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Autore: CCDreamer    21/04/2015    0 recensioni
Daddy Klaine
Dal testo:
"Quel momento perfetto, però, durò troppo poco, secondo i loro gusti. La bambina doveva essere lavata e visitata, Kurt lasciò che la stessa infermiera di prima la riprendesse. Si voltò nuovamente verso Rachel che, seppure esausta, aveva assistito a tutta la scena, commossa ed emozionata per loro. Tenendo per mano suo marito, le si avvicinò, abbassandosi per posarle un bacio sulla guancia sudata e sussurrandole ripetutamente “Grazie”.
Era talmente sopraffatto dalle mille emozioni, che non si accorse che la mano di Blaine era scivolata via dalla sua presa fino a quando non sentì un tonfo sordo. Istintivamente guardò per terra, trovandolo steso, immobile e con gli occhi chiusi. Era svenuto."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Daydream Believer and his Homecoming Queen
 
Esistono milioni di domande alle quali nessuno ha saputo dare delle risposte universali. Li chiamano “i grandi misteri della vita”, enigmi nei quali incappiamo ogni tanto, quando la nostra mente si perde in misteriosi ragionamenti, senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo.
E tra tutte queste domande ce n’è una che ognuno di noi, almeno una volta nella vita ci siamo posti. Una domanda che spesso i bambini, mossi dalla più naturale e genuina curiosità tipica di chi si sta affacciando al mondo per la prima volta, rivolgono ai “grandi” . Una domanda alla quale proprio “i grandi” spesso non sanno dare risposta.
“Cos’è l’amore?”
Ma, a discapito del pensiero dei più saggi, persone che  ritengono che la percezione dell’amore cambi da persona a persona e si modifichi nel corso della vita di ciascuno, Blaine Anderson aveva trovato la sua risposta definitiva. A venticinque anni.
“L’amore è un’immagine. Può essere un’immagine che cambia di volta in volta o ,meglio ancora, un insieme di immagini, che va via via espandendosi nel corso del tempo.” Questo era la sua risposta.
 Se qualcuno gli avesse chiesto “Cos’è per te l’amore, Blaine?” lui avrebbe risposto senza esitazione, con un sorriso adorante stampato in volto : “L’amore è la fotografia che ritrae me e Kurt il giorno del nostro matrimonio, l’istante dopo essere stati proclamati  ‘marito e marito’; è l’immagine di lui con i capelli scompigliati e il fiato corto per aver corso per mezza Lima solo per me; è il suo sorriso  mentre mi stringeva le mani e con le lacrime agli occhi mi diceva ‘Costruiamo la nostra famiglia, Blaine’; ed è quel luccichio della sua fede, mentre mi sta sistemando il papillon. L’amore è mille altri momenti della nostra vita insieme. Milioni di istantanee impresse nella mia mente, incise nel mio cuore.”
 
-“ A cosa pensi?”
 
La voce armoniosa di Kurt lo riscosse dalle sue riflessioni, gli sorrise dolcemente prima di lasciargli un bacio a fior di labbra, riconoscente per tutte le sue premure.
-“A noi”
Le sue mani accarezzarono i fianchi di suo marito, mentre lo avvicinava maggiormente a sé, le braccia di Kurt andarono ad allacciarsi automaticamente dietro al suo collo.
-“Spero sia qualcosa di positivo, allora”
-“Sempre”
Si baciarono pigramente per qualche secondo, poi Kurt lo prese per mano, come ogni giorno, e lo condusse verso una nuova giornata.
***
 
Era ancora presto quando arrivarono a casa di Rachel con la sua colazione. La trovarono accoccolata sul suo comodo divano: era insolitamente pallida e stava prendendo dei respiri profondi, mentre con una mano accarezzava il suo pancione.
Kurt si affrettò a raggiungerla, accovacciandosi accanto a lei.
 
-“Stavo proprio per chiamarvi. C-credo …credo di avere le contrazioni”
 
Kurt e Blaine si guardarono allarmati, chiedendosi cosa fare, salvo poi essere svegliati dal loro momentaneo stato di trance da un lamento di Rachel. Si mossero contemporaneamente, aiutandola a mettersi in piedi e portandola nella loro macchina.
Era passato  poco meno di un mese dalla cerimonia dei Tony Awards e Rachel aveva ormai raggiunto il termine. Kurt e Blaine avevano preso l’abitudine di andare da lei ogni mattina, con le prime luci dell’alba. Tutto era organizzato ormai da giorni: nel baule della loro macchina erano  pronti un piccola valigia con i vestiti della bambina, scrupolosamente ordinati secondo gli outfit che Kurt aveva scelto e  il passeggino  con la borsa coordinata, già riempita con alcuni dei prodotti che sarebbero serviti alla loro “piccola principessa”. 
Blaine si mise alla guida, lanciando di tanto in tanto uno sguardo  attraverso lo specchietto retrovisore a Kurt e Rachel, seduti nei sedili posteriori. Fortunatamente, la clinica che avevano scelto non era molto lontana, quindi riuscirono ad arrivarvi senza restare bloccati nel traffico cittadino di New York.
Fu solo quando giunsero in ospedale, che cominciarono a realizzare: un’infermiera venne loro incontro facendo sistemare Rachel su una sedia a rotelle, per aiutarla a spostarsi senza affaticarsi. Dietro di loro, Kurt e Blaine le seguivano, camminando svelti, tenendosi per mano: la loro bambina stava per nascere.
 
***
 
Blaine non ricordava molto di quello che era successo nelle ultime tre ore. Dopo la visita ginecologica, Rachel era stata portata in sala parto, lui e suo marito avevano avvisato  Jesse, prima di seguirla. Non aveva idea di quante volte aveva sentito Rachel urlare dal dolore negli ultimi minuti; lui si era semplicemente limitato ad aggrapparsi alla schiena di Kurt, respirandone il profumo per tranquillizzarsi. Era convinto che se avesse fatto altrimenti, sarebbe finito lui stesso su una barella, privo di senso. Per fortuna sua e, soprattutto, di Rachel, Kurt si stava dimostrando incredibilmente forte, non che ne avesse mai avuto dubbi, specie dopo l’aggressione subita qualche anno prima. Era, però, rassicurante vederlo ora stringere la mano della loro amica e scostarle le ciocche di capelli ,madidi di sudore, dalla fronte; sentiva i muscoli della sua schiena contrarsi, per seguire i movimenti delle spinte di Rachel; sentiva la sua voce mentre la incoraggiava e la lodava. E allora ne fu sicuro: non avrebbe mai desiderato condividere qual momento con nessun’altro al mondo. Kurt era il solo ed unico. L’unico uomo che avrebbe mai amato, l’unico che avesse mai desiderato. L’unico che avrebbe condiviso con lui la gioia della paternità.
 
-“Ci siamo Rachel: vedo la testa. Ora dovrai prendere dei respiri profondi e spingere più che puoi
 
Il cervello di Blaine riprese a funzionare dopo aver sentito le parole della dottoressa. Kurt accanto a lui aveva iniziato ad incitarla:
 
-“Forza Rach! Stai andando benissimo. Respira”
 
Blaine si meravigliò quando sentì la sua stessa voce ripetere alcuni degli incoraggiamenti di Kurt:
 
-“Coraggio tesoro!”
 
-“Manca pochissimo”
 
-“Ci siamo quasi”
 
Poi un vagito ,che sia Kurt che Blaine avrebbero per sempre ricordato come il suono più bello mai sentito, riecheggiò in tutta la sala parto. Entrambi gli uomini si voltarono mentre il pianto della loro bambina deliziava tutta l’equipe medica. Un’infermiera si avvicinò porgendo loro un  piccolo fagottino. Kurt l’accolse tra le sue braccia, con Blaine che gli cingeva la vita ed appoggiava la testa sulla sua spalla.
Guardarono quella piccola meraviglia che li osservava con i suoi bellissimi occhietti azzurri. Aveva smesso di piangere nell’esatto momento in cui il suo papà l’aveva presa in braccio e aveva iniziato a cullarla;  al contrario, i suoi genitori avevano i volti rigati dalle lacrime.
Blaine iniziò a singhiozzare senza vergogna quando sentì suo marito parlare con la loro bimba:
 
-“Benvenuta al mondo, amore! Noi siamo i tuoi papà”
 
-“Sei stupenda, così fragile e piccola. Il nostro piccolo tesoro”
 
Quel momento perfetto, però, durò troppo poco, secondo i loro gusti. La bambina doveva essere lavata e visitata, Kurt lasciò che  la stessa infermiera di prima la riprendesse. Si voltò nuovamente verso Rachel che, seppure esausta, aveva assistito a tutta la scena, commossa ed emozionata per loro.  Tenendo per mano suo marito, le si avvicinò, abbassandosi per posarle un bacio sulla guancia sudata e sussurrandole ripetutamente “Grazie”.
Era talmente sopraffatto dalle mille emozioni, che non si accorse che la mano di Blaine era scivolata via dalla sua presa fino a quando non sentì un tonfo sordo. Istintivamente guardò per terra, trovandolo steso, immobile e con gli occhi chiusi. Era svenuto.
 
***
 
Quando Blaine riaprì  a fatica gli occhi, notò per prima cosa che si trovava in una stanza diversa, almeno a giudicare dal colore delle pareti, non più bianche, ma di un confortevole giallo chiaro.  Percepì una mano accarezzargli una guancia, e non ebbe bisogno di altro per riconoscere il caldo tocco di suo marito. Chiuse gli occhi di nuovo per qualche istante, andando incontro alle sue carezze e mormorando il suo apprezzamento. La dolce risata di Kurt lo riportò alla realtà.
 
-“Finalmente ti sei risvegliato!”
 
-“Sono svenuto, vero?”
 
Kurt annuì, sorridendogli teneramente. Blaine abbassò lo sguardo, mortficato.
 
-“Mi dispiace”, mormorò sottovoce. Per tutta risposta Kurt si sdraiò accanto a lui e lo abbracciò.
 
-“Amore è più che comprensibile. Abbiamo fatto il pieno di emozioni oggi. Anche io mi sento sopraffatto”
 
-“Ma tu non sei cascato come una pera cotta!”
 
Kurt rise di gioia, stringendolo maggiormente a sé.
 
-“ Stai meglio adesso?”
 
Blaine annuì contro il suo collo.
 
-“E tu, come stai?”
 
-“Meravigliosamente”- cercò il suo sguardo e vi si perse dentro mentre continuava: “Siamo papà, Blaine”
 
Allora Blaine sorrise e lo baciò.
 
-“ Oh Kurt… è così bella. È identica a te”
 
-“Non sappiamo chi di noi due sia il padre biologico… e onestamente io vedo molto di te in lei”
 
-“Ma ha i tuoi occhi!”
 
-“Potrebbe anche averli presi dalla madre… e, comunque,  nella tua famiglia c’è il gene degli occhi azzurri, pensa a Cooper! Ad ogni modo, non è  questo ciò che conta. È nostra figlia, mia e tua…ed io non potrei essere più felice. Ti amo, e amo la nostra bambina e la famiglia che stiamo costruendo”
 
-“Ti amo anche io, piccolo”
 
Il bacio che seguì, fu carico di una dolce consapevolezza: stavano appena iniziando un nuovo viaggio, ed erano certi che, qualsiasi cosa sarebbe successa, loro l’avrebbero affrontata insieme.
 
Per qualche minuto lasciarono che a parlare fossero i battiti dei loro cuori,  i loro respiri e  le mani di Kurt che giocavano distrattamente con i capelli di Blaine, lasciati liberi dalla morsa del gel che lo aveva accompagnato per così tanti anni. Si stavano godendo un momento d’intimità che fosse solo loro, lasciando che le loro emozioni e le loro sensazioni venissero fuori senza filtri, attraverso dei semplici gesti. Avevano entrambi paura di ciò che li attendeva: dai pannolini da cambiare, alle normali, ma pur sempre importanti, responsabilità genitoriali, per non parlare dei pregiudizi. Sapevano che l’unico modo per superare ogni sfida e ostacolo che si frapponesse tra loro e la felicità, era restare uniti, non farsi mai mancare del tempo da condividere insieme, lontano da tutto e tutti, perché ogni volta che a Kurt era mancata una persona che lo ascoltasse, Blaine c’era stato, ed ogni volta che Blaine aveva perso il ritmo dei suoi passi, Kurt era tornato indietro e lo aveva aiutato a rimettersi in carreggiata. Funzionavano così, con le loro sciocche abitudini e tradizioni, che forse nessuno mai avrebbero capito. Ma loro stavano bene così, in silenzio, a rubarsi dei piccoli baci abbracciati in una stanza della costosissima clinica privata nella quale era appena nata la loro bambina. Erano Kurt e Blaine, e questo bastava.
 
-“Amore?”, la voce di Blaine venne fuori come un sussurro.
 
-“Mhh?”
 
-“Come sta Rachel?”
 
-“Sta bene e adesso sta riposando nella sua stanza”
 
Per evitare di disturbare la ragazza,  i due avevano da subito optato per avere un’altra camera nella quale potersi prendere cura della bambina durante l’orario delle visite. Entrambi volevano restare in ospedale fino a quando ci sarebbe rimasta la piccola: non avevano alcuna intenzione di allontanarsene. Rachel era d’accordo con loro, tanto che sia lei che Jesse si erano offerti di usare la loro fama ( e il loro portafoglio!) per ottenere dalla direzione della clinica tutto lo spazio e le cure di cui avevano bisogno.
A Blaine sembrava ancora assurdo che la loro egocentrica e folle amica si fosse offerta per essere la loro surrogata. Certo, il fatto che la sua storia fosse praticamente identica a quella della loro bambina, aveva giocato una grande parte nella sua decisione, ma sia lui che suo marito sapevano che c’era ancora molto altro dietro. Rachel, infatti, si era proposta quando loro avevano già trovato una ragazza. Aveva detto che Kurt e Blaine le erano sempre stati accanto, avendo per lei molte attenzioni, e quindi lei ora voleva ricambiare. Aveva spiazzato praticamente tutti con quel gesto, e anche lei, come aveva confidato a Kurt, se n’era un po’ stupita, ma poi aveva capito che la sua era stata una decisione partita dal cuore. “ È come se qualcuno mi avesse spinto a fare questo passo per voi”, aveva detto, e allora gli occhi di entrambi avevano indugiato su una foto di Finn che Kurt aveva incorniciato ed esposto sulla vecchia cassettiera di sua madre.
Rachel non parlava più di Finn, da anni,  tanto che ,a volte, Kurt si dimenticava persino del fatto che lei fosse stata la ragazza di suo fratello. Poi, però, faceva gesti come quello, o sceglieva una canzone in particolare da cantare al karaoke nelle loro feste private, altre volte indossava alcuni dei suoi vestiti del liceo, o si presentava a casa di Kurt senza una ragione: semplicemente si sedeva nel salotto, senza parlare, e si guardava attorno. Allora lui sapeva che aveva cantato quella canzone perché era una delle preferite di Finn o glielo ricordava, magari perché era nella loro playlist; sapeva che si era rimessa quel vestito improponibile, e che le andava anche un po’ stretto, solo perché a Finn piaceva o  perché era stato proprio lui a regalarglielo; e, ancora, sapeva che quando lei si presentava a casa sua, senza preavviso e senza assalirlo con mille idee e progetti, era lì per guardare le mille foto di Finn con le quali lui Blaine avevano tappezzato l’intera casa.
E Kurt amava l’idea che, in qualche modo, suo fratello fosse dietro a tutto quello. Era convinto che Rachel avesse ragione quando, nell’aula canto, un mese dopo la morte di Finn, aveva detto, tra le lacrime, che lui era la sua persona, che era una parte di lei. Kurt ci credeva e pensava che Finn rappresentasse il lato buono di Rachel, quello che l’aveva spinta a rinunciare ad alcune importanti offerte di  lavoro, proprio in un momento tanto prospero della sua carriera, solo per poter offrire ai suoi più cari amici la possibilità di diventare padri.
 
-“Sarebbe davvero fiero di voi due”
 
Kurt sorrise a suo marito, grato del fatto che, in tutti quegli anni avesse imparato a leggere i suoi pensieri più profondi, senza bisogno di parlarne.
 
-“Lo so. Era così ansioso di diventare zio”
 
Una singola lacrima rigò il suo volto, per essere poi prontamente asciugata da Blaine.
 
-“È  per questo che hai preparato il suo vecchio orsacchiotto nella culla di nostra figlia?”
 
E allora Kurt rise. Rise di cuore perché la vita, nonostante tutto era meravigliosa, e perché Finn meritava di essere ricordato con gioia, così come aveva vissuto. E rideva perché il vecchio peluche di suo fratello poteva davvero sembrare un pugno nell’occhio in mezzo a tutto quel rosa della culletta, e anche un po’ fuori posto tra tutti i pupazzi nuovi, eppure loro non avevano esitato a cedergli il posto d’onore. Kurt, che aveva personalmente disegnato la culla e  aveva scelto le lenzuola e le copertine, aveva addirittura sostenuto che l’orso si addiceva al legno chiaro utilizzato per la struttura della culletta, e allora nessuno aveva osato contraddirlo. “Uncle Finn”, così l’avevano ribattezzato, sarebbe stato l’amico dei sogni della loro bambina.
Blaine ascoltava la risata di Kurt estasiato. Anni prima, quando lo aveva sentito ridere per la prima volta, si era ripromesso che avrebbe fatto di tutto per poter far rivivere quel suono ancora, e ancora…per tutta l’eternità. Ogni volta che ci riusciva, e quelle note cristalline e melodiose riempivano l’aria, non poteva impedirsi di innamorarsi ancora un po’ di più del suo uomo. Nemmeno quella volta fu da meno, anzi, mentre accettava un dolce bacio di suo marito, si ritrovò a pensare che la paternità avesse reso il loro amore ancora più forte. Invincibile.
Fu Kurt il primo a staccarsi, quando percepì dei passi lungo il corridoio. Sorrise incoraggiante mentre aiutava Blaine a mettersi in piedi, affiancandolo e stringendogli un braccio intorno alla vita.
 
-“Credo che abbiano finito tutti i controlli. Dovrebbero farci vedere la nostra principessa, adesso”
 
Proprio come previsto, sentirono un leggero bussare e subito dopo la porta si aprì rivelando un’infermiera che spingeva una piccola culla. Blaine si strinse maggiormente a Kurt, man mano la donna si avvicinava a loro.
 
-“La bambina gode di ottima salute. Pesa circa tre chili e quattrocento ed è lunga cinquantaquattro centimetri…”
 
La donna stava dando loro tutte le informazioni, mentre con un caldo sorriso prendeva la piccola dalla culla.
 
-“Chi di voi due vuole tenerla?”
 
Kurt guardò Blaine sorridendogli:
 
-“ Sei pronto?”
 
Blaine annuì emozionato.
 
L’infermiera spiegò loro come tenerla senza farle del male:
 
-“Mi raccomando, fate attenzione alla testa…così…”, disse adagiando gentilmente la bimba tra le braccia di Blaine.
 
La donna lasciò alla famiglia un po’ di privacy, uscendo dalla stanza.
 
Blaine non si accorse nemmeno di aver iniziato a piangere, fino a quando il suo Kurt, che non si era staccato da lui, gli baciò via una lacrima.
 
-“ Siamo padri, Blaine!”- lo sentiva sussurrare- “Lei è tutto ciò che di più prezioso abbiamo”
 
Voltò leggermente il capo, i modo da poter catturare le labbra di suo marito in un bacio:
 
-“Vi amo”, disse sulle sua bocca.
 
-“Anche noi”, rispose Kurt prima di chinarsi e posare un delicatissimo bacio sulla fronte della loro bambina, profondamente addormentata.
 
***
 
Era passata poco più di un’ora, quando sentirono qualcuno camminare, o meglio “marciare” lungo il corridoio. Kurt aveva il presentimento di sapere di chi si trattasse, e quando sentì il vociare di suo padre provenire dalla stanza accanto, ne ebbe la conferma.
Si precipitò nella camera di Rachel per evitare che la svegliasse, ma a giudicare dalla vista della sua amica che sorrideva, stravolta, ma contenta ad un Burt Hummel che straparlava sotto gli occhi divertiti di Carole, era arrivato troppo tardi.
 
-“Dov’è la mia nipotina? Hey tu, ricciolino, dimmi che fine hanno fatto i miei ragazzi?”, stava chiedendo ad un Jesse che era, forse per la prima volta in tutta la sua vita, completamente disorientato. Kurt decise di intervenire, prima che suo padre mettesse a soqquadro tutto l’ospedale.
 
-“Papà, calmati!”
 
L’uomo si voltò al suono della sua voce e, dopo qualche istante di incertezza, gli si gettò addosso, abbracciandolo stretto. Poi gli prese il volto tra le mani, baciandogli le guance e fermandosi a guardarlo negli occhi.
 
-“Oh Kurt! Come sta tua figlia? E dov’è? E Blaine?”
 
Kurt si staccò da lui sorridendogli.
 
-“La tua nipotina sta dormendo nella camera qui accanto e ,se mi prometti di stare calmo, te la presento. Non vede l’ora di conoscere la sua famiglia al completo!”
 
In quel momento, Blaine comparve sulla porta spingendo la culletta. Quando tutti si accorsero di lui, si ammutolirono. Carole strinse la mano di Burt, mentre Kurt affiancava Blaine, cingendogli una spalla. I due ragazzi avrebbero voluto fare una specie di annuncio della serie “Siamo lieti di presentarvi nostra figlia”, ma Burt non era della stessa idea. L’uomo, infatti, si era istintivamente mosso in avanti, trascinando sua moglie con sé.
 
-“Posso vederla?”, aveva chiesto allora con la voce rotta.
 
Blaine  prese la piccola dalla sua culletta, stando attento a non svegliarla, e gli si avvicinò.
 
-“Ecco la tua nipotina”, disse gentilmente, posandogliela tra le braccia. Kurt, a quel punto, prese per mano suo marito, poi guardò suo padre rapito da quella piccola creaturina e sussurrò entusiasta:
 
-“Congratulazioni, Nonno!”
 
Inutile dire che Burt pianse come un bambino, tirando su di tanto in tanto il naso, in modo poco elegante, ma molto da lui. Carole, al suo fianco, continuava a complimentarsi con i due ragazzi, con il suo tono dolce e materno. Kurt guardava commosso suo padre totalmente innamorato della sua bambina, ed il suo pensiero non poté non andare a sua madre. Nemmeno suo padre, d’altro canto, poté farne a meno:
 
-“Mi ricorda tanto la mia Liz”, lo sentì, infatti, mormorare. E questo lo riempiva di orgoglio.
 
Anche Rachel, con l’aiuto di Jesse, stava ammirando la piccola Hummel-Anderson, sinceramente contenta per i suoi amici.
 
Erano tutti talmente concentrati su quella dolcissima scena familiare, che non sentirono la porta della stanza aprirsi nuovamente, rivelando un esagitato Cooper Anderson, seguito da Pam, anche lei piuttosto elettrizzata. E se tutti i versetti che Burt aveva fatto per “comunicare” con la sua nipotina non l’avevano minimamente svegliata, l’irrompere di Cooper, con il suo fare da grande divo di Hollywood, ridestarono la piccola dal suo sonno.
 
-“Non posso crederci Schizzo: tua figlia ha già imparato a puntare il dito per rendere i suoi vagiti più intensi!”, urlò guardando divertito la bambina stiracchiarsi, per quanto fosse possibile ad una neonata, tra le braccia del nonno. Poi coinvolse sia Kurt che Blaine in un grande abbraccio di gruppo, quasi soffocandoli.
 
Dietro di lui, Carole stava aiutando Pam a sistemare una serie di pacchetti colorati e un grande palloncino rosa a forma di biberon, per poterle consentire di prendere in braccio la sua nipotina.
 
-“Oh Blainey! È meravigliosa: è identica a Kurt!”, esclamò entusiasta Pam, osservando la bambina fare delle smorfie impercettibili.
 
Blaine e Kurt si strinsero, guardando la loro famiglia riunita per conoscere la loro primogenita. Kurt fece fatica a trattenere le risate nel vedere Cooper fare delle strane espressioni, per un motivo a lui ignoto.
 
-“Qualcosa non va Coop?”
 
Suo cognato lo guardò esterrefatto:
 
-“Ma come si chiama?”
 
I due ragazzi scoppiarono a ridere, sotto lo sguardo curioso di tutti i presenti. Sopraffatti da tutte le emozioni avevano praticamente dimenticato di rivelare il nome della bambina. Non che ci fosse molto da rivelare, in realtà, visto che avevano scelto i nomi dei loro  figli già al liceo. Anzi, avevano persino stilato una lista con tutti i possibili nomi d’arte dei loro nascituri!
Kurt prese tra le sue braccia la piccola e si posizionò accanto a Blaine.
 
-“ Abbiamo l’immenso piacere di presentarvi Hepburn-“
 
-“No”, lo interruppe Blaine. Kurt si voltò stupito verso suo marito, che sorrideva emozionato, mentre continuava, guardandolo negli occhi:
 
-“In realtà è : Elizabeth Hepburn Hummel-Anderson”
 
Kurt lo guardò mentre sentiva di nuovo gli occhi riempirsi di lacrime. Una volta Blaine gli aveva detto che faceva sempre zig mentre lui si aspettava facesse zag, ora era più che certo che tra i due quello più imprevedibile fosse proprio lui. E Kurt lo amava da impazzire. Lo amava perché sapeva sempre come sorprenderlo, come renderlo felice. Lo amava perché nessun altro sapeva capirlo come lui.
Sentì suo padre, da qualche parte nella stanza, tirare su con il naso, e percepiva vagamente Carole che lo consolava. Guardò sua figlia, poi di nuovo suo marito:
 
-“Elizabeth Hepburn Hummel-Anderson
 
 
***
 
Hepburn era nata da una settimana. Kurt e Blaine erano ritornati nella loro grande  casa in periferia due giorni dopo il parto. New York sembrava essersi popolata di cittadini dell’Ohio Occidentale: a turno, tutti i loro amici erano venuti a conoscere la bimba meglio vestita e più talentuosa di tutta l’America. Persino Sue si era presentata a casa loro per vedere “la piccola Klaine”.
Mercedes diceva che loro  due erano nati per fare i genitori. Passate le prime paure iniziali, infatti, si erano destreggiati benissimo tra biberon e pannolini. Ogni notte facevano a turno per darle il latte e cullarla nel sonno, ed erano riusciti a superare la prima settimana senza uscire di testa.
Quel giorno, però, avrebbero fatto alla loro principessa il suo primo vero bagnetto e questo li terrorizzava. Si erano organizzati con ben tre termometri per essere certi di regolare bene la temperatura dell’acqua, avevano già l’accappatoio pronta, appesa vicino al fasciatoio, e Kurt aveva scelto con particolare cura il detergente da usare, optando per l’avena. Entrambi volevano avere un ricordo di quel momento, così avevano piazzato una telecamera su un cavalletto, in modo da poter registrare tutta la scena.
 
-“Al tre. Uno”
 
-“Due”
 
-“Tre”, dissero insieme, mentre Kurt calava lentamente la bambina nell’acqua. Blaine la bagnava, mentre lui si assicurava di tenerla senza farle del male.
 
-“ Adesso i capelli Blaine. Fai attenzione agli occhi”
 
Blaine seguiva le istruzioni alla lettera, mentre Kurt, tra un consiglio e l’altro, canticchiava sottovoce; aveva letto da qualche parte, che aiutava i bambini a rilassarsi e, a giudicare dai vagiti di apprezzamento che Elizabeth si lasciva scappare, funzionava eccome.
 
Dieci minuti dopo Elizabeth era avvolta nel suo accappatoio per neonati bianco, con degli orsacchiotti ricamati con del filo rosa, tra le braccia dei suoi papà, mentre Blaine faceva partire l’autoscatto: quel momento sarebbe finito dritto nel loro album!
 
***
 
-“Amore, sono così felice di averti solo per me per tutta la settimana…” Kurt stava praticamente facendo le fuse, mentre suo marito, sdraiato tra le sue gambe sul divano e comodamente appoggiato al suo petto, gli massaggiava le cosce.
 
-“Anche io, non immagini quanto”
 
Erano stati dei mesi davvero pieni e concitati per entrambi: Blaine dopo aver vinto ben due Grammy, uno come solista, l’altro per una canzone che aveva scritto per Mercedes, stava lavorando al suo nuovo album; Kurt, d’altro canto, stava scrivendo la scenografia per il loro prossimo spettacolo, del quale Blaine avrebbe curato la colonna sonora, ed aveva appena terminato a Broadway, dove era stato per sei settimane il protagonista del nuovo musical di Peter Pan. Si erano sempre organizzati in modo che la bambina passasse più tempo con i  suoi genitori, o con gli  zii e i nonni, quando fosse possibile. Ancora non avevano voluto affidarla alle cure di una baby-sitter o di un asilo nido.
Avevano così deciso di prendersi qualche giorno di meritato riposo, con la loro bambina che ormai aveva più di un anno.
 
-“Ellie, tesoro, cosa stai facendo?”
 
Kurt rise mentre vedeva le guance paffute di sua figlia diventare rosse mentre si sforzava di gattonare per raggiungere “Uncle Finn”.
A volte temeva che la bambina sarebbe cresciuta con un complesso della personalità: dopo più di un anno infatti, non erano riusciti a trovarle un soprannome unico. Kurt amava troppo il suo nome intero e gli piaceva ogni tanto chiamarla Hepburn, o Elizabeth Hepburn, ma ormai si era abituato a chiamarla come Blaine “Ellie”. Per Nonna Pam era “Lily”, per Nonno Burt “Liz”, con la variante di “Lizzie” usata spesso da Nonna Carole…senza contare tutti quegli appellativi come “carotina”, “bambolina”, “scricciolo” (ovviamente opera di Cooper!), e chi più ne ha più ne metta. Una cosa era però certa: Ellie restava la principessa di casa Hummel-Anderson.
 
Blaine, intenerito dalla scena, stava quasi per andare ad aiutarla, quando, vide sua figlia alzarsi in piedi e tenersi appoggiata al muro, con i ricci castani tutti scompigliati. Istintivamente estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni il suo cellulare e cominciò a riprendere; Kurt dietro di lui stava trattenendo il fiato. Lentamente, ma con estrema convinzione nei suoi occhioni blu, Elizabeth Hepburn si staccò dal muro e mosse i suoi primi passi. Uno, due, tre…ed ecco  il suo amato Uncle Finn: la piccola si mise a sedere “atterrando” sul tappeto e quasi rimbalzando sul suo stesso pannolino!
Kurt baciò Blaine, prima di buttarsi sul tappeto insieme alla loro bambina e riempirla di baci e complimenti che lei non avrebbe comunque capito. Blaine si soffermò qualche secondo a memorizzare quell’immagine, aiutandosi con uno scatto, poi si unì alla sua famiglia.
 
***
 
“Blaine ed io siamo lieti di presentarvi “Tracy Burton Hummel-Anderson”
 
Kurt sorrise alla vista di suo padre emozionato e si strinse maggiormente a suo marito che teneva tra le braccia il loro secondogenito. Aggrappata al suo collo, Elizabeth Hepburn, che aveva quasi due anni, osservava incantata il suo fratellino.
Occhi verdi e un montagna di capelli, Blaine lo guardò, e  vide  ancora un altro volto dell’amore.
 
***
 
Kurt e Blaine sono accoccolati nel loro letto, stavano sfogliando il loro album dei ricordi, ricordando qualche aneddoto divertente, o emozionandosi di tanto in tanto. Arrivarono all’ultima pagina e Kurt mormorò qualcosa sul comprare un altro raccoglitore, mentre Blaine incollava l’ultima foto scattata.
Suo marito si appoggiò alla sua spalla e  guardando lo scatto sussurrò:
 
-“Beh, mica male per un sognatore ad occhi aperti ed una reginetta del ballo!”
 
Blaine sorrise con lo sguardo su quell’immagine: lui e Kurt che sorridevano, guardandosi negli occhi mentre si coccolavano sul divano di casa e i loro figli, seduti sul tappeto  con lo sguardo pieno di amore e di ammirazione rivolto ai loro papà.
E Blaine ne era certo: quando i suoi figli gli avrebbero chiesto“Cos’è l’amore?”, lui avrebbe mostrato loro quella fotografia.
 
Posò l’album sul suo comodino, poi si voltò verso suo marito . Lasciò che Kurt lo amasse, e lo amò sua volta. Ancora e ancora…per tutta l’eternità.
 
 
 
NOTE: Non so cosa ne sia uscito, ma avevo voglia di mettere nero su bianco quello che avrei voluto vedere nelle ultime puntate di Glee, quindi ecco il mio finale!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
  
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