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Autore: MarcoG    24/12/2008    1 recensioni
Altrimenti intitolato: "Al passato non si può voltar le spalle". Joey Jacquet era un onesto lavoratore sposato con una bellissima moglie, abitava in una bellissima casa ed avevano un bellissimo figlio. La sua vita era perfetta...fino a quando alcune ombre del suo passato non iniziarono a tornare a galla.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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nydrali, ben ritrovata! mi chiedi se sono voluti tutti questi capitoli antecedenti alla partenza? diciamo , ecco :) la verità è che da una parte è vero, ci sto mettendo forse un po' troppo (e questo è l'ultimo capitolo, lo giuro!), da un'altra invece mi interessava proprio esaminare cosa succedeva sia nella mente di Joey che alla polizia del luogo, visto che comunque c'è stato un omicidio piuttosto violento e non spenderci due parole mi sarebbe sembrato piuttosto irreale.
Monnis, come hai anche potuto leggere in "anteprima", ecco il nuovo capitolo ;)





Non appena Joey fu sicuro che Alexander avesse preso sonno si mise subito a guardare il video che Blanche gli aveva dato.
Il video iniziava con una ripresa dentro una macchina dalla quale si vedeva che il veicolo stava percorrendo la via che portava alla loro casa. - Ok, eccoci qua a girare questo reportage su...- la voce fuoricampo si interrompeva subito in una grassa risata, dopodichè riprendeva - un reportarge su come ammazzare la moglie di Dagger- poi seguiva un minuto di silenzio in cui continuava a vedersi solamente la via che pian piano finiva. La ripresa era molto disturbata e Joey si chiese se era colpa di una videocamera di scarso valore oppure della copia di Blanche che era stata realizzata male.
La macchina arrivò davanti a casa sua e si fermò. La videocamera fu presa e portata fuori dall'abitacolo, poi la stessa voce di prima riprese a parlare. - Benissimo, sono le ore...- si vide un orologio da polso inquadrato - 23:03 per l'esattezza- e scoppiò nuovamente a ridere. - E io sono  John Roukis, piacere Dagger!- la videocamera fece un giro di 180° inquadrando il suo stesso operatore.
Da quei pochi secondi in cui Joey potè guardare in faccia Roukis notò che aveva un'espressione da tossico come non ne vedeva da tempi, con tanto di barba sfatta e giubbotto mal messo sulle spalle.
La videocamera ruotò nuovamente e tornò a inquadrare casa sua mentre i due si avvicinavano a passo svelto verso la porta. - Mi scuserai, Dagger, se non inquadro anche il mio amico qui accanto, ma lui non vuole casini con la polizia e quindi non vuole essere ripreso-
Arrivarono davanti alla porta di casa e dall'inquadratura si vide che l'altro che camminava affianco di Roukis si appoggiava con la fronte sul vetro della porta, inquadrato da dietro, cercando di guardarci dentro per vedere qualcosa. Probabilmente ebbe esito negativo visto che la videocamera si spostò e fece il giro della casa. - Ci sarà una finestra aperta no?- sussurrò Roukis. - Oh ecco, questa fa al caso nostro- l'inquadratura rimase su una finestra ad altezza uomo che fu subito raggiunta dal compare di Roukis. Questo si tolse il giubbotto, lo appoggiò contro il vetro e tirò un pugno, rompendola provocando pochissimo rumore. Si rimise lentamente il giubbotto, dopodichè armeggiò un po' con la serratura e poi la aprì completamente. - Ok si entra Dagger! Ora viene il bello!- la voce di Roukis pareva eccitata.
Appena entrati l'inquadratura si mosse un po' a destra e a sinistra, ma la stanza era buia e non non si riusciva a mettere a fuoco bene. Nonostante la pessima qualità del video Joey riconobbe il soggiorno e si stupì del fatto che sua moglie non fosse lì a vedere la tv.
Si sentì anche una leggera botta, seguita immediatamente da una imprecazione dell'uomo che era appena entrato insieme a Roukis. - Dannazione John! Stai attento!- lo rimproverò. - Sì hai ragione, scusa...- rispose Roukis, iniziando immediatamente a ridere. Era chiaro che era ubriaco o drogato perchè sembrava ipereccitato da qualsiasi cosa faceva o riprendeva.
I due si spostarono lentamente dal soggiorno all'ingresso, ma continuarono a vedere buio nella casa. - La puttana deve essere di sopra allora- si sentì la voce del compare di Roukis.
Iniziarono a salire un paio di gradini ma si fermarono immediatamente perchè si sentì la voce di Lily. - E voi chi diavolo siete?-
Joey notò dal tono che era terribilmente spaventata.
Probabilmente li doveva aver sentiti entrare ed era corsa al piano superiore per prendere la pistola che lui stesso le aveva comprato. "Questa è per i casi di emergenza, casomai dovesse succedere qualcosa" le aveva detto Joey quando gliela aveva comprata. Lei aveva cercato di rifiutarla dicendo che non voleva avere un'arma in casa, ma alla fine si convinse che non era un'idea troppo sbagliata. Joey si ritrovò a sperare che fosse corsa di sopra per prenderla, come se ignorasse come fosse tragicamente finita l'irruzione dei due assassini.
- Ehy bellezza, noi siamo amici di Dagger, tuo marit- ma l'uomo non riuscì neanche a finire di pronunciare la parola che si sentì uno sparo. - Porca puttana!- si sentì immediatamente dopo e la videocamera fu lasciata cadere, finendo per inquadrare uno scalino della scala. Si sentì immediatamente un secondo sparo e poi un tonfo. Joey poteva solo sentire ciò che accadeva intorno poichè la videocamera sembrava essere stata abbandonata.
- Per la miseria John, quella troia mi ha sparato!- diceva il compare di Roukis. - L'hai beccata tu?- si sentì uno sforzo nella sua voce, probabilmente stava cercando di alzarsi. - Sì certo, aspetta che vado a vedere se è morta.- Si sentì il rumore sordo dei passi che corrono sopra la rampa di scale coperta dalla moquette. Poi un gemito di sofferenza. - No, è ancora viva- ora la sua voce si sentiva lontana, era salito al piano superiore, mentre la videocamera era ancora abbandonata sui primi gradini.
Roukis tornò giù e la riprese in mano, tornando a mostrare ciò che vedeva lui. La scala si vedeva lievemente illuminata da una luce che veniva dal corridoio superiore, probabilmente una stanza con la luce accesa era stata lasciata con la porta aperta. L'inquadratura andò sul compare di Roukis, che per via della penombra continuava a non vedersi in volto. Si teneva con una mano una spalla, dove probabilmente Lily gli aveva sparato.
Entrambi finirono di salire la scala e arrivano ad inquadrare il suo corpo riverso per terra. - Ma che cazzo, non l'avrai mica ammazzata vero?- chiese l'uomo insieme a Roukis. - Non lo so, non credo...prima si muoveva...-  l'altro stava per rispondere quando Lily si mosse e cercò di raggiungere la pistola che le era caduta poco lontana. L'uomo mai inquadrato in volto fu lesto a darle un calcio allontanandogliela, poi ne diede uno anche a Lily. - Per la miseria, altro che morta! Questa stava riprendendo quella fottuta pistola per spararci!- Roukis con la videocamera non era riuscito a seguire bene l'azione, l'inquadratura si era mossa velocemente e si potè solo intuire cosa era successo. - E' proprio la moglie di quel pezzo di merda, c'è poco da fare. Magari l'ha addestrata lui..- aveva aggiunto Roukis. - Beh, meglio così no? Se è viva ci si diverte di più!- aggiunse subito dopo. - Certamente. Sai cosa devi fare?- gli chiese quell'altro. Così Roukis si sedette sulle ginocchia di Lily, che con le ultime forze stava ancora cercando di trascinarsi il più lontano possibile dai due assassini, mentre l'altro le si sedeva sul petto iniziando ad estrarre un coltello da barbiere. Roukis, che era dietro di lui, riprese solamente la sua schiena curvarsi di un poco verso il volto di Lily e si iniziarono a sentire le grida. Inquadrato da dietro l'uomo aveva iniziato la sua lenta  tortura, Joey aspettò per circa un minuto che la situazione cambiasse ma non si vedeva altro che la schiena dell'uomo ricurva sul corpo di Lily e le sue urla di dolore, quindi decise di mandare avanti il video. Schiacciò nervosamente sul telecomando fino a quando non vide che l'uomo si alzava dal petto di sua moglie. Lasciando libera la visuale del volto di Lily, Joey potè vedere almeno una trentina di tagli, praticamente ovunque su tutta la faccia ad eccezione degli occhi. I gemiti e le lacrime di sua moglie costrinsero Joey a togliere l'audio, semplicemente non ce la faceva a sentirla disperarsi in quel modo.
Ciò che vide dopo, una volta che Roukis si alzò dalle sue ginocchia controllando che Lily fosse ancora  viva, fu lo stesso operatore iniziare a slacciarsi la cintura, azione che fece definitivamente spegnere la televisione a Joey.
Aveva visto quanto bastava per memorizzarsi la faccia di John Roukis e la voce dell'altro assassino, altro non gli interessava. Rimosse dal lettore il videotape che Blanche gli aveva dato e si recò velocemente in cucina a metterlo dentro un pentolino. Lo inondò di alcol e dopo aver acceso un fiammifero lo fece cadere sopra la cassetta che prese immediatamente fuoco.
Nel giro di pochi minuti di quel videotape non era rimasto null'altro che un cumulo di cenere.

***



Quel giorno iniziò il secondo dei quattro che aveva a disposizione prima di partire per l'America. Nel tardo pomeriggio sarebbe andato a recuperare il corpo di Lily e alle 19 sarebbero arrivati Malcom e Morgana, quindi si apprestò a fare le chiamate del caso. Contattò l'agenzia funebre e il cimitero più vicino presente a  Forcalquier, dopodichè si mise a preparare svariate brocche di caffè per tutti coloro che sarebbero arrivati in serata a portare le proprie condoglianze a lui e a sua cognata.
Quando finì tutto ciò che doveva fare per preparare la serata si recò in garage a recuperare il borsone che avrebbe utilizzato per tornare in America. Lo tirò fuori da un vecchio scatolone in cui era rimasto per ben venti lunghi anni, praticamente da quando si erano trasferiti in Provenza. Era un grosso borsone militare color sabbia che usava spesso in Alabama quando si spostava e aveva bisogno di portarsi dietro parecchie armi. Questa volte le armi non le poteva più usare, visto che sarebbe dovuto passare sia dal check-in dell'aereporto francese che da quello americano, ma pensò ugualmente che fosse la scelta più giusta per il viaggio. Voleva portarsi dietro meno oggetti possibili che gli ricordassero la Francia e Lily, anche se già sapeva che sarebbe stato impossibile non pensare a lei e ad Alexander.
Quando arrivò l'ora di recarsi in centrale trovò  Jean Dastè pronto ad aspettarlo.
- Oh, il signor Jacquet. E' qua per sua moglie, vero?- Indossava lo stesso impermeabile scuro e lo stesso cappello che gli aveva visto addosso la volta precedente, sembrava non si fosse minimamente cambiato.
- Esatto e avrei una certa urgenza di farlo, se non le dispiace- rispose Joey continuando a camminare.
- Ma certo, si figuri! Le volevo solo dire che la polizia di tutta St.Claire è all'opera per trovare l'assassino di sua moglie, quelli non scherzano, ci sanno fare! Vedrà che in poco tempo glielo troveranno- poi, visto che Joey faceva finta di non sentire, aggiunse - così non dovrà andare lei a prenderlo fino in America, eh signor Jacquet?- e a quel punto Joey si fermò.
- Le ho già detto che non intendo espatriare-
- Certamente, certamente..- gli rispose Dastè avvicinandosi ancora di più. - Non farebbe mai una cosa così idiota vero?-
- Mai- rispose Joey guardandolo storto. Fortunatamente per lui questa fu l'ultima battuta che dovette subire e riuscì ad andarsene per raggiungere il reparto decessi.
Firmò i documenti che doveva e seguì in macchina l'auto che portò il corpo di sua moglie fino a casa sua, dopodichè si preparò a ricevere i vicini e i conoscenti. Alexander, che era rimasto a casa, scoppiò a piangere non appena vide la bara di sua madre. I prossimi due giorni sarebbero stati i più difficili e Joey fu contento che da lì a poco sarebbe arrivata Morgana, visto che con Alex aveva sempre avuto un rapporto molto buono.
Rimase per circa un'ora a ricevere tutte le persone che arrivavano per dare l'ultimo saluto a Lily, dopodichè prese la macchina per andare all'aereoporto a ricevere Morgana e Malcom. Il loro areo fu puntale e Joey arrivò giusto in tempo per vederli scendere da lì. Morgana aveva gli occhi rossi e gonfi, segno evidente che avesse appena pianto. Ciò che colpiva sempre di lei, soprattutto quando era giovane ma ancora adesso che aveva quarant'anni, era un incredibile fascino che rapiva lo sguardo di qualsiasi uomo. Tutti coloro che l'avevano vista almeno una volta erano finiti per innamorarsi di lei; non era semplicemente bellissima, possedeva un incredibile magnetismo in grado di attirare qualsiasi uomo.
Ma per la prima volta quella sera Morgana non mostrava nulla di tutto questo. Aveva i capelli leggermente spettinati, il vestito nero lungo e lo sguardo distrutto. Sembrava quasi irriconoscibile.
- Ciao Joey- salutò Malcom con le valigie in mano.
- Ciao Malcom, ciao Morgana...- non riuscì neanche a concludere il suo saluto che Morgana continuò a camminare dritto come se non l'avesse neanche sentito.
- Senti Joey...credimi, è meglio se le parli il meno possibile. So che è brutto da dire, ma tu non puoi neanche immaginare quanto sia stata male da quando ha saputo di Lily...quindi lasciala stare ok?-
Joey al sentire queste parole avrebbe voluto rispondere molte cose, ma dallo sguardo di Malcom capì che non era il caso. Si limitò a seguirlo fuori dall'aereoporto e poi a condurli in macchina fino a casa. Sistemarono le loro cose nella stanza degli ospiti e alla sera Morgana si ritirò nella sua stanza molto presto. Malcom invece gli chiese di parlare per un attimo in privato. Uscirono di casa e si sedettero sulle sedie sdraio che c'erano in giardino. Joey gli raccontò tutta la storia del videotape e della sua decisione di partire per l'America appena finito il funerale e Malcom ascoltò l'intero racconto in silenzio.
- Capisco...e di Alexander che mi dici? Vuoi che lo portiamo con noi in Italia?- gli chiese alla fine.
- Mah- rispose Joey alzando le spalle. - Credo sia abbastanza grande per decidere da solo, anche se sarei più felice a sapere che vivrà con voi d'ora in poi.-
Seguirono alcuni secondi di silenzio in cui i due uomini si guardarono, dopodichè Malcom riprese a domandare.
- Senti Joey, te la posso chiedere una cosa?- la sua voce risultò titubante.
- Dimmi pure Malcom-
- Ascolta...non penso neanche di poterti convincere a cambiare idea perchè so che ormai sei più che convinto di quello che vuoi fare, però permettimi di farti notare una cosa...ormai hai cinquantacinque anni, non sei più un trent'enne com'eri ai tempi in cui ti ha conosciuto Lily...cosa credi di poter fare una volta arrivato in America?-
A Joey scappò un sorriso.
- Certo è vero, sono invecchiato. Ed è anche vero che ormai non sono più abituato ad uccidere o a scappare da situazioni mortali come era invece all'ordine del giorno vent'anni fa. Però non posso ugualmente tirarmi indietro da questa storia, è in America che è accaduto tutto ed è lì che devo tornare.-
- Ok ma...ammettiamo per un attimo che tu riesca a trovare la persona che ha commissionato l'omicidio di Lily, cosa gli farai? Lo ammazzerai macchiandoti di un altro omicidio? E se anche dovessi farcela senza riportare alcun danno...quando tornerai qua in Francia come credi che la prenderà la polizia il fatto che tu sei scappato in quel modo? Comunque andrà tu perderai!-
- Ma è esattamente quello che sono sempre stato, Malcom....- aggiunse immediatamente Joey, senza lasciar trasparire alcun sentimento nella propria voce. -...un perdente, da quando sono nato fino a quando ho conosciuto Lily. E non cambierò mai, Malcom, al di là di come finirà questa storia.-
Joey alzò gli occhi al cielo e iniziò a guardare le stelle, Malcom lo fissò per qualche attimo e poi decise di fare lo stesso. Una di loro, esattamente sopra le loro teste, sembrava brillare più di tutte le altre. "Quella è sicuramente Lily", pensarono entrambi.

***



Il funerale si svolse interamente sotto una leggerissima pioggerellina che caratterizzò l'intera giornata. I presenti alla cerimonia furono molti, parecchi in più rispetto a quelli che si aspettava Joey. Anche quel giorno Morgana non gli rivolse la parola, sembrava fingere costantemente che lui non esistesse. Joey ne approfittò per dire tutto quello che aveva in mente durante il pranzo che si stava svolgendo nel silenzio più assoluto.
- Oggi pomeriggio starò via tutto il tempo, devo assolutamente andare a trovare una persona prima di partire. Domani mattina alle otto ho il volo per Birmingham, quindi non so se ci rivedremo più.-
Tutti i partecipanti smisero all'unisono di mangiare, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
- E si può sapere dove vorresti andare?- gli chiese Morgana alzando gli occhi per la prima volta su di lui.
- Devo andare a Manosque ad avvertire una persona della mia partenza-
- E certo! E a noi non pensi?- Morgana alzò la voce e Malcom accorgendosene le mise subito una mano sopra la sua.
- No Malcom stavolta non starò zitta! Gli dirò tutto quello che penso!-
Morgana stava proprio per scoppiare e Joey stupì tutti alzandosi dalla sedia.
- Non c'è bisogno che mi dica niente, so benissimo quello che pensi di me. Me lo hai già detto più volte in passato, sarebbe inutile ripetersi.-
Morgana lo guardò allibita dirigersi verso l'appenaditabiti. Joey prese il giubbotto e aprì la porta.
- Se domattina non ci dovessimo vedere, addio figliolo- disse spostando appena lo sguardo verso Alexander. Dopodichè si chiuse la porta alle spalle e si diresse in garage a prendere la macchina.
C'era veramente un'ultima persona che doveva incontrare e quella persona era Liu Shulan, colui a cui Joey si era rivolto cinque anni fa.
Lily lo aveva avvisato di questa nuova palestra in cui venivano insegnate una gran quantità di discipline orientali, dette comunemente arti marziali, scherzando sul fatto che lui avrebbe dovuto iscriversi per rimanere in forma. "Anzichè fare tutti i giorni quelle  flessioni e quegli addominali da solo", gli diceva, "perchè non vai a farli in palestra con loro? Magari se non fate niente di troppo violento posso venire anche io!" e in pratica l'aveva costretto a recarsi a Manosque per interessarsi delle tariffe e delle discipline insegnate.
Joey allora si era recato in quella palestra, per niente convinto del valore di "quelle cose da cinesi", sperando che Lily si fosse ricreduta presto e che non avesse voluto veramente andarci con constanza. All'ingresso della palestra aveva notato una moltitudine di coppe premio dalle più svariate città italiane e non, quasi tutte vinte da un certo Liu Shulan. Fu proprio mentre le osservava che Liu gli si avvicinò. - Belle, non è vero?- Joey si voltò di scatto, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza. L'uomo che aveva davanti a sè era più basso di lui di almeno venti centimetri, magro e con i capelli tutti bianchi. Joey per tutta risposta alzò le spalle, abituato ancora ai modi ben poco educati che aveva a quei tempi. - Sono qua solamente per sapere quanto costate, nient'altro- gli aveva risposto lui. Liu Shulan non sembrò sorpreso dalla sua risposta e si mise a fissarlo ancora più intensamente. - Lei non crede nel valore delle nostre discipline, vero?- poi, senza neanche dargli il tempo di rispondere, gli chiese - le andrebbe di permettermi di darle una dimostrazione ora? Ci metteremo poco, glielo giuro.- Joey lo guardò sorpreso, incapace di capire come mai così tanta improvvisa insistenza da parte sua, ma accettò.
Si ritrovò a seguirlo attraverso un breve corridoio oltre al bancone dove c'erano tutte le coppe e poi dentro una piccola stanza, forse il suo ufficio personale. - Quì dentro?- gli chiese Joey. - Certamente- rispose Liu. - Se è un vero combattente dovrebbe riuscire ad avere la meglio sempre, anche nei posti più angusti.-
Joey, che ancora si chiedeva come quell'uomo si permettesse di trattarlo con tanta familiarità quando invece lo conosceva solo da due minuti, scoprì ben presto che non stava per niente scherzando. Liu alzò le braccia chiudendo i pugni, si abbassò leggermente piegando le gambe e cercò di colpirlo al volto con la mano sinistra. Joey tirò immediatamente la testa indietro e per poco non si trovò con il naso rotto. - Ehy ma dico sei impazzito? Che cazzo stai combinando?- gli ringhiò contro. Ma Liu sembrava determinato in quello che faceva. - Lei crede che queste siano tutte baggianate, giusto? Mi dimostri che non è così!- e lo attaccò nuovamente. Si mosse a una velocità che Joey non aveva mai visto in vita sua; fece per colpirlo al volto con il pugno destro, ma nel momento in cui si accorse che Joey stava guardandogli solo quella mano portò un altro pugno con la sinistra dritto nel suo stomaco, colpendolo velocemente e duramente.
Joey cadde a terra tossendo e portandosi le mani alla pancia; non aveva minimamente visto arrivare il secondo pugno. Liu, che stava guardando Joey come un padrone guarda il proprio cane che ha appena rotto qualcosa di prezioso, lo intimò ad alzarsi. - E ora se ne vada! Non vogliamo gente come lei nella nostra palestra!- Joey pensò di rispondegli con i fatti, alzandosi a fatica ed estraendo un coltello da dietro la schiena. La reazione dell'uomo che aveva davanti lo fece però fermare immediatamente. - Questo suo gesto conferma l'impressione che ho avuto dal primo momento in cui l'ho vista. Lei è una balordo, un assassino, non è vero?- gli chiese guardandolo fisso negli occhi. Quei suoi occhi da orientale parevano scrutare l'animo di Joey e per la prima volta nella sua vita si ritrovò a disagio durante un combattimento. - Se ne vada- gli urlò l'uomo, che ancora lo stava fissando senza dare importanza al coltello che il suo avversario teneva in mano.
Come faceva quell'uomo a sapere che Joey era un assassino? Forse lo conosceva? Si sforzò di ricordare se l'aveva già visto in America, ma non si ricordò di nessuno come lui. - Se ne vada!- ripetè Liu ad alta voce. Joey ci pensò per un attimo, dopodichè mise via il coltello e uscì velocemente dalla stanza e dalla palestra. "Quell'uomo deve essere un pazzo", pensò, e quando tornò a casa disse semplicemente a Lily che era il loro giorno di chiusura e che non aveva potuto avere le informazioni che gli aveva chiesto. La verità era che non voleva ammettere che lui, il pericolosissimo Dagger, era stato atterrato da un vecchietto che con dei semplici colpi era riuscito a renderlo innoffensivo.
Riuscì a convincere Lily a non interessarsi più di quelle cose e col passare del tempo riuscì anche a dimenticarsi dell'accaduto, fino a quando un pomeriggio successe qualcosa che lo sconvolse.
Era in un ristorante, con Lily e Alexander che al tempo aveva sei anni, festeggiando gli affari della propria officina che in quel periodo andavano particolarmente bene. Era un ristorante in cui non erano mai stati ma che distava poco da casa loro e di cui avevano sentito parlar bene, tanto che si erano sempre detti che un giorni ci sarebbero andati. Stavano consumando il loro pranzo quando improvvisamente uno dei presenti nella grossa sala si alzò e si girò spingendo con violenza l'uomo che stava al tavolo dietro al suo. - La volete finire o no?- gli urlò con rabbia tanto da attirare l'attenzione di tutti gli altri clienti. - Ma che cazzo vuoi?- gli rispose sempre urlando l'uomo che aveva subito lo spintone. - E' da quando siamoarrivati che tu e lei- disse indicando la donna che era al tavolo con lui - non la finite di prenderci per il culo! La smettete o no?- I presenti nella sala si divisero in due categorie, coloro che fecero finta di niente e continuarono il loro pasto e quelli che alzarono la voce invitandoli a stare calmi. - Ehy amico, se hai problemi puoi anche andartene a fanculo ok? Io e mia moglie diciamo quello che ci pare.- Questa sua risposta peggiorò l'umore dell'uomo che lo aveva appena spinto, invitandolo con rabbia ad alzarsi e ad andare fuori con lui per parlarne "da veri uomini".
Joey, che aveva guardato tutta la scena estremamente divertito dalla demenzialità di entrambi gli individui, fu immediatamente ripreso da Lily. - Vai Joey!- gli disse lei, quasi rimproverandolo delle sue risatine. - Vado dove?- le rispose mentre si stava mettendo un nuovo pezzo di carne in bocca. - Come dove? Seguili fuori e falli ragionare prima che si menino veramente!- Il fatto che Lily molto spesso pensasse o facesse cose che a Joey sembravano completamente assurde era un dato di fatto, ma quella proposta fu per lui veramente insensata. - Io? Non sono mica uno sbirro, che si pestino pure quei due se ne hanno voglia!- come risposta ricevette uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo lì da un secondo all'altro, soprattutto perchè Lily si voltò velocemente verso Alexander e gli disse - non ti preoccupare tesoro, ora va papà a far fare pace a quei due uomini ok?- e Joey rimase incastrato in quella spiacevole situazione.
Mise giù la forchetta con ancora il pezzo di carne infilzato, si alzò dal tavolo e fece per uscire quando sentì improvvisamente il peso di ciò che aveva appena bevuto e mangiato. Quel giorno non si era certo limitato nè in uno nè nell'altro visto che il posto era vicino a casa e che quindi non avrebbe dovuto guidare. Li raggiunse fuori dove i due stavano ancora urlando furiosamente e appena provò a dire qualcosa uno dei due gli urlò minaccioso di andarsene via. - Ehy,  ascoltate...avete proprio dato spettacolo là dentro e non è stato per niente bello, sarebbe il caso che rientraste e...- ma non riuscì a finire la sua frase che uno dei due lo spintonò e Joey cadde a terra.
Per la seconda volta in vita sua, dopo la prima con Liu, Joey fu atterrato senza che potesse fare nulla. Proprio lui, James Hawk, altrimenti chiamato Dagger, il famoso criminale dell'Alabama, era stato reso inoffensivo come fosse una persona normalissima da un uomo qualunque. Era vero che aveva mangiato e bevuto molto, ma questo non giustificava comunque quello che era successo.
Era un chiaro segno che c'era qualcosa che non andava e il motivo era semplice, stava diventando vecchio. Quando era giovane poteva contare sulla forza, sulla prontezza dei riflessi e sull'agilità, ma ora che stava invecchiando tutte queste qualità stavano scomparendo.
Come avrebbe fatto a difendere la sua famiglia qualora ce ne fosse stato bisogno se non riusciva più neanche a schivare un pugno?
Pensò molto a questo aspetto, sotto l'insistenza di Lily che gli chiedeva cosa ci fosse che non andava, e concluse che si doveva rivolgere a colui che pur mostrando più anni dei suoi era riuscito a farsi beffe di lui facilmente.
Liu Shulan.
Fece così l'ultima cosa che pensava di fare, ovvero tornare a  Manosque e chiedere a Liu quale disciplina avesse seguito per essere capace di fare quello che faceva.
E fu così che Liu Shulan si mise pazientemente ad ascoltare le motivazioni di Joey, che per l'occasione si fidò a raccontargli tutto sul suo passato, fino a prendere la sua decisione. Gli avrebbe insegnato il Tai Chi Chuan e successivamente lo stile di combattimento delle dodici forme letali, a patto che gli promettesse di utilizzarle solo qualora ce ne fosse stato reale bisogno.
Da parte sua Joey accettò le condizioni e promise di impegnarsi a fondo, purchè riuscisse a diventare abile quanto lui.
Da quando era morta Lily però aveva fatto la sua scelta, sarebbe partito per l'America alla ricerca degli assissini di sua moglie e avrebbe fatto di tutti per trovarli, anche infrangere il giuramento di usare le dodici forme letali solamente per difesa.
Arrivò a casa sua attorno alle dieci di sera e suonò al suo citofono. Liu si stava già preparando per la notte ma lo fece entrare lo stesso, perchè gli bastò il suo sguardo per capire che c'era qualcosa di importante che gli doveva dire.
Joey raccontò tutto.
- Ho capito...quindi sei qui per dirmi che usarai i miei insegnamenti per uccidere delle persone, è così?-
Joey sospirò. - Esatto.-
Ora fu il turno di Liu di sospirare.
- E...avanti figliolo, dimmi, quante possibilità hai di riuscire a trovare quegli assassini e di tornare vivo?-
- Poche, maestro, molte poche...-
Liu abbassò leggermente lo sguardo.
- Dimmi qualcosa di questa prigione in cui ha lavorato tua moglie almeno...-
- In realtà c'è poco da dire. Avevano preso me e Damian, un ragazzo che stava aiutando Lily a risolvere il suo problema, e ci condannarono a venticinque anni di prigione. Ci portarono a Old Mission, una vecchia prigione che veniva continuamente rimodernata e restaurata, e rimanemmo lì solo per qualche giorno perchè Lily ci aiutò a scappare molto presto.-
Liu sbarrò gli occhi.
- Tua moglie vi fece evadere dal carcere?-
- Sì, ma è una storia lunga, mi creda...Lily aveva bisogno di incontrare una persona di mia conoscenza e io l'avevo...ricattata- l'ultima parola la pronunciò quasi sotto voce.
- Ricattata?- ripetè Liu ancora più sbalordito.
- Le avevo detto che o ci avrebbe tirato fuori oppure non l'avrei mai portata da quella persona, ma cerchi di capire, a quel tempo ero un'altra persona!-
Il suo maestro lo guardò e sospirò, esattamente come fa una mamma quando vede una nota sul diario del proprio figlio.
- E siete riusciti a scappare senza nessun problema?-
- Sì, perchè durante la nostra permanenza a Old Mission scoprimmo un giro di corruzione fra le guardie e fu aperta un'inchiesta parallela alla nostra evasione. Ne venne fuori una bella condanna per parecchie di loro, incluso il loro responsabile, in cui figurò che erano stati loro a farci evadere.-
- Tutto questo l'aveva pensato tua moglie?- chiese Liu sempre più sbalordito.
- Già, Lily è...era fantastica.-
Seguì qualche minuto di silenzio in cui entrambi abbassarono lo sguardo fissando il tavolo.
- Che fine hanno fatto quelle guardie e il loro capo?-
- Sono stati tutti condannati- poi, capendo il senso di quella domanda, diventò immediatamente bianco in volto. - Mi vuole dire che pensa che sia stato uno di loro?-
 Liu alzò le spalle. - Può essere, sto solo facendo delle ipotesi. Nessuno sa meglio di te cosa è successo durante quel periodo.-
- No, non può essere, la voce al telefono che ho sentito era troppo giovane per essere un mio coetaneo...e tutti là dentro lo erano, anche il loro responsabile.-
Liu si alzò lentamente dalla sedia. - Capisco, capisco. In ogni modo non potrò perdonarti se userai le dodici forme per uccidere qualcuno- lo guardò per un attimo con uno sguardo severo - quindi vedi di farti ammazzare da qualche americano, altrimenti se torni vivo ci penserò io ad ucciderti!-
Joey sorrise, cosa che non faceva più da tanto tempo. Sapeva che Liu avrebbe capito.
- La ringrazio maestro, di tutto.-
- Và figliolo- gli rispose lui ricambiando la stretta di mano. - E cerca di trovare la pace c he ti spetta.-

***



L'indomani mattina alle nove Joey era già in viaggio sull'aereo. Aveva incontrato suo figlio Alexander vicino alla porta di casa, ancora in pigiama, pronto per dargli quello che molto probabilmente era l'ultimo saluto. L'aveva stretto forte a se, così come non aveva mai fatto in tutta la sua vita, e si era scusato con lui per non essere mai stato un buon padre.
Poi era andato in garage a prendere il suo borsone e mentre il taxi lo portava all'aereoporto ne estrasse un piccolo foulard nero che strinse attorno al collo.
Al check-in non ci fu nessun problema con il suo passaporto, se avesse avuto un po' di fortuna sarebbe riuscito a partire per l'America e tornare senza che la polizia francese se ne accorgesse.
Non appena annunciarono il suo volo si diresse a passo svelto verso il gate per essere uno dei primi a salire sull'aereo.
"Steven, chiunque tu sia, sto arrivando". 
  
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