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Autore: blackings    15/04/2015    2 recensioni
Terzo capitolo della serie "Salvare se stessi o salvare quello che sembriamo?"
“Non merita di dimenticare i suoi errori, Mio Signore”
odio represso di un padre geloso del figlio più potente
“Lasciate che viva col rimorso di quello che ha provocato”
sentimento marcio di un’anima che ormai si donava interamente a una causa superiore
“Lasciatelo a me”
punizione e allo stesso tempo ultima rivendicazione della patria potestà
“Vi prometto che non darà più problemi”
promessa dell’inflizione della pena più grande, la vendetta più atroce
“Fa’ di tuo figlio ciò che vuoi, Lucius”
e con poche parole sancire un patto con la morte di un rinnegato, un traditore, un figlio maledetto.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Voldemort | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Salvare se stessi o salvare quello che sembriamo?'
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Era una la regola principale dei Mangiamorte (a parte uccidere, s’intende): agire senza pensare, quando il Lord chiedeva.
Non avere proprie opinioni.
Eseguire, e basta.
Quando i Mangiamorte venivano turbati da un qualche fattore esterno, affinché continuassero a prestare servigio al meglio venivano obliviati, privati dei propri ricordi.
Così si era deciso di fare anche con Draco.
Era stato suo padre ad opporsi:
“Non merita di dimenticare i suoi errori, Mio Signore”
odio represso di un padre geloso del figlio più potente
“Lasciate che viva col rimorso di quello che ha provocato”
sentimento marcio di un’anima che ormai si donava interamente a una causa superiore
“Lasciatelo a me”
punizione e allo stesso tempo ultima rivendicazione della patria potestà
“Vi prometto che non darà più problemi”
promessa dell’inflizione della pena più grande, la vendetta più atroce
“Fa’ di tuo figlio ciò che vuoi, Lucius”
e con poche parole sancire un patto con la morte di un rinnegato, un traditore, un figlio maledetto.
 
“Alzati”
“Che cosa volete?”
“Alzati, ingrato di un figlio”
Un calcio negli stinchi, è questo che spinge Draco ad alzarsi, nella penombra satura di pulviscolo della sua nobile camera da letto.
“Sono in piedi. E adesso?”
“Combatti da uomo”
Una spada viene gettata ai suoi piedi.
“Che ci dovrei fare con questa?”
“Combattere”
“Dov’è la mia bacchetta?”
“Non qui. E adesso combatti da uomo”
Draco prende la spada con la mano sinistra, e nello stirare l’avambraccio sente un dolore lancinante che gli percorre l’arto e sale fino alla spalla, per poi colpire i nervi del collo e ripercuotersi direttamente sul cervello che secerne odio e odio da vendere, e quell’ultima scarica di dolore lo spinge a impugnare l’arma e a scagliarsi sul padre con forza, una forza che non avrebbe mai immaginato potesse sprigionarsi dalle sue bianche mani perfette, adesso macchiate del sangue della donna che amava e che non può vederlo così, balbettante e furioso davanti a colui che ha impiantato il suo seme in colei che lo ha messo al mondo, colui che è stato solo un donatore di odio, odio e disperazione, rammarichi neri e oscuri rimpianti, colui che ora lo fronteggia nella sua spavalda bellezza, sotto la cappa nera che indossa nelle occasioni importanti, la manica della camicia grigia occasionalmente arrotolata fino all’avambraccio, a scoprire il Marchio che segnò a vita entrambe, che segnerà per sempre generazioni e generazioni, anche quelle che non porteranno l’oscuro segno, perché sarà in loro e proprio in loro che il seme del male si impianterà di nuovo con nuova forza, come una gemma cresce rapida in una pianta appena potata.
Cavazione, ripresa, affondo.
Canzone interminabile nella mente istruita di Draco, reminiscenze di quando suo padre lo istruiva alla nobile arte schermistica, piano B anche per i più importanti maghi. Disciplina sì babbana, ma inventata in un periodo in cui magico e non magico camminavano sullo stesso binario, incrociandosi e dividendosi a proprio piacimento, ma incontrandosi allo stesso punto d’arrivo.
Colpisce, Draco, colpisce e schiva, in una danza interminabile con la morte.
Cosa lo aspetterà alla fine di quel duello?
Lo lasceranno libero?
Potrà finalmente vedere sua madre?
Sua madre, la sua amata madre.
Perché non è lì a proteggerlo
Dall’ira funesta del padre?
E quando infine
Lucius cade sfinito a terra
Perché infondo è più vecchio e più debole
Del suo figlio potente
Cade sfinito a terra
E prima di essere distrutto da un ultimo
Fatale
Colpo di spada
Estrae la bacchetta
La sua arma magica
E gliela punta contro
“Crucio!”
Il ragazzo cade per terra, si accartoccia, urla, bestemmia, ma non chiede pietà. Fa più male del solito, è più amaro del solito, ma è sopportabile.
Niente potrà piegare la sua inevitabile vanità.
È un Malfoy, dopotutto.
E le piaghe cominciano ad aprirsi sulla pelle e dentro i tessuti,
emorragie interne brucianti mai avute, mai provate.
Il padre si alza e zoppicando esce dalla stanza.
Prima di tirarsi dietro la porta, lancia un sorriso beffardo al figlio sofferente.
 
“Hai fatto, Lucius?”
“Sì, Cissy”
“Con la sua bacchetta?”
“Sì, con la sua bacchetta”
“Perché?”
“Fa più male, Cissy. La bacchetta ti punisce per esserti arrecato del male da solo, lascia segni indelebili”
“Soffrirà?”
“Moltissimo, Cissy”
“Perfetto, allora”
   
 
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