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Autore: Stephanie86    06/04/2015    1 recensioni
- Accendi il tuo MP3, mettilo in modalità casuale e fai partire tutte le canzoni che ci sono;
- Scrivi qualcosa che si ispiri a questa canzone, anche rischiando di rendere i personaggi OOC.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“She, she ain’t real,
She ain’t gonna be able to love you like I will
She is a stranger,
You and I have history or don’t you remember?”

[Rumor has it, Adele]

 
Anastasia sapeva bene che cosa pensava Will.

Sapeva sempre cosa pensava Will, perché loro due erano legati.

Il suo Fante di Cuori pensava che Belle fosse la soluzione ai suoi problemi. Pensava che fosse un modo per dimenticare ciò che era successo.

Ma Belle era la moglie di Tremotino e Ana immaginava che non amasse Will quanto l’aveva amato lei. Quanto ancora lei lo amava. Forse Belle amava la normalità. Amava il fatto che Will sembrasse esattamente quello che era.

Le hai parlato di noi, Will?

Le hai parlato di tutto quello che ci è successo nel Paese delle Meraviglie?

Gliene hai parlato o fingi semplicemente che non sia mai esistito? Gliene hai parlato o fingi che IO sia ormai niente più che un ricordo, qualcosa da debellare a tutti i costi?

Io non me ne sono andata per sempre, Will. Sono ancora qui. Vedo cosa stai facendo. E non è giusto.

Non puoi davvero credere che sia giusto.

 
***

 
“Brother I chose this mortal life
Lived in perfect symmetry
What I do, that will be done to me”

[Perfect Symmetry, Keane]

 
Mentre la nube viola avvolgeva tutto e il sortilegio si portava via loro e il mondo che conoscevano, Biancaneve, che teneva il suo amato Azzurro in grembo, pensò a quanto quello che stava accadendo fosse ingiusto e, al tempo stesso, avesse una sua amara logica.

Aveva portato via un figlio a sua madre. E ora la maledizione le aveva portato via la sua bambina.

“Che razza di persone siete? Minacciare un bambino?”.

“Un bambino? Non è un bambino. Diventerà un mostro proprio come te”.

E poi quella mano. Quella mano minuscola ed indifesa che rompeva il guscio dell’uovo e sembrava cercare qualcosa a cui aggrapparsi.

Quella manina umana. Quel pianto umano e così innocente, nonostante il neonato fosse appena stato riempito di oscurità...

Quella manina l’aveva tormentata per molte notti. La voce di Malefica l’aveva seguita nei suoi peggiori incubi.

Oh, Azzurro... perché?

La nube viola li inghiottì entrambi e tutto scomparve.

 
***

 
“I’m only a man with a chamber who’s got me
I’m taking a stand to escape what’s inside me
A monster, a monster
I’ve turned into a monster”

[Monster, Imagine Dragons]

 
“Un tempo ho creduto di aver visto l’uomo dietro la bestia. Ora vedo solo la bestia”.

A bordo dell’autobus che lo stava portando a New York, dove avrebbe trovato le persone in grado di aiutarlo a tornare indietro, Tremotino continuava a ripensare a Belle, a Belle che gli puntava contro il suo stesso pugnale e gli imponeva di andarsene per sempre.

Non volevo, Belle. Volevo... avrei voluto avere tutto. Avremmo potuto avere tutto. Se solo capissi...

Ma Belle era una donna innocente. Pura. Non piena di oscurità come lui. Era la donna che aveva provato a salvarlo e per un po’ ci era anche riuscita.

Gli mancava tutto, di Belle. La sua voce dolce. I suoi bellissimi occhi. Accarezzarle i capelli castani mentre dormiva. Le mancava la sua presenza. La sua mano che stringeva la sua. Le sue labbra. I suoi sorrisi. Le sue dita che gli sfioravano il viso. E...

I suoi occhi pieni di lacrime prima che lui oltrepassasse il confine. La sua voce rotta dal pianto e dalla collera. Le sue parole come mille pugnali che sprofondavano nella carne. L’ultima immagine di lei prima che la barriera li separasse. La tazza scheggiata. La loro tazzina.

La tazzina. La voce di Belle. I suoi occhi. Il pugnale!

Ho paura, Belle. Ti importa che io abbia paura?

 
***

 
“Send a wish upon a star
Do the work and you’ll go far
Send a wish upon a star
Make a map and there you are”.

[Lullaby, Sia]

 
Quando Emma Swan aveva spento la candelina, esprimendo un desiderio come si fa sempre prima di soffiare sulla fiamma, non aveva pensato che la realizzazione di quel desiderio sarebbe stato qualcosa di così... immediato. Qualcosa di così assurdo, soprattutto.

“Mi chiamo Henry. Sono tuo figlio”.

No, certo che no. Un attimo prima era una cacciatrice di taglie, un attimo dopo era a bordo del suo maggiolino giallo diretta verso una città che non aveva mai sentito nominare.

Cosa sto facendo, infine?

- Perché giallo? – chiese Henry, ad un certo punto.

- Come?

- Perché giallo? Il maggiolino, intendo.

- Oh... beh, perché mi piace il giallo.

E l’ho rubato. Ma quello non glielo disse perché Henry aveva dieci anni e quindi non era il caso.

- Anche a me piace il giallo. A mia madre no. Non credo, almeno.

Sono curiosa di conoscere tua madre, ragazzino. Chissà perché temo che non sarà contenta di vedermi.

- E che colore le piace? – chiese Emma, preferendo quella conversazione ai vaneggiamenti sui personaggi di un libro di fiabe.

- Nero – rispose Henry, convinto. E con un’espressione molto seria. Cupa, persino.  – Le piace molto il nero.

 
***

 
“Hush, child, the darkness will rise from the deep
And carry you down into sleep”

[Mordred’s Lullaby, Heather Dale]

 
Sta capitando qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Ma cosa?

Come quel pomeriggio. Era appena uscita dalla tavola calda dove aveva preso qualche bagels e aveva notato un paio di ragazzi che davano fastidio ad un loro compagno più piccolo e decisamente più magro di loro. Gli avevano strappato le cuffie dalle orecchie e gli avevano anche frugato nello zaino per poi rovesciarne il contenuto sul marciapiede.

- Lasciatelo in pace – aveva detto, afferrando uno dei due per la giacca di jeans.

- Sparisci, non sono affari tuoi – aveva risposto lui, cercando di liberarsi.

Allora aveva aumentato la stretta intorno al braccio. Aveva stretto forte, mentre sugli occhi le era calato un velo rosso. Un velo rosso sangue. Come una nebbia. Così fitta che non aveva più capito ciò che stava facendo.

- Gli fai male! – La voce dell’altro ragazzo. Da lontanissimo. Da una dimensione parallela.

Aveva pensato che non gliene importava niente, del dolore che stava provocando. Avrebbe voluto prendere la testa del bullo e sbattergliela contro il muro, tante volte, tantissime volte, fino a quando non...

Poi la nebbia rossa era svanita e l’aveva lasciato andare. Erano scappati a gambe levate tutti e due ed era scappato a gambe levate anche il ragazzino che aveva... salvato. L’aveva guardata in faccia, aveva visto... qualcosa... ed era scappato con gli occhi fuori dalle orbite.

Qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Ma cosa?

Lily aveva sbattuto le palpebre. Guardandosi le dita aveva notato che tremavano.

 
***

 
“Oh love don’t let me go
Would you tak
e me where the streetlights glow
I could hear it coming like a serenade of sound
Now my feet won’t touch the ground”

[Life in Technicolor ii, Coldplay]

 
Quando Astrid lo baciò, Leroy ebbe la netta impressione di staccarsi dal suolo, come se fosse diventato improvvisamente più leggero.
Le dita di lei sfioravano la sua barba, mentre le braccia di lui erano abbandonate lungo i fianchi. Se non l’avesse colto così alla sprovvista l’avrebbe anche abbracciata.

Ma era stata una cosa del tutto inaspettata.

- Oh... – borbottò Leroy, quando Astrid si allontanò.

- Ehm, io... – Aveva le guance rosse e portava i capelli sciolti, quella sera. Il vento glieli sollevava e li scompigliava ad arte, rendendola ancora più bella del solito.

- Uhm... – ricominciò Leroy, sentendosi terribilmente idiota. Peggio dei momenti in cui beveva troppo. Ma non aveva bevuto neanche un goccetto quel giorno. Niente. Era sobrio.

- Devo andare – disse Astrid, in fretta, scostandosi. – La... Madre Superiora mi starà aspettando. Devo... scusa.

Leroy la guardò correre via, con la mantella blu che svolazzava come i suoi capelli. Non fece niente per fermarla e aveva ancora la bocca troppo secca per parlare, in ogni caso.

Sulle labbra ristagnava il sapore di lei.

 
***

 
“Angels have faith
I don’t want to be a part of his sin
I don’t wanna get lost in his world
I’m not playing this game”

[A Demon’s Fate, Within Temptation]

 
Non voleva più essere parte del suo mondo. Non poteva più farne parte.

Aveva ignorato tutti i segnali, Belle. Tutti quanti, perché desiderava davvero credere che Tremo fosse superiore all’oscurità. Aveva voluto credere con tutta se stessa che lui avesse scelto sua moglie.

Invece Tremotino amava il potere. Il suo vero amore era il potere, non lei.

Belle strinse forte il pugnale dell’Oscuro, guardando il nome impresso sulla lama. Poi lo scagliò sul pavimento del negozio, accompagnando il gesto con un grido. Le lacrime presero a scorrerle sulle guance.

Era furiosa con se stessa, perché si era lasciata ingannare come un’idiota. Ed era furiosa con lui perché l’aveva presa in giro.

Per questo era stata crudele. Per questo l’aveva bandito da Storybrooke. Non era riuscita a controllarsi. Non avrebbe sopportato di vederlo aggirarsi per la città. Di vedere quel demone... quella bestia...

Ma non ti è sembrato una bestia mentre lo spingevi oltre il confine, vero? L’hai chiamato bestia ma ti sembrava solo un uomo spaventato.

“Belle, ho paura”.

Belle scacciò la sua voce. Scacciò la sua espressione disperata, affranta, infelice... umana. Scacciò tutto.

Poi si accasciò, abbracciando se stessa.

 
***

 
“She’s scared that I will take away from there
Dreams that her country left with no one there
Mesmerize the simple m
inded
Propaganda leaves us blinded”

[Hypnotize, System of a Down]

 
Emma sedeva in auto, le mani strette intorno al volante, lo sguardo fisso al di là del parabrezza. Aveva acceso la radio e una stazione sconosciuta stava trasmettendo una canzone dei System of a Down. Il volume era basso.

Si rigirava in testa tutto quello che i suoi genitori le avevano detto. Malefica. Il suo bambino caduto in un dannato portale perché loro volevano salvarla dall’oscurità. Una creatura innocente che si era presa la sua parte di malvagità perché Biancaneve e Azzurro desideravano che la loro amata figlia fosse un eroe.

“Io sono tua madre”.

“Non mi interessa”.

Le parole non erano più parole ma veleno. Una colata di veleno. Parole cattive. Gli occhi le bruciavano nelle orbite.

Aveva sempre pensato che David e Mary Margaret non le avrebbero mentito. Mai. Invece mentivano da sempre. Mentivano a tutti. Mentivano persino a loro stessi. E avevano continuato a mentire anche quando era diventato impossibile farlo.

E dov’era il bambino di Malefica in quel momento? Se l’avesse trovato, cosa avrebbe potuto fare? Se fosse comparso, un giorno, lei avrebbe potuto chiedergli perdono per ciò che gli avevano fatto? Se fosse stato cattivo, lei avrebbe potuto aiutarlo con tutta quella oscurità che non gli apparteneva?

Emma colpì il volante con il pugno chiuso facendosi un male del diavolo e dalla sua gola salì un verso strozzato, qualcosa di simile ad un urlo soffocato a stento.

 
***

 
“Oh, crystal ball, crystal ball
Save us all, tell me life is beautiful
Mirror, mirror on the wall”

[Crystal ball, Keane]

 
Regina guardava spesso nel suo specchio. Guardava e faceva domande. E lo specchio le mostrava sempre ciò che voleva sapere.

Specchio, specchio delle mie brame...

Mostrami il mio lieto fine. Ecco cos’avrebbe voluto chiedergli. Mostrami il mio lieto fine, l’unico lieto fine possibile. Mostrami cosa sarà di me una volta che avrò sistemato Biancaneve. Una volta che avrò avuto la sua maledetta testa su un piatto d’argento. Una volta che... avrò vendicato Daniel.

Mostrami cosa accadrà quando avrò scagliato quel sortilegio. Mostrami la felicità.

Perché era questo il punto. La sua felicità. In un mondo diverso. Un mondo in cui nessuno avrebbe avuto quel lieto fine tanto agognato... a parte lei.

L’ultima cosa che le aveva mostrato lo Specchio era molto lontana dall’essere la sua felicità, in ogni caso. Era l’immagine di Biancaneve svegliata dal suo principe idiota. Davvero voleva sposare quel... quello, a proposito? Davvero era quello il lieto fine della ragazzina che le aveva rovinato la vita?

Tra poco non avrà più importanza. Biancaneve perderà il suo lieto fine ed io, invece...

Si rigirò l’anello del suo amato Daniel tra le dita. Se lo infilò, solo per qualche istante. Solo per tornare ad essere quella ragazza innamorata e innocente ancora una volta.

Lo indossò solo per avere la vaga impressione che lui fosse ancora lì e che glielo avesse appena offerto, chiedendole di sposarla.


***

 
“We’re caught up in the crossfire
Of Heaven and Hell
And we’re searching for shelter”

[Crossfire, Brandon Flowers]

 
Uncino non aveva mai sentito una voce così bella e soave come quella della sirena che aveva quasi affondato la sua nave.

Quasi, certo. Non l’aveva fatto. Per questo le aveva parlato. Per questo l’aveva aiutata. Per questo e perché quel canto aveva allontanato il suo dolore, per qualche istante. Cent’anni di dolore erano molti, da portare sulle spalle. Quei pochi secondi di sollievo erano stati... sublimi.

- Potete farlo di nuovo? – chiese il pirata ad Ursula, che se ne stava appoggiata alla balaustra, osservando il mare scuro.

- Cosa?

- Cantare. Vi dispiace cantare ancora?

- Per la vostra ciurma?

- La mia ciurma non c’è adesso. Cantate per me. Sempre che non vi dia troppo fastidio cantare per un pirata. – Sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi per convincerla.

Ursula sorrise a sua volta, dicendosi che poteva benissimo cantare per un pirata con occhi così azzurri e che era stato molto gentile con lei, alla taverna. Un pirata che soffriva molto e cercava solo un riparo da tutto quel dolore.

- Va bene. E no... cantare per un uomo come voi non mi dispiace.

 

___________________________

 

 

Angolo autrice:

Buona Pasquetta a tutti e altro giro di canzoni, visto che ormai ci ho preso gusto ^_^

Alcune mi hanno dato del filo da torcere. Hypnotize dei System of a Down, per esempio. Non mi veniva in mente niente, ascoltando il testo. Poi ho pensato che fosse la canzone giusta per qualcuno veramente arrabbiato e la prima persona che mi è venuta in mente è stata Emma, anche se non è l’unica ad essere molto incazzata.

Un’altra è "Crossfire" di Brandon Flowers. La parola “riparo” mi ha salvata, perché ho pensato ad Hook e al fatto che la voce di Ursula l’avesse in qualche modo consolato, come se fosse stata un rifugio momentaneo dal dolore. E' questa: Crossfire. Questa miniflash è dedicata ad un mio amico Oncer che li shippa. ^_^

Anche la flash associata alla canzone di Adele non mi convince del tutto, dato che AL MOMENTO non so che fine abbia fatto Anastasia. Ma comunque... la immagino mentre osserva Will da qualche luogo lontano da Storybrooke, ecco. Rumor Has It


   
 
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