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Autore: Afaneia    12/04/2015    4 recensioni
La cosa che gli piace, no, che anzi detesta, oh insomma non lo sa, di Max è che non vi è modo alcuno di coglierlo impreparato: tutto nella sua mente pare accadere secondo un ordine ch'egli ha già in precedenza preparato, studiato e approvato, e Ivan sa di essere solo una parte di quell'ordine, di quella trafila di eventi inevitabili e perfettamente prevedibili come un meccanismo.
[Hardenshipping, ovviamente.]
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ivan, Max (Team Magma)
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Buon pomeriggio a tutti!

Flashfic nata mentre cercavo di scrivere una storia d'amore normale, per una volta... il tentativo è miseramente fallito, ma il risultato mi è piaciuto parecchio, ed eccolo qui.

Nella mia mente non c'è una specifica ambientazione né temporale, né spaziale: suppongo che il lettore sia libero di immaginare lo svolgimento prima, durante o dopo la trama dei videogiochi. Il titolo è ispirato a uno dei romanzi di Patrick O' Brian.

Non penso di aver altro da dire, perciò non posso che augurare buona lettura!

Afaneia


Fortune of war.


[…] avidamente fanno scontrare i loro corpi e congiungono le bocche umide

e ansimano mordendosi a vicenda le labbra,

ma invano, poiché niente possono strapparne,

e neppure penetrare e perdersi completamente nell'altrui corpo;

dato che essi sembrano talora voler questo e combattersi...


Lucrezio, De rerum natura.


Ribellati, vorrebbe urlargli Ivan mentre lo spinge affannosamente contro il muro, serrandogli i polsi con una possessività che non sapeva di essere in grado di provare. Fa' qualcosa, spingimi via. Non puoi volere questo.

E invece, forse, è esattamente questo che Max vuole, e allora è proprio questo a far infuriare Ivan... perché, per l'ennesima volta, sta facendo ciò che Max si attende da lui. Ma la fame che lo dilania è troppo grande e possente per poterla contenere, è fiamma che divampa e che brucia e consuma, e Max è lì, davanti a lui, del tutto incapace – o del tutto incurante – di difendersi e di respingerlo.

Non c'è tempo per i baci, la fame non lo consente, Ivan sente che potrebbe morire dell'attimo di tempo sottratto da un bacio alla sua grande brama; eppure le labbra sottili di Max lo tentano troppo ed egli le morde, le vuole, le cattura e le succhia e le avvince...

Ma perché Max non gli si oppone?

Questo pensiero non gli lascia tregua, lo domina eppure non lo vince, perché ormai neppure volendolo egli potrebbe fermarsi. Vuole Max, per l'ennesima volta, vuole il suo corpo bianco, magro, attraente in quel certo suo modo del tutto insospettabile e quasi indecente, e sa già che tra un po' cesserà completamente di pensare a tutte queste cose: la sua mente sarà piena, colma, satura del corpo di Max né più né meno delle sue mani che lo staranno percorrendo e graffiando, e allora deve chiedere ora, se veramente vuole sapere.

Anche trovare il tempo per chiedere diventa drammaticamente difficile nell'intrico delle loro membra allacciate, delle mani all'opera per rimuovere ogni ostacolo dalle rispettive vie, delle labbra che si scontrano e si mordono e raramente si baciano senza pietà; ma finalmente un bisogno d'aria più impellente di quello della sua bocca gli concede l'attimo di tregua di cui ha bisogno per domandare: «Perché?»

La cosa che gli piace, no, che anzi detesta, oh insomma non lo sa, di Max è che non vi è modo alcuno di coglierlo impreparato: tutto nella sua mente pare accadere secondo un ordine ch'egli ha già in precedenza preparato, studiato e approvato, e Ivan sa di essere solo una parte di quell'ordine, di quella trafila di eventi inevitabili e perfettamente prevedibili come un meccanismo. Vi sono volte in cui, scrutando i suoi occhi che paiono osservare tutto con ironica superiorità, una parte di lui vorrebbe sprofondare nella sua mente tanto precisa e calcolatrice, scoprire finalmente come sia il mondo visto dalla posizione di qualcuno che abbia già previsto tutto, vedere anche che ruolo lui, Ivan, e la sua brama insaziabile assumano nell'incomprensibile matrice dei suoi piani. Ma, per ora, quel «Perché?» è tutto ciò ch'egli possa fare per avvicinarsi almeno un po' a tale superiore conoscenza del mondo.

E Max sapeva perfettamente che gli sarebbe giunta quella domanda: Ivan lo vede nel suo sguardo per nulla sorpreso.

«Perché cosa?»

Dio, quanto lo fa infuriare! Eppure sa benissimo qual è il senso della sua domanda, lo sa, lo deve sapere, allora perché glielo chiede? Vuol forse farlo impazzire? Ivan è tanto preso assieme dalla rabbia e dal desiderio che ora si avventa sulla sua gola scoperta, in un attacco aperto di morsi e baci e succhiotti che si alternano accavallandosi sulla sua pelle. È una sciocca vendetta infantile, ma ora la gola di Max e progressivamente la curva magra della sua spalla esile si stanno arrossando e punteggiando di segni di morsi e lividi violacei, e Ivan si sente come un amante geloso che stia marcando il territorio. Ciascuno di quei morsi e di quei succhiotti pare urlare in modo inequivocabile mio! mio! mio!, e non importa il fatto che domani saranno di nuovo ricoperti dall' odiosa divisa rivale e invisibili a occhi esterni: essi continueranno a gettare le loro grida inaudibili attraverso strati di vestiti e di schermi.

«Perché... questo! Tutto questo!»

Quel poco che gli rimane della sua razionalità, ormai in procinto di dileguarsi dalla stanza, non è in grado di formulare alcuna frase più completa, ma Ivan sa che non si potrebbe comunque essere più chiari di così. Non con Max, almeno.

S'egli apertamente avesse urlato: Perché mi lasci fare ciò che voglio di te? Perché ti arrendi a me come una preda di guerra, perché lasci che io ti domini e ti possieda come un nemico, quando invece sai benissimo d'esser tu a voler tutto questo..., non avrebbe comunque espresso nulla di più di quanto ha già detto con quattro parole solamente.

Max non risponde, ovviamente, e Ivan si arrabbierebbe, ma ormai è troppo tardi: ora la fame è veramente troppo impellente, e per l'ennesima volta egli dovrà rimanere inascoltato e ignaro, e accontentarsi di abbattersi al suolo in una battaglia d'amore violenta e carnale nella quale il suo corpo è come sempre destinato a trionfare.

Ma la verità è che la risposta è già scritta nello sguardo di Max, e che Ivan non sa leggerla, o meglio ignora di conoscerla già, perché il suo orgoglio ferito è troppo bruciante e si dibatte dentro di lui con urla che lo assordano. Ivan lo sa il perché – il fatto è che Max non si ribella e non lo caccia perché egli gli sta dando esattamente ciò che vuole. È stata la volontà di Max, e nient'altro, a condurli entrambi su questo pavimento dove si consuma uno scontro che col mare e colla terra ha ben poco a che fare, ed è proprio per questo che Ivan è arrabbiato. Se con Max, con se stesso o con entrambi, neppure lui saprebbe dirlo.

Ma è certo che è stato Max, in qualche modo che ancora egli non è riuscito a comprendere, ad avvincerlo e a legarlo a sé, a dominare subdolamente la sua mente e a trascinarlo, o a farsene trascinare, al suolo. E forse Ivan non vuole neppure veramente indagare e chiedere, perché in fondo ha troppa paura di scoprire se quelle loro infinite battaglie non siano altro che un cieco meccanismo facente parte, allo stesso pari di tanti altri, degli imperscrutabili piani di Max, o piuttosto se non vi sia un qualche motivo diverso, meno freddo e perciò molto più sconvolgente, per cui Max si sta lasciando tanto volontariamente possedere su questo pavimento gelido, e per cui egli ha ceduto al suo volere tanto facilmente.

Quel che è certo è che anche se tutto, tutto attorno a loro parrebbe indicare che, della loro sfida amorosa, l'unico e vero vincitore non potrà che essere lui, colui che possiede, colla sua superiore prestanza fisica e la sua apparente posizione di dominio, Ivan sa anche troppo bene che questa guerra dei loro corpi Max l'ha già vinta in partenza.



   
 
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