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Autore: Mouffie    21/04/2015    1 recensioni
notte fonda, luci spente, fusa di gatto.
niente riposo, niente svago, mente confusa.
stanza buia, monitor acceso, documento di testo.
carta e penna, schermo e tastiera, il nulla assoluto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Ricordo una bambina, di soli 4 anni, che restava da sola nella sua casetta di città, sempre affacciata alla finestra.

Non si sentiva sola, non sapeva nemmeno cosa fosse la solitudine.

Guardava sempre da quella finestra, spostando leggermente la tenda per vedere attraverso il vetro un pò sporco e appannato le macchine che si susseguivano al semaforo dell'incrocio.

Le guardava fermarsi, guardava chi c'era dentro, guardava i colori e i fumi uscire dai tubi di scarico, guardava chi altro arrivava da dietro l'angolo, chi dall'altra parte della strada, guardava chi doveva girare nella sua via o andare altrove.

Non si chiedeva affatto quale fosse la loro meta, non le interessava. Anzi forse è sbagliato anche dire che non le interessava, semplicemente lei guardava.

Quando pioveva o c'era il sole, con la nebbia o la neve, lei sempre si affacciava a guardare. E quando non c'erano macchine da guardare allora volgeva lo sguardo al cielo.

Guardava le nuvole, il colore che avevano, le forme che prendevano, se si muovevano velocemente o lentamente, cercava il sole di giorno e la luna di notte, contava le stelle e non ci riusciva mai. Anzi forse è sbagliato dire che le contava, semplicemente lei guardava.

E quando veniva la bella stagione, invece di guardare da quella finestra, guardava dal balcone della sua casetta di città. La vista era sicuramente più ampia che dalla finestra della stanza. Poteva vedere molto più lontano le macchine che arrivavano, l'albero suo preferito proprio davanti alla casetta, sul marciapiede, alto come il condominio di 3 piani.

E anche se lei stava al terzo piano, per vederne la punta doveva alzare leggermente lo sguardo.

Il grande albero papà.

Il viale aveva ad una certa distanza l'uno dall'altro, sul marciapiede, un rettangolo di terra dove crescevano tanti alberi, ma nessuno era grande come l'albero papà. Il capo. Aveva pensato al resto della sua famiglia per gli altri alberi. L'albero fratellone, l'albero sorellona e l'albero sorellina. Non c'era un albero che potesse essere l'albero mamma e lei non sapeva perchè, anzi neanche se lo chiedeva, aveva 4 anni, i pensieri erano semplici e senza strani significati nascosti.

Passava le giornate sola, a guardare le macchine che andavano e venivano, a guardare gli alberi, soprattutto l'albero papà che ospitava tanti uccellini che cantavano. Era bello vederli fiorire. Era bello anche l'autunno quando le foglie cadevano e prendevano quel bel colore che non sapeva cosa fosse, ma le piaceva tanto.

Ogni tanto qualcuno la chiamava dall'interno, andava a mangiare o fare ciò che doveva fare e poi tornava là. Alla finestra. Al balcone. Si godeva il panorama.

Dall'altra parte della strada c'era una bella villa con un grande cane. Bello.

Oltre la villa si vedeva qualcosa di vecchio e strano. Bello.

A sinistra c'era un negozio di dolciumi. Bello!

All'angolo opposto della strada c'era un bar dove entrava ed usciva tanta gente. Bello.

A destra c'era un condominio a 3 piani come il suo, però spostato più all'interno per lasciare spazio ad un grande giardino con pini e strani alberi che fiorivano tantissimo in primavera e diventavano tutti colorati. Bellissimo.

Il cielo azzurro e limpido, dove volavano stormi di rondini. Bellissimo.

Un cielo scuro con lampi e forte vento. Emozionante!

Neve a terra. Wow. Voleva giocarci ma non poteva uscire di casa da sola. E allora la guardava. Bella.

Volano strani batuffoli bianchi dappertutto! Che bello! Cosa sono? Belli!

E le sue giornate, le sue stagioni, passavano così, guardando da una finestra o dal balcone tutto ciò che il suo occhio poteva vedere.

E viaggiava. Viaggiava con la fantasia. Dove la portasse solo lei può saperlo, ma non era triste nè sola. Lei guardava, osservava, era tranquilla.

E un giorno vide dal suo balcone un cane enorme entrare nel suo cortile, lei non lo sapeva, ma era un S.Bernardo. WOW CAGNONE! Le piacevano gli animali, gatti, cani, non sapeva che altro perchè non li conosceva ma qualsiasi cosa avesse un bel musino allora era bellissimo!

E si affacciò dal cornicione del balcone che era basso, salendo su un pezzo di inferriata dove riusciva benissimo a poggiare i piedi e si sporse per vedere bene il cagnone.

E si sporse.

E cadde.

E il cane era sempre più vicino.

E il pavimento del piccolo cortiletto era sempre più vicino.

E poi il nero.

Sudore.

Ansimi.

-Di nuovo quel sogno...-
   
 
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