Libri > Il Labirinto - The Maze Runner
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Autore: oklahoma_fanfiction    11/04/2015    1 recensioni
[Il Labirinto/The Maze Runner]
-A proposito- mi dice -Non credo che la mia memoria rimarrà tale per sempre. Ricordo già una cosa.-
Mi volto di scatto piena di stupore, la cosa mi sembra a dir poco strana.
-Che... che cosa ricordi?-
Guarda per un po' a terra e poi alza il viso con uno sguardo penetrante:
-Forse sei tu a farmi questo effetto, è per questo che prima mi sono alzato di scatto, non lo facevo per spaventarti. Ecco, vedi io... ricordo il mio nome- dice -Mi chiamo Newt.-
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

si svegliò e la prima cosa che fece dopo avere aperto gli occhi fu portarsi le mani alla testa, lamentandosi per il dolore continuo che provava.

 

Come era arrivato lì?

 

Non se lo ricordava, e neanche da dove provenisse.

Il panico si prese il suo cuore e anche la sua mente, divorandolo sempre più ogni secondo che passava.

Dopo qualche tempo in cui spaesato rimase seduto finalmente tornò la vista, che era rimasta appannata per un po'. Così si costrinse a mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.

Era un vicolo cieco, con alte mura su tre lati, ricoperte da mattoni anneriti dal tempo e da cartelloni pubblicitari di prodotti che il ragazzo non conosceva.

Si passo una mano fra i capelli e si alzò dal muro al quale era appoggiato.

Lo fece con fatica; la testa non era la sola parte del corpo a fargli male: anche le gambe erano doloranti, indolenzite, quasi come fosse stato in una posizione troppo tempo.

Ai piedi delle mura di mattoni c'erano cassonetti, e scatole rotte ammucchiate di qua e di là lasciavano al cervello un'idea non troppo positiva di quel luogo.

Era giorno, ma il ragazzo era ancora troppo confuso per capire se fosse mattina o sera.

Pioveva, e si chiese se, se ci fosse stato il sole, il suo stato d'animo sarebbe stato più positivo.

Un luminoso lampo inondò il cielo, ma non lo vide, i suoi occhi si levarono verso le nuvole nere solo quando il suo udito percepì il tuono.

Fu talmente fragoroso che il ragazzo sobbalzò e si accucciò per terra avvolgendosi le braccia attorno alle gambe, e nascondendo la testa.

Ci furono altri lampi e altri tuoni, uno più forte dell'altro.

Il giovane era spaventato. Tremava, un po' per il freddo, un po' per la paura e l'agitazione.

Non ricordava nemmeno il suo nome, come avrebbe potuto cavarsela? Aveva controllato nelle tasche dei jeans che indossava, ma non aveva trovato nulla.

Oltre ai pantaloni indossava una t-shirt, che una volta avrebbe dovuto essere blu scuro ma che ora era un colore grigiastro.

Oltre al colore sbiadito, la maglietta presentava altri segni del passare del tempo: era stropicciata e in diversi punti c'erano dei buchini.

Si decise ad alzare il capo solo quando la pioggia cessò di fargli compagnia. Si accorse di essere bagnato fradicio e di avere davvero molto freddo.

 

Era seduto con le mura alle sue spalle, alla sua destra e alla sua sinistra. L'unica parte aperta era di fronte a lui e dava su una strada attraversata di continuo da macchine e moto di cui lui, pur non avendole mai viste, conosceva lo scopo e il nome.

Il rumore delle ruote sull'asfalto lo infastidiva e allo stesso tempo lo affascinava; il suo corpo era custodito da paura e curiosità, ma anche un certo senso di disperazione che, anche se lieve, faceva in modo che egli si ponesse non poche domande, oltre ad accrescere il senso di smarrimento.

Decise di provare a rialzarsi e lo fece con cautela, spostandosi su un lato e servendosi del muro per non affaticarsi troppo; poi, dopo essersi guardato le punte delle scarpe per un po', come se i piedi avessero bisogno di un incitamento prima di muoversi, fece un paio di passi barcollando.

Mentre si incamminava passo dopo passo verso l'uscita del vicolo sentiva i suoi muscoli affaticarsi, come se non avessero mai sopportato fatica peggiore; la testa dolorante ormai da un po' non migliorava la situazione e gli occhi erano aperti, lui stesso ne era sorpreso e in un certo senso sconcertato.

Si portò una mano alla tempia e poi la passò fra i capelli. Non sapeva neanche il loro colore, non ricordava nulla di sé né della sua vita, e ciò che lo rendeva preoccupato era il fatto che non aveva assolutamente nulla.

Oltre al dolore sentì una lacrima accarezzargli la guancia fino a diventare troppo pesante e cadere sull'asfalto.

Fece un altro passo, e vide una figura sbucare dall'apertura del vicolo e fermarsi ad osservarlo. Non riusciva a distinguerne le caratteristiche, e fu solo allora che si accorse di avere la vista appannata.

Avanzò di un altro passo, cercando di chiedere aiuto: aprì la bocca, ma non ne uscì altro che un suono strozzato che si sarebbe sentito solo ad un metro o due di distanza.

Alzò nuovamente una gamba per avvicinarsi allo sconosciuto, ma quando l'appoggiò nuovamente a terra questa non resse facendolo cadere a terra di faccia.

Precipitò in un abisso di paura che insieme al dolore lo portarono a perdere i sensi.

Poco prima di perdere conoscenza ebbe un unico, solo, triste pensiero.

Lui -pensò- era completamente solo.

 

   
 
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