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Autore: Ayumi Yoshida    21/04/2015    5 recensioni
Non era vero. Non li aveva abbandonati come Sasuke aveva fatto anni prima con lui, scappando dal villaggio di notte, quando nessuno avrebbe potuto fermarlo; (…)
Ogni giorno della sua vita aveva sentito la mancanza dei suoi genitori. Altrettante volte si era ripromesso, mentre fissava il soffitto la notte, incapace di dormire dopo aver fatto l’amore con Hinata, che quando la sua pancia sarebbe cresciuta tanto da dare vita al loro bambino, avrebbe fatto di tutto per non fargli sentire mai le mancanze per cui lui aveva sofferto.

Prima classificata al NaruHina Contest - VI Edizione: "Traccia madreperlacea di lumaca..." indetto da Mokochan e Yume_no_Namida e vincitrice dei premi "Naruto" e "Prompt"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Liberazione



A volte avrebbe voluto prendere quella testaccia a pugni così forte fino a spaccargliela.

Naruto si morse un labbro, infuriato, e lasciò cadere la penna sulla scrivania, cominciando a muoverla con la punta delle dita mentre ripensava per l’ennesima volta alla scena di quella mattina.

Aveva visto il volto di Hinata impallidire e indurirsi fino all’inverosimile, e ancora stentava a crederci, dato che non era mai successo prima. Quella mattina Boruto aveva proprio esagerato.

Afferrò la penna con ferocia, spingendola sul documento che stava cercando da una buona ora di leggere tanto che la sua punta fuoriuscì dall’altro lato del foglio. Doveva fare la stessa cosa con la testa di Boruto, ficcargli quella realtà così violentemente nella testa che non avrebbe potuto più venirne fuori. Ormai era Hokage, e non poteva essere cambiato. Non poteva perché avrebbe causato nuova instabilità politica, nuove incertezze dopo una guerra che tutti volevano dimenticare, ma, soprattutto, perché finalmente aveva realizzato il suo sogno. Non avrebbe potuto buttarlo via in quel modo soltanto perché il suo primogenito non riusciva a capire che ormai suo padre era un po’ il padre di tutti, a Konoha.

Alcuni giorni prima ne avevano parlato con Hinata, ma la situazione non gli era sembrata così grave come lei gliel’aveva dipinta. Invece, quella mattina, aveva dovuto ricredersi: aveva ancora ben stampata in mente la faccia sconvolta di Boruto, i suoi occhi ardenti di lacrime, la sua voce che urlava a pieni polmoni due frasi che non avrebbe mai voluto sentire.

Tu non ci vuoi più bene! Ci hai abbandonati!”

Non era vero. Non li aveva abbandonati come Sasuke aveva fatto anni prima con lui, scappando dal villaggio di notte, quando nessuno avrebbe potuto fermarlo; non aveva smesso neppure per un attimo di bearsi di quella immensa felicità che gli procurava soltanto guardare la sua famiglia, poter sentire il calore di Hinata nel suo stesso letto durante la notte, poter giocare con i suoi figli, abbracciarli, stringerli con forza per provare che tutta quella vita fosse reale.

Cercava di stare sempre accanto a loro, anche se da quando era diventato Hokage era sempre più difficile, perché le scartoffie sulla sua scrivania si moltiplicavano ad una velocità impressionante nonostante non succedesse nulla di significativo. Cercava sempre di dare il meglio di sé, come Hokage e come padre, anche se forse non era abbastanza. Non sapeva se tutti i suoi predecessori ci fossero riusciti, se suo padre ci fosse riuscito, perché non era vissuto abbastanza per poterglielo chiedere; anzi, forse egli non era vissuto neppure abbastanza per poter fare proprio il padre.

Ogni giorno della sua vita aveva sentito la mancanza dei suoi genitori. Altrettante volte si era ripromesso, mentre fissava il soffitto la notte, incapace di dormire dopo aver fatto l’amore con Hinata, che quando la sua pancia sarebbe cresciuta tanto da dare vita al loro bambino, avrebbe fatto di tutto per non fargli sentire mai le mancanze per cui lui aveva sofferto.

E, a quei pensieri, il senso di colpa ritornò a farsi vivo nel suo corpo, strisciandogli nello stomaco. Lasciò la penna sul foglio e si portò le mani al viso, stravolto: non sapeva proprio come fare a risolvere quella questione. Con un sospiro, si voltò verso la finestra dello studio, completamente spalancata all’esterno: era uno splendido pomeriggio di sole autunnale, la temperatura sarebbe stata perfetta per un padre modello per giocare all’aria aperta con suo figlio.

Ormai completamente incapace di leggere una riga in più, si alzò dalla scrivania e trascinò la sedia sotto il davanzale della finestra, facendo aderire lo schienale al muro. Vi si lasciò cadere, esausto, e abbandonò la testa all’indietro, sul bordo della finestra, chiudendo gli occhi.

“Sarebbe stato meglio continuare ad essere arrabbiato e immaginare di spaccargli la faccia.” mormorò a se stesso, cercando di farsi forza, ma la sua mente non voleva saperne di cambiare rotta da quei pensieri, nonostante il vento gli carezzasse piano la testa. All’improvviso sentì un lieve fruscio sulla fronte e la sensazione che qualcosa si fosse attaccato sui suoi capelli gli fece alzare le mani, pesantissime, per vedere di cosa si trattasse.

Si sventolò la foglia secca che gli era volata sulla fronte una o due volte davanti agli occhi, consapevole che avrebbe dovuto alzarsi in piedi per rigettarla fuori dalla finestra, altrimenti, con tutte le cose che erano accadute quel giorno, di certo la sfortuna non lo avrebbe abbandonato e la foglia sarebbe ricaduta sul pavimento dell’ufficio, costringendolo a muoversi due volte. Si alzò puntellando con forza le mani sui braccioli imbottiti della sedia, sbuffando, e si voltò verso la finestra.

La strada era ingombra di foglie secche e silenziosa, così le panchine nella strada sottostante la sua finestra, infatti soltanto una era occupata. Naruto strizzò gli occhi per assicurarsi che quello che aveva visto non fosse frutto della sua immaginazione, trattenendo il fiato, ma non lo era. Quello seduto sulla panchina priva di foglie, spalle e viso basso, gomiti sulle ginocchia, era proprio Boruto, e accanto a lui c’era Hinata, molto più tranquilla rispetto a quella mattina. Però non si guardavano affatto, segno che nulla era cambiato.

Le sue colpe continuavano a perseguitarlo senza pietà anche quando era già al limite. Arrabbiato, fece per chiudere la finestra, ma uno scambio concitato di opinioni di cui, però, non riuscì a sentire una parola lo trattenne. Di certo parlavano di lui. Boruto alzò la voce più volte mentre, immaginò, Hinata cercava di convincerlo a fare ciò che voleva con le buone e un sorriso dolcissimo; poi il bambino si guardò intorno più volte, di soppiatto, e annuì senza entusiasmo, stendendosi sulla panchina e posando la testa sulle ginocchia di sua madre, che prese ad accarezzargliela lentamente, con un movimento che ipnotizzò padre e figlio.

Spesso lei aveva fatto così anche con lui.

Boruto sembrava essersi tranquillizzato abbastanza, aveva persino chiuso gli occhi mentre Hinata continuava a passargli una mano nei capelli. A lei bastava così poco per placare e aiutare i loro figli. Più ammirato che invidioso, Naruto tese le orecchie per cercare di captare le loro parole: sentiva la voce di Hinata, sottile e cadenzata, e immaginò stesse rassicurando Boruto del fatto che il suo papà lo amava con tutto se stesso, che non lo avrebbe mai abbandonato, che era semplicemente occupato. Il bambino, però, scosse la testa all’improvviso e scattò di nuovo seduto, gesticolando con forza e infervorandosi tanto che persino lui riuscì a sentire le sue parole.

Non è vero!” esclamò saltando in piedi, guardando Hinata come sul punto di iniziare una battaglia, i pugni stretti fino a diventare bianchi per lo sforzo. “Tutti ci dicono che dobbiamo aspettare, che papà ci vuole bene, ma io non ci credo! Da quando è diventato Hokage non c’è mai, non gli interessa più di noi! Io odio quegli stupidi Hokage!”

L’espressione sul viso di Hinata si incrinò in silenzio, mentre Naruto stringeva forte il davanzale della finestra, cercando di costringersi a non intervenire, altrimenti, ne era certo, avrebbe rovinato tutto come al solito. Tuttavia, ella trovò la forza di parlare come se nulla fosse successo mormorando qualcosa che non riuscì a sentire, perché ormai aveva la mente ingombra di altri pensieri.

Sapeva che Hinata era forte, ma si stupiva ogni giorno di più di quanto lo fosse effettivamente e di quanto la sua forza crescesse secondo dopo secondo. Boruto aveva smesso di urlare, chiaramente a disagio, e le sue braccia erano scivolate lungo il corpo, senza difese. Lei sorrise dolcemente, poi si alzò dalla panchina e si chinò verso di lui, posandogli un bacio sull’angolo delle labbra che lo fece sobbalzare e arrossire furiosamente.

Mentre Boruto si guardava intorno imbarazzato, sperando con tutto se stesso che nessuno avesse assistito alla scena, il cuore di Naruto perse un battito, sbigottito, certo di aver osservato un gesto troppo segreto per poter essere persino sfiorato con il pensiero. Hinata lo aveva baciato allo stesso modo, tempo prima, quando, qualche secondo prima di essere presentato al villaggio come il settimo Hokage di Konoha, il nervosismo gli aveva afferrato le gambe e sotterrato l’umore, rendendolo certo che non sarebbe stato mai adatto a quel ruolo. La kunoichi gli si era avvicinata in silenzio, mentre erano da soli in quello stesso ufficio, e, per confortarlo, gli aveva dato un bacio vicinissimo alle labbra, che lui aveva trasformato in qualcosa di più, desideroso di sentire maggiormente la sua vicinanza. Gli aveva infuso coraggio, salvandolo da quella debolezza inaspettata, e lo stesso stava cercando di fare con loro figlio, ormai stranamente immobile al suo posto da molto tempo.

Naruto sperò che Boruto potesse capire il significato di quel bacio, anche se di certo Hinata non avrebbe mai raccontato ciò che era accaduto tra di loro, che quel gesto riuscisse a convogliare tutto l’amore che i suoi genitori provavano per lui nel suo cuore di bambino troppo piccolo per poter persino pensare che suo padre non gli volesse bene. Ed egli sollevò una volta un piede, poi l’altro, avvicinandosi ad Hinata sbandando e guardandola in cerca di aiuto. Lei gli sorrise ancora, invitandolo a sedersi di nuovo accanto a lei battendo una mano sulla panchina.

“Non sei l’unico che soffre per l’assenza di tuo padre. Anche la mamma sta male, tua sorella sta male, ma, soprattutto, il primo a stare male perché non può trascorrere più tempo con noi è lui.”

Lu-lui?”

“Sì. Il tuo papà ci ama, e non sopporta di doverci stare lontano. Per questo si arrabbia sempre quando qualcuno di noi gli dice che non ci vuole bene e ci ha abbandonati.”

“Non qualcuno. Sono stato io a dirlo.”

“Non preoccuparti, non è tardi. Per chiedere scusa e fare pace c’è tutto il tempo del mondo.”

Hinata guardò il bambino diritto negli occhi, mentre gli parlava. Naruto vide suo figlio sorprendersi di quelle parole che lui non riuscì a sentire, perché ella parlava a voce talmente bassa che anche il vento la sovrastava, poi Boruto prima si intristì, dopo spalancò leggermente le labbra, incapace di trattenersi. Allora il sorriso di Hinata divenne più compunto e lei annuì con la testa.

Era vero, amavano i loro figli immensamente, così tanto da non riuscire a parlarne, Boruto doveva crederlo senza averne alcun dubbio. Fu in quel momento che, finalmente, Naruto sentì che poteva raggiungerli. Al diavolo le carte da firmare e il lavoro che si accumulava da settimane sulla scrivania, dimostrare a Boruto quanto tenesse a lui era molto più importante.

Senza neppure chiudere la finestra per non ritrovarsi l’ufficio inondato da foglie, corse a perdifiato verso la strada e superò la porta d’ingresso del palazzo. Arrivò alla panchina quasi senza riuscire più a respirare, facendo sobbalzare sia Boruto che Hinata. Ma sorrise loro largamente, cercando di dimostrare che andava tutto bene.

“Oggi è davvero una bella giornata, eh?” esclamò all’indirizzo di entrambi, senza, però, staccare gli occhi da Boruto. “È un peccato restarsene dentro!”

Hinata annuì, radiosa per il fatto che lui si fosse materializzato lì tra loro all’improvviso, proprio quando Boruto aveva più bisogno di lui. Naruto era così, c’era sempre quando doveva salvare.

“Hai ragione, per questo siamo usciti a fare un giro con Boruto!”

Fissarono entrambi il bambino, che annuì in silenzio, stranamente timido e cercando di non guardarli a lungo.

“Avete fatto bene!”

Naruto posò una mano sulla spalla di Hinata e le sorrise largamente, avvicinandolesi tanto da poterle parlare senza che loro figlio lo sentisse.

“Guarda che ho visto tutto.” le sussurrò all’orecchio senza riuscire a trattenere lo stupore e l’adorazione “Le tue parole, quel bacio… Sai sempre come aiutare gli altri!”

“Non dirlo a Boruto!” lo pregò immediatamente la kunoichi portandosi una mano davanti alla bocca “Era l’unico modo per calmarlo… Non dirgli di averci visti, morirebbe per l’imbarazzo!”

Lui trattenne a stento una risata, ormai rinfrancato.

“Non glielo dirò, non preoccuparti. Ma voglio lo stesso ringraziarti, perché qualcuno deve farlo, e dato che lui non saprà mai quel che hai fatto per lui…”

Lanciato uno sguardo veloce verso il bambino, che sembrava distratto da qualcosa lontano, Naruto abbassò il volto su quello di Hinata e le diede un bacio sull’angolo delle labbra, lo stesso che lei aveva dato a lui tempo prima.

La kunoichi gli sorrise e si allontanò subito, timorosa che loro figlio potesse averli visti, ma Naruto scacciò quella preoccupazione carezzandole piano la spalla e andando verso di lui. Boruto, però, aveva visto ogni cosa, soltanto fingendo di non fare caso a loro. Immobile, si portò una mano al petto, sentendo il cuore battere forte, sbigottito e spaventato da quella sensazione, ma ormai consapevole del significato di quel bacio.

Soltanto lo sfaldarsi di una foglia secca sotto la suola della scarpa lo riportò alla realtà, e si accorse che suo padre e sua madre erano accanto a lui e lo stavano guardando, in attesa.

“Ti va di giocare?” gli chiese Naruto un po’ timoroso, senza smettere di stringere, dietro la schiena, la mano di Hinata. Boruto non poteva vederle, ma immaginava cosa stesse accadendo dietro le figure dei suoi genitori.

Tutto ciò che sua madre aveva detto era vero: suo padre li amava con tutto se stesso. Era terribilmente sorprendente quanto potesse sconvolgerlo tutto quello che stava accadendo quel giorno: suo padre aveva lasciato persino il lavoro per andare da lui. Ma se poi nulla fosse cambiato…

Per un momento brevissimo, Boruto lanciò uno sguardo alla finestra spalancata dello studio di suo padre, la sua prigione, poi, la liberazione: voleva fidarsi ancora di lui. Afferrò la mano libera di suo padre con un sorriso e li trascinò lontano, là dove le foglie secche non avrebbero potuto disturbarli, leggendo negli occhi dell’uomo la stessa sorpresa che prima era stata la sua.




Note:

Finalmente è finita! Che parto! O____O

L’idea per questa fic mi ha fulminata, ma l’avrò rivista almeno tre volte perché ogni volta che la stendevo non mi piaceva. Da quando ho letto la fine del manga non riesco a pensare a Hinata e Naruto se non con figli a carico e, siccome adoro Boruto, ecco servita la storia. XD Ormai i ragazzi sono grandi e dobbiamo dar loro responsabilità. XD La questione di Boruto che faceva le marachelle per attirare l’attenzione di suo padre nell’ultimo capitolo del manga mi ha messo molta tristezza dopo tutto ciò che ha passato Naruto quando era bambino, e ho sentito proprio il bisogno di parlarne. Spero che la mia versione sia realistica, profonda al punto giusto e soddisfacente. Sì, lo so, magari è troppo da desiderare, ma spero davvero che la fic sia almeno piacevole da leggere, perché dentro c’è davvero un pezzo di me! :D

Per quanto riguarda la caratterizzazione, vorrei spendere prima due parole su Naruto, dato che la crescita di Hinata si è già abbondantemente vista nel manga: ho cercato di renderlo ancora un pochino più maturo di quanto fosse nell’opera originale, come credo si sia capito dal fatto che non scende di corsa a rompere i denti a Boruto quando lo vede litigare con Hinata dalla finestra (XD), ma che aspetta pazientemente. Dovrà pure aver sviluppato una qualche specie di qualità per essere nominato Hokage, oltre che per tutte le sue gesta di guerra! XD

Scherzi a parte, a proposito della lite di Hinata e Boruto, mi sono divertita molto ad imbastire la fic sul gioco del “sento-non sento”. Non svelerò la mia idea di quello che si siano detti all’inizio, perché ognuno potrebbe averne una differente e mi piacerebbe molto conoscerle tutte. Per esigenze di trama ho dovuto rendere “pubblico” il nodo centrale della conversazione, altrimenti, non lo nego, se si fosse capito comunque, avrei continuato sulla falsariga dell’inizio, perché a me piacciono queste cose strane. XD È stata un’esperienza strana e nuova scrivere in questo modo, ma mi è piaciuta molto. Spero non renda la fic troppo complicata da capire.

Boruto è ancora un bambino, non può capire quello che i suoi genitori gli dicono se non tramite l’esperienza, che purtroppo fino a quel momento l’ha completamente tradito… Dio, mi viene una tristezza a scrivere di queste cose, e pensare che ci sono bambini reali che hanno questi problemi! Almeno qui finisce bene! T___T

Hinata è Hinata, e non credo ci sia da dire altro. È il pilastro su cui Kishimoto ha costruito una delle ultime parti della crescita di Naruto nel manga, e ho voluto darle ancora questo “aspetto”. La vede un po’ come la parte “razionale” e posata della coppia, mentre lui “fa pazzie”, anche se adesso sono sposati. E immaginarli sposati mi rende immensamente felice! ^O^

Ringrazio, in ultimo, ma non perché siano meno importanti, Mokochan e Yume_no_Namida che, con i loro contest, riescono sempre a tirare fuori qualcosa di più o meno buono (aspettiamo i giudizi per definirlo XD) di me. Grazie per i vostri onnipresenti contest NaruHina, continuerò a parteciparvi finché avrò vita! T_____T

Come al solito, qualunque parere sarà gradito, buono o cattivo che sia, purché costruttivo. 

Alla prossima! ^^


   
 
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