ma come cazzo ci è finito in quel casino? “Non fai festa perché è indipendence. Lo fai perché sei contento di esserlo. È una sensazione, Kori. Qualcosa che senti qui” sottolinea portandosi una mano al petto.

“Sai quello che provavi quando volevi essere libera?” prova ancora, perché l’espressione di Kori è impassibile, e sembra volerlo pigliare per il culo. Sembra goderci a metterlo in quel casino, a farlo scervellare per farle capire una cosa che non puoi capire. Che la puoi solo provare. “Hai presente quella sensazione?”

“Sì.”

“Ecco. Quella è indipendence.”

“Avevi detto che si chiamava vendetta.

Cazzo. Ma perché le donne devono essere sempre così meticolose? E perché non può ricorrere a quella fottuta possibilità di baciarla? Magari gliela farebbe anche dimenticare, quella stramaledetta parola, e l’alternativa sarebbe decisamente molto, ma molto più interessante.

“Sì. Sì” annaspa. “Quella è vendetta. Ma per poterlo fare. Ecco. Tu. Tu dovevi. Devi. Insomma: quando hai indipendence puoi fare quello che vuoi. Anche vendicarti.”

Come spiegazione fa schivo.

È la peggiore delle peggiori spiegazioni che potesse dare, e Kori non ci avrà capito nulla. Se fosse al suo posto, nemmeno lui ci avrebbe capito nulla. E si chiede per quale stramaledetto motivo Jason non sia già rotolato a terra ridendo come un matto.

E poi si dice che non gliene frega nulla.

Perché Kori lo sta baciando. E, Dio, ci sta mettendo tutta la passione e la soddisfazione che può comunicargli. Forse non ha capito nulla, ma almeno ha apprezzato il suo sforzo. E Dio benedica l’esuberanza di quella ragazza, che non ha ancora chiari i confini dell’inappropriato e dall’appropriato e che se lo vuole baciare se ne frega di tutti e lo bacia.

Dio. Sono in paradiso.

E continua a pensarlo, anche quando Kori si allontana. Con quella cascata di fuoco che ha per capelli che gli lasciano addosso una sensazione eccitante di calore e di desiderio. Cristo. Ha bisogno di una doccia. Una bella doccia gelata prima di infilarsi arco e frecce e salire sulla navicella. Chè hanno non ricorda più quale assurda missione in quale assurda parte del mondo. Ma lui ha tanta energia da scaricare che non riesce nemmeno a concepirla, l’idea di restarsene ancora seduto su quella sedia.

Salvo poi restarci pietrificato.

Cosa cazzo…?

Forse si è perso qualcosa. O ha bisogno dei sottotitoli. O ha fatto un salto nel tempo, è stato sbalzato in un universo parallelo, è morto e il mondo si è capovolto. Perchè davvero non riesce a capire per quale fottuto motivo Kori si sia messa a baciare Jason. E lo stronzo se la sta godendo pure, il coglione.

Migliore amico un cazzo.

Kori” riesce a rantolare.

Kori” sussurra Jason, la voce roca e gli occhi in alto, sul viso sorridente di Kori. Se l’è ritrovata alle spalle senza darci peso; se l’è ritrovata contro lo schienale della sedia e gli ha rovesciato la testa, stampandogli quel bacio che lo ha lasciato senza respiro. “Perché…?”

“Perché hai ragione tu” gli sorride, con l’aria di chi ha appena fatto la scoperta più importante della sua vita. “E io ne volevo essere sicura” gli sussurra, prima di andarsene ondeggiando come una top model e annunciando che ha voglia di farsi una lunga nuotata.

Lasciandoli lì, due idioti che non sanno se guardarsi in faccia, mettersi a ridere o prendersi a cazzotti. E forse la terza opzione sarebbe la più logica. Ma pestare la faccia di quello che, comunque, Roy si ostina a considerare il suo migliore amico non è la soluzione migliore. Tanto più che, lo sa, Kori ragiona con la sua testa. E non è la prima volta che bacia Jason. Dio. Ci è anche andata a letto, con Jason.

Ma questo era prima.

Prima che si mettesse con lui. Prima che creassero assieme quel rapporto speciale che è solo loro. Non è mai stato geloso di Jason; un po’ invidioso, forse sì. Ma mai geloso. Perché, se avesse iniziato ad essere geloso di Jason, avrebbe dovuto iniziare ad esserlo anche di Dick. E di un sacco di altri particolari che aveva deciso che appartenevano solo al passato. E lui non aveva voglia di andare a rimestare nella merda che era il suo passato, tirandoci fuori tutto lo schifo che lo avrebbe fatto sentire più idiota, coglione e deficiente che mai.

“Prima che ti spacchi la faccia” minaccia, stringendo i pungi. Perché forse non lo farà, ma per una volta, una fottuta volta, vorrebbe davvero che Jay lo prendesse sul serio. Più sul serio di quanto lo prenda quando lo prende davvero sul serio. “Vuoi spiegarmi cosa significava quello?”

“Nulla.”

“Nulla?” ripete, sbattendo le palpebre. “Jay. Cazzo. Ti ha baciato. La mia ragazza ha appena baciato il mio migliore amico. E tu dici che non significa nulla!?”

“Esatto. Non significa nulla” sorride Jason, prendendo un lungo sorso di succo e godendosi la rabbia di Roy. Dio. È da bastardi; è da stronzi bastardi. Soprattutto dopo che uno così, uno come Roy, uno che ti è venuto a raccontare la merda dalla quale è riuscito a tirarsi fuori, uno che ti ha detto in faccia che, se tu non ci fossi stato, lui sarebbe crepato; dopo che uno così ti chiama il mio migliore amico.

“Roy. Davvero” riprende Jason. Ed è serio questa volta. Stramaledettamente serio. “Non significa nulla. Voleva solo sapere cosa ne pensavo. Tutto qui.”

“Su indipendence?”

“Sì. Su indipendence.”

“E non poteva chiedertelo?”

Cazzo.

A lui, però, non l’aveva mica permesso di spiegarsi baciandola. Lui aveva dovuto fare i salti mortali lessicali per cercare di farsi capire, e con scarsi risultati anche. A Jay invece era bastato un bacio. Della sua ragazza. E la bella figura era stata assicurata.

“Guarda che me lo aveva già chiesto. E no” puntualizza, addentando l’ultimo pezzo del donuts. “Non mi era fatto baciare, per spiegarglielo.”

“Ah. Ok” mastica Roy, incrociando le mani davanti alla bocca e restandosene cinque minuti buoni a fissarlo mentre finisce con tutta calma di fare colazione.

“Cosa le avevi detto?” sputa alla fine, masticando un acino d’uva. “Cosa le avevi detto per spiegarle cos’è indipendence?”

Perché era sicuro che Jay le avesse detto qualcosa. Qualcosa che aveva tirato in ballo lui e che lo aveva ficcato in quel casino di situazione. Facendolo precipitare dalle stelle alla seduta di quella fottuta sedia a quel stramaledetto tavolo a decidere se risparmiargli la vita o innescare la terza guerra mondiale.

Jason sospira, sistema i piatti nell’acquaio e si risiede grattandosi la testa. Perché con Kori era stato così maledettamente facile, quasi automatico, darle quella risposta? E perché adesso si sente come un ragazzino, come un bambino che è costretto ad ammettere la cosa più imbarazzante al mondo?

“Allora?” lo incalza Roy. “Cosa le hai detto che significa indipendence?”

“Tu” sputa fuori alla fine, piantando gli occhi sul tavolo, a due centimetri da dove Roy tiene le braccia. Ha optato per il confronto diretto, come fa sempre quando si trova nei casini. E ha caricato a testa bassa.

“Io?”

Jason annuisce, una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.

“Le ho detto che se vuole sapere cosa significa indipendence deve pensare a te. A Roy Harper” prova a spiegare.

“E perché?”

“Come perché?” ride Jason. “Quanti altri conosci che hanno mandato a cagare il proprio mentore e ne sono anche orgogliosi?”

“Uno lo avrei in mente” sorride Roy. “Un certo pettirosso con la passione per le armi da fuoco.”

Nah!” scrolla le spalle Jason. “Altra storia. Davvero. Tu hai mandato ‘fanculo Qeen e tu ti sei tirato fuori dalla merda. Quindi: se devo pensare a indipendence mi vieni in mente tu. Uno scemo.”

“Grazie eh!”

“Uno scemo e un figlio di puttana dicevo” riprende Jason. “Che però ha i coglioni per fare quello che ritiene giusto, anche se è la cosa più sbagliata al mondo.”

 

  
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