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Autore: KyubiKonanOfAkatsuki    27/12/2008    2 recensioni
[Dato che io sono una tradizionalista, ecco una nuova fanfic dalla vostra Kyuubi. Lievemente ispirata ad 'Okami']Minato Namikaze ('Masamune' nella fanfic) è un samurai che combattè al fianco del dio Susano no Mikoto contro Yamata no Orochi. Hinata è un'apprendista geisha che non sa che presto diventerà amica di una divinità. Due vite differenti che presto scopriranno di essere legate. [Fanfic sullo shintoismo. Se vi piacciono le leggende giapponesi e le storie avventurose... Leggete]
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Yondaime
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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[Ecco che l’Autunno cede il passo all’Inverno. Si porta via con sé le ultime foglie color del bronzo dagli alberi. Essi vengono ricoperti con il soffice manto gelido della neve. Alzo il volto al cielo, lasciando che le sue delicate lacrime ghiacciate mi bacino il viso. Questa è l’ultima volta che posso godere di questa meravigliosa sensazione]

 

Masamune, venticinque anni.

Seduto all’ombra del tronco di un oramai spoglio ciliegio, mano alla wakizashi, riluttante.

Non avere rimorsi, samurai, fallo e basta, perché questo è il tuo destino.

Un falò ardeva dinnanzi a lui sulle braci bollenti, squagliando come burro la neve.

La Morte ha tanti, troppi, volti. Il Male soltanto uno.

Yamata no Orochi.

 

[Nella mia mente sono ancora impressi quei momenti: uno degli orribili musi del serpente mi viene incontro, gli occhi due tizzoni ardenti e le fauci spalancate, da cui usciva un turbinio di fiamme. Io lo schivo in tempo, e la gigantesca testa si schianta per terra, sulle mattonelle in pietra sporche del nostro sangue. Non ero solo…] 

 

Il più famoso forgiatore di lame dell’intero Giappone, colui cui che diede vita alla katana divina, portante il suo stesso nome, ovvero ‘Essenza Divina della Giustizia Eterna’.

Colui che parlava agli Dei.

I capelli biondi erano diventati ormai neri come la cenere, il volto era rosso per le bruciature subite durante la battaglia.

Riposta dietro la schiena la katana donatagli tanto tempo fa dalla sua fidanzata, ancora inconsapevole della sua morte, la lama chiamata ‘Artiglio di Nue’, intrisa con il potere del tuono.

 

[… Al mio fianco combatté il più grande guerriero mai esistito, Susano no Mikoto, divinità dei tuoni e delle tempeste, nonché fratello del divino Tsukuyomi e della dea Omikami Amaterasu. Ogni testa della bestia serpentiforme aveva un elmo samurai, per la precisione un hoshi kabuto, sulla fronte una rappresentazione di un elemento: la testa che affrontai rappresentava il Fuoco, il rispettivo ideogramma inciso sulla protezione. Orochi, protetto da uno scudo oscuro, mi sottovalutò, sfidandomi a colpirlo. Fu allora che la mia katana si illuminò del potere di Amaterasu, Colei che illumina i Cieli: rafforzata la presa sul manico, la spinsi nella fronte della bestia, da cui zampillò del sangue che andò a posarsi sulle mie vesti, bruciando la mia pelle…]

 

Doveva compiere seppuku.

La sorte di ogni samurai senza padrone, così come Minato.

Lui era un ronin.

Ormai aveva deciso: mai più girovagare per il mondo,

mai più scappare vilmente dai doveri del Bushido

era arrivata la fine.

 

[… Susano aveva già tagliato sette teste. Era stanco, l’enorme demone era una montagna insanguinata, che agitava i colli come un verme, cercando disperatamente di colpirci. Il Dio però non si accorse in tempo che l’ultima testa rimasta stava per trafiggerlo con le zanne avvelenate… Allora io feci da scudo. Yamata no Orochi mi colpì al braccio, iniettandomi quella letale sostanza che rapida mi contaminò le vene. Susano no Mikoto però tranciò via l’ultima testa, troppo tardi per me ormai. Poi, levò la sua spada al cielo coperto di nubi nere. Io, accasciato a terra, con le mie ultime forze mi alzai, imitandolo. Entrambe brillavano di un bagliore divino, l’etere si schiarì, rivelando la notte stellata: ad annunciare la nostra vittoria, una meravigliosa mezzaluna si materializzò argentata sopra di noi. Fu allora che persi conoscenza. Quando mi sono svegliato, ero sotto questo spoglio ciliegio…]

 

Il samurai scostò la stoffa delle sue vesti in corrispondenza del ventre.

Poi, si inginocchiò con le punte dei piedi rivolte indietro…

Si trapassò con la wakizashi.

Dato che non aveva kaishakunin, toccava lui sopportare la morte lenta e dolorosa.

Ma si alzò, ormai moribondo

E si gettò tra le fiamme del falò.

 

[... E così finisce e comincia la mia storia.]

 

 

Ok, lo so che dovrei prima finire le mie fanfic, anziché scriverne altre.

Ma siccome l’ispirazione c’era… Eccoci qui.

Se vi piacciono le leggende giapponesi, la religione shinto e, in generale, le storie avventurose, beh… Penso che questa fic vi piacerà!

Ho messo miti molto comuni e altri meno, tutti però più o meno conosciuti (almeno secondo i miei canoni).

 

Vocabolario:

 

*Masamune: leggendario forgiatore di katane del Giappone medioevale, operò tra il 1200-1300. A lui si è dovuta la  Masamune, una katana che, si raccontava, rendesse invincibili in battaglia.

 

*Nue: la chimera giapponese, con le zampe di tigre, il muso di scimmia, il corpo di tanuki (cane procione) e un serpente come coda. In genere, possono trasformarsi in una nube nera e volare. Portano sfortuna.

 

*Hoshi kabuto: elmo dell’ o-yoroi, l’armatura samurai. E’ un tipo di elmo semplice ma duro e resistente.

 

*Ronin: samurai senza padrone. I samurai solitamente sceglievano il suicidio quando il loro padrone moriva, altrimenti avrebbero vissuto nel disonore. Altrimenti diventavano ronin.

 

*Wakizashi: il ‘guardiano dell’onore’. Spada simile alla katana ma lunga 60-70 cm. Veniva portata sempre insieme alla katana, allora per indicarle entrambe si usava dire ‘Daisho’ (lett. ‘Grande’ e ‘Piccola’). Veniva usata per il seppuku.

 

*Seppuku: suicidio del samurai. Consisteva nel tagliarsi lo stomaco con la wakizashi, sopportando il dolore, bisognava restare assolutamente impassibili.

 

*kaishakunin: amico o, raramente, samurai che assisteva al seppuku. Aveva il compito di tagliare la testa del samurai per evitargli ulteriore dolore, lasciando sempre un lembo di pelle in modo che la testa non rotolasse indecorosamente per terra.

 

  
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