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Autore: tixit    20/04/2015    7 recensioni
Oscar vuole chiede qualcosa ad André e lui le chiede se ci ha pensato bene, davvero bene.
Ha valutato tutte le possibilità?
Ambientato la sera in cui Oscar deve decidere se entrare nelle Guardie Reali o meno.
In parte OOC.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di chiunque possieda diritti su Lady Oscar, la serie televisiva, i Manga, il film e quant'altro. 
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

 

Note: siamo allo psicodramma! 

E' chiaro che uno scrive quello che gli piace e capisco che non è detto che quello che piace a me, piaccia anche a chi legge.
Nel caso mi spiace se la storia non è come uno se la aspettava - ma ce ne saranno altre, prima o o poi no?
La scriverei comunque in un certo modo indipendentemente da questo... è nata così.
Oscar qui parla poco, André, in tutta questa storia parla sempre tanto, forse troppo - l'OOC regna sovrano! 

Non so quanti di questi discorsi siano già stati fatti tra questi due in altre fic, ma l'anime ha 30 anni e presumo di sì, ma tant'è...  :PPPPP

C'è altro? Non direi... divertitetivi :)

 

Capitolo X
Non è per tirare un pugno

 

“Posso farti una domanda?”

Lei lo guardò spaesata, ancora perplessa per quel cucchiaio che le aveva ficcato in mano, ridendo, mentre a lei sembrava che il mondo le fosse appena crollato addosso – ma dove stava lui? Sul serio stava in quella cucina insieme a lei? Non aveva sentito lo schianto? “Certo,” rispose incerta. Lui proprio non la vedeva. Erano cresciuti insieme, e lui non la vedeva.

André le si sedette accanto e le sorrise “Io non ti ascolto, mi è chiaro...”

Lei sgranò gli occhi, stupita.

“E forse è anche per quello che tu non ascolti me... tu sei concentrata su una cosa, che per te è importante, ma per me no, e io su un’altra,” la guardò negli occhi con serenità, “e forse sbaglio io, che do per scontate tante cose e penso di sapere cosa è meglio per te.”

Lei annuì, seria “Tu pensi di poter decidere per me, meglio di me.”

Lui sospirò “Non proprio, credimi, ci sono state altre volte in cui sono stato così presuntuoso, ma io oggi, non posso e, soprattutto, non voglio essere quello che decide per te. C'è già la fila per quel posto...”

Poi riprese, sempre con molta tranquillità “prima ti vorrei dire un paio di cose che per me sono scontate, ma forse per te no. La prima è che, oltre a non scandalizzarmi, non trovo ridicolo che tu mi abbia chiesto di fare questa cosa insieme, lo trovo molto coraggioso. Quando vogliamo una cosa che non possiamo ottenere da soli, qualunque cosa sia, dobbiamo per forza chiedere a qualcuno di aiutarci a prenderla, o per noi, o insieme a noi, e questo è un po’ come arrendersi senza condizioni, consegnare un’arma a qualcuno e dargli la libertà di farci molto male.”

Lei arrossì e distolse lo sguardo.

“Oscar, questa resa costa orgoglio, richiede un pizzico di incoscienza, una certa dose di fiducia nella persona a cui lo si chiede, parecchia fiducia, e, in definitiva coraggio.“ scosse la testa, “In particolare, dove c’entrano cose molto... personali, su cui non abbiamo nessun controllo e nemmeno nessun merito, cose che magari sono complicate... di coraggio ce ne vuole. Specialmente se non ci sono indizi sulla riposta. O se ce ne sono abbastanza da far capire che non sarà quella che si desidera." Guardò altrove, "Io, per esempio,“ scosse la testa rattristato “sono molto meno impulsivo di te, preferisco pensare prima e parecchio. E' la mia natura. Se avessi dovuto chiedere una cosa così, d’impulso, non mi sarebbe stato facile. Avrei fatto solo un gran pasticcio.”

Lei scosse la testa, incredula, ma senza guardarlo.

“L’altra cosa che vorrei ti fosse chiara è che la tua richiesta mi mette in imbarazzo, per vari motivi, lo avrai capito,” la guardò mentre lei sorrideva tra sé, più tranquilla “non ero preparato, ma non pensare che, oltre che imbarazzato, io non mi sia sentito anche lusingato. Un giorno, quando e se sarò vecchio, e sarò davanti al camino, anche se non credo proprio che starò dipanando e filando...”

Lei sorrise, timida “come dice Ronsard?”

“Come dice Ronsard” annuì, “mi ricorderò che una sera la piccola Oscar mi ha trovato bello – non c’erano molti tra cui potesse scegliere, questo cercherò di dimenticarlo e di dimenticarmi che me l’ha fatto notare lei stessa,” lei rise piano, “ma, tutto sommato, mi ha trovato passabilmente bello per lei”

“Però la ragazza di Ronsard gli disse di no” mormorò Oscar.

“E forse se ne pentì, non lo sappiamo, o forse no.
Di certo il ricordo le avrà scaldato il cuore, più di quel camino. E questo scalderà anche il mio, credimi, e, aggiungo, lo scalderebbe ad ogni ragazzo - c'è qualcosa di prezioso nella resa e molti possono passare una vita intera senza ricevere mai questo regalo. Per cui questo lo ricorderò sempre: te, su quello sgabello di quando eri un po' più piccola, che facevi la donna vissuta che non sei - ci vuole coraggio, l'ho capito, a mettere sul piatto, oltre quello che si è, quello si è disposti ad essere... e non eri affatto ridicola - in un certo senso l'ho apprezzato più di..."
scosse la test, rattristato "Per me era scontato tutto questo, ma ho pensato che forse te lo saresti chiesto, e che era giusto dirtelo, sinceramente." Le sorrise, "Ma Oscar, io non desidero essere bello, preferirei essere giusto, leale, corretto, e perché no? Anche umano. Questo lo capisci?” il tono di voce sempre così calmo, “e vorrei anche essere, non dico rispettato, ma quanto meno visibile. Tu sei partita con questa cosa in testa e in questa cosa ci vuoi infilare a forza me, ma solo come una specie di “attrezzo”, purtroppo necessario. Sono il coltello per tagliare il pane, il cucchiaio per girare la minestra nel paiolo, una di queste padelle di rame lucido per fare le frittate, qualcosa che serve, ma che non conta davvero, perché quello che conta per te è il pane, e la minestra e, soprattutto, è la frittata...”

Lei scosse la testa, non era così, non era così proprio per niente:“Come fai a dire, che non ti rispetto, André? Siamo cresciuti insieme, lo sai...”

“E cosa vuol dire, per te, che siamo cresciuti insieme? ... non scambiare la confidenza con il rispetto: se mi rispettassi, come persona, mi avresti ascoltato, invece, siccome siamo solo cresciuti insieme, hai trovato giusto chiedere senza valutare le possibili conseguenze, e ascoltare solo la parte di risposte che ti conveniva....”

Lei sbuffò irritata. Lo aveva ascoltato, eccome!

“Fammi finire, per piacere, io non ti sto parlando dei motivi per fare o per non fare questa cosa, ti sto parlando della scelta che devi fare stasera: stasera non conta che cosa deciderai per il futuro, va bene tutto, e in un certo senso va male tutto, credimi; ma quello che conta, secondo me, è che direzione vuoi dare alla tua vita dentro di te, alle tue relazioni quanto meno nella tua testa. Io non ti voglio influenzare, ma vorrei che tu pensassi a questo e non a una... scopata inaugurale!”

Lei sobbalzò. Lui sospirò irritato.

“Ma sembra che per te sia questa la cosa fondamentale, una cosa che per me, invece, non ha nessuna importanza” riprese.

“Se tu non l’avessi già fatto” lo interruppe lei, pratica “sarebbe stato lo stesso? Questa sera, intendo? Mi avresti detto le stesse cose?”

“Non lo so,” era terribilmente serio “forse ti avrei detto le stesse cose, è quello che spero, o forse no...”

“Vedi? C’è un pizzico di ipocrisia...”

“Nel qual caso sono contento che mi sia già successo” soggiunse quietamente.”Ascolta, tu te ne stai lì avvilita e arrabbiata con il mondo in generale e con me in particolare, e io me ne sto qui irritato con te perché butti via il tuo tempo” si alzò, dalla sedia e si appoggiò al tavolo, “così voglio fare un patto con te: ti spiego una cosa che non hai valutato, che è mia e che mi da fastidio, anche se non credo capirai davvero, va bene così, poi ti chiedo tre minuti del tuo tempo per un esperimento, solo tre minuti, per farti capire perché no, perché non va bene questa cosa. Non tra di noi. E penso che dopo sarai d’accordo con me. Dopodiché parliamo, quanto vuoi, va bene? Vediamo le varie possibilità, senza cattiveria, perché questa è una cosa a cui tu tieni. Prometto che domani ce ne dimenticheremo, tutti e due, che sarò sincero...e  ti chiedo che tu lo sia con me. Non ti giudicherò, puoi dire quello che vuoi, ma non raccontarmi balle, per piacere. In cambio tu ascolterai me, non su questa faccenda, ma su quella che preoccupa me. Dovrai solo sentire due cose che ho da dire e promettermi, non di fare quello che vorrei io, quello non te lo chiedo, ma solo di pensarci sopra”.

“E dopo?” chiese lei timidamente.

“Dopo cosa?”

“Dopo aver visto tutte le possibilità?”

“Se vuoi mi rifai la domanda, ma non credo che la rifarai”

“Vuoi cercare di convincermi... ma anche io potrei convincere te, però”

“Forse.”

 Lei sorrise tra sé – lui era troppo razionale per capirla, non l’avrebbe mai convinta con tutte le sue ragioni così tradizionali e lei non lo avrebbe mai convinto proprio perché non era una cosa razionale, ma una specie di gomitolo annodato, avviluppato dentro di lei, che nemmeno lei sapeva srotolare, ma... perché no? Aveva qualcosa di meglio da fare, quella sera?

“Va bene” disse sospirando. Poi chiuse il barattolo del miele e lo allontanò da sé.

André annuì, poi, sempre appoggiato al tavolo, le chiese: “Mi dici perché non mi hai chiesto di farlo nel bosco?”

Oscar lo guardò sinceramente sgomenta: “Non so se l’hai notato,“  disse con calma, sporgendosi verso di lui, i palmi della mani bene aperti sulla superficie del tavolo, “ma fuori piove... fa proprio freddo fuori, un freddo cane sai? capisco che l’idea di commettere un  peccato capitale si sposi bene con fulmini e tuoni, i due disgraziati fornicatori che cedettero alla lussuria, soprattutto lei, che non pensava mai a nulla se non alle cretinate, morti sul colpo, colpiti da un fulmine... tra lo scandalo e tutto il resto, il curato che avrebbe argomenti per le sue prediche per almeno un mese... ma io ne farei a meno.”

Lui rise. Lei sospirò rumorosamente.

“Non rido di te, però non ci hai pensato solo stasera, è qualche giorno che ci stai pensando...”

Oscar lo guarda sorpresa. Era stata davvero così trasparente?

“Ci giravi intorno. Allora è legittimo chiederti perché non me lo hai chiesto prima, quando è capitato che stessimo da soli nel bosco, per esempio? Per quanto io apprezzi il fattore simbolico di farlo proprio questa sera, se era solo una curiosità, un momento valeva l’altro. No?”

Lei arrossì, “La fai tanto lunga con la bellezza della prima volta... vuoi dire che la prima volta perfetta per me, secondo te, sarebbe là fuori all’aperto, nel fango, e nell’erba, al freddo, con l’acqua che mi ruscella addosso e magari con un lombrico che mi striscia tra i capelli...” arricciò il naso.

“Beh, ti posso assicurare, che, se avessimo deciso, per qualche follia, di farlo nel bosco, avrei cercato di fare il massimo che posso per trovare il posto più comodo per te, e per farti scordare tutti i lombrichi, il fango, il freddo, l’erba che punge, la durezza della terra... e qualunque altra cosa ti avesse turbato...”

Lei arrossì, e lui concluse per lei “peccato quindi purtroppo che oggi piova... Il bosco, è un posto lontano da tutti, da orecchie e occhi indiscreti, nessuno sentirebbe sospiri, gemiti o tutto quello che ti verrà da dire, o chiedere in quel momento, magari sei una che urla, non lo sappiamo in questo momento,” la prese in giro bonario, per stemperare l’atmosfera, ”nessun essere umano avrebbe catturato un respiro affrettato... mio o tuo...”

Lei arrossì a disagio.

“Il bosco non avrebbe conservato nessuna traccia del nostro passaggio, niente lenzuola stropicciate... come un incantesimo di una favola, nessuno potrebbe dire cosa esattamente è successo, non ti sarebbe piaciuto? Avremmo pure potuto perderci nel bosco, così in futuro non sapresti nemmeno ritrovare il posto esatto, hai detto che dopo te lo vuoi dimenticare... non potresti passarci davanti tutti i giorni, e nemmeno capitarci per caso, probabilmente nemmeno ritrovarlo... non ti sarebbe piaciuta l’idea?”

“Non ti facevo così bucolico... è vero che qualche tempo fa ti piacevano tanto i poemi pastorali, ma non credevo...” sorrise incerta, un po’ imbarazzata, cercando di scherzare “E’ una questione di posto? E’ solo una questione di posto?”

“Non lo so, dimmelo tu...”

“Un posto vale l’altro...” era visibilmente imbarazzata.

“Davvero? Allora diciamo che hai scartato la magia del bosco per via dei lombrichi... Proviamo a pensare a un altro posto allora... alle scuderie; siamo lì tutti i giorni, bene o male, strigliamo i cavalli, diamo una pulita ai box, tu porti una mela al tuo cavallo, scherziamo, chiacchieriamo... nessuno fa mai caso a noi due nelle scuderie... è un posto intimo, al coperto, senza tutti quei lombrichi... avremmo potuto farlo tra la paglia conservata nel sottotetto” la stava guardando serio negli occhi, e lei lo ascoltava affascinata, “è morbida, è pulita, ha un ottimo odore... e poi da lì si vede il cielo, o le stelle... dipende dall’ora.”
Lei distolse lo sguardo.


“O, se le stelle non ti piacciono,” aggiunse André in tono brusco, “se c’è troppa... come hai detto? Se è... troppo sentimentale, se vuoi solo sbrigarti, lo potevamo fare in piedi contro il box della giumenta bianca – non si spaventa mai per i rumori improvvisi - ti assicuro che lì tanti ospiti di tuo padre si sono sbrigati con alcune che lavoravano qui e hanno pure lasciato una mancia alla ragazza, da quanto erano contenti...”

Lei scosse la testa, spaventata.

“Quindi perché le scuderie no? Magari scegliamo una posizione in cui devi spogliarti il minimo possibile, non vedrei niente del tuo corpo oltre quanto strettamente necessario, nessuna carezza, una cosa veloce proprio come gli animali, tanto non ti interessa che ti piaccia in modo particolare, giusto? Non sai nemmeno cosa preferiresti, ti interessa solo farlo, toglierti il pensiero...”

Lei guardò in terra, imbarazzata.

“L’odore del letame? I cavalli che si innervosiscono? E’ questo il motivo per cui la scuderia non va bene?”

“André, ti prego...”

“Lo ha iniziato tu il discorso, mi pare... e hai accettato il patto, hai cambiato idea?”

Lei scosse la testa, amareggiata.

“Così resta questa casa, lo devi fare per forza in questa casa, perché solo qui tu ti senti protetta?”

Lei annuì in fretta.

“Tu ti senti protetta in questa casa? Un luogo talmente felice che il massimo del divertimento e sgusciarne fuori la mattina presto per andare altrove prima che inizi la giornata ufficiale...“ sorrise amareggiato “tu non vedi l’ora di farlo proprio qui? In questa casa?” allargò le braccia.

Oscar stava in silenzio ora, immobile.

“Potevamo usare la tua camera... è isolata, ha porte che si possono chiudere a chiave... e c’è un letto molto bello, grande, morbido, pieno di cuscini...... tappeti sul pavimento... sarebbe il posto perfetto, per una prima volta, in tutta calma... anche per farlo un paio di volte, non credi? E’ un posto che conosci molto bene, lo conosco molto bene anche io, è molto intimo. Potevi chiamarmi lì...” Lei arrossì e cominciò a tormentarsi le mani.
“E poi... tracce  di sangue sulle lenzuola nel letto di una ragazza possono voler dire tutto e niente. Chi ti rifà il letto si potrebbe porre delle domande, ma in fondo... cosa potrebbe andare a raccontare al Generale?
Niente di concreto.”

“André, ti prego, ho capito dove vuoi andare a parare, ma non è per quello che ero venuta lì, non era per quello” non osava guardarlo.

“Non raccontarmi balle, Oscar. Puoi dirmi che non era solo per quello e ci crederei, ma c’era anche quello, e lo sai”

Lei scosse la testa, ma non lo guardava.

“Invece sei venuta nella mia camera...che non è particolarmente isolata,  lì tracce di sangue sulle mie lenzuola possono solo voler dire una cosa sola. Sarebbe inequivocabile. E le chiacchiere, in questa casa, in cui tu ti senti così protetta, e in cui nessuno si fa i fatti propri, salirebbero dalla cantina alla soffitta in una mare di supposizioni su qualcuno di cui non si deve dire che è femmina, ma di cui si può sussurrare che non è più vergine, e tutti saprebbero in che giorno l’ha fatto, dove e con chi.

Stendiamo un velo pietoso sul ruolo che pensavi di assegnare a me, surreale, un attrezzo da... da... non oso nemmeno pensare al male cane che ti avrebbe fatto, ma tanto non eri lì per la gradualità. E non so nemmeno pensare cosa mai ti aspettassi da me, perché quello che mi stai assegnando, come ruolo... lasciamo stare... in fondo sono un servetto” non aveva la voce rabbiosa, solo triste, ma lei si sentì comunque morire

 “André, per piacere... non dire altro...”
 

“Tu sai molto bene che glielo direbbero, che lo saprebbe e tu staresti lì ad aspettare cosa deciderà di fare perché questa è una cosa a cui lui può rispondere solo in due modi. Il primo è che se lo deve far piacere come tu ti sei fatta piacere tante altre cose, accettarla facendo finta di niente, anche se gli brucia. In fondo ti ha chiesto una cosa che non avrebbe mai chiesto ad un figlio maschio, e non mi riferisco a cosa è successo prima, mi riferisco alla tua vita tra 10 anni o forse più. Alla famiglia che non avrai.

Tu, con le tue cose segrete, che non dici a nessuno, finalmente gli regali qualcosa che gli brucerebbe, eccome se gli brucerebbe. Ce l’avrebbe tatuata nel cuore questa cosa, perché, a dispetto di tutte le sue follie apparentemente moderne, è un uomo molto convenzionale, e oltre che alla tradizione, crede all’inferno e alla dannazione eterna, e perché a modo suo, il Generale, quel pazzo testardo, in un certo senso, ti vuole pure bene.

Quindi o se lo tiene dentro, pensandoci sempre senza parlarne mai e hai saldato un pezzettino di un debito, che te lo riconosco, tu hai.

O ti deve chiedere spiegazioni. E quello che cerchi? che ti affronti, che ti dica qualcosa, che ti chieda cosa hai fatto, disgraziata? Che ti minacci?”

André tornò a sedersi accanto a lei e le prese una mano, con infinita delicatezza. “E cosa gli diresti? Padre, guardatemi, sono come mi avete fatta Voi, un uomo in tutto e per tutto, mi chiamo come un uomo, mi vesto come un uomo, parlo come un uomo, faccio un lavoro da uomo, mi batto da uomo, in futuro, invecchiando, sarò sola come un uomo, ma per adesso non ci penso e scopo come un uomo. E proprio come un uomo non ci do molto peso: una sveltina con il povero André, il Servetto, che non conta nulla, e con cui è solo uno sfogo fisico, che conta meno che nulla. Ma l’avete scelto Voi, avrete messo in conto che lo avrei usato anche per quello, no? ”

Gi spaccava il cuore vedere che s’era messa a piangere, una sola lacrima, una di troppo per una piccoletta che non piange mai “E poi che farai, berrai come un uomo, andrai a rissare in qualche bettola come un uomo? Prendendo solo il peggio di quello che c’è sul piatto di essere un uomo?”

“Non è per questo!”

“Non ho detto che è solo per questo, lo so che pensi a un mare di cose, tu, o che non pensi affatto!” le prese il viso tra le mani e le asciugò delicatamente la lacrima con un dito. “Non venirmi a dire che dentro non c’è neanche tutta questa rabbia, inutile, ti stavo guardando prima sai, mentre pensavi tra te e te le tue ragioni tutte tue...”

Un’altra lacrima. Asciugò anche quella. Due di troppo.

Lei mise le sue mani, così piccole, sulle sue, affranta “Non c’è solo questo... mi vuoi sincera? Allora si, è vero, c’è anche questo, sono arrabbiata, arrabbiata a morte, e da tanto tempo, ma non c’è solo questo. ”

“Lo so. So anche che sono sufficientemente bello, anche perché sono ideale da sbattere in faccia a tuo padre. Ma va bene.
Ti voglio solo dire che se vuoi tirare un cazzotto a qualcuno, e credimi, lo capirei, se vuoi tirare un cazzotto a qualcuno, fallo, se vuoi dire qualcosa, dilla, ti prego, dilla, sono con te, ma nella maniera giusta, trova un modo che non sia distruttivo per te, di questo te ne prego, e non farlo così, con questa perdita di tempo, per te così simbolica, ma anche rabbiosa, e vendicativa. E disperata, lo vedo.
E, soprattutto... stupida.”

“Soprattutto, ti prego, visto che parli di rispetto, visto che tiri in ballo che siamo cresciuti insieme, non usare me” la guardò negli occhi “non me lo merito, e questo non so se lo riesci a capire... E il motivo per cui ti giudico forse male, e me ne dispiace tanto di farlo, e so che non te ne importerà, non è, come l’hai chiamato? il "peccato di lussuria", di quello me ne frego, ma è che non hai pensato in tutto questo a una cosa semplice, un piccolo dettaglio, quello stesso dettaglio che io... io, invece, da gran cretino, ho messo sul piatto per te, per prima cosa: se a me questo piacerebbe. Se questo ruolo da padella, o cucchiaio senza nessun valore, con tutte le sue conseguenze, a me piacerebbe davvero.”

"Tu lo vuoi fare da uomo.. stronza come un uomo"

   
 
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