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Autore: Marti5    14/04/2015    0 recensioni
[Apocalypse GDR]
"Words are, in my not-so-humble opinion, our most inexhaustible source of Magic."
Raccolta di cinque FanFiction basate su alcuni personaggi presenti nel GDR Apocalypse, di cui sono fiera di fare parte.
Dedicato a Vale, Mara, Nes, Denny, Ale, Fra, Serena, Aurora, Giada e a chi sicuramente ho dimenticato. (sono un disastro di donna, lo sapete)
Grazie per avermi reso parte di questa famiglia.
Genere: Guerra, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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1.Strawberry's Bomb
Faceva un caldo dannato, quel giorno, mentre Asher si piegava sui cespugli di fragole rosse. Si era chiesto più volte, da bambino, quanto suo padre ci avesse messo a far crescere un orto così grande, un'intera distesa di terra ricoperta di verde fogliame, che ogni estate lasciava nascere quei piccoli frutti vermigli e dolci. Si deterse coll'avambraccio la fronte sudata, persino la canotta cominciava a dargli eccessivo calore. Tentò con tutto sé stesso di non pensare al caldo, continuando a raccogliere quelle piccole gemme di povera natura, ma più belle di qualsiasi rubino su cui non avrebbe mai potuto -né voluto- posare uno sguardo. Un fruscio alle sue spalle lo scosse impercettibilmente, ma voltandosi non trovò nessuno ad attenderlo, se non il profilo modesto della sua casa al limitare del paese. Scrutò ancora qualche istante, prima di voltarsi di nuovo e scontrarsi con la sottile figura di Helen, che non aspettava altro se non la sua sorpresa, o il suo spavento. Sussultò un poco, prima di tornare tranquillo e piantare gli occhi bruni in quelli azzurri di lei, un'espressione che tentava di restare seria, ma cadeva inesorabilmente sotto lo sguardo bambino e irrequieto di lei. "Quanti anni abbiamo, cinque, che facciamo questi giochini?"
La domanda avrebbe voluto essere piccata, ma verso il finale si concluse con un'accenno di risa, da parte di entrambi. Helen inclinò la testa da un lato, rubando dal cesto ricolmo dei frutti rossi una fragola gigantesca, succosa e rossa. La morse, assaporando il sapore asprognolo ma dolce, e fissando il ragazzo con falsa ingenuità. "Sei sempre il solito noioso, tu. Ero venuta a darti una mano a raccogliere le fragole!" Disse sorridendo, le labbra macchiate del succo del frutto. Asher le osservò per qualche tempo, desiderando togliere quel sottile strato cremisi con le proprie labbra. Alzò lo sguardo, alzando un sopracciglio. "Al massimo mi finisci le scorte." borbottò divertito, togliendole l'eccessivo numero di frutti che aveva preso dalle mani e chinandosi su un cespuglio particolarmente ricolmo. La ragazza sbuffò, ma la testardaggine era una dote da cui difficilmente si poteva distaccare, e trotterellò al suo fianco, prendendo ad una ad una le fragole mature e gettandole nel cesto. Asher scosse la testa, sorridente, e rimase in silenzio per un po'. L'aria immobile di quell'estate torrida era soffocante, ma avere la frizzante presenza della giovane con sé lo aiutava a non pensare al calore, o al sudore, o alla stanchezza. In effetti, insieme ad Helen riusciva a pensare soltanto a come cadessero bene quelle trecce bionde sulle sue clavicole, o a come fosse tonda quella bocca rosea. 
La giovane si morse un labbro, ancora pregno del sapore della frutta, e osservò con la coda dell'occhio il giovane. "Facciamo un gioco!" Disse d'improvviso, inginocchiandosi e tirandolo per un braccio. Sbuffando, Asher si volse, un'espressione poco convinta in volto. Lei portò le mani dietro la schiena, lo sguardo fingeva di vagare distratto nel cielo terso e chiaro sulle loro teste. "Se indovini quante dita ho dietro la schiena, ti dò un premio. Altrimenti, penitenza. Su, indovina!" Lui la osservava sull'orlo di una nuova risata, cedendo a quel nuovo gioco, e le rispose dopo qualche attimo. "Vediamo, cinque?" "Ah! Sbagliato! Chiudi gli occhi!"
Il viso di lei s'illuminò raggiante e vittorioso, ed Asher si preparò psicologicamente ad una delle strane e assurde penitenze che la giovane inventava ogni volta che facevano una scommessa. Si preparò al peggio, serrando le palpebre, quando un contatto inaspettato lo colse di sorpresa. Non aprì gli occhi, nonostante lo stupore: lasciò che le labbra di Helen si unissero alle sue, rispondendo a quel bacio rubato. Quando non poté più sentire la morbidezza della bocca della giovane sulla sua, aprì gli occhi e si ritrovò da solo tra i cespugli, l'eco della risata cristallina di lei ancora nell'aria. 
Si leccò le labbra, e sorrise spensierato: Helen sapeva davvero di fragole.

2.The storm before the Battle 
L'aria era pregna di umidità fasciava Lothlòrien come una coperta soffocante, quella sera. Le nubi grigie coprivano quasi tutta la volta scura del cielo, lasciandolo scoperto solo in alcuni punti qui e là. La luce delle stelle non poteva essere scorta con facilità, quella notte, e Logan sapeva che c'era solo un posto dove lei avrebbe potuto goderne, almeno un po', prima della fine. 
Distese le lunghe membra sul giaciglio di fortuna che aveva scelto per riposare, prima di alzarsi silenzioso e infilare velocemente le scalinate che avvolgevano i grandi alberi della foresta di Lorien. Sfiorò con le dita la spilla che Dama Galàdriel gli aveva consegnato, in segno di benvenuto nella sua terra -dono raro, visti i giorni bui che la Terra di Mezzo viveva in quel momento- e si strinse nel mantello elfico, il vento gelido della notte contro la pelle pallida del ragazzo. Girò per qualche tempo, prima di raccapezzarsi e riuscire a trovare la via per la piattaforma più alta. La corteccia chiara del Mallorn scorreva sotto la sua mano, e Logan percepiva di rimando la sensazione di morbidezza che la pelle di Astraea gli procurava sui polpastrelli, quando si permetteva di toccarla. Quel candore latteo la rendeva ancor più eterea di quanto la sua natura già non facesse, e quando finalmente lo sguardo del Ramingo poté incontrarne di nuovo le sembianze, ancora una volta si trovò spiazzato.
Lei era immbile, l'avrebbe scambiata per una statua di marmo, non fosse stato per la preghiera elfica che si apprestava a rivolgere piano agli astri a lei tanto cari, racchiusi nell'oscurità del cielo notturno. La lunga chioma rossa discendeva come una cascata fluente sulle spalle esili, il volto rivolto verso l'alto illuminato da un pallore candido e puro. Astraea si volse, l'aria pacata che la contraddistingueva appena increspata da una preoccupazione che, Logan lo sapeva, non sarebbe cessata prima dell'ultima battaglia.
La raggiunse, amareggiato nel vederla così, disarmata di fronte alle crudeltà che quella guerra aveva in serbo per loro, l'ovale perfetto adombrato e quegli occhi brillanti umidi. Le prese le mani, delicate come quelle foglie benedette cresciute sotto la veglia di Celeborn e Galàdriel, in quel luogo apparentemente fuori dal mondo e dai suoi dolori. La fissò per qualche istante, scorgendo nei silenzi parole che solo loro potevano conoscere e leggere. Poi si decise a parlarle, il tono stanco ma gentile. "Sta arrivando un temporale... Sarà meglio scendere."
Astraea alzò lo sguardo sull'uomo cui aveva donato la promessa di una vita, una vita insieme oltre i confini di un mondo che andava rovesciandosi, gettando ogni cosa bella nell'oblio. L'elfa strinse le mani di Logan, stringendo le labbra in un lieve sorriso, dissonante dall'atmosfera di morte che aleggiava nel resto della Terra di Mezzo. "Hai paura di bagnarti, Ramingo?" gli sussurrò, ostentando un'ironia che non poteva trovarsi davvero nel suo cuore, non il giorno in cui diceva addio, forse per sempre, al ragazzo che amava. Lui sorrise, quasi rilassato, e portò le mani di lei al petto. Rimasero così qualche istante, prima che la pioggia cominciasse a cadere su di loro. Per ora la tempesta tardava a sopraggiungere, e l'acqua scorreva sui loro volti quasi a volerli benedire, e a voler suggellare quella promessa che avevano stretto insieme, sulle sponde dell'Anduin, quasi un anno prima. Logan alzò gli occhi al cielo, per poi posarli di nuovo su Astraea, avvicinando le labbra alle sue. "Mai sfidare un uomo del Nord."
La baciò, come se fosse l'ultimo bacio che avrebbe potuto rubare a quelle labbra rosee e piene, e godette della morbidezza delle sue membra più che poté, lasciando per un attimo la tempesta, la guerra, e la Terra di Mezzo stessa oltre quel confine segnato dalle loro labbra. Nonostante tutto, la speranza tornò a brillare nel profondo blu delle sue iridi.

3.Shut up, boy 
La polvere presente in quella sala era talmente tanta da offuscare quasi la vista, ma Dionysus non vi fece caso, mentre si accomodava nell'ultima fila di poltrone. Il velluto rosso era ormai stinto in una tonalità molto più scura, e il legno dei sostegni non era più lucido come un tempo, eppure l'uomo continuava a sostenere quel vecchio cinema più che poteva, lasciandosi assuefare dal conforto della celluloide e del 'silenzio in sala' almeno una volta a settimana. E poi il biglietto non costava quasi nulla, e la tipa alla cassa aveva due tette da urlo. 
Sorrise malizioso, portando alle labbra la fiaschetta e traendo un sorso d'incoraggiamento. Quella sera davano un vecchio film, qualcosa di sentimentale con Humphrey Bogart, o qualcosa di quel genere. Le luci s'erano appena smorzate, quando un altro tipo di interesse baluginò nello sguardo acceso di Dionysus. Di fronte a lui, due file più in basso, un paio di gambe se ne stavano distese svogliatamente sulla poltrona più in basso, e la proprietaria non sembrava intenzionata a rimuoverle da quella posizione teoricamente maleducata. Mai maleducazione era stata più attraente, pensò Dionysus, nel percorrere con lo sguardo la lunghezza di quelle gambe, lasciate completamente nude da un paio di shorts. 
Con il cinema naturalmente deserto, l'uomo non perse l'occasione di sfoderare le sue armi migliori, e si trascinò silenzioso nel posto accanto alla ragazza che, a quanto pareva, sembrava molto più interessata al film di quanto non apparisse. Dal canto suo, Ros nemmeno si accorse dell'avvenente presenza che aveva accanto in quel momento. Non subito, almeno.
Giocherellava distratta con le dita delle mani, lo sguardo perso sullo schermo e legato alla trama del film. Fu quando il tono caldo di Dionysus interruppe la sua concentrazione che lanciò una fugace occhiata al suo interlocutore, quasi scocciata. L'uomo si era sporto un poco verso di lei, l'espressione furba e apparentemente smaliziata ad accompagnare le sue parole.
"Non credevo che ci fosse ancora qualcuno che apprezza i grandi classici come me..." sussurrò impercettibilmente, la sua attenzione rapita dalla situazione intima che solo la sala cinematografica poteva dare persino ad una conversazione tra due estranei. Ros sbuffò appena, mentre tornava a fissare lo schermo. "Sì, li apprezzo, e vorrei godermelo, questo classico, se non ti spiace."
Tra le file semivuote, solo i loro sussurri si mescolavano alle battute di voci ormai perdute nel tempo. Dionysus sorrise divertito dalla reazione della giovane, e lanciò un'occhiata alla camicia a quadri mezza sbottonata che portava. Mascolina, sarà stata di tre taglie più grande, e nonostante questo quella ragazza la portava come se fosse un completino intimo d'alta classe. Fece per sporsi ancora verso di lei, e continuò a mormorare nel buio. "Magari potremmo parlare dei nostri amati classici più tardi, davanti ad un caffè..." Non aveva nemmeno finito la frase, che la ragazza afferrò malamente il colletto della sua camicia e se lo tirò contro, infilando la lingua tra le labbra dell'uomo. Dionysus rimase di sasso, pur rispondendo vorace a quel bacio umido e tumultuoso. Staccatasi da lui, lo rigettò sulla poltrona con malagrazia, tornando a mostrare interesse solo verso il grande schermo. "Ora che hai avuto quello che volevi, sta' zitto e lasciami guardare."
Per un attimo, nessuno dei due fiatò. Dopo qualche istante, Ros aggiunse svogliatamente. "...Comunque il mio latte macchiato lo paghi tu."

4.Protection 
Quei porci di Unni avevano scelto il giorno sbagliato per tentare di penetrare il palazzo reale. Theia strinse maggiormente la spada tra le dita, il dragone rosso dipinto sul pettorale dell'armatura pareva muoversi inquieto, sotto il volto teso della donna. Poteva notare sui sudici volti dei suoi nemici espressioni di scherno, mentre con lo sguardo percorrevano quel corpo troppo aggraziato e femminile per poter essere considerato una minaccia. Questo prima che la sua lama trapassasse i loro busti e roteasse senza pietà contro i loro colli taurini. 
La battaglia imperversava, le guardie dell'Imperatore opponevano una resistenza che di certo non sarebbe bastata a difendere il palazzo da tutte quelle bestie sopraggiunte dal valico. Lo scudo umano che s'era eretto intorno al palazzo reggeva a malapena l'irruenza degli stranieri. La donna continuava imperterrita la sua danza di morte, strappando gli ultimi respiri ai combattenti che osavano porsi sul suo cammino. Nella sua mente si palesò con concretezza il suo duro addestramento, ogni osso incrinato e ogni livido l'avevano portata fin lì, su quelle scalinate, e l'avevano investita di una capacità rara tra le mani di una fanciulla. Ora quella giovane donna all'apparenza innocua rappresentava tutta la forza che la Cina poneva contro gli Unni, e Theia portava con orgoglio quel pensiero nella mente. 
Il capo della marmaglia le si parò davanti, nella sua stazza da rinoceronte. La donna lo fissò arcigna, mostrando la posizione di difesa e i denti perlacei stretti in un ghigno. Il colosso Unno si gettò avanti, l'enorme spada tra le mani e una rabbia animalesca ad illuminare il suo volto; Theia lo scartò di lato, portando la sua spada a cozzare contro la sua gamba, aprendo un profondo solco nella carne. Sorrise vittoriosa, prima che la mano di Shan Yu si scontrasse violenta col suo bel viso e la gettasse a terra. Quella bestia è dura come la pelle di cinghiale, pensò la donna posando il peso sul braccio e sputando a terra del sangue. Alzò lo sguardo sull'uomo, mentre tornava a sollevarsi. "Credi che basti questo, stupido idiota?" Urlò, buttandosi avanti e roteando la spada contro il suo braccio e staccandogli di netto una mano. 
La battaglia di Theia si protrasse per qualche minuto: la feccia non voleva morire. Per un attimo si chiese se sarebbe sopravvissuta, e il suo pensiero volò immediatamente a Selene. Il volto delicato della ragazzina si scontrò brutalmente contro la paura della morte, e le instillava il vigore di cui aveva bisogno in quel momento. Con un gesto secco e disperato, spese le ultime forze mulinando la spada contro il volto dell'Unno. La sua testa si staccò di netto dal collo, e Theia la vide rotolare giù dalla scalinata, l'ultimo grido rabbioso impresso sul volto.

Selene strinse la stoffa dell'abito tra le dita bianche, mentre dalla finestra della stanza assisteva alla lotta. Poteva vedere quel groviglio di capelli biondi elevarsi sopra ogni altro soldato in quello scenario apocalittico, e le sue preghiere si fecero più insistenti. Antenati, vi prego, vegliate su di lei. Non portatela via da me.
Avrebbe voluto essere accanto a lei, affrontare l'armata Unna al suo fianco e renderla fiera, ma le mani delicate di Selene non erano pronte per tutto questo. Lei a stento reggeva il peso dello spadino che Theia le aveva fatto forgiare quasi controvoglia, conscia del fatto che sua madre desiderasse con tutta sé stessa di non vederla mai in un campo di battaglia. Si scosse, udendo un grido raggelante librarsi nell'aria, e corse a cercare con lo sguardo l'unica donna presente in quello scenario devastato. La vide, inginocchiata accanto ad un corpo privo della testa, ansimante, e non poté resistere. Discese velocemente le scalinate del palazzo e si gettò fuori dal portone, raggiungendo sua madre e stringendosi a lei. Non l'avrebbe più lasciata sola, si disse, e il mattino dopo le loro lame cozzarono l'una contro l'altra, dando inizio ad un allenamento che avrebbe forgiato Selene come aveva forgiato Theia, legandole ancor più di quanto già non fossero.

5.Sweetiest Lullabye
Pallas imprecò tra i denti, mentre s'arrampicava agile su per il rampicante secolare che avvolgeva in un verdeggiante abbraccio la vecchia struttura dell'università. I dormitori delle ragazze sembravano spuntare direttamente dalle pagine di un romanzo, con quegli spessi rami ricolmi di foglie adagiati saldamente contro le mura. Doveva per forza trovarsi al primo piano, la sua stanza? Non poteva prendere un alloggio al pian terreno?
Raggiunta la finestra perennemente aperta della stanza di Euterpe trasse un sospiro, anche se la scalata non era stata poi tanto impegnativa. Posò piano i piedi sul pavimento pieno zeppo di spartiti sparpagliati e disordinati, e sorrise ilare mentre nella penombra scorgeva la figura di lei stesa sul letto. 
Voltata sul fianco, i lunghi capelli rossi sparsi sul cuscino, la schiena pallida lasciata scoperta dal tessuto leggero della camicia da notte. L'ammirò per qualche secondo ancora, immaginando quel fuoco stretto nella sua mano ancora, come l'ultima volta, e quella prima ancora. Quando era solo, se si concentrava abbastanza poteva sentire le sottili ciocche scorrere tra le sue dita, come quando la rapiva per qualche ora dal trambusto scolastico e facevano l'amore nella sua stanza, sotto le lenzuola leggere o stretti nell'angusta vasca da bagno. Si avvicinò al piccolo letto dove Euterpe riposava e si distese accanto a lei, posandole una mano sul fianco. La giovane mugolò nel buio, conscia dell'identità dell'ospite inatteso, ma non si voltò a scrutare quegli occhi azzurri così intesi che l'avevano scrutata per la prima volta appena pochi mesi prima, nella mensa affollata. La giacca della squadra di football gli stava troppo bene perché potesse passarle inosservato, e quello sguardo azzurro l'aveva inchiodata prima ancora che potesse accorgersene. Di certo non credeva che lei, nel suo maglione largo e coi capelli malamente raccolti in una coda disordinata, potesse attirarne l'attenzione.
Aveva sentito il suo profumo non appena aveva messo piede nella piccola stanza, e ora accarezzava il dorso della grande mano di Pallas, scesa a sfiorarle il ventre. Poteva udire il suo respiro contro la nuca, e un brivido di piacere percorse l'esile corpo di Euterpe, fragile ma plasmabile sotto il tocco delle dita del ragazzo.
"Non dovresti dormire, a quest'ora?" sussurrò ilare, mentre sentiva le braccia di lui farsi più possessive e stringerla maggiormente contro il suo petto ampio. Il ragazzo strofinò il naso sulla pelle morbida di lei, inebriandosi della sua essenza. "Devi cantarmi una ninna nanna, e forse riuscirò a dormire."
Euterpe sorrise nell'oscurità, mormorando a voce bassa una canzone appena composta, che attendeva solo l'approvazione di colui che l'aveva ispirata. Pallas posò un lieve bacio sul collo niveo di Euterpe, e si lasciò cullare dall'unica voce che potesse esistere in quel momento, solo per lui. Accostò le labbra all'orecchio di lei, quando il silenzio tornò suo malgrado nella stanza.
"Mh, non credo di avere ancora voglia di dormire..."
La giovane rise, portando il corpo a rigirarsi tra le braccia di lui e trovando finalmente tra le dita la pelle ruvida del suo viso. Posò un bacio veloce sulle labbra carnose, e sorrise, prima di cercare di nuovo il suo sapore.
La mattina dopo, la pelle nuda di Euterpe e quella di Pallas portavano la stessa fragranza, l'una stretta contro l'altra. © Apocalypse GDR © Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi Role player
   
 
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