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Autore: Beckett    15/04/2015    0 recensioni
" Ed ora sua madre dov'è?"
" Chi dice tre metri sotto terra, chi dice tre metri sopra al cielo. Punti di vista."
Quando un omicidio sconvolgerà la vita di tre ragazzi del Mainland un piccolo paesino nel Maryland. Le cose cambieranno.
“ Vedo che si è informata.” Rispose sospettosa Elis.
“ Ma sa, m’informo sempre di chi ha i vestiti sporchi di sangue. Prego, mi segua, da questa parte.”
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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1x10 – Dopo il mio sangue.
“ E questa è la mensa della Becker High School. Quanto ti è mancata da per niente a per nientissimo?” domandò sorridente Katherine a suo fratello Connor che, nel frattempo, aveva abbandonato i suoi studi Denver per dedicarsi completamente a sua sorella e alla sua famiglia.
“ Questa scuola è molto meglio della mia. Non ci sono i gabinetti.” Disse.
“ Giura?!” chiese sbalordita Kat pensando di distrarsi parlando con suo fratello di cose completamente futili, ma così non fu. Il pensiero fisso della ragazza era Eremy Gliffer e Lydia Cortez.
“ Connor, qual buon vento!” si intromise Elis che era appena uscita dall’aula di criminologia. E no, non per fare criminologia. Per niente.
Per El sembrava che tutto fosse ritornato alla normalità. Jackson li chiamava soltanto per sapere se avessero passato il sabato ad Atlanta o se sarebbe dovuto venire lui a Mainland, Max si stava occupando dell’ultimo articolo del giornalino della scuola e per lei e Mick Pakkins c’erano solo cose positive. Lydia Cortez non li sentiva da tempo ormai, non si sapeva cosa fosse successo a quella ragazza e alla sua vera identità. A sentirla erano solo Max e Jackson.
Max per suo interesse mentre Jackson per questioni legate all’omicidio e alla polizia in generale.
Dopo che Katherine fu dimessa dall’ospedale, per i ragazzi ci furono solo buone notizie. Partendo dai rapporti sentimentali per arrivare a Lydia e all’assoluzione di quest’ultima. Nessuno più credeva colpevole la Cortez, anche Hell ci aveva perso le speranze nel chiudere il caso di Eremy Gliffer.
Katherine però si sentiva ogni giorno di più in colpa nei confronti di Lydia. L’aveva trattata male, l’aveva minacciata di morte e poi non l’aveva aiutata nemmeno personalmente nei suoi interrogatori. Tutta la sua cattiveria nei confronti di quella povera ragazza si era trasformata in frustrazione. Aveva bisogno di chiederle scusa, a tutti i costi. Sarebbe andata fino ad Atlanta – città che non vedeva più dalla notte del delitto – se ce ne fosse stato bisogno.
“ Ma se mi hai visto all’ospedale, e ieri a pranzo, e l’altro ieri a pranzo, e giovedì scorso al locale di fronte casa tua?” Connor era sempre stranito dalle parole di Elis.
“ Non pensavo che restassi più di una settimana qui a Mainland, ci verrei io a Denver, amico mio.” Rispose Elis.
“ Tu hai da fare con il tuo bel professore di criminologia, che ci vieni a fare a Denver? E comunque avevo nostalgia di casa. Si ritorna sempre dove si è stati bene.” E cominciò a ridere, consapevole di aver usato una frase del film che Elis amava tanto.
“ 16 anni e già così saggio. Approposito di Mick Pakkins, avrei da fare delle confessioni, Kat.”
“ Sai cosa?” disse Kat con i suoi mille buoni propositi che viaggiavano nella sua buona testa “ dovremo tutti fare delle confessioni. E quindi ho deciso che oggi andremo tutti a casa di Lydia e faremo tutto quello che avremo dovuto fare da tempo.”
“ Ad Atlanta?” domandò stupida Elis. Erano settimane che non vedevano la Cortez e quella stessa città. Avevano preferito stare lontane per un po’, tranne Max che andava lì regolarmente per far compagnia a Lydia.
“ Lydia? Lydia chi?” chiese Connor.
“ Oh ti piacciono sempre le ragazze eh?”
“ Io davvero non ti capisco Elis. 10 anni che ti conosco, 10 anni a capirti.” Gli diede un bacio sulla fronte e salutò tutti allegramente, Connor restò impassibile a quel bacio affettuoso che gli aveva lasciato El e preferì andar via senza proferire parole. Katherine restò lì a pensare a tutte le scuse che avrebbe dovuto dare a Lydia.


“ Caterina!” disse dall’altra parte della cornetta una voce al quanto familiare. Era Lucy! Ormai le due ragazze avevano appuntamenti fissi per sentirsi a telefono. Da quella chiamata in ospedale non si erano lasciate più. Kat, perché, pensava che Lucy fosse sul serio la sua conoscenza, mentre quest’ultima aveva bisogno di un supporto morale per superare gli anni di galera che le avevano dato, anche se Katherine non sapeva ancora nulla di tutto ciò.
“ Lu! Come vanno le cose lì a New York?”
“ Benone. Si sopravvive. Avevo intenzione di farti visita proprio in questi giorni, ma la mia agenzia mi tiene impegnata fino alla fine dell’estate.”
“ Sul serio? Ma se l’estate non è ancora cominciata! Mi dispiace tantissimo, comunque. Spero che avremo modo di vederci il più presto, sai da quanto non ci facciamo una chiacchierata come si deve? Agganci sempre dopo un tot. di ore, sembra che sei in carcere.” E da qui scoppiò una grassa e sana risata, inconsapevole di dire una mezza verità.
“ E io che pensavo che ci stessi tu dietro le sbarre, mi son dovuta ricredere Caterina!”
“ Dietro le sbarre?” cominciò una risata nervosa che durò per ben due minuti “sono la stessa persona di sempre Lucy, solo con qualche annetto in più e qualche bigliettone da cento nel portafogli.”
“ Come hai detto tu, il dovere mi chiama e i miei minuti son finiti. Figghins vuole delle foto di me che vado in barca, come faccio a dir di no? Ti aspetto per un aperitivo qui nella grande mela.”
“ Puoi contarci, ciao Lu.”
“ Ti ringrazio ancora.” Disse Lucy tornando nella sua cella e posando il suo telefono nello scatolone.
“ Devi ringraziare sempre tuo padre, l’agente. Senza di lui queste bugie non le reggeresti. Fa in modo che tuo padre non venga licenziato solo per farti contenta.”
“ Sissignore!”

Nella cucina dei Middelton si respirava un’aria completamente positiva e felice. Quasi come se tutti sapessero che Lydia Cortez fosse stata scagionata dal caso Eremy Gliffer.

Dalla finestra si udì un suono. Era la voce di Max che gli era andato a fare visita, come era suo solito fare ogni martedì, per il gruppo studio con Katherine.
“ Buongiorno Maxy!” disse Katy contento di vederlo. Era una sorta di divinità paradisiaca che avrebbe aiutato Katherine a ritornare nel mondo dei buoni.
“ Buongiorno signora Middelton. Kat sta di sopra?”

“ Kat sta sempre lì. A rimuginare su qualche omicidio commesso.” E rise.
“ Scusi?”
“ Ho detto omicidio? Sai com’è, oggi non azzecco una parola. Ad ogni modo, ti aspetta sopra con il vostro gruppo di studio. Ma ci sarà del tenero tra di voi e me lo nascondete?”
“ Non si preoccupi signora Middelton, siamo solo amici.”
“ Il contrario Maxy. Non mi preoccuperei se foste fidanzati.”

Max salì al piano di sopra e vide che la camera di Katherine era completamente al buio e che lei era nel letto a farsi quelle buone due ore di completo sonno. Inizialmente fu sopraffatto da una risata più che altro tenera, poi, guardando il suo telefono, si accorse che era acceso e sulla schermata compariva il numero della Cortez.

“ Perché hai intenzione di chiamare Lydia?” domandò nervosamente Max.
A questo punto Katherine si svegliò e senza nemmeno domandargli del perché fosse lì o del perché l’avesse svegliata lo rispose.


“ Ho bisogno di chiederle scusa per tutto quello che le ho fatto passare in queste ultime settimane. Con la morte di Eremy Gliffer, con l’interrogatorio alla centrale di polizia, con le minacce di morte! Maxy, ho bisogno di parlarle!”
“ Lo sai no che non vi vuole più vedere?”
“ Lo so, ed ha tutte le ragioni del mondo. Io voglio soltanto chiederle scusa per tutto quanto, voglio soltanto essere ascoltata per dei pochi minuti, se anche dopo le mie scuse non vorrà più vedermi allora io me ne andrò e non mi farò più viva. Ma glielo devo.”
“ E come hai intenzione di chiederle scusa se manco ti vuole guardare in faccia?”
“ Be’, per quello ci sei tu. Oggi, avevo intenzione di andare a casa sua. Poche, piccole frasi, e me ne andrò. Lo giuro.”
“ E il gruppo di studio?” domandò Max scocciato da questa situazione.
“ Max…”

“ Busso io o bussi tu?” domandò Kat ad Elis. Si ritrovavano fuori la porta della casa di Lydia. Entrambe avevano le mani sudate ed erano un po’ preoccupate della reazione della Cortez. Max, nel frattempo, era a parcheggiare l’auto nel vialone. Avrebbero aspettato lui prima di bussare. Forse Lydia si sarebbe addolcita grazie alla chimica che aveva con Maxy.
“ Bussa Max!!” dissero prontamente le due.
Così lo fece e ad aprire fu proprio lei.


“ Cosa ci fate qui?”
“ Abbiamo bisogno di parlarti. Te ne prego.”
“ Di cosa?” domandò scocciata ed infastidita Lydia.
“ Facci entrare, ti giuriamo che non succederà niente.”
“ L’ultima volta che mi avete giurato una cosa simile stavo per finire dietro le sbarre. Che dite, mi fido? DI NUOVO?”
“ Ti prego Lydia, ascoltale.” Disse Max con tono placato. Sapeva che avrebbe sempre funzionato.
“ Un minuto, non di più.”
I tre entrarono in casa della Cortez. Era rimasto tutto come lo avevano lasciato quella notte. Le stesse mattonelle, lo stesso salone, le stesse tende. Tutto uguale. E quello le faceva rabbrividire.
Elis entrando si ricordò di quella volta che si accasciò sul divano e si chiese che senso avesse vivere dopo aver ucciso un uomo. Max ricordò il momento in cui ascoltò la chiamata tra Lydia e suo fratello e scoprì la verità. Katherine ricordò la pistola e i ricatti. Era diventata una cattiva persona. Era stata davvero una delle più spietate, eppure non erano passati mesi, al massimo qualche settimana dall’ultima volta.


“ Voglio chiederti scusa. Per averti minacciato, per averti messo in questo casino e per non averti dato un aiuto di persona. Volevo farti aiutare da Jackson perché non avevo il coraggio di guardarti in faccia dopo che fosti interrogata.”
“ Com’era? I poveri in galera e i ricchi fuori dalla bufera. Eppure è così.” Disse sorridendo Lydia stanca di tutto quello che aveva passato. Delle settimane passate in centrale, delle settimane a pensare di aver coperto degli assassini. Voleva cambiare vita, completamente.
“ Ascoltami. Scusami Lydia, scusami per tutto. Non meritavi tutto quello che ti era capitato e che ti sta capitando tutt’ora. Spero tu possa perdonarci. E dimenticare.”
“ Non t’assicuro il perdono. Ma sono sicura di non poter dimenticare, tutto quello che è successo. Cercherò di non pensarci, sì. Ma dimenticare?! Dimenticare le settimane d’inferno che ho passato? Dimenticare il fiato sul collo del detective Hell? Quello è impossibile. Io non so come hai passato tu, queste tre settimane, io però non ho vissuto. Ed è brutto per una persona privarsi della propria vita, sai? Non te lo auguro. Nemmeno a te, El. A nessuno di voi. Ma ho deciso, allo stesso tempo, di dover essere leale anch’io con voi. In fondo la vostra porca figura l’avete fatta. Ebbene, ora tocca a me.
Mi chiamo Ursula Lydia Cortez, e vengo dal Messico. Non ho mai avuto un marito, e quei bimbi che avete visto la prima volta che siete entrati in questa casa sono miei ma sono stati concepiti da una relazione, finita male. Anzi, mai cominciata. Ero una barista nel New Messico, mi guadagnavo da vivere, frase che non avrai mai sentito immagino. Comunque, un giorno, quei giorni di spring break, insomma. Un uomo mi violentò. Era ubriaco fradicio ed era uno stronzo, massì che lo era. Da lì restai incinta. I miei figli sono gemelli. Ne sfornai addirittura due. Non avevo mia mamma e mio padre al mio fianco, solo mio fratello. Ora la custodia è la sua. Dicono che io non sia in grado, ma questa è un’altra storia. Li vedo ogni giorno, però. E questo mi basta. Non sono pronta a fare la mamma, anche perché ho qualche anno di differenza con voi, credetemi. Ho deciso di cambiare vita trasferendomi ad Atlanta. Ora la mia vita qui è finita. Dopo questo accaduto non mi sento nemmeno più una cittadina di questa città. Andrò a Parigi, mi sono iscritta ad un college. E non so a voi quanto possa interessare, ma cazzo diciamole tutte le cose ormai. Parto stasera e Max sapeva già tutto. Sì, anche della violenza. Non voglio la vostra compassione, mi farebbe ridere una cosa del genere, dopo una settimana di minacce da parte tua Kat, e tua El. Ve l’ho detto perché non mi piace lasciare le cose a metà.”
“ Dovresti chiederci scusa per aver mentito.” Disse Elis sorridendo.
“ Ma sei seria?” domandò sarcasticamente Lydia.
“ Serissima, URSULA.” I quattro scoppiarono a ridere. Dimenticandosi, per un attimo, di tutto. Del completo disastro.
“ L’unica cosa che posso augurarti è buona fortuna Lydia. Che tu possa trovare la felicità che non hai trovato né qui né in New Messico.”
“ Ti ringrazio. Tutto sommato non eravate poi così tanto male. Apparte le tue uscite da istinto omicida.” E risero di nuovo. Ci furono pochi giorni in cui i quattro ridevano liberamente, forse per la situazione in cui si trovavano, forse perché non erano mai stati così legati. Ma ora lo erano. Dopo quelle confessioni erano tutti legati, e non più da Eremy Gliffer. Non erano legati più da un omicidio ma da una forte amicizia che non li avrebbe mai abbandonati.
“ A questo punto devo dirvi una cosa anch’io…” disse El timorosa “sto con il professore Mick Pakkins. Ormai è un mese, o forse due, o forse tre. Ora penso che sia meglio ritornare a casa!!”
“ ELIS EVERWOOD….” Cominciarono i tre all’unisono..

 

“ Tu che non mi dici di Mick… oh, la pagherai cara mia.” Disse Kat lungo il tragitto verso casa.
“ Non era facile dire di stare insieme ad un professore subito dopo aver ucciso un uomo. Troppi reati in un solo giorno.”
“ Tralasciando la testa vuota di El. Tu Maxy? Intendo, con Lydia?” domandò Kat, ora però era seria.
“ Ma sai com’è quando non è destino lo si capisce subito. Già che c’eravamo conosciuti in quelle circostanze, suvvia. Ma poi la prima volta che le ho parlato è stato perché era il nostro ostaggio, ERA IMBAVAGLIATA! Non avrebbe funzionato comunque. Ha due figli, ha una storia pesante dietro, e ultimamente aveva passato l’inferno, aveva bisogno di cambiare aria. E nella sua nuova aria io non c’ero. Non sono mai stato in programma per una come lei. E per quanto mi piacesse starle vicino, lei ha bisogno di meglio ed io lo stesso. Farà parte sempre di un capitolo della mia vita. Ed io della sua. Ma ora ho cambiato pagina, e lei non c’è più. E’ finito il capitolo, è finito il nostro periodo di merda ed è finito con Eremy Gliffer. E’ finita, ora sul serio. Non pensate che questa sia una cosa positiva?”
Le due sorrisero consapevoli che il loro amico tutti i torti non aveva. Al diavolo tutte le storie finite male, sarebbe andata meglio, anche questa volta.

PENITENZIARIO DI ATLANTA.
“ Lucy, c’è una visita per te.”


“ Perché? Qualcuno sa di me in carcere?” domandò stranita la ragazza al poliziotto, che era anche un suo amico.
“ Il tuo amico Lu, quello con i riccioli.”
“ Ah, ora mi è più chiaro Bobby.”
“ Hai 25 minuti, non di più.”

“ Connor!!” Lucy appena lo vide cercò di abbracciarlo, ma il tutto era impossibile. Erano divisi da una vetrata e potevano parlare solo attraverso un telefono. Almeno si vedevano. E questo era l’importante. Potevano addirittura darsi la mano, ed era un gran passo avanti.


“ Mi manchi! Quando sarà il tuo processo?” domandò Connor preoccupato.
“ Al più presto. Spero solo che mi sconteranno gli anni e non li aumenteranno. Odio questa gabbia e ho voglia di vedere tua sorella e ho voglia di vedere te. Le hai detto che stiamo insieme?” domandò Lucy al ragazzo.
“ Non ancora. Avrò tempo di dirglielo, ora voglio solo che stai bene. Mi manca tutto di te. Torna presto, ti prego.”
“ Te lo prometto Connor, ti prometto tutto. Tu fai star bene Katherine, se lo merita. Ne ha passate tante.”
“ Mi dirai mai cosa ha passato mia sorella in questi ultimi mesi che sono stato a Denver?”
“ Quando sarà pronta te lo dirà stesso lei. Ebbene, Denver. Quando hai intenzione di ritornare a casa?”
“ Dopo il tuo processo. Penso che ritornerò lì e poi ritornerò di nuovo qui. Mainland è comunque casa mia, ci sarà sempre un posto per me.”
“ Mainland è casa tua, ma cosa mi dici di Atlanta? Non potrai dire per altri 3 anni che vai a comprare il pesce ad Atlanta. Sei poco credibile.” E sorrise. Adorava sorridere e lui adorava riuscirci nonostante quelle circostanze.
“ Lucy, si ritorna in cella!” disse un poliziotto che era lì per sorvegliarli.
“ Devo scappare, ti amo.”
“ Sempre.”

“ Il suo passaporto e il suo biglietto, per favore.”
“ Ecco a lei.” Lydia poggiò le sue cose dinanzi al bancone.
“ La sua destinazione signorina Elena Cortez?”
“ Parigi.” Rispose con occhi sognanti. Era diventata un’altra persona. Ora non esisteva più Lydia e nemmeno Ursula, c’era solo Elena. Una nuova lei.
“ Buon viaggio.”
“ La ringrazio.”
Lydia, poi, si sedette su una sedia che si trovava nella sala d’aspetto e aspettava soltanto la chiamata. Era eccitata e allo stesso tempo un po’ malinconica, si lasciava alle spalle tante cose. E queste tante cose le avevano portato sia qualcosa di negativo che qualcosa di positivo. Pensava a Max e pensava che forse, in un'altra vita, ci sarebbe stato un futuro per loro due. Che si volevano tanto. Dal primo sguardo.
D’improvviso squillò il telefono e vide sul display il nome di Max.
“ Ehi!”
“ Lydia. Avevo bisogno di dirti addio, un’ultima volta. Mi mancherai e spero tu possa fare tutto ciò che non hai potuto fare qui.”
“ Lo spero anch’io. Addio Max.”
“ Addio.”
“ E mi raccomando, trattamele bene quelle due. Hanno un cuore così gentile. Io c’ho visto in ognuno di voi un animo così nobile e sembrerà assurdo, ma c’è del buono in ognuno di voi. Mi fai diventare vecchia ogni volta che ti parlo.”
“ C’è del buono anche in te. Non ti dimenticherò mai.”
“ Come potresti? Mi assocerai sempre ai ricordi più brutti della tua vita.”
“ Non è così. Anzi, ti ricorderò come un qualcosa di bello che è arrivato proprio al momento giusto. Ed è per questo che non ti ringrazierò mai abbastanza.”
“ Sembra brutto se ti lascio con un ti amo?”
“ Non c’è frase più appropriata. Dalla prima volta.”
“ Fino all’ultima. Addio Max, ti ho amato. Sul serio.” Dicendo questo sorrideva e singhiozzava allo stesso tempo.
“ Un appuntamento a Parigi nessuno me lo toglie. Non abbiamo avuto il nostro finale, ma in un’altra vita, in un altro corpo forse, io sarò il tuo destino e tu il mio.” Poi rise di gioia.
“ E allora questo non è un addio. Ci rincontriamo in una prossima vita.”
“ Non vedo l’ora.” E attaccò.
A questo punto la vita da Lydia Cortez l’aveva completamente abbandonata. Ora c’era lei, Parigi, e una nuova identità da darsi.
Sorrise piangendo.

“ Ultima chiamata per i passeggeri per il volo di Parigi. Dirigetevi immediatamente all’imbarco numero 32, grazie.”
Lydia alzò i tacchi e arrivò al suo imbarco. Si girò e non vide nessuno. Aveva già lasciato e aveva già detto addio a chi doveva. Ora c’era una nuova vita dinanzi a lei.
“ Posso vedere il suo passaporto e la sua carta d’imbarco? Grazie.”
Dopo di che, lei salì. E Lydia Cortez finì…
DEL TUTTO.
L’aereo della compagnia Americana che era in partenza per Parigi si è schiantato in alta quota contro un aeroplano di linea che si dirigeva, pare, proprio nella parte opposta dell’aereo. Morte 150 persone tra cui francesi ma soprattutto molti americani. Diciamo addio a tutte le persone vittime di questo orrore. Siamo vicini a tutti i familiari. Da Atlanta News è tutto, linea a te Jack.
Queste erano le parole che risuonavano in una vecchia tv del penitenziario di Atlanta. Lucy vide tutto e pregò per quelle povere vittime, ignara che lì sopra c’era proprio quella Lydia Cortez.


FINE EPISODIO
   
 
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