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Autore: Freya Crystal    19/04/2015    8 recensioni
Prima classificata al "Rainbow contest" indetto da konigin93 sul forum di EFP.
Seconda classificata e vincitrice del premio "Memorable" al contest "Make it simple, make it memorable, make it inviting to look at, make it fun to read" indetto da Stratovella sul forum di EFP.
[...] "Non riesco a crederci. Non riesco ad accettarlo.
Ho i capelli grigi.
Odio il grigio, è il colore del fumo, della polvere, dello sporco, della tristezza, della malattia, della vecchiaia.
Una parte di tutto questo si riflette su di me."
- Guardati, Harry! Come fai a sopportare quello che ci sta succedendo? Come fai a non avere paura? Come!? - [...]

Storia partecipante al contest “True Colours (of Your Soul)” indetto da Laodamia94 sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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NdA: 
1) Il titolo si ricollega metaforicamente allo stato d'animo di Hermione. Non aggiungo altro, sperando che la lettura vi permetta di capire a fondo tale collegamento. 
2) C'e un terzo personaggio in questa shot di cui voglio sottolineare l'importanza; capirete sicuramente a chi mi riferisco leggendo.
3) Logan e Amber sono nomi inventati rispettivamente per il marito di Rose e per la moglie di Hugo. 
4) Il banner sottostante è stato realizzato da Stratovella come premio per il contest "Make it simple, make it memorable, make it inviting to look at, make it fun to read" indetto e giudicato dalla stessa sul forum di EFP.






 

 
 



 
 
Il vento dicembrino soffiava con veemenza lungo il vialetto. Le girandole colorate posizionate accanto ai ciclamini si muovevano rapidamente ed incessantemente a testimoniarne la vivacità. 
Rugose dita sottili scostarono le tendine rosse che abbellivano la finestra di una graziosa villetta babbana, e un leggero alone si condensò sul vetro. 
Hermione lanciò una fugace occhiata al cielo bianco e avvertì un brivido di freddo risalirle lungo la schiena. Dirottò lo sguardo sulle girandole lasciandosi ipnotizzare dal loro inarrestabile movimento, nutrendosi dei loro colori intensi e vibranti. 
Non era mai stata una di quelle persone che si lascia influenzare dal tempo, ma col passare degli anni le cose erano cambiate. 
Il grigiore invernale la spaventava perché attraverso ogni sua più piccola sfaccettatura Hermione intravedeva il riflesso della sua vecchiaia. 
Osservare quelle girandole che sapevano di primavera era diventata un'abitudine, una sorta di rituale sacro al quale non avrebbe più  saputo rinunciare. 
Ogni mattina, prima ancora di fare colazione, indossava la sua vestaglia e scendeva al piano di sotto posizionandosi davanti all'ampia finestra della sala. Senza che potesse fare nulla per evitarlo si abbandonava al burrascoso mare di pensieri che l'assaliva. Li lasciava scorrere liberamente, quasi con rassegnazione, lungo il filo della sua mente — finché non compiva il madornale errore di osservare il suo riflesso. Tutte le volte che succedeva un'ondata di soffocante malinconia la travolgeva.
Il primo particolare che catturò la sua attenzione quella mattina furono le rughe sotto agli occhi, poi, senza che potesse impedirlo a se stessa, il suo sguardo ricadde sulla crocchia di capelli grigi che le incorniciava il viso. 
Da giovane aveva sempre detestato i suoi indomabili ricci, eppure era arrivata al punto di rimpiangerli.
La magia non poteva nulla contro quel naturale ed irreversibile processo chiamato "vecchiaia". La Pietra Filosofale costituiva un'eccezione alla quale Hermione non avrebbe mai fatto appello, nemmeno se un nuovo Nicholas Flamel si fosse presentato sotto casa sua per regalargliela; era troppo orgogliosa per mostrare apertamente il suo attaccamento alla vita, troppo onesta nei confronti della legge della natura per provare a sovvertirla.
La strega non si accorse di aver stretto con più forza il lembo di tenda che aveva afferrato. La nostalgia la invase, bruciante come limone su ferite aperte, al ricordo della Pietra Filosofale e di ciò che aveva significato per lei. Le bastava così poco, ormai. Ogni minimo pensiero, anche il più accidentale, costituiva un pericolo pronto ad intaccare il suo buon umore. 
Aveva solamente undici anni quando aveva aggirato un cane a tre teste e innumerevoli tranelli per proteggere quella pietra. 
Undici anni. Il suo primo anno a Hogwarts, durante il quale aveva conosciuto Ronald e Harry. 
Quel periodo della sua vita le sembrava lontano anni luce dal presente e maledettamente vicino al contempo. Si era resa conto che la vita era breve quando i suoi capelli avevano iniziato a ingrigire con inaspettato anticipo. 
"Com'è possibile?" si era detta, "Ho solo..."
Sessant'anni
La consapevolezza dell'inesorabile scorrere del tempo si radicò definitivamente in lei dopo quel giorno. 
Sessant'anni e non te ne accorgi. 
I successivi dieci anni erano volati via altrettanto rapidamente, senza lasciarle il tempo di abituarsi al loro ritmo. 
Un flebile miagolio la distolse dai suoi cupi pensieri. Hermione si allontanò dalla finestra e si voltò in direzione della cucina. Un gatto dal soffice manto grigio perla fece capolino da dietro alla porta, muovendo sinuosamente la coda in un gesto di saluto. 
"Scusa, Minerva, ti preparo subito la colazione."
Hermione avanzò lentamente verso la gatta, accontentandola con la solita grattata di orecchie che si aspettava. 
"Oggi verrà a trovarci un ospite speciale."
Minerva si sedette di fronte alla padrona seguendo attentamente ogni suo movimento e facendo le fusa. Quel suono rilassante aveva il potere di metterla di buon umore, sapeva di casa, di intimità, di calore. La strega lanciò un'occhiata divertita a Minerva. Rose gliel'aveva regalata cinque anni prima per Natale quando era solo una minuscola palla di pelo capricciosa ed impaurita, sostenendo che sarebbe stata un ottimo repellente per le cavallette. Hermione aveva immediatamente compreso il reale motivo di quel regalo, ma aveva fatto finta di stare al gioco della figlia. Negli anni successivi si era resa conto che Rose non avrebbe potuto compiere una scelta migliore per aiutarla a superare la perdita di Ron. 
<< Ecco fatto, buon appetito. >>
Minerva trotterellò verso la ciotola di cibo che la padrona aveva appoggiato vicino al balcone. Hermione rimase a fissarla per alcuni istanti, intenerita. Quella gatta era come una seconda figlia per lei. 
L'orologio batté le sette in punto.
"Ci risiamo. Perdo sempre la cognizione del tempo..." 
Hermione si adoperò per preparare una ricca colazione per due. Estrasse la torta alla melassa dal frigorifero e la mise a scaldare nel forno, poi apparecchiò la tavola. Il campanello suonò mentre impiattava il bacon. La strega si ripulì velocemente le mani e andò ad aprire la porta. 
Un anziano sorridente e con gli occhiali dalla montatura rotonda si tolse il cappello fancedole un inchino, in un cordiale gesto di saluto. 
"Buongiorno, Harry!"
"Buongiorno a te, Hermione!"
La padrona di casa fece accomodare l'amico in cucina e finì di impiattare il bacon.
"Questo profumo... Non dirmi che hai preparato la mia torta preferita!"
Harry sporse la testa dalla sedia, dirottando lo sguardo in direzione del forno.
Hermione si diresse verso quest'ultimo dopo aver indossato un grosso guanto bitorzoluto. "La sola e unica, Harry." Gli sorrise soddisfatta, estraendo la torta dal forno. 
"Che Godric ti benedica!" 
Harry la osservò incuriosito mentre tagliava una generosa fetta del dolce. Gli faceva strano vederla alle prese col cibo senza ricorrere all'uso della magia. Nonostante Hermione avesse definitivamente abbandonato il suo mondo e preso la decisione di non servirsi più degli incantesimi da ormai cinque anni, Hary non si sarebbe mai abituato a vederla agire senza la bacchetta.
"Ecco fatto." Hermione gli mise il piattino sotto al naso e si sedette di fronte a lui. "Allora, com'è andato il discorso di indirizzamento ai futuri Auror?"
Harry addentò un boccone e chiuse gli occhi con espressione estatica, gustandone il sapore. "È buonissima come sempre, complimenti. Se devo essere sincero mi sono sentito un po' sotto pressione davanti a tutti quegli studenti che pendevano dalle mie labbra. Forse sarebbe stato meglio per loro se il Ministero avesse inviato un mago più giovane al mio posto."
"Non dire sciocchezze, sei il miglior Auror del secolo, nessun altro al posto tuo avrebbe saputo fare di meglio." Hermione gli puntò contro la forchetta. "La tua modestia è a dir poco snervante."
Harry rise. "Non sono modesto, dico semplicemente quello che penso."
L'amica alzò gli occhi al cielo.
"Giuro, questa torta è favolosa. Cambiando discorso, che mi dici di Rose e Hugo?"
Gli occhi di Hermione furono attraversati da un lampo di malinconia al pensiero dei figli. Da quando si era trasferita a Babbanolandia, per citare Hugo, i loro contatti si erano drasticamente ridotti. 
"Rose mi ha spedito una lettera due giorni fa. È arrabbiata con un collega più giovane che si ostina a farle il filo."
A Harry andò un boccone di traverso. La risata gli era nata spontanea al pensiero della nipote alle prese con un corteggiatore indesiderato. 
Hermione gli versò l'acqua nel bicchiere, alzando gli occhi al cielo. Harry beve tutto d'un fiato, prendendo un profondo respiro. "Scusa, ma sappiamo entrambi che molto presto quell'uomo finirà al San Mungo con le braccia al posto delle gambe."
Il mago non aveva tutti i torti. Rose era nota per la sua impareggiabile arte di padroneggiare le fatture di Difesa, nonché per sapersi servire diabolicamente dei Tiri Vispi Weasley.
"Spero che si rivolga a Logan, il mio genero non è un coniglio, saprà come mettere quel furbetto a tacere."
"Me lo auguro anch'io. Hugo, invece? Ultimamente non riesco più ad incrociarlo al Ministero."
"Per forza, è partito mercoledì scorso per Mosca."
Harry inarcò un sopracciglio, incuriosito. 
"Lui e Amber devono tenere una conferenza sulla liberazione degli Elfi Domestici." Hermione infilzò una fetta di bacon con una certa irritazione. "Ma ti rendi conto? In quel Paese i maghi e le streghe sono ancora maledettamente arretrati!"
Harry le diede una pacca sulla spalla. "Hugo e Amber se la caveranno."
"Oh, lo spero!" sbottò Hermione.
L'amico fece un azzardo. "Avresti potuto accompagnarli, è grazie a te se in Gran Bretagna gli Elfi sono riusciti ad ottenere i loro diritti, il tuo interessamento avrebbe potuto rivelarsi risolutivo anche in Russia."
La forchetta di Hermione si bloccò a mezz'aria. L'atmosfera ridente che regnava nella piccola cucina si fece tesa, ricadendo sugli occupanti come un pesante cappio. 
"Harry... per favore" mormorò la strega, l'espressione incredibilmente seria.
"Ti chiedo scusa, non l'ho fatto apposta. Io..."
Hermione lo mise a tacere sfiorandogli la mano. "Non preoccuparti."
L'amico rimase a fissarla in silenzio cercando di scavare più a fondo in quegli occhi castani ormai spenti. Esisteva ancora una chiave in grado riportarli al loro naturale splendore?
"Mi aiuti a sparecchiare?"
Qualcosa gli diceva che non era stata solo la vecchiaia ad averla resa lunatica.
"Ma certo."
Terminato di riordinare la cucina, Harry e Hermione si diressero nel salotto. La strega estrasse due lettere accuratamente imbustate da sotto un plico di fogli da computer costituenti la trama del suo nuovo romanzo. 
"Dalle ai tuoi figli quando li vedi, è da più di una settimana che non rispondo a nessuno dei tre."
Harry afferrò le tre lettere e se le mise in tasca. "Hai deciso di darci un taglio anche con la posta via gufo?"
"Esattamente." Hermione gli voltò le spalle e finse di riordinare i cuscini appoggiati sulle poltrone per nascondere la sofferenza sul suo viso. "Sai, sono stanca di passare per la vecchia pazza del quartiere. I gufi che si fermano sul davanzale della mia finestra offrono un buon motivo ai Babbani per fare scomode insinuazioni nei miei confronti."
Harry tacque. Sapeva bene che quella di Hermione era soltanto una scusa. A lei non era mai importato di quello che pensavano i Babbani. Gli fu sufficiente lanciare una rapida occhiata all'intera stanza per accentuare la sua convinzione. 
Hermione aveva sempre dimostrato di prediligere uno stile sobrio per l'arredamento, chi la conosceva bene non avrebbe scommesso nemmeno uno zellino per dire che quello era il suo salotto. L'esplosione di colori regnante al suo interno colpiva come un pugno in un occhio, le tinte sgargianti dei numerosi cuscini adagiati sul divano e sulle due poltrone stonavano visibilmente tra di loro; una moltitudine di statuette, vasi da fiori e souvenir erano depositati su ogni mobile, persino sul tavolino di vetro posto al centro della stanza, dove il telecomando spiccava in bilico all'interno di un cestino contenente grosse pietre brillanti, e il vecchio lampadario, nella sua nuda semplicità, appariva fuori posto sopra a tutte quelle cianfrusaglie. 
"Ecco fatto, cuscini sistemati. Accomodati pure!"
Hermione lo invitò a sedersi sulla poltrona rossa con un gesto della mano. 
"Grazie."
Un miagolio proveniente dalla cucina annunciò l'arrivo di Minerva, che andò immediatamente ad acciambellarsi sulle gambe ossute della padrona seduta di fronte al mago.
Harry gli rivolse un cenno di saluto mentre la gatta lo scrutava con i suoi grandi occhi gialli muovendo la coda a destra e a sinistra. 
Hermione ridacchiò sommessamente. "Così mi fai il solletico."
Harry la scrutò mentre accarezzava la gatta, accorgendosi che l'amica pareva accendersi di una luce nuova in presenza del felino. Minerva sembrava l'unica capace di strapparle di dosso quel velo di malinconia che le adombrava lo sguardo.
Harry si sporse sulla poltrona e afferró il plico di fogli posato sul tavolino. Li sfogliò attentamente, soffermandosi di tanto in tanto su alcune frasi che catturarono accidentalmente il suo sguardo.
"Rapido ed inesorabile, il tempo continua a scorrere lungo il suo crudele letto. Prima che tu possa rendertene conto, prima che tu possa anche solo pensare di impedirlo, il tempo ti porta via tutto, deturpa la bellezza, cancella la presenza di coloro che hai amato, sradica la felicità negli animi degli esseri umani."
"Non riesco a crederci. Non riesco ad accettarlo. 
Ho i capelli grigi. 
Odio il grigio, è il colore del fumo, della polvere, dello sporco, della tristezza, della malattia, della vecchiaia. 
Una parte di tutto questo si riflette su di me."
Harry appoggiò il plico di fogli sulle ginocchia, interrompendo la lettura. Si accorse che regnava il silenzio intorno a lui, nemmeno le fusa di Minerva lo stavano interrompendo. E quando Minerva era in braccio adHermione e non faceva le fusa significava che Hermione era tesa.
Harry alzò lo sguardo sulla sua migliore amica.
"Quella è soltanto una bozza."
Voce stanca, affaticata, distaccata. 
"Capisco."
Il mago si fissò le ginocchia avvertendo un crescente senso di disagio farsi strada dentro di lui. Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo per non leggere quelle righe.
Sentiva che doveva dire qualcosa, che doveva spezzare quel momento di imbarazzo così innaturale fra oro, ma non riusciva a trovare le parole. Suo figlio Albus, al contrario, avrebbe saputo cosa fare al posto suo, specie perché aveva sempre dimostrato una predilezione particolare per la "zia" Hermione. 
"Harry, per favore."
Il mago alzò gli occhi su di lei e la sorprese a sorridergli mestamente.
"Credi davvero che se non avessi voluto farti leggere quelle frasi avrei lasciato il manoscritto in bella vista?"
Harry aveva la gola secca. Deglutì, stampandosi un sorriso forzato sulle labbra, e subito fece ricadere lo sguardo su Minerva in cerca di un improbabile aiuto.
La gatta, sorprendentemente, allungò il collo e portò il muso a pochi centimetri da quello della padrona, guadagnandosi le sue attenzioni.
"Ma che cosa fai, sciocchina?" 
Harry aveva sempre avuto la certezza che quella gatta avesse qualcosa di strano, qualcosa di diverso dagli altri felini, che andava ben al di là della particolare bellezza del suo pelo grigio. Hermione aveva scelto per lei il nome della sua professoressa preferita, e tale nome si era curiosamente dimostrato appropriato per rendere omaggio alla sua intelligenza. 
Fu per puro caso che Harry, incantato a scrutare la gatta, mise a fuoco ciò che stava alle sue spalle. Conservava ricordi vaghi di quell'aggeggio babbano. Dudley era solito posizionarne uno sulle scale, in prossimità del ripostiglio nel quale dormiva da bambino, e alzare il volume al massimo per augurargli un dolce risveglio. Si era chiesto spesso come mai Hermione ne tenesse uno in casa, quando ormai nel mondo dei Babbani regnavano altri aggeggi ben più moderni, ma ogni volta si dimenticava di porle quella domanda. 
Decise di cogliere l'occasione in quel momento. 
"Hermione, cosa ci fa quello stereo nel tuo salotto?"
La strega stava cullando Minerva come un neonato tra le proprie braccia. Sentendo l'amico parlare sobbalzò. Assorbita da quel rituale silenzioso si era quasi dimenticata della sua presenza.
"Scusa, forse ho alzato un po' troppo la voce."
"Oh, no" si affrettò a chiarire Hermione, "È sempre stato qui dal primo giorno in cui mi sono trasferita. Non dirmi che non lo avevi mai notato!"
Harry si strinse nelle spalle. 
"Era di mio padre, comunque. Non lo accendo quasi mai, vedi com'è impolverato?"
Il mago appoggiò il manoscritto sul tavolino e si alzò sulle gambe fragili, avanzando verso il mobile che ospitava lo stereo. Con la coda dell'occhio vide che Minerva l'aveva seguito e si era seduta sul tappeto accanto a lui. Le fece l'occhiolino e lei, come si era aspettato, prese a fare le fusa.
Harry prese in mano una pila di vecchi cd, esaminandoli con cura trovò il titolo della canzone che Ron ed Hermione avevano scelto per il loro matrimonio. Si adoperò per scacciare l'ondata di nostalgia che lo aveva invaso, non doveva cadere nella stessa rete di Hermione, se voleva aiutarla ad uscire da quella trappola che la strega aveva inconsapevolmente tessuto su di sé. 
"Che cosa stai facendo?" 
Il tono di Hermione gli parve sospettoso, quasi allarmato. 
Harry estrasse un cd dalla custodia e lo infilò nello stereo senza alcuna difficoltà. "Tranquilla, non lo distruggerò. Dunque, vediamo...adesso schiaccio play e... fatto! Visto? Non mi ci è voluto poi tanto."
Il mago si voltò verso di lei con espressione soddisfatta, mentre una lenta melodia si diffondeva nel salotto. 
Hermione intravide in quell'espressione una traccia del ragazzino che ricordava ai tempi di Hogwarts, una scintilla simile a quella che gli brillava negli occhi verdi dopo aver vinto una partita di Quidditch, e per un istante le sembrò di poter riafferrare quei momenti di gioventù perduta. 
Quando Harry la invitò a ballare con un gesto della mano, cortese e buffo allo stesso tempo, sgranò gli occhi. 
"Harry Potter, tu odi ballare" fu la sua inconfutabile constatazione. 
"Non è mai troppo tardi per cambiare idea."
Hermione si alzò dalla poltrona e lo raggiunse, preda di un'improvvisa voglia di ridere. 
"Tutto ciò è ridicolo."
Harry fece una piroetta davanti a lei e si bloccò con le braccia a mezz'aria. "Et voilà! Visto cos'è ancora capace di fare un povero vecchio?"
Il sorriso sul volto di Hermione scomparve. I suoi occhi castani furono attraversati da un'ombra improvvisa e le rughe sul suo viso parvero accentuarsi.
Harry le sfiorò una mano, titubante, cercando di rimediare al danno compiuto, ma lei la scostò immediatamente, distogliendo lo sguardo, le labbra serrate in una linea sottile.
"Hermione, io..."
"Non dire niente."
La strega lo sorprese ancora una volta, afferrandogli all'improvviso una mano e appoggiando l'altra sul suo punto vita.  
"Balliamo" gli disse semplicemente, il tono di voce  di chi si sente costretto a fare qualcosa.
Harry l'assecondò, guidandola in un lento scordinato ma rilassante. Quel loro balletto improvvisato fu addirittura in grado di strappare qualche sorriso a Hermione, e Harry fu sul punto di convincersi che avesse accantonato i suoi cupi pensieri. 
"Harry, quante volte pensi a Ginny?"
Si era sbagliato.
Il mago cercò di non farle notare la sua sorpresa, concentrandosi sui passi successivi. Aveva la netta sensazione che quella domanda fosse il preludio di altre, rivelatrici di un tormento che Hermione non era più in grado di gestire. 
"Io penso sempre a Ginny" le rispose con sincerità, mentre lei appoggiava la testa sulla sua spalla. Il suo collo era talmente sottile che pareva carta velina increspata; Harry credé che avrebbe potuto spezzarsi se Hermione fosse semplicemente caduta.
"Ti manca tanto, non è così? Scusa... sono una stupida a chiederti certe cose."
Il mago sorrise tristemente al di là della sua spalla, ricordando la moglie defunta. "Non è vero, smettila. Senti... ho notato da tempo che c'è qualcosa che non va, ti andrebbe di parlarne?"
Hermione represse un sospiro. 
"Io non voglio morire."
Il mago si bloccò sul posto senza rendersene conto, udendola trattenere un singhiozzo sulla sua spalla.
"Non voglio morire, Harry" ripeté lei con voce flebile. 
Quali erano le parole giuste, quali i gesti affettuosi che potevano trasmettere conforto, in quei casi? 
L'anziano mago non riuscì a fare altro che abbracciare l'amica, mentre il peso di una palpabile angoscia si abbatteva su di lui minacciando di soffocarlo da un momento all'altro. Non si era aspettato una confessione così diretta ed immediata. 
"Sai, nonostante Ron non ci sia più da cinque anni proseguì Hermione mestamente, "voglio comunque restare. L'idea di riunirmi a lui non basta ad eliminare la mia paura."
Harry le accarezzò la schiena, ascoltandola in silenzio. 
Il fatto che lei gliene stesse parlando era un buon segno, sfogarsi le avrebbe permesso di stare meglio in futuro. 
Giusto? 
"Ho settant'anni. Settant'anni, Harry..."
La strega affondò innavertitamente le unghie sulla sua mano destra, alla ricerca di un appiglio, tuttavia senza che lui se ne accorgesse. Quelle dita erano diventate troppo deboli per fare male davvero.
"Sono tanti, eppure... credimi, a me sembra di aver festeggiato la sconfitta di Voldemort l'anno scorso, di aver visto nascere Rose e Hugo un paio di mesi fa, mentre adesso anche loro sono due persone adulte con dei figli... ho sempre aspettato con impazienza l'arrivo della primavera, desiderando stupidamente che l'inverno passasse in fretta... l'ho fatto ogni singolo anno. Poi mi sono resa conto che avevo paura della velocità con cui l'inverno se ne andava, perché ogni volta che succedeva mi rendevo conto che un altro anno era passato... non ho nemmeno fatto in tempo ad abituarmi all'idea di aver compiuto quarantacinque anni che subito dopo li ha compiuti Rose, e adesso sono una settantenne! Guardami!"
La sentì tremare. 
"Guardati, Harry! Come fai a sopportare quello che ci sta succedendo? Come fai a non avere paura? Come!?"
Harry non seppe stabilire con precisione quando la strega iniziò a urlare, ma avrebbe ricordato per il resto della sua vita il senso di impotenza e di smarrimento che quelle parole gli suscitarono, l'intensità del dolore vibrante di cui erano intrise, la violenza con cui rimbombarono dentro di lui.
Si isolò dalla realtà circostante. Divenne insensibile ai deboli pugni che Hermione gli tirava al petto, sordo al monotono suono dei suoi singhiozzi e dei suoi lamenti. 
Finché non fu lei stessa a calmarsi, afflosciandosi sul suo petto come un filo d'erba calpestato. 
La lenta melodia al pianoforte era cessata, ma Harry non ricordava nemmeno che fosse iniziata.
"Sto diventando pazza, non è così?"
Hermione parlò con voce tanto bassa da fargli dubitare che lo avesse realmente fatto.
"Sono pazza..." ripeté lei con enfasi. 
Harry a quel punto fu certo di aver sentito bene. Le posò le mani sulle spalle, guardandola dritto negli occhi, quegli occhi rossi di pianto e di disperazione. 
"Ti sbagli. Le tue paure sono normali" sentenziò in tono convinto. 
La strega deglutì, fissandolo in silenzio, l'esile corpo scosso da tremiti involontari. Sembrava non volesse fare altro che ascoltarlo e lasciarsi tranquillizzare dalle sue parole, dalla sua voce pacata, dal calore dei suoi vividi occhi verdi. 
Harry le accarezzò la guancia umida. 
"Anch'io mi soffermo a pensare alla vita. È vero, è breve, e il tempo passa maledettamente in fretta, ma non è la sua durata che conta più di ogni altra cosa, bensì il modo in cui la viviamo. È questa la conclusione a cui giungo ogni volta e che mi permette di ritrovare la serenità."
Asciugò i resti delle ultime lacrime rimaste incagliate sulle sue ciglia, sorridendole affettuosamente. 
"Anche se ho paura di morire... so di aver vissuto la vita che volevo, e questo mi basta" proseguì, incrociando accidentalmente gli occhi di Minerva intenta a fissarlo con attenzione. Per un assurdo istante gli parve che la gatta avesse annuito nella sua direzione. 
"Cosa resterà di me, Harry?"
La voce di Hermione lo distolse dalla sua contemplazione. L'anziano mago le rivolse una lunga occhiata, certo su cosa risponderle come non lo era mai stato in tutta la sua vita. 
"Qualcosa di particolarmente prezioso e resistente allo scorrere del tempo. Qualcosa di tuo che potrà consigliare ed emozionare milioni di persone, come ha già fatto."
Hermione cercò di distendere le labbra in un sorriso. Harry aveva ragione e lei, la strega più brillante del secolo, non aveva mai preso in considerazione quella prospettiva. Aveva perso tempo a macinare se stessa nel vortice di irrazionale paura col quale aveva convissuto per anni. Si era lasciata spaventare dai suoi capelli grigi, dimenticando chi era stata sino ad allora e ciò che aveva prodotto. 
Sarebbe morta come spetta a tutti gli esseri umani, e con lei sarebbero morti tutti i suoi affetti, ma i libri che aveva scritto sarebbero sopravvissuti, e avrebbero continuato a diffondere il ricordo del suo respiro.  
Quei libri avrebbero testimoniato ai posteri che Hermione Granger era esistita.
 
 
 
*****
 
 
 
In una tranquilla mattina di febbraio, Hermione Granger scese come di consueto al piano terra e si posizionò davanti alla finestra del salotto. Il cielo era cristallizzato in un'immobilità grigio polvere foriera di pioggia. 
L'anziana strega cercò con lo sguardo le girandole del suo giardino. 
Erano ferme.
Avrebbe voluto rimanere a guardarle a lungo, in attesa del momento in cui avrebbero ripreso a girare, ma avvertiva una strana pesantezza su di sé. A malincuore raggiunse la sua poltrona preferita e vi si lasciò ricadere. 
Sul tavolino di vetro svettava una pila di fogli ordinatamente impilati. La prima pagina recava un titolo scritto in eleganti lettere in grassetto. 
Fame di colori. L'ultimo romanzo che aveva scritto.
Minerva si alzò dalla sua cesta e trotterellò verso la padrona, salendole in braccio. 
"Buongiorno, piccolina."
Hermione emise un respiro affaticato, spostando le braccia dai braccioli della poltrona per accarezzare la gatta. Minerva la fissò coi suoi occhi gialli, senza sbattere le palpebre né muovere la coda; si lasciò accarezzare lentamente, prendendo a fare le fusa. 
La strega sentì il piacevole calore di quel piccolo corpo appoggiato sulle ginocchia, quel calore familiare che le conciliava il sonno la sera. Si nutrì di quel suono cullante, reclinando la testa all'indietro. 
Aveva paura, ma si sentiva protetta. 
Prima di chiudere gli occhi osservò un'ultima volta la sua amata gatta, e pensò che il suo pelo avesse una bellissima tonalità di grigio.  
 
  
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