Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.
D’istinto, vorrei
dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia
un filino migliore di Arthur con Mordred.
E poi è dedicata a chi
mi segue con costanza e affetto.
A chi si entusiasma
per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.
Voi rallegrate le mie
giornate!
Grazie.
Magic Melody (Mordred’s Lullaby)
Epilogo - Otto
mesi dopo.
Febbraio era gelido, quell’anno, ma Londra era magica sotto la neve e a Merlin era mancata un sacco.
Era la prima volta che rimetteva piede in Gran Bretagna dopo la fuga da Arthur, e – anche se gli piaceva pensare il contrario – sapeva che non era servito poi a molto.
Certo… il dolore non era più così opprimente, come i primi giorni. Col tempo, era diventata una pena con cui convivere, pungeva ancora sottopelle, come un prurito che non andava mai via, ma Emrys aveva cercato di continuare la sua vita.
Di lì a un mese, sarebbe iniziato un nuovo tour per tutta l’Inghilterra e lui era lì per esercitarsi in pace e magari per riuscire a comporre qualche nuovo brano, traendo spunto ed energia dal parco che tanto amava.
Tra un mese, poi, sarebbe uscito anche il nuovo libro di Arthur De Bois, e questo – se non altro – sarebbe stata un’iniezione di entusiasmo sincero, perché moriva davvero dalla curiosità. Quello poteva essere l’ultimo volume di una saga che durava da anni, quindi la tensione (per lui e per tutti gli altri fans) era davvero alta.
In aggiunta a questo, l’autore – stranamente – non aveva rilasciato alcun aggiornamento sulla situazione del suo lavoro.
Di solito, durante i lunghi mesi di lavorazione, De Bois twittava lo stato di avanzamento del romanzo; nel suo blog personale infilava qualche curiosità e, per i più impazienti, metteva persino qualche piccolo spoiler che, a onor del vero, più che sfamare faceva solo aumentare i livelli di curiosità fra i suoi estimatori, Merlin per primo.
E invece… invece erano passati mesi e mesi di assoluto silenzio.
L’ultimo tweet risaliva al giugno
scorso – Merlin lo ricordava bene, perché sapeva esattamente come ci si
sentisse in quel momento – in cui De Bois, per la
prima e unica volta, aveva parlato di sé e non del suo lavoro.
Il messaggio era crudo e lapidario. E poi il romanziere era sparito nel nulla più assoluto.
Merlin si era dimostrato solidale con quei sentimenti, e forse capiva meglio di tutti che il silenzio mediatico del suo autore preferito era un modo come un altro per rattoppare un animo lacerato.
Ma ora, a distanza di tempo e con l’imminente uscita del tanto atteso epilogo della saga, anche Emrys doveva confessare che non passava giorno senza fare una capatina sul sito del suo idolo e scorreva le pagine di twitter per prima cosa, ogni mattina facendo colazione, per scoprire eventuali novità.
Invariabilmente, rimaneva deluso e frustrato dall’assenza di qualsivoglia segni di vita, quindi era ormai lecito presupporre che no, marzo non sarebbe stato il mese effettivo della pubblicazione – ammesso che Arthur non avesse mentito di proposito anche su quello, pensò amaramente, con una stretta al cuore –, perché non era ancora stata rivelata nessuna data ufficiale per il lancio e febbraio non sarebbe durato in eterno. Rimaneva la primavera, però. Perché almeno in quello Pendragon ci aveva azzeccato, quando – contemporaneamente alla sua soffiata – erano trapelate le prime indiscrezioni sul timing del rilascio.
Merlin si versò una tazza di tè, accendendo il portatile per la sua ronda quotidiana, e scorse velocemente i vari tweet, prima di sentire il fiato mozzarsi in gola, e per poco non cadde dalla sedia.
C’era! C’era un tweet di Arthur De Bois!
Merlin aveva letto e riletto quel messaggio decine di volte,
mangiandosi le mani perché era stato scritto addirittura la sera precedente, e
lui non se n’era accorto. Ma poi, razionalmente, si
disse che era stato meglio così, altrimenti non avrebbe chiuso occhio tanta era
l’agitazione che sentiva dentro.
Riguardò lo schermo, come se – ad un’ennesima occhiata – potesse scoprire qualcosa che prima gli era sfuggito, qualche impercettibile, vitale informazione.
Il tè era diventato freddo nel frattempo, ma non se ne curò.
Cosa
significava quel tweet? Che riguardasse il libro? Oppure… era una cosa personale,
una specie di sfogo?
Per le due ore successive, il pianista tentò inutilmente di esercitarsi, ma si perdeva nelle note del pentagramma, perché quella manciata di parole criptiche lo avevano scombussolato completamente.
Perché dire questo –
proprio questo – dopo mesi di silenzio? Che significato aveva?
Era così concentrato nella riflessione che, quando il campanello di casa suonò, trasalì spaventato.
Dopo aver controllato per scrupolo dallo spioncino, aprì la porta e il postino gli porse un piccolo pacco. Firmò la ricevuta, stupito, e richiuse il portone dietro di sé.
Era strano ricevere
posta, perché praticamente nessuno sapeva che lui era
tornato a Londra.
Per di più,
all’apparenza, non c’era neppure il mittente.
Merlin si diresse in salotto e, sedutosi sul divano, aprì l’incarto che – sorpresa delle sorprese – conteneva un libro.
“Oh, Buon Dio!” esclamò allora, afferrando con le dita tremanti il tomo. “Oh, Buon Dio!”, ripeté, col cervello in blackout.
La copertina non aveva un aspetto familiare; ma, in alto, con un’elegante grafia dorata, campeggiava il nome di Arthur De Bois.
Come poteva avere fra
le mani un libro che sarebbe stato dato al mondo solo un mese dopo?
Certo, Emrys non era così sciocco da non sapere che esistevano delle copie approntate prima della diffusione ufficiale, ma...
Ma perché darne una a lui?
Che… che fosse soltanto
uno scherzo di cattivo gusto?
Respirando con difficoltà, Merlin rimase cinque minuti buoni solo a fissare il nome dell’autore e poi il titolo stampato nello stesso carattere: Magic Melody. Questo era il titolo che chiudeva la saga.
Con un sospiro tremante, sfogliò le prime pagine, e fu a quel punto che raggiunse la dedica.
Al mago,
che ha liberato il drago dal bosco.
E lo ha incantato, con i suoi sorrisi,
rubandogli il cuore.
Con le sue mani, intesse arcana soavità,
magica melodia che commuove anche gli angeli.
Merlin sbatté le palpebre, stranito.
No. Non poteva essere,
non… Chiuse gli occhi e li riaprì, ma la dedica non cambiò. Doveva esserci qualche malinteso, una coincidenza,
qualcun altro che… che… Arthur De Bois non poteva riferirsi a lui!
Con un colpo secco e il cuore in gola, chiuse di scatto il volume e, in quel gesto brusco, spuntò dal tomo un foglio piegato.
Con una morsa allo stomaco, sfilò il pezzo di carta e lo distese, riconoscendo all’istante la calligrafia.
Mio
caro Merlin,
immagino di aver perso la prerogativa di chiamarti
così, e so che non dovrei permettermi di cominciare in questo modo la mia
lettera, ma ti chiedo di pazientare.
In
nome di tutto ciò che è sacro, voglio solo cinque minuti del tuo tempo e poi,
poi potrai scegliere di ignorarmi o di odiarmi per sempre. Okay?
Non
so esattamente come iniziare (e per uno che si guadagna il pane scrivendo,
credimi, non è molto lusinghiero), perché, vedi, ho provato e riprovato a
scriverti, nella mia testa, un’infinità di volte, e tutto filava liscio; ma
puntualmente, ora, qualcosa non va e so che probabilmente dimenticherò qualche parte
fondamentale… e poi non so nemmeno se sei ancora lì, o hai già fatto a pezzi
questo foglietto.
Potrei
cominciare chiedendoti scusa – scusarsi è sempre un bel modo per iniziare un
dialogo –, ma non credo che mi staresti a sentire.
Perciò,
mi limiterò a dirti la verità: la verità tardiva che
non hai voluto ascoltare a suo tempo, quella stessa verità che non potevo dirti
quando ci siamo conosciuti.
Per
quel che vale – credimi, Merlin – non ho mai voluto farti del male.
Speravo,
forse ingenuamente, che tutto sarebbe andato a posto
nel momento in cui ci saremmo chiariti, e invece ho mandato tutto a puttane. Ho
rovinato la cosa più importante che avevo.
Nel
caso te lo stessi chiedendo, il libro che hai sulle
ginocchia non è un modo per rabbonirti e comprare il tuo perdono. È tutt’altro.
È
il motivo per cui ti ho perso.
Questo
è il “figlio” di cui non sono riuscito a parlarti
quella famosa sera.
Sì,
Merlin. A questo punto, spero di non offendere la tua intelligenza confermando
che, dietro allo pseudonimo del tuo autore preferito, ci sono io.
De
Bois è il cognome da nubile di mia madre, e l’ho
scelto perché non volevo né il peso né i favoritismi che il nome della famiglia
Pendragon mi avrebbe portato.
Volevo
farmi strada da solo, volevo che il mio ardore
divenisse talento senza aiuti… Volevo che il meraviglioso uomo che mi ha
accolto in casa sua, anche se ero bagnato come un gatto fradicio, mi amasse
semplicemente perché ero Arthur. Non il famoso scrittore, non il suo idolo.
Arthur e basta.
Stavo
per dirtelo, sai? In mille occasioni ci ho provato, ma
– oltre alle mie paure – c’era un contratto che mi obbligava al silenzio. E ora
quel contratto non esiste più. Non appena il libro sarà uscito, verrò alla luce con lui, perché ho capito di aver pagato un
prezzo troppo alto, perdendoti.
L’altra
enorme cosa di cui mi rammarico sono questi otto mesi buttati via
nell’amarezza.
Una
parte di me spera che tu sia andato avanti con la tua vita, relegandomi nel
passato, senza più penare.
Ma
credo che entrambi abbiamo patito troppo in tutto questo tempo – con questa
enorme questione irrisolta fra noi – e se tu non fossi scappato, ce lo saremmo risparmiati.
Non
posso fartene una colpa, non ne ho nessun diritto: lo considero solamente un
dato di fatto.
Se
ci fossimo chiariti all’indomani, forse tu mi avresti perdonato, oppure mi avresti
chiuso fuori dalla tua vita, ma ci saremmo risparmiati tutto questo.
Sappi
che ti ho cercato, ti ho aspettato, ho bussato ad ogni
ora alla tua porta; e quando ho capito che avevi abbandonato la tua casa di
Londra, sono andato da Will per chiedergli dove fossi, per chiarire tutto
quanto.
Lui
mi ha cacciato via – ci ho quasi rimediato un bel cazzotto, ma lo meritavo –
sbraitandomi contro tutto quello che pensava: che non
ero degno di te (vero), che ero un bugiardo (vero), che dovevo tornare da quel Cenred con cui ti avevo tradito (falso).
Non
penso che mi abbia creduto – non so nemmeno se ti abbia riferito di questo
nostro incontro –, ma non ti ho mai tradito con nessuno: credimi, Merlin.
Cenred è il mio agente e il marito della mia editor, Morgause; lui è un
cretino troppo espansivo, a cui piace dispensare
abbracci e fingere di provarci con tutti.
Purtroppo,
è ancora il migliore nel suo campo, ed è anche grazie a lui se sono diventato
così famoso: questo è il motivo per cui lo sopporto tuttora, anche se vorrei
licenziarlo un giorno sì e l’altro pure.
Ma dal tuo punto di vista… vedermi con lui dev’essere stato uno shock, e lo capisco.
Di
nuovo, mi rammarico che non ci siamo detti le cose in quel momento… e poi, poi
era semplicemente troppo tardi, no?
Comunque
sappi che ho smesso di cercarti, ma non di amarti.
Ho
capito che avevi bisogno dei tuoi spazi, del tuo tempo. Ma i sensi di colpa non
mi hanno mai abbandonato, né lo hanno fatto i miei
sentimenti per te.
So
di aver sbagliato. Ho sbagliato su ogni fronte. E non mi perdonerò mai per il
dolore che ti ho causato, anche se – davvero, lo giuro – non ho mai voluto che
tu soffrissi.
Ti
prego, non credere che volessi prendermi gioco di te.
Oppure
che non ti reputassi abbastanza degno per presentarti
ai miei amici, o che per me non fossi così importante da fidarmi di te.
Mi
sono scavato la fossa da solo, a colpi di menzogne. Ma
il mio amore per te era sincero – è sincero!
Ho
amato ogni momento che abbiamo condiviso, e vorrei ancora amarti per il resto della
mia vita.
Ecco.
In questo momento, ammesso che tu abbia ancora in mano il foglio, ti starai
chiedendo come potresti mai fidarti ancora di un bugiardo come me.
Se
ti ho mentito su questo, chi può garantire che non risuccederà?
Potrei
giurare e spergiurare che la mia buonafede è sincera. Che, in un modo contorto
e sbagliato, ho cercato di agire per il meglio.
Forse
ti sembrerò solo egoista, Merlin – a volerti ancora nella mia vita, o anche
solo a pretendere il tuo tempo, adesso, dopo tutto il male che ho causato.
E
probabilmente avresti ragione. (Senza il probabilmente).
C’è
un’altra cosa che dovrei confessarti: non sono abituato alle espansioni di
gioia dei miei ammiratori.
La
mia doppia vita ha sempre richiesto di sacrificare anche questo, ma non mi sono
mai accorto di quanto mi perdevo, prima di conoscere te.
Ogni
volta che nominavi Arthur De Bois e i suoi libri… mi
riempivi il cuore.
Il
modo in cui ti si illuminavano gli occhi, mentre
parlavi delle mie creature… Dio, Merlin! Non riesco neppure a descriverlo!
Il
tuo entusiasmo genuino, la passione che mi trasmettevi… è stato questo, questo
che mi ha fatto andare avanti nei mesi scorsi.
Ho
finito il libro pensando a te, alla tua attesa impaziente, alla fedeltà che mi
avevi riservato come fan, all’amore che non meritavo, ma che avrei voluto
ricambiare con tutto il cuore.
Mi
sono sforzato di scrivere – giorno dopo giorno – anche se dentro mi sentivo morire.
E
pensavo a te. A te, a quest’ultimo legame, che ci teneva ancora uniti, appesi
per un filo.
A
costo di sembrare ridondante, posso affermare con certezza che questo libro è
anche un po’ tuo. È nato anche grazie a te.
Vorrei
dirti ancora molte cose, ma so che finirei per ripetermi più di quanto abbia
già fatto.
Il
punto è che ti amo. E vorrei il tuo perdono.
E
ricominciare da zero sarebbe fantastico – questo direi
che riassume bene il tutto –, ma più ancora dei miei bisogni, meritavi di
conoscere la verità.
Bene.
Mi rassegnerò a chiudere qui, senza patetici indugi.
Non
mi aspetto una risposta. In realtà, non mi aspetto niente, sai?
Era
un atto dovuto e l’ho assolto.
Con
amore,
Arthur
Merlin ripiegò la lettera e soffocò l’ennesimo singhiozzo, mentre la vista si sfocava completamente in grossi goccioloni cadenti.
Oh, dannazione a
quell’idiota!
Dopo aver lasciato sedimentare il tutto, prese il cellulare e cercò nella rubrica il contatto che non aveva mai avuto il coraggio di cancellare, neppure quando aveva cambiato scheda per causa sua.
Conosceva il numero a memoria, in realtà, ma non si fidava delle mani che gli tremavano.
“Pronto?” aveva detto Arthur, all’altro capo della linea, esitando per l’utente sconosciuto. “Chi parla?”
Merlin aveva
intenzione di picchiarlo, di insultarlo, di punirlo.
“Ti aspetto a casa mia fra mezz’ora”, ordinò perentorio, prima di riattaccare.
E poi lo avrebbe
baciato fino a farlo svenire.
-
Fine -
Disclaimer: I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D
E a Laura, che si sciroppa le
anteprime con un entusiasmo che mi commuove.
Note: Ed eccoci al momento di salutare anche questa fic.
Ad onor del vero, ho un paio di bozze che potrei sviluppare e postare come raccolta a parte, ma ho come l’impressione che la storia abbia perso interesse per voi lettori, quindi vorrei capire se sareste interessati o no, ad un possibile seguito, perché altrimenti mi dedicherò ad altro.
Per rispondere ad alcuni commenti: sì, sono stata cattivella… ma dovevo farli soffrire un po’, e stavolta usare Arthur con un segreto invece che Merlin, e con un Merlin, per una volta, un po’ egoista che se ne va seguendo il suo dolore. Quanta gente sarebbe effettivamente disposta a dare retta ad un bugiardo appena conosciuto, che probabilmente ti sta pure tradendo? Anche se Merlin ha sbagliato, non so se si possa biasimare del tutto…
Precisazione (forse inutile): so che nella lettera ci sono ripetizioni di concetti, ma è voluto, come se Arthur avesse buttato fuori, in modo spontaneo e caotico, quello che si è tenuto dentro per tutti quei mesi.
Volevo darvi l’idea di un Arthur che l’ha scritta di getto e che, se l’avesse riletta, si sarebbe pentito e forse l’avrebbe cestinata di nuovo.
Nella dedica del libro, c’è un richiamo al soprannome di Merlin (Il mago del pianoforte), al cognome Pendragon (=Testa di drago) e al nickname di Arthur: per chi non sapesse il francese “De Bois” vuol dire “Di Bosco”.
Secondo la tradizione arturiana, la madre di Arthur, Ygraine, faceva di cognome De Bois.
Il genere scritto da Arthur è volutamente non specificato per non fuorviare il lettore.
Da questo ultimo capitolo, si può intuire che sia un genere fantasy, ma in realtà ogni lettore può immaginare ciò che vuole.
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Ringrazio i 17 utenti che hanno messo la fic fra i ‘preferiti’, i 7 ‘da ricordare’ e i 63 ‘seguiti’.
Visto che siamo alla fine, mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, soprattutto da parte di chi ha sempre seguito silenziosamente la storia. ^_=
Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):
- Aggiornata
“The
He in the She 2: La
Raccolta” con il cap. 2.
Campagna di Promozione Sociale -
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elyxyz