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Autore: Van Penny Holton    10/04/2015    1 recensioni
Lei pensa che la sua storia sia noiosa e non degna di essere raccontata, che dopotutto è uguale a quella di tutti gli altri. Si rifiuta di descrivere il suo affascinante modo di ragionare, la sua innocente incapacità di comprendere, la sua disarmante sincerità, la sua meravigliosa memoria, il suo finto egocentrismo per nascondere in realtà qualcosa di più grande, qualcosa di più fragile. E' per questo che sono qua al posto suo a raccontarlo, per chi vuole sapere, nonostante io non abbia effettivamente il permesso di farlo. Forse ha ragione, non sarà molto come storia, ma parla di lei, di noi. Qualcuno deve sapere. Lei cammina nonostante non abbia nessuna meta, cammina controvento, cammina da sola, senza nessun appiglio, cammina senza avere veramente la voglia di farlo. La cosa buffa è che gli voglio bene, con tutti i suoi dannati difetti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Quella volta in Afghanistan



 
A noi, i Van, perché noi sappiamo cosa successe quella volta in Afghanistan, perché noi sappiamo cosa successe il 10 aprile 2014, perché noi continuiamo a salvarci la vita e perché è passato un anno dalla prima volta che è accaduto.










Sono passate due ore da quando il campanello aveva segnalato a studenti e professori che le lezioni di quel giovedì erano terminate. In pochi minuti tutti sparirono lontani da quella scuola troppo grigia e con troppe scritte sui muri. Solo lei, col lungo cappotto e la sciarpa al collo, si era seduta sulla penultima panchina ignorando il ragazzino che velocemente scriveva, sotto la finestra della direzione con un pennarello, "Vogliamo più colori!" per poi scappare.

Per due ore è stata qui, su questa panchina fredda, ad aspettare che il sole tramontasse e la temperatura si abbassasse, immobile, col viso stanco e gli occhi che puntavano davanti a sé nel vuoto.

Appena si riprende si alza di scatto, così velocemente che rischia di cadere, la testa che pulsa e le gambe intorpidite non le facilitano l'impresa di restare in equilibrio. Rimane immobile per qualche secondo sbattendo le ciglia e respirando lentamente. Guarda l'ora dal suo cellulare e gli scappa un'imprecazione, così comincia a camminare verso casa facendo ampie falcate per il suo metro e sessanta.

Una volta aveva sempre la musica nelle orecchie, ora, i suoi pensieri sono troppo assordanti per ignorarli e ha bisogno di questi momenti dove deve perdere la cognizione del tempo cercando di metterli in ordine.

Le persone ci dicono che è per colpa dell'adolescenza, è solo una fase che passerà. Non ci dobbiamo pensare e non dobbiamo preoccuparci troppo, è una cosa normale, niente di grave,  è successa a tutti. Solo io però so che ogni volta che lo ripetono, lei è sempre lievemente delusa, perché odia sentirselo dire, stai vivendo come una persona comune, è normale. Una persona qualunque che svolge la stessa vita di molte altre e così si aiutoconvince che la sua storia sia troppo noiosa per raccontarla.

Si vede che non è entusiasta di ritornare a casa, non che sia inabitabile o che odi i suoi famigliari, solo che non ne ha voglia. Non ha voglia di essere costretta a farsi da mangiare da sola nonostante lei non abbia fame. Non ha voglia di ascoltare un altro discorso di suo padre su quanto sia inutile sua madre. Non ha voglia di pensare alle discussioni su suo fratello Jack ricaduto di nuovo nella droga. Non ha voglia di curare le ferite di suo fratello Ian per colpa di un'altra scazzottata. Non ha voglia di fare da psicologa a suo fratello Ed. Non ha voglia di scrivere quella stupida presentazione di francese su quanto siano fantastici gli amici che non ha. Non ha voglia di sentirsi già vecchia nonostante sia la più piccola in quella casa. Non ne ha voglia. Quindi appena arrivata si butta sul suo letto e perde di nuovo il senso del tempo fissando il soffitto.

Gli mando il pensiero di quanto sia stanca e che dovrebbe dormire, ma quello la sfiora e non la raggiunge. Cerco di spegnergli il cervello ma i pensieri che la tormentano non me lo permettono. Ho capito già da tempo che quando è in questo stato non ho nessun potere per aiutarla e ho paura, tutto questo potrebbe ucciderla. La cosa che temo di più è che forse lei lo sa e non fa niente per impedirlo.



 

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