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Autore: BrendaLeeJ    07/04/2015    1 recensioni
Sono le 19.15 di un Sabato sera indefinito di Giugno, è una sera afosa in cui gli odori di campi adibiti a risaie inebriano prepotentemente l'aria con il loro intenso e pungente profumo di terra bagnata; una strada provinciale semi deserta si stende per chilometri nel panorama agricolo adornata ai margini da graminacee dorate e papaveri spontanei, alterna tratti con piccoli paesi a tratti con grandi distese di terra coltivata. Una vecchia Panda nera sfreccia solitaria su una corsia in direzione Centro Provincia, dal finestrino abbassato dell'autista proviene a tutto volume una canzone dei Nirvana: “Smells like teen spirit”. Al volante una giovane ragazza, Felicity Greco, guida assorta, occupata a sostenere un silenzioso dialogo interiore con se stessa.
Genere: Drammatico, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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11. Pura Follia
 

Era da venti minuti ferma sotto casa, non riusciva a decidersi ad uscire dalla macchina, quella situazione era totalmente assurda e lei si sentiva intrappolata. Si era accorta di non voler salire, forse perché infondo quella casa sapeva anche un po' di lui e finché non era arrivata sotto al palazzo non ci aveva pensato, ora che se ne era accorta non sapeva che fare se non rimanere li con le mani in mano a fissare il quadro spento della macchina.

L'uomo aveva parcheggiato fuori dal cancello per non destare sospetti e si era avvicinato a piedi alla Fiat della ragazza, era rimasto nell'ombra, l'osservava immobile mentre i minuti scorrevano silenziosi. Ad un certo punto vide la portiera finalmente aprirsi e una chioma bionda uscire dall'abitacolo, ebbe uno slancio incontrollato e in pochi secondi si trovò dietro di lei.

Si sentì stupida, non poteva rimanere li tutta la notte, non poteva non tornare a casa. Sarebbe salita, cambiata, avrebbe letto la casella email del lavoro e poi sarebbe andata a letto. Aprì la portiera e scese dall'auto. D' improvviso sentì una presenza dietro di sé, si girò di scatto senza capire, una mano le bloccò la bocca e la spinse verso la macchina. Cercò terrorizzata di liberarsi aggrappandosi tesa al braccio di quella figura che la sovrastava.
< Non avere paura, sono io. > un ombra indefinita le bisbigliò.
Fu allora che Felicity sgranò gli occhi, nella penombra del parcheggio le era impossibile riconoscere chi aveva davanti ma quella voce, anche a distanza di anni, quella voce era per lei impossibile da dimenticare. Lasciò deboli le braccia e anche l'uomo a quel punto allentò la presa liberandole la bocca. Rimase qualche secondo intontita a guardare quel volto scuro, invecchiato, ma che ora man mano che i secondi passavano le sembrava sempre più familiare. Come era possibile? Stupita e intimidita lasciò che quel poco fiato che le era rimasto in corpo dopo lo spavento si tramutasse in un filo di voce.
< Papà? >

 

< Se vuoi puoi sederti > Dante Greco accolse il gelido invito della figlia e si accomodò sul divano.
Le aveva chiesto se abitava da sola e al cenno di assenso della ragazza gli chiese se potevano salire, voleva stare con lei senza doversi guardare in continuazione le spalle. Feli non aveva proferito parola, era rimasta in silenzio per un po' forse a riflettere, ad un certo punto aveva chiuso la macchina facendo poi strada fino al portone, su per le scale, fino davanti la porta d'entrata dell'appartamento.
Nel momento stesso in cui Felicity chiuse la porta di casa sentì di aver fatto una cazzata, era li, sola con un padre che al posto che essere in quella sala avrebbe dovuto trovarsi in una cella a scontare una pena che non si sarebbe dimostrata mai sufficientemente severa per chi ha tolto una vita, per chi ha strappato una madre alla propria figlia. Non avrebbe dovuto farlo salire, ma in quel momento non aveva capito più niente.
< Perché sei qui? > la testa di Feli era un turbinio di domande a cui non riusciva a dare forma.
< Per vedere mia figlia, mi mancavi > rispose teneramente l'uomo cercando il suo sguardo, ma non lo trovò. Rigida e silenziosa la ragazza fissava il pavimento sistemando nervosamente le chiavi fra le mani. Anche a lei mancavano tante cose, ma a differenza di lui lei non aveva potuto scegliere, in quella situazione ci si era trovata, sentì salirle dentro una grande rabbia.
< Come hai fatto a.. no.. anzi no, non mi interessa. > per tutti quegli anni le era mancato così tanto, ma non era quell'uomo ciò che le mancava, ora capiva che era solo l'innocente ricordo che aveva di lui a darle il tormento. Quello che un tempo era una parte importante della sua vita ora era per lei un immenso vuoto in cui si rese conto di non voler più guardare. Provava solo profonda amarezza < Vattene > e in quell'istante si accorse di provare anche odio.
L'uomo si alzò facendola indietreggiare.
< Voglio che te ne vai > alzò il capo guardandolo ora fisso negli occhi < non voglio sapere come hai fatto, se ti hanno fatto uscire, se sei evaso, come mi hai trovato.. non mi interessa niente. Voglio solo che te ne vai. Non chiamerò nessuno, ma lasciami in pace. > le costò lacrime.
< Per favore Felicity, lascia almeno che.. > la raggiunse e l'abbracciò, fu come ricevere una pallottola in pieno petto, come se quelle braccia che un tempo la cullavano ora fossero solo in grado di farle male. Quell'abbraccio le diede la scossa e rivisse dentro di se quel dolore, quella scena, e sentì sotto pelle tutte quelle coltellate come se le avesse date anche a lei quel giorno, oltre che a sua madre.
Si divincolò furiosa < No! >
< Non ho fatto tutto questo per sentirmi dire un no! > Dante si stava spazientendo < Sono tuo padre e nessuna galera lo cancellerà > le strappò le chiavi di mano.
< Tu non sei più niente per me > non fece in tempo a dire quella frase che la mano di lui si alzò sopra di lei e la colpì facendola cadere a terra.
Quand'è che la sua piccola e tenera Felicity era diventata così insolente? Non sopportava gli venisse mancato di rispetto, non lo tollerava, lo mandava fuori di testa.
< E' così che facevi con la mamma eh? > piangeva, piangeva quasi senza respirare < Non ci hai già fatto abbastanza male? Come hai potuto? > iniziò a singhiozzare.
< Non potrai mai capire > le lacrime della figlia lo fecero ammorbidire < dammi solo la possibilità.. >
< Anche la mamma l'avrebbe voluta, la possibilità di vivere, di scegliere. Ma tu gliel'hai tolta. > l'accusò.
< Tu non sai! Non sai... > il tonò di lui si fece di nuovo duro.
< Cosa non so papà? Cosa? C'è forse qualcosa che giustifica ciò che hai fatto? >
Il peso di quelle parole era insostenibile per Dante, sapeva che non c'era risposta a tutto ciò, che non vi era in realtà giustificazione. Aveva dovuto farci i conti tutti quegli anni con se stesso, con quella parte dentro di sé più simile ad una bestia che ad un uomo. Si sentiva colpevole, ma allo steso tempo non riusciva ad accettare quel rifiuto, si sentiva diviso a metà come quella volta, quando non poté accettare che una parte della propria vita se ne andasse lasciandolo solo. Era stato più forte di lui, aveva lasciato che quel mostro venisse fuori e divorasse fino all'ultimo brandello ciò che era rimasto di loro, di lei. Ci ripensava spesso a Caterina, la madre di Felicity. L'amore a volte può essere così strano, è come una malattia che ci fa impazzire e a cui non vi è cura. Pura follia.

  
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