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Autore: Dimea    07/04/2015    0 recensioni
Sono la figlia di Arpad.
La ragazza bagnata dal Mare Magiaro. Nei miei occhi si vedono i boschi della mia terra, il mio animo è come l'impetuoso Danubio ed i miei capelli hanno lo stesso colore dei campi di grano ungheresi. Il mio nome è Elizaveta Hedervary.
La mia storia è sempre passata in secondo piano, agli occhi del Mondo, per una ragione o per l'altra. Sono sempre stata la guerriera, nell'ombra... ma la donna devota ed accondiscendente, alla vista altrui.
Nessuno ha mai sentito il bisogno di vedermi in una maniera differente. Per questo, sono rimasta intrappolata per anni, in un ruolo... nelle loro menti.
In realtà, non ho mai fatto nulla per cambiare la mia posizione, nel loro immaginario. Anzi, ho fatto di tutto per alimentare la loro idea, in proposito.
Ma sono tanti i segreti che ho taciuto al vento, troppe le parole, rimaste intrappolate tra le mie labbra.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Polonia/Feliks Łukasiewicz, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Miles away, promise from a burning bed, two worlds should never collide
One word would end it if you ever heard
Tear the page out that reminds me when I swore that I'd be strong
Now the netx time has come and gone, well maybe I'm wrong, I know...

It only hurts when your eyes are open
Lies get tossed and truth is spoken
It only hurts when that door gets open
Dreams are lost and hearts are broken
[It Only Hurts - Default]


Dopo quell'episodio, io e Gilbert, finimmo per legarci profondamente.

Spesso e volentieri, scappavamo per i miei amati boschi, alla ricerca di lepri e piccola selvaggina da arrostire la sera.
Oppure andavamo a fare brutti scherzi ai nostri "dirimpettai". La nostra vittima preferita era il piccolo Austria.
All'epoca Roderich, era un vero piagnucolone. Un frignone di prima categoria! E noi non potevamo lasciarci scappare occasioni oro, per farlo lagnare.
Ci divertivamo con poco, ci sentivamo felici. Cercavamo di vivere in uno stato di eterna adolescenza.
Il mio corpo cambiava, così come la mia voce. Ma io restavo la stessa.
I capelli sempre arruffati, la blusa e la spada al fianco.
Gilbert e Feliks, furono gli unici a non cambiare atteggiamento nei miei confronti: per loro restavo il terribile maschiaccio.
O almeno, così credevo. O speravo, forse.
Sì, speravo... o almeno, solo su Gil.
La mia mente cercava di insabbiare ciò che vedeva.
Ma in trecento anni, i legami cambiano.
Le amicizie mutano.
Le nostre frecciatine acide, cariche di innocente simpatia, divennero più pesanti e velenose... e il mio destino sempre più velato ed incerto.
In trecento anni ero cambiata io.

La primavera del 1849 era inoltrata ma l'aria profumava ancora di neve, segno che l'estate tardava ad arrivare
Quella mattina  mi ero svegliata quasi all'alba, per potermi godere il sorgere del sole dalla mia dimora sul Danubio. Quegli stupidi austriaci avevano rovinato alcune parti del mio meraviglioso Kiràlyi Vàr. Lo avevano usurpato, usato come un dormitorio... ma la mia armata l'aveva riconquistato, finalmente potevo tornare a saltellare a piedi scalzi per il mio castello.
Alzatami dalle pesanti coltri, mi ero lanciata verso l'imponente finestra che si affacciava sul Danubio e l'avevo spalancata , permettendo all'aria di penetrare nella mia anima. Rabbrividì, mentre la brezza trapassava la mia camicia di lana.
Rimasi in attesa,incantata,  mentre il sole sorgeva colorando il fiume.
Il silenzio regnava attorno. Mi sentivo immersa in un mondo a parte.
La mia anima era piena, completa. Non potevo immaginare nulla di più appagante.
Avevo tutto.
Il mio regno e la mia libertà. Non potevo chiedere di meglio.
Il pesante portone delle mie stanze si spalancò con un tonfo secco, facendomi sobbalzare.
-Forza Liz, è una giornata meravigliosa. Piantala di poltrire ed andiamo a cavalcare!-
Gilbert se ne stava  appoggiato allo stipite, le braccia conserte ed un sorriso sghembo stampato in faccia.
Indossava una blusa bianca, senza fronzoli ed un paio di calzoni poco più scuri.
Scossi la testa, mal celando un sorriso, lasciando che i miei capelli scarruffati fluttuassero ad ogni movimento del mio capo.
-Hülye, girati che mi vesto!- finsi di ringhiare.
Per tutta risposta cominciò a ghignare voltandosi di spalle.
Senza farmelo ripetere due volte, infilai la testa nel pesante armadio in pino, tirando fuori la blusa ed un paio di calzoni.
Mi vestì in fretta e furia, legai i capelli in una coda ed infilai gli stivali.
Tirando una pacca sulla spalla a Gilbert, corsi fuori dalla stanza.
-Forza, l'ultimo che arriva alla stalla, strina i cavalli al ritorno!-
Ci lanciammo giù per le scale ridendo come matti.
Una delle guardie in fondo alla scalinata, sorridendo, mi porse la mia bisaccia colma.
-Ferenc, köszi!- esclamai all'uomo, infilando la tracolla.
Attraversando il portone, ci ritrovammo a correre a perdifiato attraverso il cortile, finché la mia mano non toccò la parete della stalla.
-Ah! Ho vinto! Ho vinto! Stasera tocca a te Beilschmidt!- Saltellai.
Lui scosse la testa sorridendo, e finse di sbuffare.
-Piantala di vantarti tanto. Sella il tuo cavallo e partiamo... che qui c'è puzza di sterco.-
Con passo felpato, entrai nella stalla, dove il cavallo ambrato, del giovane prussiano, scalpitava  accanto al mio.
Mi avvicinai al mio stallone, un magnifico esemplare dal manto oscuro come la notte e dall'indole impetuosa come il Danubio. Era un puro sangue delle mie terre, donatomi dal mio Signore.
-Ciao Tempest-  lo accarezzai - Oggi ti va se ti monto senza sella?-
Gilbert mi fulminò con lo sguardo, mentre il mio destriero nitriva felice.
-Non dire stupidate, piccola magiara. Sella il cavallo!-
- Fogd porosz! Solo Perchè tu non sei in grado di cavalcare a pelo, non è un problema mio.- lo schernì montando in groppa, ed afferrando le redini.
Il mio accompagnatore scosse la testa prima di farmi cenno di seguirlo, borbottando.
Cavalcammo attraverso i meravigliosi campi di grano, mentre il sole cominciava a rischiarali con il suo luminoso sguardo.
L'aria cominciava a mutare profumo. Quella nota pungente che dapprima mi era sembrata neve, cominciava ad assumere i contorni di un aroma balsamico... pino, forse.
I muscoli dello stallone si tendevano sotto di me, mentre insieme sfidavamo il vento tiepido.
Gilbert non era un individuo chiacchierone, durante le nostre passeggiate a cavallo. Preferiva conservare il fiato per schernirmi mentre i cavalli si abbeveravano. Passava il suo tempo in sella fissandomi di sottecchi e scuotendo la testa,d i tanto in tanto.
- Rallenta Elisabeth, manca poco.- sussultai a quelle parole, ma annuì.
Lentamente cominciamo ad addentrarci in un bosco.
Il mio naso cominciò a godersi il profumo del muschio misto a quello della rugiada, mentre la luce variava di sfumature attraverso le fronde.
In una mezzo retta buona, arrivammo ad un ruscello, dove lasciammo i cavalli a bere.
Istintivamente levai gli stivali, per poter entrare nell'acqua fino alle caviglie.
Il fluido era gelido, mi pizzicava la pelle.
-Dio! E' freddissima!- urlai ridendo.
-E allora esci- rise Gilbert.
Lo ascoltai meccanicamente, continuando a ridere come una stupida. Ma lui mi guardava serioso.
-Seguimi- disse
E così feci.
Tornammo del bosco, ma il tragitto non fu affatto lungo.
Una strana sensazione mi prese lo stomaco.
Riconoscevo alcuni punti. Rocce, prevalentemente.
Fino ad una piccola radura.
Una quercia, oramai enorme e maestosa.
-Te la ricordi?-
E come dimenticarla.
Quella poteva essere la mia tomba.
Trecento anni fa...
Mi avvicinai a lei, e sfiorai la corteccia rugosa con le dita prima di appoggiare la fronte su di essa.
Mi voltai verso Gilbert, curiosa e riconoscente.
Lui restava lì, davanti a me, fermo. Un'espressione indecifrabile stampata in volto ed un anemone rosso tra le dita.
-Perchè mi hai portato qui?- chiesi
Gil non rispose, si limitò ad avvicinarsi per poi posarmi il fiore tra i capelli, con un sorriso.
Il mio stomaco riprese a contorcersi.
Il suo volto non era molto distante dal mio, esattamente come trecento anni fa...
Sentivo il suo respiro affannato e lo vidi deglutire, mentre i miei occhi si perdevano nei suoi.
Successe in un attimo.
Forse si avvicinò per abbracciarmi.
Forse per posare le sue labbra sulla mia fronte.
Ma il mio corpo si mosse da solo, nella sua direzione.
I miei talloni si sollevarono da terra, e le nostre labbra combaciarono.
Il mio cuore cominciò ad esplodere, mentre il mio corpo venne scagliato verso il tronco della quercia, ancora legato a Gilbert.
I nostri respiri si fecero affannosi, mentre le nostre lingue lottavano.
Lo shock avvenne alla nostra separazione.
Restammo a guardarci negli occhi, increduli, mentre le guance avvampavano.
Calò un tremendo silenzio imbarazzante tra noi.
Poco dopo, decidemmo di comune accordo di avviarci verso Budapest, senza proferire parola.
Il viaggio di ritorno fu un vero inferno.
Non riuscivo a non ripensare alle sue labbra ruvide. A quel bacio inaspettato.
In realtà una parte di me lo aveva predetto da molto, ma non volevo lasciar correre alcune emozioni a briglia sciolta.
Gilbert era il mio migliore amico, insieme a Feliks, non potevo rovinare tutto.
Durante la cavalcata non lo beccai a guardarmi di sottecchi, anzi.
Dopo un'interminabile cavalcata, arrivammo alle porte del castello.
Silenziosamente sgroppammo. Lui, senza voltarsi, cominciò a strigliare il suo cavallo, come se niente fosse.
-Cosa stai facendo?-
-Ho perso una scommessa o sbaglio?- rispose atono, continuando a darmi le spalle.
Mi stava ignorando.
Come poteva?!?
In un gesto disperato lo afferrai per una spalla e lo costrinsi a voltarsi.
Nulla, non contava che il suo volto fosse rivolto verso di me. Il suo sguardo restava puntato a terra.
-Perchè... ?- sussurrai
-Perchè se non rientri immediatamente, rischio di ricaderci.- rispose duro.
Ricaderci?
La rabbia cominciò a farsi strada tra le mie vene.
-E tu, mi ignori... Perchè rischi di baciarmi di nuovo...-
Lui annuì.
Mi sentì una stupida.
-Dio! Gilbert sei un idiota!- ringhiai - VATTENE DA QUI!-
Sentivo le lacrime farsi strada. Cercai di uscire dalla stalla, ma la mano del prussiano mi bloccò e mi tirò a se.
Mi strinse tra le sue braccia.
Rimasi bloccata, mentre mi avvolgeva il suo calore.
Sentivo il suo cuore battere ed annusavo il suo odore, misto a quello acre della stalla.
Restammo così una manciata di minuti, o forse secoli...
-Non posso dirti sempre tutto, piccola stupida. Non rendere le cose più difficili- Con due dita mi sollevò il mento. -No, in realtà l'hai già fatto... tre secoli fa, davanti a quella stupida quercia.-
Sorrise amaramente.
-Forse sarò stupida, come dici tu, ma non ci sto capendo nulla...-
Lui sorrise, questa volta, radiosamente.
-Forse è un bene...- sussurrò prima di baciarmi ancora.
Ed ancora.
Ed ancora.
Ed ancora.
Ogni volta con più foga, con più passione, come se cercasse di inghiottirmi l'anima.
Fu lui ad allontanarmi da se con un sorriso e con la promessa che questi momenti non sarebbero stati gli ultimi.
Rientrai a palazzo, canticchiando.
Una parte della mia anima, librava a sei metri da terra.
Non mi ero mai sentita così... felice.
Mai.

Ma la felicità non è eterna... è fatta per appassire, come le rose.
Quella notte, fu l'ultima, nel castello di Buda.
L'ultima nella mia amata Budapest.
Me ne resi conto subito, quando sentì dei colpi alla porta della mia camera.
Il forte accento, tradì il generale che stava chiamando il mio nome.
Era austriaco.
Ed io non sapevo ancora di esser stata venduta...



Continua...



Note Dell'autrice.

Eccoci qui, al secondo capitolo. Finalmente entriamo nel cuore della storia della nostra adorata Elisabeth.
Ho deciso di aggiungere alcuni termini in ungherese.
Spero vi sia piaciuto, in tal caso... spero in qualche commento.
Ringrazio chi ha commentato fino ad ora e chi ha aggiunto la storia tra le seguite e le preferite.
Grazie di cuore.

Piccolo dizionario...
Kiràlyi Vàr :  il Castello di Buda, a Budapest. Veniva usato come dimora dei sovrani.
Hülye : Stupido
Fogd porosz : Zitto Prussiano
Ferenc, köszi!: Grazie Ferenc!

   
 
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