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Autore: _unintended    09/04/2015    4 recensioni
Bandit prese tra le mani una foto rovinata e ingiallita che ritraeva la sua famiglia, tutti e tre insieme seduti al divano della loro vecchia villa, quella vicina al lago, dove aveva passato tutta l’infanzia. Vide se stessa sulle ginocchia di sua madre, che la stringeva protettivamente, e vide suo padre, in tenuta militare, con quello sguardo intenso che lo aveva sempre caratterizzato fino all’ultimo istante della sua vita. Quello sguardo intenso che soltanto un’altra persona, in tutto il mondo, aveva saputo sostenere e ricambiare altrettanto intensamente. Soltanto una.
Quella sbagliata. In tutti i sensi.
"Se vuoi che non butti questi scatoloni non c’è problema, sai?"la rassicurò sua nipote vedendola così turbata.
"Sarah"
"Sì?"
"Devo raccontarti una storia."
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bandit Lee Way, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO – JUST STORIES IN THE END
 
 
“Cosa è successo poi?”
Bandit posò sul tavolino la tazza di caffè vuota. Il caffè. Un altro assurdo vizio che aveva ereditato da suo padre: caffè, caffè, caffè sempre, in ogni momento, era sempre ciò che la faceva stare bene.
O che almeno riusciva a tenere a bada, soltanto per un po’, le ombre del passato.
Non sapeva quanto tempo fosse passato. Sapeva che, due secoli o due minuti fa erano scese dalla soffitta, erano andate in salotto e Sarah si era seduta accanto a sua nonna per ascoltare la sua storia, e da allora non aveva aperto bocca.
Non una parola.
Era strano. Non aveva idea che sua nipote potesse mascherare così bene le emozioni. In fondo, quella che le aveva raccontato non era la solita, nostalgica storia d’amore dei film. Non era affatto una bella storia, semplice e chiara, di quelle che si dicevano in giro quando si voleva sorprendere la gente.
Bandit non aveva mai raccontato nulla di tutto ciò a nessuno. Nessuno, nemmeno sua figlia. Era convinta di doversi portare quel segreto nella tomba, in un modo o nell’altro.
Ma poi aveva capito. Aveva capito che non le rimaneva poi così tanto tempo, e che quella storia che l’aveva tanto turbata e affascinata e tormentata per molti anni della sua vita, non poteva finire sepolta sotto strati di terra, assieme a una vecchia troppo codarda per divulgarla.
Perciò ora si ritrovava lì, di fronte a sua nipote, alla fine del suo racconto. E Sarah la fissava avida, curiosa di sapere ancora, e le sembrava di scorgere qualcosa, un luccichio sospetto nei suoi occhi.
Si era commossa?
Bandit scosse la testa e si decise a rispondere. “Nulla. Non successe nulla. Proprio come ti ho detto, dopo che mio padre aveva passato altri due anni sempre tra casa e campo di battaglia, in un’eterna sfida contro la morte, la guerra finì. Lui tornò a casa, e stava quasi per porre fine alla sua vita. Lo desiderava, lo desiderava davvero. E posso capirlo. La nostra mente può davvero impazzire del tutto, se non si ha qualcuno a cui si tiene davvero. E Gerard aveva perso qualsiasi sentimento avesse nutrito verso ognuno di noi. Era diventato un guscio, nient’altro. Poi venne il suo compleanno, e lui da allora cambiò del tutto. Cambiò totalmente, e fui fortunata perché ero ancora abbastanza piccola per scordare quella figura cupa che si aggirava per casa, e cominciare ad amare il padre divertente, affettuoso, completamente dedito alla famiglia.”
“E gli altri? Tutti gli altri?”
Bandit sospirò. “Kellin riuscì a fuggire alla condanna, e portò con sé Martha, l’ebrea che aveva conosciuto al campo di concentramento. Jamia sicuramente lo aiutò, nascondendolo in casa sua. Loro due… non ho mai saputo con certezza che legame avessero. Erano amici da piccoli sì, forse i loro genitori erano parenti alla lontana, non so. Ma lei lo aveva già aiutato in precedenza, ed era l’unica che riusciva a penetrare nella corazza che lui si era costruito. Kellin e Martha si sposarono e si trasferirono qui in America, e furono sempre in buoni rapporti con la nostra famiglia.
“Rayon trovò la sua anima gemella, un uomo di nome George, e fu sempre la persona più serena che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. Fu come una zia per me, di quelle che ti fanno tante coccole e ti comprano il gelato e ti augurano la buonanotte quando i tuoi non ci sono. Rayon era… incredibile. La vita le aveva tolto tutto, e poi le aveva restituito almeno in parte quello e anche il resto, e la sua gioia era evidente in ogni suo respiro.
“Mikey era il mio secondo padre, mio fratello, mio zio, tutto. Lo hai conosciuto anche tu, del resto, fino a quando sette anni fa il Signore non lo ha preso con sé.
“Ray visse sempre accanto a Gerard. Non lo mollò mai, mai davvero. E credo che mio padre visse un dolore atroce quasi quanto la morte di Frank, quando Ray fu stroncato a 53 anni da un tumore al cervello. Ricordo ancora….” E le si spezzò la voce.
Chiuse gli occhi per un momento, respingendo l’ondata di ricordi. Sentì la mano di sua nipote sulla sua, e gliene fu grata.
Riaprì gli occhi e prese un profondo respiro, riprendendo a parlare. “Gli fu accanto fino agli ultimi istanti. Fu terribile e devastante, e questo gli riaprì quella vecchia, profonda ferita che era riuscito a rimarginare quasi del tutto. E da allora non si riprese più. Mamma provò di tutto, per farlo rinsavire, ma non ci riuscì. Non ci era mai riuscita, e non posso farle una colpa. Lei sapeva, lo sapeva bene. Forse lo aveva sempre saputo, sin dall’inizio, perché non si può non notare un qualcosa del genere. Ma faceva finta di nulla. Amava papà a tal punto da ingoiare ogni groppo amaro e tirare avanti, stargli accanto e crescere me. E in fondo l’ho sempre ammirata per questo.”
Bandit sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia. Non credeva le sarebbe costato così tanto raccontare tutto. “Quando fui abbastanza grande, mi chiamò e mi disse che doveva dirmi una cosa importante. Non tralasciò nulla, nemmeno un particolare. Mi disse che dovevo ricordare, perché era troppo importante.
“Morì a 73 anni. Non so… non so se fu una cosa volontaria. Lo trovammo nella sua camera da letto, sotto le coperte, una scatola vuota di pillole rovesciata a terra e un’espressione di angoscia sul volto. Vorrei poter dire che morì sereno, ma non sarebbe la verità. Papà aveva aspettato troppo. Aveva aspettato a lungo, che mamma invecchiasse, che tutti attorno a lui se ne andassero o morissero, che io crescessi e mi creassi la mia famiglia, lontano e al sicuro da lui. E poi aveva ceduto. Aveva ceduto, si era stancato di aspettare, ma anche negli ultimi attimi era stato sempre tormentato dal dubbio. Lo avrebbe rivisto? Avrebbe potuto porre finalmente fine a quell’ultimo, straziante bacio che avevano cominciato anni e anni prima?”
Non c’era risposta a quella domanda. Se l’era fatta anche lei, da allora. Tra poco lo avrebbe scoperto, forse.
Forse.
Vide Sarah asciugarsi velocemente una lacrima, cercando di non essere vista. Bandit sorrise tristemente. “Conserva questa storia, Sarah. Conservala e ricordala. Non sono cose da dimenticare, queste.”
Non aveva mai creduto nell’amore. Non quello vero, non nella sua vita. Semplicemente non era stato possibile. Ma sì, aveva creduto in quei due, aveva creduto in Gerard Way e Frank Iero, aveva creduto nei loro sentimenti e nella loro storia. Forse erano stati fortunati nella sfortuna, perché magari è soltanto questione di fortuna, sì. A non tutti è concesso, a non tutti capita l’amore, quel tipo di amore, quello che consuma e distrugge, quello che ti segna per tutta la vita.
Ma a loro sì, e nonostante tutto, li aveva fatti a pezzi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
23 novembre 2001
 
La piccola folla del locale li applaudì con un boato quasi assordante. Gerard chiuse gli occhi e si aggrappò al microfono, assaporando quel suono. Suo fratello Mikey gli diede una pacca sulla spalla, ridendo, e dietro di lui Matt e Ray salutarono i fan.
Gerard sentì lo sguardo di qualcuno addosso, ma inizialmente non ci fece caso. C’erano decine e decine di occhi puntati su di loro, probabilmente era solo una di quelle fan piuttosto insistenti con cui avrebbe dovuto fare i conti dopo.
Scesero dal palco passando da dietro le quinte, per poi mescolarsi alla folla e dirigersi verso il bancone del bar. Ordinarono subito da bere, godendosi la birra e chiacchierando.
Gerard pensò che quella era la vita che aveva sempre voluto. Pensò che era lì, con suo fratello e i suoi due migliori amici, e che non avrebbe potuto essere più felice.
Il successo era la migliore vendetta. E loro avevano appena iniziato, e c’era ancora così tanta strada da fare.
E non sarebbe mai finita, mai. Una cosa così non poteva finire, non era minimamente concepibile, Gerard se lo sentiva dentro. La strada avrebbe continuato all’infinito, finché non fossero stati troppo stanchi e deboli per tenere in mano un microfono o pizzicare le corde di una chitarra.
Era una promessa che faceva a sé stesso, a Mikey, a Ray e a Matt, e a tutta la gente che avrebbe avuto fiducia in loro.
Sentì una mano sulla spalla, e si girò di scatto. Non gli piaceva essere interrotto mentre pensava. Davanti a lui c’erano quattro ragazzi, e uno tra questi era quello che teneva ancora una mano posata sulla sua spalla, ammiccandogli. “Voi dovete essere i My Chemical Romance, vero?” chiese il tizio, rivolto anche a Mikey, Ray e Matt.
Mikey annuì, rispondendo al posto suo.
Il tizio si presentò, levando una mano dalla spalla di Gerard e allungandola verso ciascuno di loro, affinchè gliela stringessero. “Io sono John. Siamo i Pencey Prep, ci siamo esibiti poco prima di voi”
Gerard ne aveva sentito parlare. Avevano un contratto con la loro stessa casa discografica, a quanto pareva.
Proprio in quel momento, tra loro si fece strada un quinto ragazzo.
Gerard non seppe bene spiegare cosa successe dopo. In realtà stava quasi per spostare lo sguardo, ma poi riconobbe in quel ragazzo il tizio che lo stava fissando intensamente prima, mentre era sul palco, e a quel punto la sua attenzione era già stata completamente catturata.
Il ragazzo salutò i suoi compagni e andrò dritto verso Gerard, sedendosi accanto a lui, al bancone, e ordinando un boccale di birra. Dopodiché, i loro occhi si incrociarono di nuovo.
Gerard sentì un qualcosa di strano. Deglutì a vuoto.
Il ragazzo gli sorrise. “Gerard, no? Io sono Frank” e gli porse la mano.
C’era qualcosa di familiare in lui, qualcosa che lo attraeva e respingeva e lo mandava in confusione totale. Non capiva, non capiva davvero, ma quando vide quella mano tatuata sporta verso di lui, sentì che doveva stringergliela.
E lo fece.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*si asciuga il sudore dalla fronte*
*si asciuga una lacrimuccia*
*mangia un biscotto*
Ok, è finita. È finita davvero e non so se piangere o boh, perché mi mancherà terribilmente.
Credo che abbiate tutti capito l’ultima parte. In fondo l’avevo accennato dall’inizio, con quella storia di Ray riguardo le vite parallele, ecc.  E’ che volevo lasciare un’ultima speranza, e contemporaneamente, straziarvi ancora di più, proprio quando credevate che fosse tutto finito *muahahah*
Ho finito con l’inizio, e credo che sia giusto così. Quell’inizio, il loro inizio, l’inizio di tutti noi. Perché se Gerard e Frank non si fossero incontrati quel giorno… forse io non sarei qui a scrivere questa ff, e forse voi non sareste qui a leggerla. Ovviamente data e luogo sono inventati, ma il fatto resta.
Sappiamo tutti la fine di quella storia. Sappiamo tutti che no, non finisce bene. Ma è così che va, è così che funziona, e non importa. Perché loro sono ancora qui, sono ancora a fare musica, a riempirci la vita dei loro stupidi tweets, a farci soffrire e gioire e va bene, perché senza di loro non saremmo le stesse persone che siamo ora.
E ok, forse sto diventando melodrammatica ew, ma oggi è il bday di Gerard e volevo scrivere qualcosina di speciale (btw 38 anni raga, 38 ooooohwww)
E niente, forse ho già rotto abbastanza. Stay tuned perché sinceramente ho già qualcos’altro in testa con cui rompervi le palle in futuro, quindi non disperate, perché vi farò soffrire ancora, statene certi lol
Un bacio a tutti gli adepti fedeli che hanno seguito questa storia dagli inizi, a quelli che sono arrivati in ritardo e a quelli che arriveranno, mi mancherete so much
A presto
M.
 
   
 
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