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Autore: Lizzie Bennet    24/12/2008    8 recensioni
Neville, una sciarpa, dei bigliettini e dei ricordi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa ficcina

Ed eccomi di nuovo qui, con un'altra fic di compleanno. 

Di recente ho fatto un meme sul mio LJ, offrendo a chi avesse indovinato una fic o un disegno, a scelta. 

Saya ha richiesto una Blaise/Neville con prompt "A million kisses" e, dato che il suo compleanno era vicino, non potevo mancare di festeggiarla con questa storiella, sperando che le piaccia. Ne approfitto per augurare Buon Natale a tutti coloro che leggeranno, sperando che gradiranno questo piccolo omaggio.

Un ringraziamento speciale va a Lori che ha accettato di betarmi nonostante le abbia fatto pervenire la fic in tempi brevissimi.

Ed ora, come promesso, potrò finalmente dedicarmi a tempo pieno all'ultimo capitolo di "Scuoti il mio mondo". ^__^

 

 

bbb è aaa

 

 

La camera era sottosopra. Su ognuno dei ripiani e dei mobili della stanza facevano bella mostra di sé capi di vestiario di ogni tipo, dalle camice ai maglioni, dai guanti alle vesti da mago.

Neville s’immerse fino ai gomiti nell’ultimo cassetto del comò, quello della biancheria, gettandone il contenuto sul letto, alla rinfusa.

Era alla ricerca disperata della sua sciarpa Grifondoro, ma non riusciva a ricordare dove l’avesse riposta quando, ormai parecchio tempo prima, aveva deciso di metterla via, e con essa tutti i ricordi che gli riportava alla mente. Gli anni ad Hogwarts erano stati importanti, era ovvio, e belli, e divertenti, ma anche dolorosi, e quando la scuola era finita aveva deciso di mettere da parte quella vita, per poterne finalmente iniziare una nuova.

La sciarpa rosso-oro e la sua divisa erano stati quindi dimenticati, fino a che non aveva ricevuto quel dannato invito. Seamus e Dean avevano deciso di organizzare una grande festa, riunendo tutti i Grifondoro del loro anno e alcuni elementi scelti delle altre Case, ed avevano imposto la regola che tutti gli ospiti dovessero indossare l’uniforme dei tempi della scuola. Quella notizia aveva fatto precipitare Neville nel panico. Per Merlino, non ricordava neppure dove l’aveva messa!

Dopo una lunga ricerca era finalmente riuscito a trovarla nel suo vecchio baule, nascosto in un ripostiglio polveroso, con il mantello che portava allora. Quando l’aveva presa in mano aveva provato una strana sensazione, e si era domandato se indossarla lo avrebbe fatto sentire di nuovo il ragazzino impacciato e un po’ insicuro che era stato.

Con suo sommo dispiacere, nel baule non c’era traccia della sciarpa, e Neville aveva dovuto rimettersi alla ricerca.

Stava ancora rovistando nel cassetto quando, all’improvviso, si ritrovò tra le mani una vecchia scatolina di legno intagliato, un po' rovinata agli angoli, e si mise a fissarla stupito. Aveva del tutto dimenticato di averla nascosta lì.

Spostò alcuni vestiti e si sedette sul letto con la scatolina stretta tra le mani, mentre un sorriso privato gli sorgeva sulle labbra. Quell’oggetto era un ricordo dei suoi genitori, e per questo particolarmente prezioso. Quando era bambino nascondeva i suoi “tesori” all’interno e la riponeva sotto al cuscino, con la sensazione di avere tutto il mondo tra le mani, e quando era adolescente aveva continuato a portarla con sé dovunque andasse, come un amuleto. Lo rasserenava e lo faceva sentire meno solo.

In quegli ultimi anni, invece, non aveva più sentito il bisogno di stringersela al petto; forse perché ora aveva una vita soddisfacente e si sentiva davvero amato, o forse solo perché era diventato più sicuro di sé.

Aprì la scatolina ed estrasse un fascio di foglietti ormai ingialliti da tempo, spiegazzati, tenuti insieme con un nastro verde. Accarezzò con tenerezza quel nastro, poi sciolse il fiocco e liberò i foglietti. Prese l’ultimo e lo lesse. Diceva “Un milione di baci”.

Un milione di baci.

A ripensarci adesso, sembrava davvero assurdo. I ricordi gli ritornarono alla mente, appena sfocati dal tempo ma non per questo meno commoventi.

 

Era il suo ultimo anno ad Hogwarts e, a pensarci col senno di poi, era stato un anno talmente pieno, e faticoso, e violento, a causa della guerra, che sembrava incredibile avere avuto il tempo per qualcosa che non fosse l’organizzazione della resistenza, eppure era stato così.

Era seduto sotto un albero, a rimuginare, quando aveva ricevuto il primo biglietto.

Poco prima aveva avuto uno scontro con Zabini, e stava ancora cercando di riprendersi. Ad essere sinceri, non lo si poteva definire davvero uno scontro. Neville stava percorrendo un corridoio, di ritorno da una lezione di Erbologia e, svoltando un angolo, se lo era trovato davanti. Aveva sussultato, un po’ per la sorpresa, un po’ perché era proprio lui, ed il gesto brusco aveva gli fatto cadere a terra i libri riposti in modo precario dentro la borsa aperta.

Il Serpeverde era rimasto lì, immobile, e lo aveva guardato cercare di raccogliere in fretta i propri averi e rimetterli nella borsa. Neville si era sentito come se quegli occhi potessero scavargli dentro, fino ad arrivare all’anima.

Quando si era rialzato gli aveva restituito lo sguardo, fingendo una sicurezza che non aveva, poi lo aveva superato e se ne era andato, facendo un’enorme sforzo per impedirsi di correre via come avrebbe voluto.

Per tutto il tempo aveva avvertito i suoi occhi addosso, con la netta impressione che avrebbero potuto trapassargli la schiena.

Si era sentito imbarazzato e mortificato come mai gli era capitato prima di allora. Fino a quel momento aveva collezionato tutta una serie di figuracce ma, per quanto fosse ormai abituato e quasi rassegnato, l’aver fatto di nuovo la parte dello sciocco e dell’imbranato di fronte a lui era stato orribile. Come se il fatto stesso che Blaise fosse a conoscenza del debole che aveva per lui non fosse sgradevole a sufficienza!

Neville aveva sentito alcuni Serpeverde parlarne pochi giorni prima, e sulla loro bocca quel tenero sentimento era apparso così disgustoso che era stato assalito dalla nausea e si era dovuto appoggiare alla parete dietro di lui per riuscire a controllare il tremito che aveva rischiato di farlo cadere a terra. Ma, sfortunatamente, non era stata questa la cosa peggiore, quanto piuttosto la consapevolezza che se i Serpeverde lo sapevano, era ovvio che anche Zabini ne fosse stato informato; questo lo aveva fatto sentire nudo ed esposto in modo spaventoso. Non si faceva illusioni, e sapeva bene che Blaise non era il tipo che potesse sentirsi lusingato al pensiero che qualcuno come lui provasse un interesse nei suoi confronti, tanto meno ricambiarlo.

Ogni volta che lo incontrava si sentiva sotto esame, e quando vedeva quegli occhi neri su di sé aveva l’impressione che lo accusassero. Non era una sensazione piacevole.

Per questo motivo, dopo quell’incontro era andato a rifugiarsi fuori dell’edificio, vicino al lago. Era sicuro che non avrebbe trovato nessuno, sia per il freddo che faceva sia per le nuove regole della scuola, che comportavano anche dei coprifuoco proibitivi. Era il luogo ideale dove rintanarsi, e lui aveva un disperato bisogno di un momento di solitudine per potersi ricomporre. Si era seduto a terra, tra le radici di un albero, aveva poggiato la schiena contro il tronco e aveva chiuso gli occhi, facendo dei profondi respiri per calmarsi. L’odore della terra bagnata dalla pioggia, dell’erba e degli alberi non mancava mai di farlo sentire più sereno, ed anche in quell’occasione era riuscito a calmare il suo tumulto interiore.

All’improvviso, quel silenzio era stato interrotto da un rumore strano, sottile, che lo aveva riscosso e costretto ad aprire gli occhi. Si era trovato in grembo una gru di carta, che continuava a muoversi per ottenere la sua attenzione.

L’aveva presa in mano e l’aveva aperta, incuriosito.

“È assurdo, lo so, ma quello che più detesto di te è anche quello che mi attrae di più.”

Neville aveva sbattuto le palpebre perplesso, rileggendo più volte quelle parole scritte in una grafia sicura ed elegante, senza riuscire a comprenderne il significato. Sembrava quasi una dichiarazione, ma aveva scartato subito quell’ipotesi. Non aveva mai notato che qualcuno avesse un particolare interesse nei suoi confronti, ed era più propenso a credere che fosse uno scherzo.

Si era guardato immediatamente intorno, alla ricerca dell’autore di quel messaggio, ma non aveva visto nessuno. Lo aveva quindi ripiegato e messo in una tasca, deciso a gettarlo nella spazzatura non appena fosse rientrato.

Non lo aveva mai fatto.

Il secondo era arrivato una mattina a colazione, pochi giorni dopo. Un gufo della scuola era atterrato davanti a lui ed era volato via non appena Neville aveva sciolto il nastro del biglietto che teneva legato alla zampetta.

“Non penso che tu sia bello. Non l’ho mai pensato. Per questo non riesco a capire perché, ogni volta che sei nella mia stessa stanza, non riesco a toglierti gli occhi di dosso.”

Come la prima volta, si era guardato subito attorno alla ricerca di quegli occhi, ma nessuno in quel momento lo stava osservando. O, almeno, non aveva visto nessuno osservarlo. Certo, c’erano fin troppe persone per poterne essere sicuro, ma aveva pensato di nuovo che, probabilmente, si trattava di uno scherzo.

Nonostante questo, aveva tenuto quei primi bigliettini. Non sapeva perché, ma lo aveva fatto. In qualche modo lo avevano incuriosito, tanto da spingerlo a parlarne con Ginny che, quell’anno, era diventata un’amica importantissima. Tra un piano e l’altro per riorganizzare l’Esercito di Silente, era riuscito anche a trovare il coraggio di confessarle quella cosa, ed insieme avevano speso parecchio tempo a cercare di capire chi ne fosse l’autore.

A dispetto delle continue proteste di Neville, che continuava a pensare a uno scherzo, Ginny fin da subito si era professata convinta che qualcuno avesse un’infatuazione per lui, ed aveva iniziato senza indugio a snocciolare nomi di possibili spasimanti, sia maschi che femmine.

Ogni volta che andavano in giro insieme la ragazza non faceva altro che guardarsi attorno, e quando sorprendeva qualcuno a fissarli cominciava all'istante a fare delle congetture, coinvolgendolo. Era sicura che fosse un modo per catturare la sua attenzione e, sottolineava, la persona che lo aveva fatto era pienamente riuscita nel suo intento.

Neville sorrideva di quell’entusiasmo infantile, così poco da lei, e l’assecondava scherzosamente, pur rimanendo fermo nella propria posizione.

No, era certo che Ginny sbagliasse. In fondo, se ci fosse davvero stato qualcuno interessato a lui, pensava, con tutta probabilità si sarebbe fatto avanti senza troppi scrupoli; in fondo, non era certo il tipo che potesse mettere in soggezione qualcuno, vero?

Comunque fosse, quei biglietti erano arrivati tutte le settimane e nei momenti più impensabili; alle volte erano più gentili, altre più graffianti, altre ancora riflessivi. Ogni volta, la persona che gli scriveva sembrava cercare di andare più a fondo, analizzando la sua personalità, e Neville si era reso conto di essere osservato con molta più attenzione di quanto non avesse pensato all’inizio. La cosa lo aveva preoccupato un po’, dato che di nascosto stava addestrando l’Esercito di Silente e che si stava occupando della resistenza nella scuola, ma, allo stesso tempo, si era anche riscoperto ansioso di ricevere nuovi messaggi.

Era stata una rivelazione tanto improvvisa quanto incomprensibile. Quando, dopo una settimana, non era arrivato nessun biglietto, si era ritrovato contro la propria volontà a guardarsi attorno con fare ansioso, come se aspettasse qualcosa.

Quando se n’era accorto si era sentito uno stupido.

Non c’era un motivo logico per cui quella situazione gli era diventata piacevolmente familiare. Le frasi sembravano dei complimenti ma, allo stesso tempo, anche degli insulti. Potevano essere entrambe le cose, in verità.

Forse, semplicemente, gli avevano permesso di evadere, almeno un po’, di non pensare alla realtà terribile che sia il mondo magico che gli studenti nella scuola stavano affrontando e, molto meno importante ma altrettanto sentita per lui, a quella con Zabini.

Il Serpeverde sembrava sempre più vicino di quanto Neville non avrebbe gradito, e nelle più svariate occasioni. Lo guardava con quell’immancabile aria di superiorità, e il Grifondoro si era angosciato in più di un’occasione domandandosi se facesse parte anche lui della schiera dei piccoli Mangiamorte in erba che popolavano Hogwarts.

A differenza dei suoi compagni di Casa, che spadroneggiavano come se Voldemort avesse già vinto la guerra e che non perdevano occasione di esibire il loro tatuaggio, Blaise non aveva mai lasciato davvero intendere di essere fedele al Signore Oscuro, ma, in fondo, non era nemmeno il tipo da farlo. Il suo modo di fare dimostrava che si riteneva ben al di sopra di chiunque altro, compresi i suoi compagni di Casa, e di certo non era mai stato il genere di ragazzo che cercava di mettersi in mostra a tutti i costi. Per lui era sufficiente passare di fronte agli altri senza degnarli di uno sguardo o, nel caso contrario, riempiendo quegli sguardi di tutto il disprezzo possibile ed immaginabile.

Neville aveva sperato che non fosse un Mangiamorte.

Non che per lui sarebbe cambiato qualcosa, alla resa dei conti; solo, al cuore non si comanda, ed il pensiero che Zabini fosse davvero dall’altra parte della barricata lo aveva fatto sentire come se la distanza tra loro fosse più di quanto non potesse sopportare.

Poi, proprio quando aveva iniziato a pensare che la persona che gli scriveva quei messaggi si fosse stancata, ne era arrivato uno un po’ diverso dagli altri.

Non riesco a comprendere per quale motivo, ma ogni volta che vedo il tuo sorriso qualcosa si muove nel mio stomaco, come un uccello in gabbia.

Quello era un messaggio che lasciava intendere qualcosa in più. Neville aveva iniziato a pensare che, forse, c’era davvero qualcuno che era interessato a lui. Ma, si domandava, chi era? E perché non gli parlava e basta?

Si era fatto quelle domande un’infinità di volte, ed era sempre talmente preso da quelle congetture che, un giorno, aveva corso il rischio di lanciare una fattura a Zabini, che aveva avuto l’unica colpa di passargli abbastanza vicino da sorprenderlo.

Quella volta il Serpeverde gli aveva addirittura parlato.

«Con una bacchetta in mano sei un pericolo» aveva detto, piegando le belle labbra in una smorfia che era parsa la pallida imitazione di un sorriso.

Neville era arrossito in modo pietoso e non era stato in grado di spiccicare parola, mentre dentro di sé aveva continuato a darsi dello stupido.

Un attimo dopo Zabini se n’era andato.

Il biglietto successivo era stato ancora più strano.

“Non riesco ancora a capire come, ma mi hai ridotto l’ombra di me stesso. Per questo motivo, credo che tu  debba pagare. Troverò un modo per pareggiare i conti. Mi devi qualcosa.”

Neville aveva letto quel biglietto con gli occhi sgranati, mentre una sensazione di pericolo si spandeva nel suo stomaco, mista ad un’incomprensibile eccitazione.

Si trattava di un ragazzo, ormai non c’erano più dubbi, e il tono di quel biglietto lasciava intendere che Ginny avesse ragione, e che la persona che gli aveva mandato quei biglietti fosse davvero interessata a lui. Era l’unica spiegazione possibile. E poi, c’era scritto che lui “gli doveva” qualcosa. Cosa mai avrebbe potuto essere?

Neville avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere chi era l’autore!

Per giorni la sua mente aveva vagato inquieta, prendendo in considerazione tutti i possibili candidati, ma nessuno di essi sembrava essere la persona giusta, e la sensazione di panico continuava a crescere di pari passo con il desiderio di sapere chi fosse il mittente.

Poi, il mistero era stato svelato.

L’ultimo biglietto era stato portato a mano.

Quel giorno Neville si era attardato in una delle serre per completare un lavoro che la professoressa Sprite gli aveva affidato, ed era così concentrato nella cura della pianta che non si era accorto di non essere solo, almeno fino a che la luce calda del tramonto non aveva fatto cadere una lunga ombra proprio davanti ai suoi occhi. Un’ombra con una forma stranamente umana.

Aveva sussultato quando, all’improvviso, si era reso conto di avere compagnia, e ancora di più quando si era voltato ed aveva visto Blaise Zabini in piedi, immobile, che lo fissava.

Si era domandato per quanto tempo fosse stato lì a guardarlo, e quel pensiero lo aveva fatto sentire accaldato e a disagio.

Il Serpeverde non aveva detto una parola, e Neville non aveva avuto il coraggio di chiedergli cosa voleva, non in quel momento, consapevole dell’aspetto scarmigliato che doveva avere. Aveva finito di occuparsi della piantina con gesti rapidi e si era alzato per lavarsi le mani e rimettersi addosso il maglione, che aveva tolto quando il lavoro manuale gli aveva fatto venir caldo, senza mai perdere di vista Zabini.

Si era allacciato il mantello e aveva indossato la sciarpa, poi si era finalmente voltato a fronteggiarlo.

Per tutto il tempo nessuno dei due aveva aperto bocca.

Era stato allora che Zabini si era avvicinato e aveva allungato una mano per consegnargli un biglietto.

Neville lo aveva preso meccanicamente, lo sguardo stupefatto che correva dal foglio al ragazzo e viceversa più e più volte. Era così sbalordito che ci aveva messo un po’ prima di decidersi ad aprire il foglietto ed a leggerne il contenuto, ma Blaise non aveva dato alcun segno di insofferenza. Per tutto il tempo si era limitato ad aspettare, immobile, sicuro, per niente disturbato dal silenzio.

Il biglietto diceva soltanto “Un milione di baci.”

Un milione di baci. Gli doveva un milione di baci?

Neville aveva battuto le palpebre scioccato, ed aveva aperto la bocca, ma non ne era uscito nessun suono. Non era riuscito a pensare nulla, tranne “non è possibile”. Doveva essere uno scherzo, non c’era altra spiegazione, eppure lo sguardo dell’altro non era ironico, né beffardo, né nient’altro che giustificasse quell'idea.

Poi, Blaise lo aveva afferrato per la sciarpa e se lo era tirato addosso, poggiando quelle labbra meravigliose sulle sue e baciandolo con foga, e nessun pensiero gli era più passato per la mente, se non quello che il suo sapore era meglio di quanto avesse mai immaginato.

Quando si erano separati, Neville lo aveva visto sorridere. Un sorriso vero, che non aveva niente a che fare con le smorfie che faceva di solito. Era stato il momento più bello della sua vita.

 

Con un sospiro, Neville si costrinse a tornare nel mondo reale. Accarezzò per un’ultima volta quei foglietti, prima di riprendere in mano il nastro e legarlo con cura attorno alla piccola risma. Li ripose di nuovo dentro la scatolina, poi si alzò in piedi e si avvicinò al mobiletto, indeciso se rimetterli dove li aveva trovati o scegliere un altro posto.

Fu in quel momento che sentì due braccia scivolargli attorno alla vita, ed un corpo caldo premersi contro la sua schiena.

«È scoppiata una bomba?» chiese Blaise con un tono dolcemente divertito.

Neville ridacchiò, pensando distratto a quanto erano cambiate le cose dall’inizio della loro relazione, quando la sua tendenza al disordine causava delle crisi isteriche al compagno.

«Certo che no.»

«E allora cosa stai facendo?» gli chiese Blaise incuriosito, il naso affondato nei suoi capelli.

«Stavo cercando la mia sciarpa Grifondoro, ma non sono riuscito a trovarla» rispose con un sospiro, ricordando il motivo di quella baraonda.

«Forse non stai cercando nel posto giusto» mormorò Blaise con un tono particolare, che colpì Neville.

«Sai qualcosa che io non so?» gli chiese, voltandosi un poco per guardarlo in volto.

Il compagno sorrise. «Potresti provare nei miei cassetti» disse con voce falsamente noncurante.

«E perché mai la mia vecchia sciarpa dovrebbe essere nei tuoi cassetti?»

«Forse perché mi piace stringerla tra mani quando non ci sei.»

Neville ammiccò confuso mentre la sua mente processava quell’informazione. Blaise… oh, santo Merlino! Questo era davvero fuori di ogni logica, ma ormai era ovvio che per loro le cose logiche non funzionavano. Sentì una bolla di calore espandersi nel petto al pensiero di una cosa così romantica.

Blaise posò le labbra sulla pelle calda del suo collo in un morbido bacio.

«Mentre cercavo la sciarpa ho trovato qualcos’altro» sussurrò Neville, cercando di non lasciarsi distrarre dalle carezze dell’amante.

«Sì? Cosa?» chiese Blaise, distratto. Evidentemente era troppo concentrato sull’esplorazione del corpo del compagno per poter prestare attenzione a quelle piccolezze.

«I tuoi bigliettini, quelli che mi hai mandato durante il settimo anno.»

Questa frase sembrò colpire l’attenzione dell’ex Serpeverde, che interruppe le proprie attività. Si allontanò un poco e guardò Neville negli occhi con una tenerezza infinita.

«Aspetto ancora di riscuotere il mio premio» disse, con voce carezzevole.

«Un milione di baci?»

«Proprio quello.»

Neville ridacchiò.

«A quanti siamo?» gli chiese, sapendo già quale sarebbe stata la sua risposta.

«Troppo pochi.»

Neville si rigirò tra le sue braccia e gli allacciò le mani dietro la nuca.

«Allora dobbiamo assolutamente rimediare» disse con un sussurro, avvicinando la bocca a quella di Blaise.

«Assolutamente.»

 

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