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Autore: TheSlayer    07/04/2015    5 recensioni
Nobiltà, ricchezza sfrenata, alcool, eccessi, feste in locali privati. Questa è la vita di Freya e dei suoi amici a Londra... almeno fino a quando non scopre di dover affrontare una delle più grandi responsabilità al mondo. Chi le starà vicino? Sarà il migliore amico Louis? O il "fidanzato" Matthew? Il cugino Niall? Oppure il silenzioso, misterioso, figlio del maggiordomo e della cuoca di Niall, Harry?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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NO CONTROL
 
Preface
 
Le luci dei cartelloni LED di Piccadilly Circus si fondevano con quelle dei primi raggi di sole a Piccadilly Circus. Quello era uno dei posti di Londra in cui odiavo di più andare e non ricordavo nemmeno più di chi fosse stata l’idea di camminare dal locale alla statua di Eros.  

Dalla stazione della metro uscivano gruppi di turisti con trolley pesanti e sul viso i sorrisi di chi aveva appena visto Londra per la prima volta. Erano tutti contenti e ridevano. Speravano che le loro vacanze andassero bene e si sentivano come se avessero davanti l’avventura della vita. Scrollai le spalle, distogliendo lo sguardo dalle persone che trasportavano le valigie a quell’ora del mattino. Non avevo idea del perché qualcuno dovesse alzarsi così presto per viaggiare. Io ero ancora sveglia dalla notte prima, non ero mai tornata a casa.

Salii i gradini della statua di Eros, con la testa che girava per il troppo alcool che avevo bevuto al locale e, arrivata in cima, decisi di togliere le scarpe con il tacco che mi facevano perdere l’equilibrio. Aspettai che Louis mi raggiunse, poi lasciai che mi abbracciasse e che mi passasse la bottiglia di whiskey che aveva rubato dal locale in cui eravamo appena stati e ne tracannai un lungo sorso.

Anche Liam, Matthew e Regina ci raggiunsero, mentre Niall e Harry, come al solito, rimasero in disparte e decisero di non partecipare alla nostra impresa.

«Ho caldo.» Dissi improvvisamente, nonostante fosse la fine di marzo e le temperature non fossero ancora clementi. «Facciamo un bagno.» Aggiunsi, scendendo dai gradini della statua e avviandomi verso l’orribile fontana con i cavalli all’angolo di Haymarket. Louis e gli altri mi seguirono, correndo e ridendo.

«Freya!» Esclamò Elizabeth, raggiungendomi e fermandosi esattamente di fronte a me. «Spero che tu non abbia intenzione di fare il bagno vestita.» Aggiunse, facendomi l’occhiolino e cominciando a togliersi il vestito, rimanendo in biancheria intima.

Guardai il suo completo nero di La Perla e annuii, assente. Elizabeth era sempre stata nel mio gruppo di amici. Eravamo cresciute insieme, perché era la figlia di alcuni amici dei miei genitori ed avevamo frequentato le stesse scuole. Solitamente era lei la prima a suggerire di spogliarsi.

«Ottima idea.» Replicai, strascicando le parole e combattendo per qualche minuto con la cerniera del mio abito. Louis accorse in mio aiuto e con un solo gesto mi tolse il vestito. Poi abbassò lo sguardo sul mio corpo ed emise un lungo fischio.

«Non male, Chamberlain. Non male.» Commentò. Matthew, di fianco a lui, lo guardò male per pochi istanti, poi tornò a concentrarsi su di me.

«Tomlinson, stai zitto e aiutami a scavalcare.» Dissi, mettendogli un dito sulle labbra per farlo smettere di parlare. Lui obbedì immediatamente, appoggiò le mani alla base dei miei fianchi e mi alzò, permettendomi di mettere i piedi nell’acqua. Il getto della fontana cominciò a colpirmi esattamente sulla schiena e scoppiai a ridere.

«Chanel par terre!» Esclamò Elizabeth, ubriaca, con un terribile accento francese e indicando i nostri vestiti sul marciapiede. Regina scoppiò a ridere e decise di unirsi a noi, scivolando e cadendo sull’asfalto. Niall e Harry, premurosi come al solito, corsero ad aiutarla e le porsero entrambi un braccio per permetterle di rimettersi in piedi.

Conoscevo le persone che erano con me da diciannove anni, da quando ero nata, e tutti - tranne Harry, che era il figlio del maggiordomo e della cuoca di mio cugino Niall - erano figli di amici nobili e benestanti dei miei genitori. Avevamo intrapreso parecchie avventure insieme e quella era solo una delle tante. Un ordinario venerdì sera (o dovevo dire sabato mattina?) per noi.

«Meglio?» Mi domandò Matthew, ridendo e bevendo un altro sorso di whiskey dalla bottiglia che gli aveva appena passato Louis.

«Non ancora.» Risposi. «Vieni più vicino.» Ordinai. Il ragazzo fece un paio di passi in avanti e cominciai a schizzarlo con l’acqua della fontana.

«Molto divertente.» Commentò lui, scavalcando il muretto con un solo salto e raggiungendomi. Mi mise un braccio intorno alla vita e mi attirò più vicina a sé. Poi mi spinse un po’ indietro, in modo che il getto della fontana mi colpisse direttamente in testa.

«Matthew!» Esclamai, cercando di togliermi un po’ d’acqua dagli occhi. «Idiota.» Aggiunsi poi, riavvicinandomi a lui e cominciando a baciarlo. Avevamo ballato tanto nel locale. Avevamo anche bevuto parecchio e l’alcool mi permetteva sempre di essere più intraprendente. Non che solitamente non lo fossi.

Sentii qualcuno fischiare, probabilmente Louis, e decisi di saltare in braccio a Matthew e di circondargli i fianchi con le mie gambe. Non mi interessava se, probabilmente, c’erano gruppi interi di turisti che ci stavano guardando in quel momento. Dovevo stare con lui.

«Ti amo, Freya.» Sussurrò nel mio orecchio, prima di ricominciare a baciarmi. Mi allontanai di scatto, tornando a terra e guardandolo negli occhi, terrorizzata. Perché doveva rovinare tutto in quel modo?

«Cosa?» Domandai, incredula.

«Ti amo.» Ripeté Matthew serio, avvicinandosi di un passo.

«Perché?» Domandai ancora, scuotendo la testa.

Matthew ed io avevamo cominciato a divertirci insieme qualche anno prima. Non era mai stato nulla di serio, solo un po’ di sano e semplice sesso dopo qualche bicchiere di troppo o durante qualche festa troppo noiosa organizzata dai nostri genitori. Oppure nei bagni della scuola, o ancora al cinema durante la première di un orribile film francese a cui ero stata obbligata a partecipare perché il regista era un caro amico di famiglia. O anche solo nel giardino della mia residenza in campagna o durante la crociera sul Mediterraneo organizzata dai genitori di Louis per raccogliere fondi per qualche organizzazione di cui non ricordavo nemmeno il nome. O lo scopo. Insomma, niente di serio.

«Perché, Freya? Ti amo perché ti amo…» Rispose Matthew. «Perché ormai ci frequentiamo da anni, perché credo che tu sia una persona incredibile e vorrei che diventassimo una coppia a tutti gli effetti.» Aggiunse.

Cominciai a sentire lo stomaco sottosopra, mentre la testa iniziò a girare sempre di più. Non era possibile. Matthew non aveva appena detto quello che avevo sentito. Me l’ero immaginato, era stato il rumore della fontana che aveva fatto brutti scherzi. E, parlando di fontana e acqua gelida, forse anche quella aveva contribuito a farmi sentire in quel modo.

«Freya, ti prego, dì qualcosa.» Mormorò Matthew.

Ma io non risposi e, invece, tutto quello che avevo bevuto durante la serata al locale - ma anche prima di uscire e dopo la discoteca - tornò a tormentarmi e vomitai sul muretto della fontana, proprio mentre qualcuno puntò delle torce contro di noi.

«Polizia! Uscite da quella fontana.» Disse uno degli agenti.

«Col cazzo!» Sentii esclamare Louis, prima di vedere tutto nero.

 
***

«Freya Margaret Chamberlain.» Tuonò mia madre la mattina seguente, buttando qualcosa sul mio piumone. Aprì le tende della finestra nella mia camera e poi si posizionò ai piedi del mio letto con le mani sui fianchi e l’espressione più alterata dell’universo.

Emisi un grugnito in risposta, infastidita dalla luce, dal volume della sua voce e dalla situazione in generale. Poi spostai lo sguardo - strizzando gli occhi per cercare di bloccare il sole che entrava dalla finestra - su quello che mia madre aveva lanciato sul mio letto.

Il The Sun, in prima pagina, aveva pubblicato una foto che mi ritraeva in biancheria intima, nella fontana con i cavalli a Piccadilly Circus, insieme a Louis, Elizabeth e Regina. Avevo in mano una bottiglia di Jack Daniels e stavo ridendo e schizzando Matthew, che era in piedi di fronte a me.

L’Indipendent, invece, era andato oltre e aveva fatto stampare direttamente la mia foto segnaletica, ottenuta chissà come. Avevo i capelli castani bagnati con qualche ciocca che mi copriva il viso, il trucco tutto colato e gli occhi verdi socchiusi. Di fianco alla mia, leggermente più piccole, c’erano anche le foto segnaletiche delle altre persone che c’erano con me quella sera.

Louis, con i capelli castani bagnati e appiccicati alla fronte, gli occhi azzurri con le pupille dilatate e il sorriso beffardo che sembrava voler dire «non sapete con chi avete a che fare»; Liam, con l’espressione seria e gli occhi castani spalancati in un’espressione di sorpresa - o terrore, chi poteva saperlo? Elizabeth, con i lunghi capelli biondi e bagnati per metà davanti al viso e gli occhi azzurri cerchiati di nero, le guance sporche di mascara colato; Regina, con un occhio verde socchiuso e l’altro aperto e i capelli rossi, che all’inizio della serata erano raccolti in due trecce che le incorniciavano la testa, spettinati e selvaggi; e ancora Matthew, gli occhi azzurri che sembravano voler bruciare la macchina fotografica; Niall, uno degli unici ad essere asciutti, con i capelli biondi leggermente spettinati e gli occhi azzurri aperti in un’espressione di vergogna. E infine c’era Harry, l’unico altro ragazzo asciutto, con i capelli castani e ricci spettinati, gli occhi verdi con le pupille dilatate per colpa dell’alcool ingerito e un’espressione cupa e arrabbiata.

«Freya Margaret Chamberlain, figlia di Thomas ed Edith Chamberlain, è stata arrestata ieri sera per ubriachezza molesta a Piccadilly Circus, Londra dopo aver passato la notte in un locale del Mayfair insieme a Louis Tomlinson, Matthew Collinsworth, Elizabeth Wakefield, Regina Blake, Liam Payne, Niall Horan e un altro ragazzo non ancora identificato.» Cominciò a leggere mia madre. «Chamberlain e i suoi amici sono stati fermati dopo essere entrati nella fontana dei Cavalli di Apollo poco dopo le sei e trenta del mattino. La polizia è stata allertata da un gruppo di passanti preoccupati, attirati dagli schiamazzi dei giovani nobili, che sono stati rilasciati dopo poche ore, dopo essere stati schedati e multati. Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di scandali che hanno scosso la nobiltà inglese nelle ultime settimane.» Concluse la donna.

«Avevo caldo.» Mi giustificai con un sorrisetto. Sapevo che mia madre odiava quando mi comportavo in quel modo e, onestamente, non mi dispiaceva vederla in quelle condizioni. Era furiosa e, se solo avesse potuto, mi avrebbe fulminata con lo sguardo.

«Non c’è bisogno che io ti ricordi quello che è appena successo.» Continuò mia madre, fingendo di non avermi sentita. «I giornali hanno appena scoperto che i  Peterson utilizzavano i soldi della loro associazione di beneficenza per le loro vacanze, stiamo vivendo sotto una lente d’ingrandimento e non abbiamo bisogno di ulteriori articoli che ci dipingano in questo modo così negativo. Nell’articolo dicono che tuo padre ed io non ti abbiamo insegnato i giusti valori della vita, ci stanno facendo passare per dei genitori orribili. Per rimediare, oggi, dovremo portare tua sorella alla mensa dei poveri e chiamare la stampa per farle fare delle foto mentre fa volontariato.» Concluse la donna, aggrottando le sopracciglia.

Sbuffai, perché ovviamente tutto doveva sempre ruotare intorno a lei, a mio padre e a mia sorella. Ero stata arrestata, c’erano in giro delle mie foto in biancheria intima mentre vomitavo in una fontana e lei si preoccupava per la sua reputazione. Tipico.

«Buon divertimento.» Dissi, girandomi dall’altra parte e fingendo di continuare a dormire.

«Certo, che cosa mi aspettavo? Che mi dicesse che voleva venire anche lei a fare volontariato? Ovviamente no! Ho due figlie e solo una delle due è cresciuta normale.» Sentii mia madre borbottare mentre usciva dalla mia stanza, lasciando la porta aperta.

Attesi che girasse l’angolo, poi sgattaiolai fuori sulla terrazza e accesi una sigaretta, controllando gli ultimi messaggi sul cellulare e Instagram, per vedere se qualcuno aveva pubblicato foto della sera precedente. Scoprii che Regina aveva scattato una foto a me e Louis mentre eravamo sui gradini della statua di Eros e Matthew, prima che succedesse quello che era successo la notte prima, mi aveva fotografata di profilo, nel locale, e aveva pubblicato lo scatto mettendo solo un cuoricino nella descrizione.

Oh, no. Pensai. Stava andando tutto così bene e ha rovinato tutto.

Il mio telefono cominciò a suonare. Vidi sul display il nome di Louis e risposi immediatamente.

«I tuoi ti hanno già rotto le scatole e ti hanno ricordato dello scandalo dei Peterson?» Domandai prima ancora di salutarlo.

«Ovviamente.» Rispose lui. Lo conoscevo benissimo e riuscivo a sentire il sorriso nella sua voce. Riuscivo anche a immaginarmelo, con quell’espressione sarcastica che aveva sempre, un sopracciglio più alzato dell’altro e il sorriso obliquo che faceva tanto impazzire le ragazzine inglesi che vedevano le sue foto sui giornali o che lo seguivano sui social media.

«Anche mia madre ci ha provato questa mattina.» Dissi, buttando un po’ di cenere giù dal terrazzo. Non avevo nemmeno guardato l’orario, ma pensavo che fosse pomeriggio inoltrato. Le strade del Mayfair brulicavano di autobus, taxi e pedoni.

«Ehi, ricordati la festa in maschera di questa sera per il compleanno di Regina. Le abbiamo promesso di esserci.» Disse il ragazzo dopo qualche secondo.

Alzai gli occhi al cielo. Regina era simpatica, ci divertivamo insieme, ma a volte era un po’ troppo infantile. Chi voleva festeggiare i propri diciannove anni con una festa in maschera in abiti formali (lunghi, perché l’aveva espressamente specificato nell’invito) con adulti da tutte le parti? I balli in maschera erano potenzialmente divertenti. Infatti mi era già capitato di incontrare uno sconosciuto attraente, di finirci a letto insieme e di non scoprire mai né il suo nome e né il suo aspetto fisico, perché nessuno dei due si era tolto la maschera. Era stato eccitante, una cosa diversa. Un modo per rompere la solita, noiosa routine. Ma un evento così formale, con genitori e nonni… no, sarebbe stato davvero orribile.

«Okay.» Dissi. «Dovrò ricordare a Ingrid di andare a prendere il mio vestito.» Mormorai, pensando alla mia donna di servizio. Quella che, praticamente, mi aveva cresciuta al posto di mia madre.

«Freya, se le cose diventano noiose puoi sempre sgattaiolare via con Matthew.» Disse Louis. Se fosse stato davanti a me, probabilmente, mi avrebbe anche fatto l’occhiolino, avrei potuto giurarci.

«Non credo proprio.» Mi lasciai sfuggire, scuotendo la testa.

«Okay. Allora potrei offrirmi io come volontario.» Rispose Louis. Come sempre non mi chiese nulla, perché sapeva che non avrei avuto voglia di parlarne. E sapeva anche che, qualunque cosa fosse successa, non era un suo problema.

«Decisamente meglio.» Dissi, appoggiandomi alla ringhiera per rimanere in piedi. Erano giorni che avevo giramenti di testa nei momenti più impensabili della giornata. Forse avrei dovuto evitare di ubriacarmi quasi tutte le sere.

«Freya, i tuoi genitori hanno richiesto la tua presenza in salotto per il tè pomeridiano.» Disse Ingrid, uscendo sul terrazzo e sorridendomi.

Mi conosceva da diciannove anni, era stata una figura materna per me, eppure ci avevo messo tantissimo tempo a farle capire che non volevo che mi desse del lei. Era assurdo, lo trovavo strano e inutile.

Annuii e aspettai che tornasse nella mia stanza prima di parlare di nuovo con Louis.

«Riunione di famiglia?» Mi domandò il ragazzo, che aveva sentito tutto.

«Vorranno cercare di spedirmi in qualche clinica lontana dall’Inghilterra o obbligarmi ad andare alla mensa dei poveri con mia sorella, oggi pomeriggio.» Risposi, sbuffando. «In ogni caso devo per forza andare, altrimenti il prossimo passo sarà inviare la mia guardia del corpo a prelevarmi con la forza e trasportarmi al piano di sotto.» Aggiunsi.

Sentii Louis ridere, poi ci salutammo e terminai la conversazione. I giramenti di testa non sembravano voler passare quella mattina - o meglio, quel pomeriggio - e avevo ancora un terribile senso di nausea. La sola idea di mangiare tramezzini o pasticcini e bere tè insieme alla mia famiglia mi faceva venire voglia di nascondermi sotto il piumone e rimanerci per il resto del fine settimana.

 
***

Ingrid mi consigliò di cambiarmi e di mettere qualcosa di più appropriato per il tè delle cinque, dicendomi che, per quanto fosse bello il completino intimo che stavo indossando, non era ciò che avrebbe messo lei per una situazione del genere.

Volevo bene a Ingrid. Era forse l’unica persona in tutta quell’enorme casa a cui ero affezionata. Lei mi diceva sempre le cose come stavano, mi riprendeva quando sbagliavo qualcosa (anche se trovava sempre un modo educato e divertente per farlo) e mi sosteneva in tutte le decisioni. Anzi, mi aiutava persino a scegliere cosa fare. Era stata lei a dirmi che, se fosse stata nei miei panni, si sarebbe iscritta al college invece di rimanere a casa a fare nulla.

«Non si sa mai cosa potrebbe succedere nella vita.» Mi aveva detto. «I soldi non dureranno per sempre. Probabilmente nel tuo caso lo faranno, ma non si può mai sapere. Studia qualcosa, impara a fare bene qualcosa che ti piace e il tuo futuro sarà sempre al sicuro.» Aveva aggiunto.

Così mi ero iscritta alla facoltà di Storia dell’Arte allo stesso college che frequentava tutto il mio gruppo di amici.

Finii di prepararmi - senza metterci troppo tempo o impegno - e raggiunsi i miei genitori in salotto. Notai subito che non erano soli. Un ragazzo biondo era seduto sul divano e stava dando le spalle alla porta da cui ero arrivata.

Era la testa di Matthew, ne ero sicura. Infatti il ragazzo si girò verso di me dopo pochi secondi e mi salutò con un sorriso.

«Matt ci ha dato la bella notizia.» Disse mia madre, versando del tè nella mia tazza e facendomi cenno di sedermi di fronte a lei. Non mi mossi dal punto in cui mi ero fermata e fissai il ragazzo.

«Siamo davvero felici che abbiate cominciato a uscire ufficialmente.» Intervenne mio padre. «A parte quello che è successo ieri sera - e sono piuttosto sicuro che sia stata tutta una tua idea, Freya - Matthew è un ragazzo molto stabile. Di solito ha una buona influenza su di te.» Continuò l’uomo, scrutandomi da dietro gli occhiali.

«Abbiamo deciso di organizzare una festa per annunciare il vostro fidanzamento.» Disse mia madre. Poi parlò a bassa voce per pochi secondi con la nostra cameriera, che riempì un piatto di tramezzini e me lo portò.

Appena sentii il profumo - che in quel momento avrei definito puzza - di salmone, il mio stomaco si ribaltò e dovetti correre in bagno. Dovevo essere allergica a Matthew e a tutta quella situazione. La prima volta che ero stata male era stata quando mi aveva detto che mi amava. E poi ero stata prontamente male di nuovo quando i miei genitori avevano deciso di obbligarmi a stare ufficialmente con lui.

Oppure… no, non poteva essere.

«Tutto bene, Freya?» Domandò Ingrid da dietro la porta.

«Sì.» Mentii, cercando di ricordare l’ultima volta che avessi avuto il ciclo. Non era stato il mese precedente, quello era sicuro, ma avevo dato la colpa allo stress. E se non fosse stato solo quello il motivo del mio ritardo?

«Sicura? Hai bisogno di qualcosa? Devo chiamare il dottore?» Insistette Ingrid. Sapevo che non mi avrebbe abbandonata finché non avesse avuto la certezza che stavo bene. E, onestamente, in quel momento avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse.

«Puoi entrare un secondo?» Dissi, alzandomi dal pavimento e andando ad aprire la porta che avevo chiuso a chiave. Ingrid entrò immediatamente e, dopo un solo sguardo al mio viso, mi abbracciò stretta.

«Dimmi tutto, tesoro. Cosa sta succedendo?» Chiese.

«Ingrid, credo di aver bisogno di un test di gravidanza.» Risposi, con il panico nella voce.

 
***

Mandai la donna a dire ai miei genitori e a Matthew che stavo troppo male per raggiungerli per il tè del pomeriggio e poi le chiesi di uscire, andare al primo Boots che trovasse in giro e comprare un test di gravidanza.

Quando tornò con il sacchetto di plastica bianco e blu e mi porse la scatola di cartoncino che conteneva ben tre test, il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. Non poteva essere. Stavo solo soffrendo dei postumi della sbornia colossale della sera prima. Non potevo essere incinta. Però, nelle ultime settimane, avevo avuto parecchi giramenti di testa e avevo sofferto tanto di nausea. Ero stata molto più sensibile agli odori e… e poi ero in ritardo.

Ingrid rimase con me per tutto il tempo e mi tenne la mano mentre aspettavo i risultati. Sulle istruzioni c’era scritto che avrei dovuto aspettare tre minuti. Ne erano passati due e mezzo e stavo per svenire per l’agitazione.

«Vuoi che guardi io il risultato?» Si offrì Ingrid quando il mio telefono cominciò a suonare per avvisarmi che i tre minuti erano passati.

«No.» Dissi, scuotendo la testa e chiudendo gli occhi. Era una cosa che dovevo fare io.

Sentii Ingrid stringermi ulteriormente la mano, respirai profondamente e aprii gli occhi. Li puntai sul piccolo display del test e vidi il simbolo positivo. Il mio cuore perse un battito e rimasi immobile, con il bastoncino bianco di plastica in mano e gli occhi sbarrati.

«Vuoi provare a farne un altro?» Mi domandò la donna, preoccupata.

«Sì.» Risposi, prendendo una bottiglia d’acqua e cominciando a bere. «Voglio farli tutti e tre.» Aggiunsi, tracannando un altro lunghissimo sorso.

Quando anche il terzo test mi diede lo stesso risultato positivo, qualche ora dopo, mi lasciai cadere sul mio letto e mi coprii con il piumone, incredula.

Il test di gravidanza era accurato al novantanove percento. E, anche volendo, era più probabile ottenere un falso negativo rispetto a un falso positivo. Avevo fatto il test tre volte e avevo visto lo stesso stupido ‘+’ apparire per tre volte. Ero incinta, mi sembrava piuttosto ovvio a quel punto. Ma cosa avrei potuto fare? Avevo solo diciannove anni. Non ero pronta per diventare madre. E poi chi era il padre? Perché Matthew non era di certo l’unico ragazzo con cui ero andata a letto ultimamente. No. C’erano anche Louis, il tizio mascherato alla festa, la guardia del corpo di mia sorella… e anche quel ragazzo carino che avevo conosciuto in un locale, una sera in cui Matthew aveva deciso di non uscire perché avrebbe dovuto studiare per un esame. E forse ce n’erano stati anche altri, ma quando uscivo avevo la tendenza a bere troppo e a volte mi capitava di non ricordare nulla.

«Merda.» Mormorai. «Merda, merda, merda, merda.»

 


Buongiorno! Ben ritrovati (se ci conosciamo già) e benvenuti (se è la prima volta che leggete una delle mie storie)! Questa volta ho deciso di scrivere qualcosa di un po' diverso rispetto alle altre. I protagonisti di questa storia sono nobili inglesi e la loro vita è eccessiva in tutti i sensi. Questo è il prologo, il primo capitolo lo pubblicherò martedì prossimo. Nel frattempo spero che vi incuriosisca e che vi piaccia!
Vi mando un abbraccio e grazie per aver deciso di leggere fin qui!
A martedì <3

 

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