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Autore: No_H8    06/04/2015    3 recensioni
Crescere dei figli può essere complicato: lo sanno bene Kurt e Blaine, alle prese con le prime gioie e i primi problemi che l'essere genitori comporta.
[Potete considerarlo un missing-moment della 6x13]
Dal testo:
"Guardò suo marito e guardò sua figlia e li vide dormire insieme sul divano, magari mentre aspettavano che lui tornasse a casa, in una notte di inverno, quando il lavoro a Vogue richiedeva più tempo del previsto e le scadenze lo costringevano a rimanere in ufficio fino a tardi.
Vide le braccia forti di Blaine stringere il corpo esile della bambina e la sua testolina poggiata sul suo petto e sorrise a quel pensiero, mentre sfiorava le sue dita con la punta delle proprie ed uno:“Ciao piccolina” lasciava le sue labbra"
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia ragazza, la mia Darren e la mia Blaine,
che cerca di comprarmi con i suoi "Lo sai che ti amo?" per farmi scrivere le Kurtbastian
Voglio essere la tua ancora come tu sei da sempre la mia
Ti amo, tanto










L'orologio a muro della sala d'attesa segnava le quattro e un quarto del mattino, ma Kurt ne aveva fissato le lancette talmente a lungo che il loro movimento sembrava ormai un'illusione ottica, una proiezione del suo cervello che avrebbe rischiato di farlo impazzire.

Stava camminando da almeno venti minuti avanti e indietro nel piccolo atrio davanti alla sala parto dell’unico ospedale di Lima, due dita all'altezza della tempia per alleviare il mal di testa ed il ritmico ticchettio delle sue scarpe a rimbalzare contro le pareti della stanza vuota.

Quando la chiamata di Jesse li aveva colti entrambi nudi a coccolarsi sotto le coperte dopo aver fatto l'amore tutta la notte, per recuperare il tempo perso negli ultimi mesi dietro alle rispettive carriere, né lui né Blaine avevano potuto crederci.

Erano praticamente saltati giù dal letto, infilandosi alla rinfusa abiti che, a guardarli adesso, erano davvero un pugno in un occhio, e si erano letteralmente catapultati in macchina, guidando a fari spenti lungo le strade vuote di Lima, che appariva così infinitamente grande, adesso che era spoglia della vivacità dei suoi abitanti.

Blaine aveva saltato qualche semaforo e spinto sull'acceleratore più del dovuto e Kurt, in una circostanza diversa, lo avrebbe probabilmente ripreso, ricordandogli di stare attento alle regole della strada, ma in quel momento non c'era tempo per pensare a certi dettagli: a Rachel si erano appena rotte le acque.

Si era quindi limitato a stringere forte la mano di suo marito nella propria, sopra il cambio della macchina che Blaine continuava a muovere nervosamente, come se non riuscisse a trovare una marcia che lo soddisfacesse.

Una volta arrivati di fronte all'ospedale Blaine si era slacciato la cintura ed aveva accennato a fare il giro della macchina per aprire lo sportello a Kurt, ma lui era già sceso ed era immobile sul ciglio della strada, le braccia abbandonate lungo i fianchi. 

I suoi occhi scintillavano sotto la luce inconsistente dei lampioni e a Blaine era sembrato così giovane e così vulnerabile, talmente simile al Kurt che aveva conosciuta alla Dalton più di dieci anni prima.

Lo aveva raggiunto e lui si era letteralmente gettato tra le sue braccia, stringendo le proprie attorno al suo collo così forte da impedire all'aria di fluire regolarmente nei suoi polmoni.

“Hai paura?” gli aveva chiesto allora suo marito in un sussurro, accarezzandogli dolcemente la schiena con i palmi delle mani aperti, come a volerlo tranquillizzare.

Kurt si era un po' rilassato nella sua stretta, la testa nascosta nell'incavo del suo collo e gli occhi lucidi chiusi in una morsa leggera.

“Sono terrorizzato” aveva ammesso e Blaine aveva sentito la sua voce vibrare contro la pelle sottile del proprio collo ed istintivamente l'aveva stretto più forte perchè, Dio, stavano per diventare papà e questa cosa faceva una paura immane, era a dir poco terrificante, eppure Blaine non sarebbe mai tornato indietro, anche se avesse potuto.

Era sempre stato convinto, fin da quando era ancora troppo piccolo per capire appieno queste cose e si crogiolava la notte nei racconti a lieto fine di principi e principesse -e, talvolta, perché no, anche di principi e principi-, che i figli fossero il vero e proprio coronamento di un amore, ciò che lo sublima, lo rende immortale.

E aveva anche sempre pensato che un giorno sarebbe arrivato fino a quel punto, fino a stringere un'altra piccola, indifesa vita tra le sue mani e prendersene cura, assumersi la responsabilità della sua felicità e custodire i suoi sogni, proteggere le sue ali per poterle permettere un giorno di spiccare il volo.

Ed aveva sempre immaginato di poterlo fare con qualcuno al suo fianco, un uomo senza volto dai modi gentili ed il portamento elegante, un uomo che negli ultimi dieci anni aveva assunto le fattezze di Kurt, i suoi occhi celesti, le labbra fini, il sorriso rassicurante.

Così lo aveva stretto ed in un sussurro aveva detto:“Andiamo”, mentre le loro mani si cercavano nel buio, poco prima di superare quella porta che avrebbe segnato per sempre l'inizio di un nuovo, meraviglioso capitolo della loro vita.

“Se non ti calmi finirai per impazzire” risuonò la voce di Blaine, seduto su una delle scomode sedioline della sala d'attesa, i gomiti sulle ginocchia e il corpo proteso leggermente in avanti.

I suoi piedi battevano ritmicamente sul pavimento, ma, nonostante l'ostentata calma, il labbro inferiore pinzato tra i denti tradiva il nervosismo. 

“Mi spieghi come cazzo faccio a stare calmo, quando lì dentro sta nascendo nostro figlio e non ci permettono di entrare?” 

Kurt praticamente gridò e la sua voce rimbombò tra le quattro mura spoglie, tornandogli indietro più forte di prima.

Si portò una mano alle tempie e cercò di regolarizzare il respiro, perché gli sembrava di poter prendere il controllo, andare di là e prendere a pugni qualcuno da un momento all'altro.

E Kurt Hummel non era mai stato un tipo violento -tutt'altro-, durante il suo ultimo anno di liceo si era addirittura battuto con ogni fibra del suo essere perché la violenza non dilagasse nella sua scuola, ma era pur sempre vero che Kurt Hummel credeva ciecamente nella sua famiglia e avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla e far valere i suoi diritti.

Quando, appena un'ora prima, erano giunti agitati e trafelati, tenendosi per mano, in quell'ala dell'ospedale che sapeva un po' di bambini e un po' troppo di disinfettante, non si sarebbero mai aspettati che una porta gli venisse letteralmente sbattuta in faccia con così tanta brutalità.

“Solo il padre può entrare” aveva detto il medico, un uomo sulla cinquantina e dai buffi baffi brizzolati e a niente erano valse le spiegazioni, la voce troppo alta, i “non importa chi sia il padre biologico, siamo entrambi i genitori”; l'uomo li aveva guardati con un cipiglio severo ed una punta di disgusto ed era scomparso dietro quella porta, che si era chiusa davanti a loro prima ancora che potessero accorgersene.

Blaine aveva guardato Kurt con gli occhi grandi e carichi di frustrazione, così piccolo e così arrendevole e:“Vai da lei” aveva detto, nonostante sentisse un dolore lancinante all'altezza del petto alla sola idea di dover restare lì, da solo, senza suo figlio e senza Kurt.

Suo marito tuttavia aveva scosso la testa con disappunto e “Non ho la minima intenzione di lasciarti qui. Sei il padre di quel bambino tanto quanto me” aveva detto gridando, affinché tutti lo potessero sentire.

Blaine aveva provato a ribattere un paio di volte, ma Kurt era irremovibile.

Così, più di un'ora dopo, erano ancora soli in quella sala d'attesa troppo grande, il ticchettio delle scarpe di Kurt a rimbombare ad ogni passo e lo sguardo fisso su quella porta, che non sembrava volersi più aprire.

Blaine si alzò e raggiunse suo marito al centro della stanza, lì dove si era fermato e adesso dondolava nervosamente, i capelli sparsi un po' dovunque sul volto pallido e le occhiaie profonde a causa della mancanza di sonno e dello stress.

Lo raggiunse e questa volta Kurt non si gettò tra le sue braccia, ma rimase lì in piedi a fissarlo, guardandolo attraverso quello spazio tra loro che adesso sembrava un baratro.

“Perché non possiamo mai essere come gli altri?” chiese con un filo di voce, incrinata dal piantoe c'era così tanta verità in quelle parole, così tanto dolore, che Blaine per un attimo ebbe paura di perdercisi.

E provò rabbia. Provò rabbia per quel mondo che non li aveva mai accettati, per quelle persone che li guardavano con fare innocente e poi li pugnalavano alle spalle, ricordando loro che erano diversi e che ne avrebbero dovuto pagare le conseguenze.

Provò rabbia per quel mondo che aveva tentato in ogni modo di distruggere, di demolire quel bellissimo uomo che da ormai cinque anni aveva la fortuna di chiamare 'mio marito' e provò rabbia perché questa cosa non sarebbe mai passata, perché le persone dicevano ‘Non ho niente contro i gay, ma...’ e dietro a quel ‘ma’ c'erano tante lacrime che nessuno avrebbe mai avuto l'occasione di vedere. C'erano lacrime che venivano nascoste al modo, perché era più semplice ostentare la propria forza piuttosto che mostrarsi fragile in un mondo costantemente pronto a sbranarti al minimo segno di insicurezza, ma erano lacrime che Blaine conosceva bene, perché le poteva sentire la notte, ogni qual volta la cattiveria del mondo si riversava su di loro e il loro matrimonio sembrava essere, agli occhi degli altri, un po' meno valido e un po' meno giusto.

E si, Blaine conosceva quelle lacrime, perché le aveva asciugate così tanto spesso che avevano finito per fondersi con le sue, e conosceva quelle lacrime, perché, ogni volta che sparivano dal suo volto, Kurt era un po' più forte, anche se con qualche cicatrice in più.

Perciò gli si avvicinò e lo strinse tra le braccia, il volto nascosto nell'incavo del suo collo e le mani premute dietro la sua nuca con tanta, forse troppa forza, quasi se lo volesse imprimere sulla pelle e fargli sentire che loro erano più forti, erano d'acciaio, nonostante fosse difficile crederlo in momenti come quelli.

Kurt non rispose all'abbraccio, ma si lasciò stringere e cullare da tutti quei "lo so", che Blaine continuava a sussurrargli, anche se non era sicuro di cosa effettivamente sapesse.

Rimasero un paio di minuti così, in silenzio ad ascoltare il ronzio indistinto di una qualche caldaia, poi Blaine si allontanò di poco e fece combaciare le loro labbra in un bacio dolce ed un po' ruvido per l'accenno di barba che non aveva trovato il tempo di spuntare.

“Ascoltami” disse quando si staccarono e Kurt tornò a guardarlo con quegli occhioni grandi, pieni di emozione, che adesso apparivano quasi trasparenti sotto la luce al neon della sala “Lo so che é ingiusto, lo so benissimo e sono arrabbiato, sono incazzato per questo, Kurt. Ma agitarsi non serve a niente e non ho la minima intenzione di farmi cacciare da qui senza aver prima visto nostro figlio”

Kurt annui, lasciando che il marito portasse le braccia al suo collo, prendendo ad accarezzare dolcemente quel punto sensibile tra le sue scapole che riusciva sempre a farlo calmare.

“Dio, Blaine” sussurrò a un certo punto, lasciandosi sfuggire un sospiro a cui l'altro rispose con un sorriso compiaciuto “Come fai a dire sempre la cosa giusta?”

Il marito si strinse nelle spalle, ma una piccola smorfia di felicità non aveva ancora smesso di danzare sulle sue labbra.

“Ti conosco. So cosa hai bisogno di sentirti dire” disse e Kurt lo amava, lo amava da quando erano ragazzini e lo aveva amato per anni, anche quando sembrava tutto finito e il mondo gli ripeteva di voltare pagina e lasciarsi alle spalle quel coraggioso, bellissimo e spettinato ragazzo, che davanti ai suoi occhi era diventato un uomo.

Lo amava ed era ridicolo, perché Kurt non aveva più bisogno di essere salvato, eppure Blaine continuava a farlo ogni giorno, nelle piccole cose in cui Kurt si perdeva, perché dietro alla facciata da uomo tutto d'un pezzo di nascondeva ancora quel ragazzino fragile e un po' egocentrico che, piangendo tra le braccia di suo padre, aveva detto al mondo:“Sono gay”

Quello stesso ragazzino che non aveva mai smesso di guardare Blaine con le guance rosse di emozione e le labbra socchiuse in attesa dell'ennesimo bacio, che per quanto frettoloso, timido o troppo insoddisfacente, continuava a fargli battere il cuore come se fosse il primo.

“Ti amo” sospirò, la voce un po' incrinata, ma Blaine non se ne accorse e lo attrasse a sè, per un altro, rapido abbraccio“Ti amo e supereremo anche questa. Non mi perderai mai. Te lo prometto”

“Anche se sarà difficile e a volte vorrai solo urlarmi contro e chiedere l'affidamento esclusivo della bambina come gi etero in quei noiosissimi film?”

Kurt rise in quel modo che non era mai cambiato: un lieve sussulto iniziale per poi esplodere in un fragoroso suono che ti lasciava incantato ogni volta ad osservarlo.

“Come quei noiosissimi etero dei film” rispose annuendo vigorosamente, un attimo prima che Blaine lo baciasse di nuovo in quel modo dolce che sapeva di “È tempo per tutti noi di camminare nella luce del sole” e di “Si, lo voglio” sussurrati con il cuore in gola.

Blaine lo strinse a sé, quasi volesse divenire una parte di lui, per comunicargli quanto forte fosse quello che stava provando in quel momento e quanto fosse felice, felice da scoppiare, perché la sua vita era semplicemente meravigliosa ed era tutto merito di Kurt.

“Ti amo, ti amo, ti amo” sussurrò tra un bacio e l'altro, a voce così bassa, come se volesse direttamente parlare al suo cuore, e Kurt stava per dirglielo di nuovo, anche se non gli piaceva ripeterlo troppo spesso, perché non voleva che quelle due parole perdessero significato, quando qualcuno alle sue spalle si schiarì la voce, attirando la loro attenzione.

Voltarono di scatto la testa all’unisono, un po' come facevano da ragazzini quando Burt entrava in camera i interrompendo un bacio un po' troppo appassionato o le mani in zone in cui non si sarebbero dovute trovare, e scorsero la figura del medico che li aveva precedentemente allontanati, sulla soglia della porta.

L'uomo aveva la cuffietta da sala operatoria tra le mani ed il camice bianco un po' stropicciato da un lato, sotto la barba brizzolata una smorfia contrariata gli piegava le labbra.

“La ragazza ha chiesto di voi” disse, con voce distaccata, scostandosi dalla soglia della porta per dar loro la possibilità di passare “Potete entrare”

Kurt sentì il corpo del marito irrigidirsi tra le sue braccia a quelle paroe, lo sguardo che cercava nervosamente il suo ed il cuore che batteva talmente forte che lui stesso poteva sentirlo.

Gli prese la mano e, senza dire niente, lo trascinò verso la porta, ignorando quell'uomo troppo simile al resto del mondo che, come tanti altri, non sarebbe mai cambiato.

Gli prese la mano e, senza dire niente, lo trascinò verso il loro piccolo, innocente futuro.

 

 




 

 

Quando Kurt e Blaine varcarono la soglia della sala parto, le mani ancora strette, come se avessero bisogno di sentirsi l'uno il sostegno dell'altro una volta in più, la prima cosa che li accolse fu l'asettico odore di disinfettante, mescolato ad una voce che conoscevano fin troppo bene.

“Ciao, piccola Tracy” 

Kurt voltò di scatto la testa, distogliendo lo sguardo da Rachel, che reggeva tra le sue braccia un piccolo fagottino involtato in una coperta turchina, e fu solo nel momento in cui i suoi occhi incontrarono quelli del marito che entrambi realizzarono davvero: il loro bambino era, in realtà, una bambina.

Kurt mosse qualche passo verso Rachel e lei non parlò. Lo guardò per un lungo momento negli occhi, cercando di reprimere un enorme sorriso, le iridi velate da una patina sottile di lacrime; poi sollevò la bimba che teneva tra le braccia e con cautela gliela porse.

Kurt deglutì, abbassandosi appena per poter accogliere la piccola tra le sue braccia e portarla al petto.

La strinse forte a sé e le scostò timidamente un lembo della copertina dal viso, per poterla guardare.

Blaine gli si affiancò immediatamente, una mano ancorata sulle sue spalle, come se dovesse crollare in mille pezzi da un momento all'altro, ed osservò il volto della loro bambina, disteso in una smorfia leggera, le labbra piccole e sottili, gli occhietti chiusi.

“Tracy” esalò, guardandola stupefatto, come se non avesse mai visto un bambino in tutta la sua vita e quella creaturina fosse semplicemente l'essere più perfetto di quella terra.

Avvicinò dolcemente il dorso delle dita alla sua guancia, seppur senza toccarla, e la piccola dischiuse gli occhi, regalando loro la bellissima visuale di un azzurro intenso, simile al colore dell'acqua del mare in un giorno di tempesta.

Kurt trattene il respiro, mentre:“Ha i tuoi occhi” sentiva dire a suo marito, direttamente contro il suo orecchio, e, senza neanche volerlo sollevò lo sguardo e lo guardò.

Guardò quell'uomo che era stato la sua ancora, il suo porto sicuro per così tanto tempo e che probabilmente non avrebbe mai smesso di esserlo, anche se gli anni erano passati e lui non era più un bambino da proteggere.

Guardò quell'uomo che aveva camminato con lui lungo la strada tortuosa della vita, che aveva stretto la sua mano e curato le sue ali rotte che non gli permettevano più di volare.

Guardò suo marito, il suo compagno, l'uomo di tutta una vita, il suo folle, pazzo, primo amore; quello che non era perfetto, ma era perfetto per lui e tanto bastava, e se lo immaginò disteso sul tappetino della sala dei giochi, mentre, con il viso sporco di tempere, insegnava a sua figlia a colorare.

Se lo immaginò sorridente mentre la spingeva sull'altalena e la bimba si reggeva forte alle catene per non cadere e lo sentì sussurrare una dolce ninna nanna ogni notte di lì a quella parte, prima di rimboccarle le coperte e lasciarle un piccolo bacio sulla fronte.

Guardò suo marito e guardò sua figlia e li vide dormire insieme sul divano, magari mentre aspettavano che tornasse a casa, in una notte di inverno, quando il lavoro a Vogue richiedeva più tempo del previsto e le scadenze lo costringevano a rimanere in ufficio fino a tardi.

Vide le braccia forti di Blaine stringere il corpo esile della bambina e la sua testolina poggiata sul suo petto e sorrise a quel pensiero, mentre sfiorava le sue dita con la punta delle proprie ed uno:“Ciao piccolina” lasciava le sue labbra.

Poco lontano da loro Rachel li guardava estasiata, la mano stretta in quella di suo marito e i lineamenti ancora lievemente segnati a fatica.

Li guardava e non poteva impedirsi di pensare di aver fatto la scelta migliore della sua vita.





 

 

 

 

“Tre...”

Quinn si nascose dietro al divano ridendo, mentre Sam accanto a lei si poggiava l'indice sulle labbra per intimarle di fare silenzio.

“...Due...”

Tina spense la luce e si nascose dietro alla tenda insieme ad Artie.

“...Uno...”

La voce di Blaine, proveniente dall'esterno, giunse attutita dal pesante portone della casa, seguita subito dopo da quella di Rachel e poi da quella di Kurt, che stava dicendo qualcosa riguardo ad un asilo nido.

La chiave girò nella serratura.

“SORPRESA”

La luce si accese d'improvviso e il rumore di una trombetta giunse da una parte indistinta della stanza, mentre Puck faceva esplodere in aria una serie di coriandoli colorati.

Kurt e Blaine sgranarono gli occhi, accompagnati dalla risata forte di Rachel che si propagò per tutta la stanza.

In ogni angolo della casa che Kurt e Blaine condividevano da ormai cinque anni a New York erano sparsi festoni colorati ed un'enorme fiocco rosa troneggiava sopra al camino, dove Emma e Will erano poggiati, con in braccio la loro secondogenita.

Il piccolo Daniel Finn giocava a terra, tra i pezzi di lego delle più disparate forme, facendo scontrare di tanto in tanto due camioncini, sotto lo sguardo curioso di Mercedes e Sugar.

Dalla cucina giungeva uno sferragliare indistinto di attrezzi di metallo e quando Brittany e Santana riemersero coperte di farina e con un'enorme teglia di biscotti in mano, gridando:“É qui la festa?”, Kurt si lasciò andare ad un sorriso radioso, le braccia ancora strette attorno al corpicino esile della sua bambina.

“Voi siete pazzi” rise Blaine, andando ad abbracciare Sebastian che li guardava con il suo solito ghigno disegnato sul volto.

“Tu e labbra da donna non esaltatevi tanto” rispose lui, battendogli una pacca sulla spalla “La festa è per la bambina”

Blaine lo spintonò, ma non riuscì comunque a reprimere un sorriso, mentre passava ad abbracciare ad uno ad uno tutti i loro amici.

Era quasi tutto come sarebbe dovuto essere.



 

“E mi raccomando, stai attento alla marca dei pannolini, se scegli quella sbagliata la sua pelle troppo sensibile si irriterà e...”

Kurt annui, accennando una piccola risata, mentre osservava Emma gesticolare e riversargli addosso mille raccomandazioni su come gestire tutte le esigenze della piccola Tracy.

“Ho capito, ho capito” disse intercettando suo marito che girava per la sala con un vassoio di tartine in mano e tirandolo in un abbraccio “Ci staremo attenti”

Fece vagare lo sguardo per tutta la stanza, poi:“Piuttosto amore, dov'é Tracy?” chiese, rivolto a Blaine.

Lui poggiò il vassoio sulla tavola, portando le mani ai suoi fianchi per attirarlo a sé e dette una rapida occhiata alla stanza.

“Mmh” mormorò poi, schioccandogli un bacio sulle labbra “Mason e Madison se la sono litigata per un po', così alla fine Sebastian si è stufato e gliel'ha requisita”

Kurt alzò gli occhi al cielo, portando le braccia al suo collo per lasciargli un altro piccolo bacio sulla mandibola.

Qualcuno -probabilmente Kitty- gridò “Prendetevi una stanza”, ma nessuno dei due ci fece caso.

“Che ne dici“ chiese invece Kurt, giocherellando con una ciocca dei suoi ricci scuri “Di andare a sottrarre la nostra bambina alle grinfie di Smythe e portarla qui, così possiamo godercela un po' anche noi?”

Lo sguardo di Blaine si rabbuiò.

Kurt inclinò lievemente la testa per poterlo guardare ed ebbe la strana sensazione che qualcosa non andasse.

Non era la prima volta, da quella sera in cui Jesse li aveva chiamati in mezzo alla notte per annunciare loro l’imminente nascita di Tracy, che Blaine si comportava in modo strano.

Negli ultimi giorni era stato sempre radioso, sempre pieno di vita di sorrisi, ma ogni tanto Kurt vedeva i suoi occhi adombrarsi e ciò capitava principalmente quando lo invitava ad un qualche contatto diretto con la bambina.

“Ho detto qualcosa che non va?”

“No, no” si apprestò a dire Blaine, forzando una risata, ma Kurt era ormai troppo bravo a riconoscere i suoi sorrisi per lasciarsi ingannare.

Tuttavia decise di lasciar perdere, perché quello non sembrava nè il posto nè il momento giusto per una discussione.

“Solo, pensavo...” continuò Blaine grattandosi il capo tra i ricci scuri che aveva sommariamente aggiustato con il gel “...Tu sei sicuramente un più degno avversario per Sebastian, mh? Che ne dici di andare a prenderla tu, mentre io vado a controllare che Jane e Roderick non ci mettano a ferro e fuoco la cucina?”

Kurt annuì, regalandogli un piccolo sorriso, sperando in tal modo di tranquillizzarlo.

“Va bene, amore” un bacio a fior di labbra. Blaine rispose al sorriso, ma c'era ancora qualcosa che adombrava il suo sguardo “Ci vediamo in cucina tra dieci minuti”

Kurt lo vide scomparire oltre la soglia della cucina, portandosi dietro quell'alone di mistero che da giorni lo teneva in allerta a chiedersi cosa effettivamente stesse succedendo a suo marito, e, per la prima volta, si sentì davvero preoccupato per quella situazione.

Scosse la testa, mentre ci pensava, ignorando lo sguardo attento di Emma, e decise che se ne sarebbe occupato più tardi.

La sua priorità adesso era recuperare la bambina.

“Hummel” lo salutò Sebastian attirando la sua attenzione, quando lui iniziò a vagare per la stanza guardandosi intorno.

Kurt lo notò seduto in un angolo del divano a gambe incrociate, un pacchetto di patatine aperto a fianco e la piccola Tracy placidamente adagiata tra le braccia. Lo osservò spostargli delicatamente un lembo della copertina dal viso e vide la bambina sorridere inconsciamente sbattendo gli occhietti vispi.

“Ha i tuoi occhi” disse lui soprappensiero, rispondendole con un ampio sorriso che, non appena riportò lo sguardo su Kurt, si trasformò in un ghigno “Almeno non ha preso la faccia da checca”

L'altro sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma non appena provò ad allungare le mani per riprendersi sua figlia, Sebastian se la strinse più forte al petto.

“Chi ti ha invitato, Smythe?” chiese Kurt cercando di mostrarsi scocciato, ma non potendosi comunque impedire di sorridere perchè, Dio, era così felice che persino la presenza di Sebastian era facilmente sopportabile.

“Dovresti sapere che non mi perdo mai un avvenimento importante, Hummel... E poi non ci vedevamo da quando il tuo adorabile maritino ha deciso di reclutare tre cori e due Ohio e tre quarti per farti una melensa dichiarazione d'amore. Diciamo che mi mancavate”

“Oh, Mangusta” esclamò Kurt sorpreso, cullando la sua piccola che Sebastian gli aveva passato un po' riluttante e che aveva iniziato a singhiozzare quando il ragazzo l'aveva lasciata “Allora hai anche tu dei sentimenti”

“Quanto sei divertente, sto morendo dal ridere”

“Sono onorato di farti ridere. Un tempo mi odiavi”

“Soltanto perché ti eri accaparrato l'usignolo migliore di tutto il nido”

“Sei consapevole che ti stai comportando da liceale, vero?”

“Nah, se fossimo ancora al liceo avrei fatto molti più commenti sulla tua faccia da checca”

Kurt si strinse nelle spalle. La bambina era di nuovo calma tra le sue braccia e i suoi occhietti vispi adesso si muovevano curiosi dall'uno all'altro.

Si sedette sul bracciolo del divano e la portò con sé.

“Qualcuno prima o poi dovrà raccontare a Tracy di quando zio Seb ha tentato di accecare suo padre, sai?” disse dopo un po', aspettandosi una reazione dell'altro, che però non arrivò.

“Zio Seb” mormorò Sebastian tra sé e sé e le sue labbra questa volta si aprirono in un sorriso che non aveva niente di accattivante o malizioso. Kurt pensò che era la prima volta che lo vedeva sorridere così “Mi piace”





 

“Chi è la nipotina più bella del mondo? Chi é?”

Kurt rise, vedendo suo padre sollevare la bambina e farla girare.

Burt desiderava da sempre diventare nonno e lui avrebbe solo voluto che sua madre fosse presente per poter condividere anche con lei la sua gioia.

Quand’era poco più di un bambino la donna non faceva altro che ripetergli quanto non vedesse l’ora di vederlo crescere e creare un qualcosa di così importante come una famiglia con la persona che avrebbe deciso di volere accanto a sé per tutta la vita e lui tante, troppe volte, soprattutto nella fase terminale della sua malattia, aveva desiderato poter diventare grande più in fretta possibile, per poter realizzare questo suo sogno.

Si morse le labbra per reprimere un sospiro a quel pensiero, sforzandosi di riportare la concentrazione su suo padre.

“Stai attento” disse, cercando di riprendersi sua figlia, ma senza troppo successo. Era nata fa poco più di una settimana e si era già guadagnata tutte le attenzioni “Ha appena mangiato, finirai per farla vomitare”

Burt sbuffò, tornando a stringere Tracy al petto.

“Guarda che sono stato padre prima di te” disse, osservando suo figlio, quel bellissimo uomo così maturo e responsabile e non potendo impedirsi di allungare una mano e scompigliargli i capelli, come faceva quand'era bambino “E devo dire che ho fatto davvero un bellissimo lavoro” 

Kurt abbassò timidamente il capo.

“Dai, papà. Mi imbarazzi”

Si sistemarono sul divano, tra la confusione che ancora animava la sala e Burt lo vide guardarsi nervosamente intorno alla ricerca di qualcosa, o meglio, di qualcuno.

“Tutto bene con Blaine?” chiese ad un certo punto, senza riuscire a nascondere una traccia di preoccupazione che gli incrinava la voce “Il primo periodo quando si hanno dei figli può essere davvero duro,sai? Non vorrei che lasciaste che questo vi allontani o peggio che...”

“Papà” lo richiamò Kurt, interrompendo il fiume di parole che suo padre gli stava riversando addosso “Va tutto bene, davvero. É solo che...”

Si morse un labbro, insicuro su cosa dire.

Aveva osservato Blaine molto da vicino negli ultimi giorni e, per quanto il cambiamento in lui sembrasse evidente, non voleva crearsi problemi inesistenti.

“É solo che Blaine si comporta in modo strano da quando é nata Tracy. Lui è- è sempre allegro e pieno di vita e mi riempie di attenzioni e d'affetto, ma quando c'è lei- é come se ci fosse qualcosa che lo frena”

Burt si tolse il cappellino da baseball, passandosi il palmo della mano sulla nuca.

“Hai provato a parlarne con lui?” chiese.

Kurt si strinse nelle spalle, come a volersi proteggere, e in quel momento a Burt sembrò così piccolo nei suoi venticinque anni e in tutte le sue insicurezze.

“Non ancora. Ho cercato di dargli il suo spazio perché fosse lui a dirmelo, quando si sarebbe sentito pronto, ma per ora ha sempre fatto finta di niente e-”

“Di cosa parlate?” li interruppe una voce alle loro spalle, poco prima che due braccia forti avvolgessero quelle di Kurt per stringerlo da dietro.

Un bacio schioccò sulla sua guancia.

Kurt guardò suo padre con aria allarmata e lui reagì di conseguenza.

“Di... Football” rispose prontamente, sollevando in aria il suo cappellino “Stavo giusto dicendo a Kurt che dovete muovervi a darmi un nipotino maschio o la piccola Tracy diventerà una vera esperta di kicker e touchdown”

“In tal caso” disse Blaine sistemandosi a sedere sulle gambe di suo marito e lasciandogli un bacio leggero sulle labbra “Dovrà sapere che suo padre segnò il punto decisivo che portò i Titans alla vittoria. Dico bene?”

Kurt guardò suo marito, scuotendo il capo divertito, e, si, forse non era tutto perfetto, ma era quasi tutto come sarebbe dovuto essere.





 

 

 

“Grazie di essere venuti, ragazzi” 

Kurt battè il cinque a Sam, per poi abbracciare Unique che lo aspettava sulla soglia della porta.

“Non potevamo perdercelo” disse lei facendo schioccare le dita laccate di rosso “Vostra figlia è favolosa”

Kurt le regalò un sorriso cordiale, mentre salutava gli ultimi invitati.

“Vado anche io, ho un provino tra mezz'ora” sentì dire a Cooper che non aveva fatto altro che intrattenere gli ospiti tutto il pomeriggio “Ho già salutato la mia deliziosa nipotina e quel nano di tuo marito”

Kurt gli dette una gomitata, spingendolo giocosamente fuori dalla porta.

Da quando lui e Blaine si erano sposati aveva avuto diverse occasioni per conoscerlo meglio e ora come ora, per quanto fosse ancora bello e decisamente più grande e maturo di loro, la presenza di Cooper non lo metteva più in soggezione.

“Grazie per essere venuto, Coop” gli disse stringendogli la mano e sentendolo ricambiare con una stretta vigorosa.

“Non me lo sarei mai perso per nulla al modo” rispose lui, infilandosi la giacca “Mi raccomando, tratta bene mia nipote”

Kurt stava per chiudere la porta, quando lo vide corrugare le sopracciglia con fare pensoso ed ebbe l'impressione che stesse per dire qualcosa che lui già sapeva.

“E anche mio fratello” aggiunse infatti Cooper a bassa voce “Sai com'é fatto: vuole giocare a fare il duro, ma a volte ha solo bisogno di qualcuno che gli stia accanto”

Kurt annuì con convinzione, reggendosi allo stipite della porta e si sentì un po' meno folle di quanto credesse di essere.

Il fatto che anche Cooper avesse notato qualcosa di strano nel comportamento di Blaine gli fece credere che fosse davvero arrivato il momento di parlare faccia a faccia con suo marito.

“Puoi contarci” disse, prima di salutare l'uomo con un cenno della mano e rientrare in casa.

“Amore” gridò poi, mentre attraversava la sala da pranzo per raggiungere il soggiorno “I ragazzi se ne sono andati e... Oh”

Le labbra di Kurt si piegarono in una piccola 'o' di sorpresa, quando notò suo marito in piedi in un angolo della sala, una candela nella mano sinistra e un piccolo fiammifero pinzato tra il pollice e l'indice della destra.

Appoggiò la candela sul cornicione del camino e soffiò sopra al fiammifero per spegnerlo.

Quando tornò a guardare Kurt i suoi lineamenti erano illuminati dal chiarore del fuoco di tutte le altre piccole fiammelle sparse qua e là per la stanza, che conferivano al suo viso un colorito rossastro, mettendone in evidenza i tratti delicati.

“Balli con me?” chiese, mentre azionava la radio e le prime note di Dancing Queen riempivano l'aria.

“A cosa devo questo ballo?” chiese Kurt ridacchiando.

Blaine pensò che non aveva mai visto un uomo più bello in tutta la sua vita.

Gli tese la mano e Kurt la prese, lasciando che lo attirasse a sé.

“A noi” sussurrò il marito, contro il suo orecchio, il cuore che batteva così forte nel suo petto mentre ondeggiava piano nella luce soffusa della stanza “Mi mancava averti tutto per me”

Kurt si aggrappò a lui, lasciando che lo trasportasse dove più preferiva, abbandonandosi al suo tocco, mentre lui lo faceva girare.

“Dov'é Tracy?” chiese dopo un po’, forse in modo un po' troppo apprensivo.

“Puck e Quinn l'hanno messa a letto” rispose Blaine tranquillo “Mi hanno anche lasciato quel simpatico giocattolino, così se piange possiamo sentirla”

Kurt spostò lo sguardo nella stessa direzione in cui era puntato quello di Blaine e notò una piccola ricetrasmittente per neonati in bilico sul tavolo, una copia della quale, probabilmente, si trovava in camera della loro bambina. Ciò bastò a tranquillizzarlo.

Lasciò quindi che Blaine gli prendesse la mano e lo facesse allontanare da sè, per poi riportarlo indietro ed avvolgerlo con le sue braccia, in modo che la schiena di Kurt fosse appoggiata al suo petto e la testa leggermente abbandonata sulla sua spalla.

“Ti ricordi questa canzone?” 

“Non me la scorderò mai. Il nostro primo ballo”

“Già” Blaine lo fece voltare di nuovo nel suo abbraccio e adesso Kurt aveva la fronte poggiata contro la sua “Eri bellissimo quella sera”

L'altro abbassò docilmente il capo, accennando un timido sorriso.

“Anche con la guance bagnate di lacrime e gli occhi rossi e gonfi?”

“Soprattutto per quello. Eri... Eri così fragile, eppure ti sei fatto forza e sei andato lì a farti incoronare e quando Karofsky è scappato tu sei rimasto, perchè volevi dimostrare a tutti che si sbagliavano, che eri molto di più di come loro ti dipingevano” portò una mano al suo viso e gli spostò un ciuffo di capelli. Il volto di Kurt, ancora illuminato dalla luce rossastra del camino gli sorrise, gli occhi pieni di luce “Ero così fiero di essere il tuo ragazzo”

Sembrò un attimo esitare, poi lo avvicinò ancora un po' a sè nascondendo la testa nell'incavo del suo collo.

“Hai saputo fare di chi cercava di buttarti giù un punto di forza. Ti ho sempre segretamente ammirato per questo” aggiunse e Kurt ebbe come la sensazione che Blaine volesse in qualche modo dirgli quel qualcosa che lo teneva in allerta da giorni.

Ballarono per un altro paio di minuti, stretti l'uno all'altro, le canzoni che si susseguivano le une dopo le altre, lente e appena sussurrate dallo stereo che Blaine aveva impostato ad un volume troppo basso, solo per poter ascoltare il respiro di suo marito.

Quando tuttavia il peso del silenzio divenne troppo da sopportare, Kurt si decise a parlare, nonostante la paura di scatenare un'accesa discussione lo terrorizzasse più di quanto avrebbe dovuto.

“Posso chiederti una cosa?” 

Blaine sollevò di poco la testa dalla sua spalla, lasciando un piccolo bacio sulla sua mandibola.

“Tutto quello che vuoi” mormorò, mentre We've Got Tonight scemava e la voce morbida di Ed Sheeran la sostituiva, intonando le prime note di Kiss Me.

Kurt se lo strinse contro un po' troppo forte, come se avesse paura di perderlo a causa di quello che aveva lì, sulla punta della lingua, da più di una settimana e che non riusciva in alcun modo a chiedere. Ispirò con forza dal naso e Blaine reagì di conseguenza, sollevando la testa per poterlo guardare negli occhi.

“Amore?” lo richiamò confuso “Che succede?”

“T-ti... Ti sei pentito di Tracy?”

Blaine sbatté un paio di volte le palpebre confuso, poi, quando si rese davvero conto di quello che il marito gli aveva appena chiesto, fece un passo indietro, come scottato.

“Io... No, Kurt. Come puoi anche solo pensare...”

“Oh, andiamo, Blaine” Se non lo avesse conosciuto così bene a Blaine sarebbe apparso... Ferito? “Pensi che non abbia notato che da quando è nata non l'hai mai presa in braccio?”

Le labbra di Blaine tremarono appena a quelle parole.

Il modo in cui Kurt lo conosceva e sapeva interpretare ogni suo gesto certe volte lo spaventava. Era come avere una macchina della verità costantemente davanti a sé, qualcuno a cui non puoi mentire e con cui sei costretto ad essere, tuo malgrado, te stesso al cento percento. E questo era bellissimo, certo, ma faceva anche paura, perché insieme a lui, Blaine doveva, ogni volta, affrontare anche quella parte di sé che avrebbe volentieri preferito ignorare.

“K-kurt” tremò appena, guardando con quello sguardo che a Kurt sembrava tanto un 'Non chiedermelo. Ti prego, non farlo. Ti prego', ma lui non aveva alcuna intenzione di starlo a sentire “Non è vero. Cioé...”

“Blaine” mormorò lui con calma, facendo un passo più avanti e tendendogli la mano “Vieni qui”

Blaine deglutì così forte che per un attimo temette di poter svegliare Tracy. 

Si avvicinò a lui titubante e posò la mano nella sua, cercando di concentrarsi sul tocco caldo della pelle di Kurt per non crollare.

“É per tuo padre, vero?” gli chiese il marito, sollevandogli dolcemente il viso con un dito.

'Ti prego, Kurt. Non chiedermelo. Ti prego'

Blaine annuì.

“É solo che...” si costrinse a dire, nonostante la sua voce suonasse terribilmente instabile “É solo che non voglio essere come lui”

“Ma tu non sei come lui” 

Blaine allontanò la sua mano dal proprio viso con un gesto secco.

“Come puoi saperlo?” biascicò con la disperazione negli occhi. Kurt si sentì come se gli stesse sfuggendo dalle dita e qualsiasi cosa facesse non sembrava abbastanza per poterlo riafferrare “Cosa ne puoi sapere tu, Kurt? Tu non hai neanche idea... Tu- tu hai sempre avuto un padre che ti amava”

“Non stiamo parlando di questo” lo interruppe immediatamente l'altro, portandosi le mani alle braccia come a volersi proteggere, mentre un lampo di dolore attraversava i suoi occhi, rapido ed impalpabile. 

Blaine avrebbe voluto rimangiarsi quanto appena detto, ma non lo fece.

Sbuffò invece, tirandosi una ciocca di ricci per smaltire la frustrazione.

Kurt emise un piccolo sospiro in risposta.

“Ascoltami” disse, cercando di mantenere la calma “Tu non sei tuo padre, ok? Tu sei un uomo migliore”

“E se non fosse così? Se fossi esattamente come lui? Io... Io sono terrorizzato, Kurt. Ho costantemente paura di farle del male, di essere quel tipo di padre e io- io non voglio questo per lei. Tu e questa bambina siete l'unica scelta buona che abbia mai fatto nella mia vita e io non voglio perdervi”

Kurt sorrise. Un sorriso triste, troppo simile ad uno sbuffo, ma sorrise.

Si avvicinò di un passo e gli prese il viso tra le mani, attendendo che Blaine si rilassasse tra le sue braccia, come sapeva era solito fare ogni volta che si ritrovavano a discutere.

“Guardami” gli ordinò con dolcezza, sollevandogli il viso per perdersi in quegli enormi occhi carichi di frustrazione “Tu non mi perderai, ok? Te l'ho detto il giorno in cui è nata Tracy e continuerò a ripetertelo ogni giorno della mia vita finché ne avrò la possibilità. Io... Io non riesco neanche ad immaginare una vita senza di te. Anche quando nessuno avrebbe scommesso un dollaro su di noi io sapevo che per te ne sarebbe sempre valsa la pena”

Blaine annuì, ma il suo corpo era ancora teso, segno che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro e Kurt era terrorizzato dall'idea di non sapere come fare a rimettere insieme i pezzi.

Quella discussione era diversa da qualsiasi altra avessero mai affrontato in precedenza. 

Non era qualcosa che riguardava solo loro e non c'erano di mezzo altri ragazzi; era qualcosa che riguardava la loro bambina, quella piccola, indifesa vita che il destino gli aveva concesso di proteggere ed amare e riguardava Blaine e il suo bisogno di conoscere se stesso, i propri limiti e i propri punti di forza.

Ed era qualcosa di così grande e così delicato e Kurt non era sicuro di sentirsi all'altezza di un tale compito, perché fino ad allora era sempre stato lui quello ad aver bisogno di essere salvato e adesso improvvisamente i ruoli erano invertiti e si rendeva conto che non era affatto semplice essere quello forte, quello che tiene duro per entrambi, quello a cui ci si può appoggiare per non crollare. Si rendeva conto che non era affatto facile essere Blaine.

E guardandolo, lì, in piedi in mezzo a quella stanza silenziosa, Kurt si sentì un appiglio in procinto di annegare e trascinare con sé tutto ciò che aveva intorno, un sostegno ingannevole, un trabocchetto.

“Non puoi lasciare che sia lui a decidere chi sei” disse, scandendo bene le parole, gli occhi fissi nei suoi, il cielo più blu nell'oro intenso del sole.

Lo disse perché lo pensava, perchè Blaine era molto più di quello e l'unico che sembrava non riuscire a vederlo era Blaine stesso.

Lo disse perché, nonostante tutte le debolezze e i momenti in cui sembrava poter crollare a pezzi, Blaine era ancora la persona più bella, forte e determinata che avesse mai conosciuto e non riusciva a concepire come qualcuno del genere potesse avere paura di fare qualcosa di così naturale come prendere in braccio la propria bambina o giocare con lei.

Lo disse perché era il suo piccolo grande amore, suo marito, l'uomo della sua vita e forse Kurt non era bravo ad essere forte per gli altri, ma ci avrebbe provato, per lui.

“Non puoi lasciare che lui ti definisca” 

“Il fatto é che lui mi definisce” ribatté Blaine e c'era una lacrima, proprio lì su quelle parole “Tutta quella merda che mi ha gettato addosso per anni mi definisce, il modo in cui mi trattava, il suo volermi etero a tutti i costi. Sono tutte cose che mi definiscono” 

Prese un respiro tremante, allontanandosi un po' da lui, incerto su cosa fare, la rassegnazione che lentamente si trasformava in qualcosa di molto simile alla rabbia. Poi lo disse e per Kurt fu come un pugnale scagliato dritto nel petto. 

“Sei mio marito, come fai a non accorgertene?”

Il piú grande boccheggiò, guardando quell'uomo così fragile che era poco più che sabbia tra le sue dita. Lo vide vagare agitato per la stanza, per poi passarsi nervosamente le mani tra i capelli.

Quando provò a ribattere, Blaine lo aveva già battuto sul tempo, emettendo quello che era a metà tra un sussurro e un gemito di frustrazione.

“Lascia perdere, vado a fare un giro” 

Afferrò le chiavi della macchina e scomparve al di là della soglia del soggiorno, sbattendo il portone dell'ingresso, che produsse un rumore talmente forte da far tremare lo specchio sopra al camino.

Kurt, ancora fermo al centro della stanza, lo vide scomparire dalla sua visuale così rapidamente come ci era entrato e, mentre la riproduzione casuale cominciava a trasmettere Say Something degli A Great Big World, pensò che tutto quello non era affatto come sarebbe dovuto essere.





 

 

 

 

 

 

Quando Blaine tornò a casa quella sera, dopo aver vagato per le strade affollate di New York con la radio a tutto volume per almeno un paio d'ore, aveva ancora la testa piena di dubbi, ma in compenso aveva avuto l'occasione di piangere e sfogarsi, anche se non come avrebbe voluto.

Aveva passato tutto il tragitto pensando a suo padre, al suo bisogno di distaccarsi da quella figura così scomoda e a quello che si era tenuto dentro per anni e che improvvisamente era venuto fuori come un fiume in piena, distruggendo quel fragile equilibrio che lui e Kurt si erano faticosamente costruiti negli anni, e, semplicemente non era riuscito a darsi una risposta, un modo efficace per risolvere le cose, ma in compenso adesso era abbastanza lucido da rendersi conto di dovere delle scuse a Kurt, per quanto il suo orgoglio glielo permettesse.

Gettò le chiavi nel primo cassetto del tavolino accanto all’entrata e appoggiò il cappotto al attaccapanni, decidendo di andare a cercare suo marito, piuttosto che chiamarlo ad alta voce, per evitare di svegliare la piccola.

Salì le scale in silenzio e percorse tutto il corridoio, diretto in camera sua, quando dallo studio di design di Kurt, che era stato recentemente adibito a nursery, si sollevò una melodia leggera, che fino ad allora aveva ignorato.

 

“The second star to the right

Shines in the night for you

To tell you that the dreams you plan

Really can come true

 

The second star to the right

Shines with a light so rare

And if it’s Never Land you need

It’s light will lead you there”

 

Blaine si affacciò alla porta della cameretta di Tracy, seguendo la voce melodiosa di suo marito, e, aguzzando un po’ la vista, riuscì a scorgere la sua figura nella semi-oscurità della stanza, il corpo rannicchiato sulla potroncina di velluto rosso e la bambina tra le braccia, le dita lunghe che le accarezzavano la guancia per farla rilassare.

Quando si accorse della presenza di Blaine, gli sorrise nel buio, smettendo immediatamente di cantare e lui avrebbe soltanto voluto essere invisibile, per potersi godere quella dolce ninna nanna ancora un po’.

Kurt lasciò un bacio leggero sulla fronte della loro piccola ormai addormentata, poi l’adagiò nella sua culla, premurandosi di coprirla adeguatamente.

Quando uscì dalla stanza, socchiudendo la porta per non rischiare svegliarla, Blaine si stupì di non riuscire a cogliere il minimo segno di risentimento nel suo sguardo.

“Cantavi Peter Pan, mh?” chiese a bassa voce.

Kurt si strinse nelle spalle.

“Sembra piacerle”

Si infilò le mani nelle tasche e cominciò a camminare verso il corridoio, in direzione della loro stanza.

Voleva dire qualcosa a Blaine, voleva chiedergli come stava, ma allo stesso tempo era intenzionato a non forzarlo e a lasciargli il suo tempo per esternare quello che provava e liberarsi di quel peso opprimente che si portava dentro.

Lo sentì prendere un respiro profondo al suo fianco e, quando Blaine lo afferrò per un polso, sorrise, lasciando che lo facesse appoggiare con le spalle conto il muro e lo guardasse in quel modo che non era mai cambiato da quando erano ragazzini e si amavano in modo un po' più ingenuo.

“Mi- mi dispiace per quello che ho detto prima. Non lo penso davvero” 

“Lo so”

Blaine sospirò, reprimendo un piccolo sorriso.

“So che lo sai, ma questo non giustifica tutte le cattiverie che ti ho detto. Sono stato uno stronzo e io...”

“Blaine” Kurt gli afferrò il mento, sollevandogli dolcemente la testa per far incontrare i loro sguardi “Eri arrabbiato, lo capisco, davvero. E poi avevi ragione: sono tuo marito e non mi sono nemmeno reso conto di quanto per tutti questi anni quell'uomo abbia inciso sulla tua vita. Io- mi dispiace. Avrei dovuto farci più attenzione”

Blaine si portò le mani in tasca, come a volerle nascondere, e Kurt ne approfittò per condurlo verso la camera con sé.

Si sedette sul letto e fece segno all'altro di raggiungerlo.

“Non é stata colpa tua” mormorò Blaine sedendosi sulle sue ginocchia e sentendo immediatamente Kurt cingergli i fianchi con le sue braccia lunghe “Non potevi saperlo. Io ho semplicemente- ho cercato così a lungo di nasconderlo, Kurt. Ti guardavo e ti vedevo così... Così bello e coraggioso, il marito che tutti vorrebbero avere, un padre perfetto e- e più ti guardavo più mi sentivo come quel primo anno alla NYADA, quando tu eri questo bellissimo ragazzo forte e adorato da tutti e io solo una matricola che aveva avuto l'immensa fortuna di essere ciò che tu desideravi. E più mi vedevo sotto questa prospettiva più mi sentivo simile a lui e io- io non voglio essere simile a lui” lo guardò negli occhi, accennando un sorriso “Voglio essere simile a te”

Kurt scosse debolmente la testa, poi sollevò una mano e gli spostò gentilmente un ciuffo di capelli dalla fronte.

“Non devi essere simile a nessuno, amore. Il Blaine di cui mi sono innamorato ha tutti i requisiti giusti per essere il padre migliore del mondo”

Blaine sbuffò un altro sorriso e, Dio, Kurt adorava farlo sorridere quando era così giù di morale. Era la parte migliore della sua vita.

“Credo che quel posto sia già occupato” gli fece notare Blaine, prendendogli la mano e facendogli schiudere il palmo, rivolto verso l'altro. Fece scivolare la mano nella sua ed entrambi rimasero per un attimo in silenzio a contemplare il modo in cui le loro dita sembravano semplicemente fatte per stare lì, dove quelle dell'altro lasciavano lo spazio necessario per essere completate.

“E comunque” continuò Blaine dopo un po', riportando lo sguardo sui sui occhi celesti come il cielo d'estate “Ho deciso che, con il tuo aiuto -se-se vorrai, ovviamente- voglio impegnarmi ad essere il padre che Tracy vorrebbe al suo fianco. Ho passato anni a tentare di soffocare tutto quello che provavo, ad ostinarmi a chiudere quell'uomo fuori dalla mia vita e buttare via la chiave, ma credo di dover solo accettare che fa parte di quello che sono e assumerlo come punto di partenza per costruire qualcosa di migliore e- Kurt... amore... Che succede?”

Blaine smise di parlare quando vide una singola lacrima scivolare giù dalla guancia di suo marito, rigando la pelle soffice fino a morire tra le sue labbra.

Portò il pollice ad asciugare i suoi occhi e Kurt scosse il capo, stringendolo in modo un po' impacciato ed infantile, come non faceva da tempo.

“N-niente” tremò appena, mordendosi le labbra e adagiando dolcemente la testa sulla sua spalla “È che sono così fiero di te, Blaine. Quando quel giorno ti ho incontrato alla Dalton e tu mi hai detto che dovevo essere coraggioso e poi sei venuto con me ad affrontare Karofsky io- io non potevo neanche immaginare che saremmo arrivati fin qui” strinse più forte la sua mano e Blaine se le portò entrambe alle labbra, per poter lasciare un bacio leggero sulle sue nocche “A quei tempi ero solo un bambino un po' illuso che sognava di poter ballare un lento al suo prom con il ragazzo che amava... E adesso- adesso sono sposato da più di cinque anni con lo stesso ragazzo che ha fatto si che tutti i miei sogni diventassero realtà e abbiamo questa bambina bellissima e degli amici che ci sostengono e non ci vogliono diversi da quello che siamo e, si, forse non è tutto perfetto, ma è ciò che ho sempre desiderato ed é così solo grazie a te”

Anche Blaine aveva gli occhi lucidi a questo punto e le loro mani erano ancora intrecciate, un braccio di Kurt gli cingeva la vita, aiutandolo a non cadere, mentre lui si poggiava al suo petto.

Kurt passò lentamente il pollice sulla sua bocca e Blaine lo intrappolò tra sue labbra, strappandogli un sorriso sbilenco.

“Io voglio davvero aiutarti, Blaine” continuò lui a bassa voce “Voglio essere quella persona su cui puoi sempre contare, come sei tu per me da anni”

Ci pensò un un attimo su, poi un'idea gli balenò nella mente e Blaine non ebbe bisogno di chiedergli a cosa stesse pensando, perché ormai aveva imparato a riconoscere i suoi stati d'animo dalla differente luce che accendeva i suoi occhi.

“Vieni con me” disse Kurt e lui non chiese dove e non gli disse che in realtà era Kurt ad averlo salvato in qualsiasi modo possibile, ma lasciò che suo marito gli prendesse la mano e lo trascinasse fino allo specchio a muro in un angolo della stanza, lì dove una foto di un Kurt avvolto nel suo mantello rosso da diplomando che inglobava tra le sue braccia un piccolo e raggiante Blaine, baciandolo dolcemente sulle labbra, ancora penzolava, attaccata ad un filo sottile.

Kurt lo fece posizionare davanti allo specchio e si sistemò alle sue spalle, le mani posate blandamente sui suoi fianchi e la testa nell'incavo del suo collo.

“Cosa vedi?” gli chiese premendo la guancia contro la sua.

Guardarono entrambi la loro immagine riflessa nello specchio, quei due ragazzini che si erano rialzati insieme milioni di volte, finché la loro corazza non era diventata abbastanza forte da dare loro un minimo di stabilità, e si sentirono improvvisamente un po' più adulti, come se si stessero guardando per la prima volta dopo tanto tempo, rendendosi conto, loro malgrado, di essere cresciuti.

“Vedo...” mormorò Blaine, senza riuscire a staccare lo sguardo dagli occhi di Kurt, che gli sorridevano attraverso lo specchio “Vedo te, Kurt. Sei l'unica cosa che riesco a vedere, l'unica per cui valga la pena”

Kurt soffocò un sorriso contro la pelle soffice del suo collo, lì dove un accenno di barba che Blaine non si era premurato di tagliare gli faceva un po' il solletico, ed impiegò tutte le sue energie per non scoppiare nuovamente a piangere.

Amava Blaine, lo amava più di quanto avesse mai amato qualsiasi altra persona, sogno o idea nella sua vita. 

E forse si, forse non aveva certezze, forse la sua carriera a Broadway sarebbe potuta finire da un momento all'altro e forse New York era troppo grande e troppo affollata e prima o poi avrebbe finito per sentircisi perso, ma se c'era una cosa su cui poteva contare, se c'era un punto fisso nella sua vita, un appiglio sicuro, quello era Blaine e tanto bastava. 

“Sai cosa vedo io invece?” disse stringendolo un po' di più a sé da dietro e sentendo il corpo di suo marito abbandonarsi gradualmente tra le sue braccia, la schiena poggiata contro il suo petto “Vedo l'uomo più bello che abbia mai conosciuto e il padre migliore che Tracy potrebbe desiderare”

Blaine gli sorrise attraverso lo specchio, chinando docilmente il capo come faceva quand'erano ancora al McKinley e Kurt lo sorprendeva con qualche sciocchezza come un cagnolino di peluche o un 'Stasera, su questo palco. Sono così fiero di essere il tuo ragazzo'. Si rigirò pigramente fra le sue braccia ed intrecciò le proprie dietro al suo collo, facendo incontrare le loro labbra in un piccolo e soffice bacio.

Fece poi scorrere le dita lunghe sulla cravatta che Kurt ancora portaa al collo e sollevò nuovamente lo sguardo, mordendosi appena le labbra quando un'idea gli balenò nella mente.

“Vogliamo scoprire se sono un marito altrettanto meraviglioso?” chiese, dando voce ai suoi pensieri, ed ottenendo un sorriso malizioso in risposta.

“Mmmh, Mr Anderson” mormorò Kurt stringendogli i fianchi tra le dita lunghe, le labbra di nuovo sulle sue “Lei mi tenta” 

“Anderson-Hummel, prego” lo corresse Blaine ed ebbe a malapena il tempo di rispondere, che Kurt lo aveva già trascinato in un bacio profondo ed appassionato, mentre, un po' alla cieca, raggiungevano il letto alle loro spalle.

Kurt lo spogliò lentamente, accarezzando ogni centimetro del suo corpo come quando avevano fatto l'amore per la prima volta, con quel misto di timore e venerazione e allo stesso tempo quel suo totale abbandonarsi tra le sue mani, consapevole che semplicemente sarebbe stato speciale. Lo baciò e gli strappò sospiri e lo accarezzò dove sapeva che lo avrebbe fatto impazzire, e si amarono in quel modo un po' loro, un po' speciale, si amarono con la consapevolezza di essere cresciuti, di essere un po' più uomini e un po' meno ragazzini e si amarono come se ciò non contasse niente, perché l'età è solo un numero quando sei abbastanza fortunato da poter fare l'amore con la persona che ami.







 

“Pensi mai a tua madre?”

Kurt sentì la domanda di Blaine risuonargli nella cassa toracica, mentre, con la testa appoggiata sul suo petto, lo stringeva un po’ più a sè, le gambe lunghe ancora intrecciate alle lenzuola e le dita che disegnavano linee immaginarie lungo tutto il suo addome.

“Tutti i giorni” rispose e Blaine un po' si pentì di averglielo chiesto, perché sapeva quanto fosse difficile per Kurt parlare dell'unica persona che lo avesse mai capito davvero in ogni sua sfaccettatura senza sentirsi debole e in procinto di crollare.

Fece scorrere dolcemente la punta delle dita sulla sua schiena nuda, beandosi dei soffici sospiri che l'altro emise a quel contatto e:“Scusa, non avrei dovuto chiedertelo” disse mortificato.

“No, non fa niente. É solo- a volte é solo difficile. Tutto qui. Ogni giorno che passa mi sembra di scordarmi una sfumatura in più del suo viso o una nota diversa della sua voce e io ho- ho solo così tanta paura di dimenticare”

Blaine annuì fissando il soffitto.

Pensò che ci ricordiamo sempre ciò che non vorremmo e dimentichiamo invece ciò che credevamo avremmo tenuto con noi per sempre.

Pensò che avrebbe voluto prendere ogni singolo particolare che ricordava di suo padre, ogni sfumatura che la sua voce aveva assunto ogni volta che l'aveva sentito urlare e donarlo a Kurt per permettergli di sentire una volta in più sua madre cantare, con quella bellissima voce che gli aveva lasciato in dono prima di andarsene.

Pensò che avrebbe fatto tutto, tutto nei limiti del possibile, perché Tracy non si sentisse come si stavano sentendo loro in quel momento, perchè non odiasse se stessa per ricordare con dolorosa chiarezza ogni schiaffo o per non riuscire più ad immaginare ogni sorriso.

“Lo senti anche tu?” chiese Kurt a un certo punto, sollevando la testa dal suo petto per tendere l'orecchio verso il comodino di del marito e Blaine fu costretto a mettere da parte i suoi pensieri per riuscire a prestare attenzione.

Fecero entrambi silenzio e solo in quel momento si accorse che la piccola ricetrasmittente che avevano portato in camera si era illuminata e un pianto sommesso giungeva a tratti da essa.

Kurt guardò Blaine e Blaine guardò Kurt e lui poté cogliere tutto il nervosismo e l'indecisione nei suoi occhi. 

Blaine deglutì a fatica, ma poi:Vado io” mormorò scostando le coperte e alzandosi.

“Sei sicuro?“ chiese Kurt con un po' di apprensione nella voce. 

Sapeva che era necessario che Blaine si prendesse i suoi tempi e non voleva in alcun modo forzarlo a fare cose per cui non si sentiva pronto.

Blaine annuì, il labbro inferiore pinzato tra i denti, poi Kurt lo vide scomparire dietro alla porta della camera e si convinse che forse era il momento giusto, forse questa volta poteva andare bene.

Quando Blaine tornò, senza alcun rumore di pianto ad accompagnarlo, Kurt pensò che ci avesse rinunciato e fosse tornato indietro per chiedergli di badare lui alla bambina, ma poi sollevò la testa e lo vide arrivare verso di sé con la piccola in braccio ed il suo cuore perse un battito.

Blaine era semplicemente la cosa più bella che avesse mai visto, con i riccioli scuri sparsi un po' dovunque sul viso e Tracy abbandonata contro il petto ed avvolta in una copertina rosa da chi spuntava solo il visino.

Avvicinò un dito al suo, mentre si inginocchiava sul letto per portarla all'altezza del viso di Kurt e la piccola lo strinse debolmente nella sua manina, emettendo un versetto che tuttavia non sfociò in pianto.

“É bellissima” mormorò Blaine con gli occhi un po' lucidi, continuando a guardare la sua bambina con quel misto di timore e dolcezza che Kurt amava alla follia “Vuoi-vuoi tenerla?”

Kurt scosse il capo, sistemandosi contro la testata del letto e battendo la mano sul cuscino di suoi marito, per invitarlo a fare altrettanto.

“No” disse, accogliendoli entrambi tra le sue braccia “Voglio che la tenga tu. Avete un po' di tempo da recuperare, mh?”

Blaine annuì, ancora un po’ incerto, accoccolandosi nel suo abbraccio, la bambina ancora stretta al petto che non aveva smesso di guardarli curiosa, con quello che sembrava essere un sorriso.

Kurt li coprì entrambi con il lenzuolo per tenerli al caldo, poi avvicinò le labbra al capo di Blaine e gli lasciò un bacio tra i ricci.

“Sono fiero di te, lo sai?”

Suo marito annuì di nuovo, posando a sua volta le labbra sulla fronte della loro bambina.

Era così facile tenerla in braccio e, per quanto ancora ogni singolo movimento lo terrorizzasse, si sentiva talmente felice che non avrebbe mai rinunciato a quella sensazione per niente al mondo.

“Noi stiamo bene?” chiese a un certo punto, la voce un po' più bassa, come se avesse paura di fare quella specifica domanda.

“Si” rispose Kurt senza esitazione “Si, Blaine, stiamo bene. É tutto come dovrebbe essere”









Here I am c:
Piccole note finali velocissime, perchè devo scappare.
Questa os è il frutto di uno sclero e di un patto con quella pazza di Anto_, quindi prendetevala con lei ed esigete la long che mi deve in cambio.
Colgo comunque l'occasione per ringraziarla per supportarmi sempre e per ringraziare anche Ale e Deb, a mia piccola, fantastica famiglia.
Grazie anche ad Ester che mi lascia sempre le recensioni migliori. Vi voglio bene *cuoricino che non riesco a mettere*
Per il resto so che siamo nel ventunesimo secolo e che ormai il sesso del bambino si sa dopo pochi mesi di gravidanza, ma mi piaceva mantenere il mistero ahaha 
E niente, questa cosa è venuta più lunga di quanto pensassi... spero che comunque apprezzerete.
Per qualsiasi cosa mi trovate sempre qui https://www.facebook.com/Noh8efp e qui https://www.facebook.com/profile.php?id=100008577258570 (scusate come sempre, sono un disastro a taggare)
A presto e buona Pasquetta a tutti c:

  
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