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Autore: Arianna4President    08/04/2015    2 recensioni
Questa volta Enjolras riuscì a osservarla meglio: la bambina poteva avere la metà dei suoi anni, circa sei o sette. I capelli biondi erano sporchi e le ricadevano disordinati sulle spalle, coperte solo da uno scialle leggerissimo pieno di buchi. Anche il vestito che portava, notò il ragazzino stupito, era completamente rovinato. A completare il quadretto, la bambina era scalza. Enjolras non aveva mai visto qualcuno sembrare così triste.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cosette, Enjolras
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uhm, boh. Guardare questo film troppe volte mi fa venire strane idee. 
“E’ disgustoso”.

Il sibilo infuriato di sua madre riportò Enjolras alla realtà. Gli occhi del ragazzino, che fino ad allora avevano scandagliato con interesse la via coperta di neve, si focalizzarono su un edificio fatiscente di fronte alla loro carrozza. L’insegna sbiadita, che rappresentava probabilmente una battaglia, cigolava al vento in maniera piuttosto lugubre.

“Non ho intenzione di passare la notte in questo posto” riprese sua madre, stringendosi nel cappotto.

“Sii ragionevole, cara” rispose suo padre con un tono che non ammetteva repliche “La ruota della carrozza è rotta e non possiamo ripartire prima di domani mattina. So che non è ciò a cui siamo abituati “ aggiunse abbassando la voce nonostante la strada fosse deserta “ma è l’unica taverna in questa zona della città che abbia ancora posto”.

Alla risposta stizzita di sua madre Enjolras si distrasse di nuovo e riprese a guardarsi intorno. Non gli capitava spesso di uscire: la casa dei suoi genitori era circondata da un parco enorme, ed era lì che aveva passato la maggior parte della sua infanzia, sognando ma non osando di scavalcare l’alto cancello che lo separava dal resto del mondo. Naturalmente in inverno non gli era permesso uscire, e per questo spesso passava le sue giornate a girovagare per casa o a importunare amichevolmente cuochi e domestici che svolgevano il loro lavoro. Forse era anche per tutto il tempo passato al chiuso che Enjolras sembrava più piccolo per la sua età: a tredici anni compiuti ne mostrava a malapena dieci e la sua conoscenza sul mondo reale era sicuramente inferiore rispetto a quella di un ragazzino della sua età cresciuto in città. Per questo motivo era stato entusiasta all’idea di un viaggio volto a trovare alcuni lontani parenti, nonostante ciò significasse dover passare del tempo con i suoi genitori, con i quali aveva un rapporto pressochè inesistente. Il viaggio si era rivelato abbastanza deludente – la fitta pioggia gli aveva impedito di guardare il paesaggio fuori dalla finestra della carrozza e lo aveva costretto a passare una settimana intera nella sala da té della sua prozia in compagnia di uomini e donne di alta società. Ma adesso era quasi buio e la ruota della carrozza era rotta e sarebbero stati costretti a rimanere un’altra notte fuori casa e tutto ciò si prospettava come una fantastica avventura.

La mano di sua madre sulla sua spalla lo scosse dai suoi pensieri.

“Entriamo”.

Lo scontento sul suo volto era lampante, ma evidentemente anche lei alla fine aveva ritenuto più saggio passare la notte in una taverna da quattro soldi piuttosto che sulla strada coperta di neve.

Il locale era angusto, e sarebbe stato quasi completamente buio se non fosse stato per le torce appese alle pareti. L’odore era pesante e c’era più rumore di quanto Enjolras avesse mai sentito in vita sua: gente che rideva, che schiamazzava, che cantava... il ragazzino non riusciva quasi ad sentire il suono dei propri pensieri.
Furono accolti immediatamente da una donna tarchiata e furono fatti accomodare ad un tavolo nell’angolo, relativamente lontani dagli altri avventori.

“Il cibo sarà pronto in un minuto” rassicurò subito la donna, che Enjolras suppose fosse la padrona della taverna.

In effetti, poco più di un minuto dopo, una bambina minuscola comparve al lato del loro tavolo portando tra le braccine magre una grossa forma di pane, che appoggiò sulla tovaglia per poi scomparire velocemente. Fu di ritorno poco dopo, tenendo a malapena in equilibrio tre calici e una caraffa d’acqua. Questa volta Enjolras riuscì a osservarla meglio: la bambina poteva avere la metà dei suoi anni, circa sei o sette. I capelli biondi erano sporchi e le ricadevano disordinati sulle spalle, coperte solo da uno scialle leggerissimo pieno di buchi. Anche il vestito che portava, notò il ragazzino stupito, era completamente rovinato. A completare il quadretto, la bambina era scalza. Enjolras non aveva mai visto qualcuno sembrare così triste.

La bambina comparve diverse volte nell’arco dei minuti seguenti per portare zuppa, vino, formaggio e carne. Terminato il suo compito, notò Enjolras, si guardava nervosamente intorno come se avesse paura che qualcuno la rimproverasse. Se nessuno – e con nessuno Enjolras capì che si riferiva principalmente alla donna tarchiata che li aveva accolti all’ingresso – le prestava attenzione, la piccola si rifugiava sotto un tavolino per giocare con uno straccio che stringeva tra le braccia a mo’ di bambola.
Enjolras si ritrovò a fissarla diverse volte durante il pasto. Nonostante la bambina facesse di tutto per sembrare invisibile, lo sguardo del tredicenne pareva magneticamente attratto da quela creatura così piccola, così magra e così triste. A dispetto della sua poca conoscenza del mondo, Enjolras sapeva che non tutti erano ricchi quanto la sua famiglia: aveva sentito spesso i vari cuochi o camerieri di casa lamentarsi del costo dell’affitto o del pane. Ma non pensava ci fossero persone così mal ridotte da non possedere addirittura scarpe o vestiti per l’inverno.

Fu solo a metà pasto che si accorse che il suo interesse era ricambiato. Alzando gli occhi dalla scodella di zuppa Enjolras si accorse infatti che anche la bambina lo stava guardando. Colto alla sprovvista, cercò di sorriderle ma così facendo sputacchiò accidentalmente una grande quantità di brodo sui pantaloni. Avvampando, abbassò lo sguardo, ma non prima di cogliere un lieve sorriso sul volto magro della ragazzina. Si arrischiò a rialzare gli occhi solo diversi minuti dopo, passato l’imbarazzo: inizialmente gli parve che la bambina lo stesse guardando di nuovo ma poi si accorse che i suoi occhi erano in realtà attratti dalla grande forma di pane posta al centro della tovaglia. Sembrava che lo stesse mangiando con gli occhi e Enjolras si domandò quando fosse l’ultima volta che aveva mangiato.

“Padre, potrei dare una fetta di pane alla bambina?” le parole gli uscirono di bocca prima di averle premeditate.

“Quale bambina?”

“Quella sotto il tavolo laggiù” cercò di spiegare Enjolras senza doverla indicare.

“E perchè mai?”

“Sembra che abbia fame” fu la risposta.

Suo padre lo guardò come se gli fosse cresciuta una seconda testa “E per quale motivo dovrebbe essere compito tuo dare da mangiare a quella disgraziata?”

Enjolras si disse che avrebbe dovuto aspettarsi la domanda “Beh, perchè io non ho più fame e lei ne ha. Quindi se posso, perchè non darle il mio pane?”

Enjolras fu molto soddisfatto della logica della sua risposta finchè suo padre non sbottò in una risata incredula “Noi paghiamo questo pane, quindi lo mangiamo” scandì lentamente “ Lei non paga, quindi non mangia”.

Enjolras stava iniziando ad irritarsi “Lei non può pagare, ovviamente. Ma questo non vuol dire che non abbia il mio stesso diritto di mangiare e se io posso evitare che –“

“Non essere ridicolo adesso. Mangia la zuppa e taci.” intervenne sua madre, parlando per la prima volta da quando erano entrati.

“Ma padre –“

“Hai sentito tua madre. Taci e ringrazia di non essere al posto di quella disgraziata” sentenziò con un tono che non ammetteva repliche.

Enjolras si concentrò sulla sua zuppa, gli occhi che bruciavano. Ma non erano lacrime di tristezza quelle che minacciavano di uscire, bensì di rabbia. Era parecchio tempo ormai che le rare conversazioni con i suoi genitori lo lasciavano frustrato e turbato ma non si era mai sentito impotente come in quel momento.
Si arrischiò ad alzare lo sguardo e incrociò nuovamente gli occhi della bambina, che lo guardava con un vago sorriso senza però dar segno di aver udito la conversazione. Silenziosamente, Enjolras si fece scivolare il tovagliolo in grembo e iniziò a riempirlo di pezzettini di pane, carne e formaggio. Ci volle più tempo del previsto, e alla fine era riuscito a racimolare molto poco senza farsi notare ma un vago senso di soddisfazione gli riempì il petto al pensiero che stava facendo esattamente quanto i suoi genitori gli avevano proibito di fare.

Dovette attendere ancora una buona mezz’ora prima di poter mettere in atto il suo piano. Quando finalmente i suoi genitori avevano finito di mangiare, si alzarono tutti e tre e si diressero verso le scale. A metà strada, proprio accanto al tavolo sotto il quale era accucciata la bambina, Enjolras si fermò e fingendo di allacciarsi la scarpa, fece rotolare il tovagliolo in direzione della ragazzina.

Nessuno se ne accorse. Nessuno si accorge mai dei bambini, infondo.

La bambina lo guardò stupefatta, come se non fosse abituata a tanta gentilezza. Enjolras le sorrise – questa volta almeno non aveva la bocca piena di zuppa – e dopo un attimo di esitazione anche le labbra della bambina si schiusero in un sorriso.

Enjolras non si era mai sentito soddisfatto come in quel momento.
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