Milwaukee – 2015; esperimento fallito.

La giornata era iniziata allo stesso modo in cui quella precedente era finita: male.
Milwaukee sembrava un inferno – o forse lo era – e Lena non era sicura di poter
continuare a reggere in una città in cui, pur di sopravvivere, le persone si
uccidevano a vicenda.

Essendo i suoi genitori morti – qualche stronzo aveva fatto saltare in aria la
loro auto – si era ritrovata a vagare per strada, un coltello svizzero era stato
nascosto ancora aperto all’intero dello stivale destro, in modo che se ne avesse
avuto bisogno sarebbe stato pronto all’utilizzo sperava di non doversene servire,
comunque.

Ogni tanto tornava a casa, o quel che ne rimaneva – qualcuno aveva sfondato
la porta e aveva usato le stanze come rifugio – e alla fine si era abituata a
condividere quel che c’era con due fratelli e una ragazza di circa la sua età
– non riusciva a capirlo a causa delle numerose ferite che aveva sul volto.

Poi era accaduto che Natalie, questo era il suo nome, aveva assistito alla lotta
tra i due fratelli per un pezzo di pane trovato a terra, e per proteggere il più
piccolo dalla morte, aveva finito per uccidere il fratello più grande. Questo
aveva creato scompiglio, e successivamente, la dipartita del ragazzo dal loro
nucleo familiare improvvisato gruppetto.

Successivamente, si sarebbero accorte che la loro vita si stava incasinando
un po’ di più.

Quando il Bureau of Genetic Welfare le aveva trovate, Lena aveva tirato un sospiro
di sollievo, e così Natalie. Il personale sembrava così estasiato di vederle, di
conoscerle – le due sopravvissute di Milwaukee – che per un po’ la parte dell’eroina,
almeno a Lena, era piaciuta.

Poi improvvisamente si erano rivelate avere dei geni quasi puri. Erano state messe
dinanzi ad una scelta: un nuovo esperimento, una nuova città, una nuova famiglia;
oppure restare nel Bureau e specializzarsi come agenti.

“Non so se voglio farlo.”

Lena non capiva. Lei e Natalie avevano discusso di una seconda occasione, quando
vivevano a Milwaukee, e ora lei si ritirava quando aveva davanti un’occasione irripetibile.

“Allora credo che questo sia un addio, Natalie, perché io credo di… di voler andare.”

E qui, di fatto, le loro strade si erano divise. Le era stato dato un siero – dicevano che
l’avrebbe aiutata a introdursi nell’ambiente – e per un attimo si era chiesta che razza
di posto fosse, poi si era ricordata che era un esperimento. Successivamente, le avevano
detto che faceva parte della famiglia Brown – un uomo e una donna che non erano
riusciti ad avere figli e che quindi sarebbero stati entusiasti di accoglierla, o leggasi
grazie al siero della memoria avrebbero dimenticato i loro falliti tentavi di diventare
genitori e sarebbero stati entusiasti di accoglierla.

Aveva scelto gli Eruditi, perché le era sempre piaciuto leggere e imparare nuove cose
e, considerando la conoscenza qualcosa di cui non si poteva fare a meno, Lena era
ben felice di poterne fare parte.

Natalie sembrava un ricordo lontano – e non solo per via del siero – eppure le loro strade,
inconsapevolmente, erano destinate a incrociarsi di nuovo, e così sarebbe stato anche
per la loro progenie.
 
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Angolo autrice:
salve a tutti di nuovo. Questa raccolta non sarà incentrata sui personaggi della saga – certo saranno delle comparse – ma non i protagonisti. Nessuno parla abbastanza di coloro che hanno contribuito a farli nascere, questi marmocchi, ovvero i loro genitori, alias signori Prior, signori Eaton, e così via. Lena Brown ( in Benson ) è uno dei tanti personaggi che ruolo nella community inglese di Divergent, e in teoria sarebbe la madre di Eric (  leggasi: è una raccolta sul rapporto di Eric e i suoi genitori ). E---- niente, spero che questa prima os vi abbia incuriosito, quindi come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, fate pure congetture sul futuro, insomma, recensite :’’)  Un bacione e buona Pasqua ----non mangiate troppa cioccolata.