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Autore: Artemide12    22/04/2015    2 recensioni
[mini-long ambientata prima dell'inizio della guerra]
***
Si fida di lui, ma stenta a credere a ciò che dice. Forse considera queste promesse come le previsioni sempre troppo in grande che si fanno ai bambini per farli contenti.
«Non ti dimenticherai di me, vero Ghish?»
«No! Certo che no.»
***
Decine. Centinaia. Migliaia.
Sul pianeta ci sono alieni ovunque.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Pai Ikisatashi, Sorpresa, Taruto Ikisatashi/Tart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After and Before'
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Tart – Terra 


Uno scossone lo sveglia di soprassalto. Nonostante abbia passato quasi tutto il tempo a dormire, si sente esausto.

Si solleva svogliatamente sui gomiti.

La prima cosa che registra è il caldo.

Sapeva che la temperatura sarebbe stata di gran lunga maggiore rispetto ad Arret, ma non immaginava niente del genere.

Tenta inutilmente di riprendere fiato. Si slaccia la giacca termica e se la sfila il più in fretta possibile. Poi fa lo stesso con i pantaloni. Sotto ha ancora una tuta pesante. In un attimo si leva anche quella.

«Non esagerare.» la voce di Pai lo fa sobbalzare.

Si volta. Anche il fratello maggiore si è liberato di quasi tutti gli strati di vestiario.

Tart si guarda. Ormai gli sono rimasti addosso solo la canottiera rossa e i calzoncini. Potersi vedere la pelle bianca delle braccia e delle gambe senza morire di freddo fa impressione.

Sente ancora caldo, in realtà, ma quella dev'essere anche l'emozione. E la mancata abitudine.

Tanto improvvisamente quanto si è svegliato, si rende conto di essere arrivato. Di trovarsi sulla Terra.

Lo scossone deve essere dovuto all'atterraggio. E Ghish deve essere un pessimo pilota.

In un attimo l'eccitazione cresce e l'adrenalina gli inonda le vene. Scatta in piedi, ma prima che possa dire qualsiasi cosa, incontra lo sguardo del fratello.

Il messaggio è chiaro: silenzio.

Certo. Devono aspettare che Ghish si allontani per poter lasciare l'astronave o se ne accorgerebbe.

Per teletrasportarsi via devono aspettare di essere fuori, le pareti sono di uno speciale materiale, fatto apposta per impedirlo.

Tart si risiede e incrocia le gambe. Recupera i vestiti che è appena tolto e li infila nel proprio borsone. Ora si sente praticamente nudo. Il contatto della pelle con l'aria è strano.

Si ricorda del soffitto vetrato e solleva di scatto la testa verso l'alto.

Verde.

È tutto ciò che vede.

Un cielo uniformemente verde. Qualcosa non va.

Aggrotta le sopracciglia. «Dove siamo?» chiede «Credevo che fossimo atterrati.»

«Infatti.» risponde Pai «Siamo in uno strato dell'atmosfera terrestre.»

«Ma l'atmosfera non dovrebbe essere fatta tutta d'aria?» osserva.

Pai sospira, rassegnato a dover dare spiegazioni. «È un ripiegamento spazio-tempo dell'universo che si trova intorno al pianeta e che lo protegge. Dubito che dalla Terra si possa notare. I nostri antenati dovevano averlo trovato, però, perché ci sono i resti della base di astronavi con cui hanno abbandonato il pianeta.»

Tart si limita a fissarlo. Probabilmente lo ha anche spiegato in parole semplici, ma lui non ha capito lo stesso. Per Pai sembra non esistere il concetto di "nozione che altri non comprendono". Tra cui può facilmente rientrare un "ripiegamento spazio-tempo dell'universo intorno al pianeta".
Tart si limita a pensare che debba essere abbastanza sicuro se ci sono atterrati. Poi gli viene in mente che hai comandi c'è Ghish e non suo fratello Pai.

«Da qui possiamo teletrasportarci sulla Terra?» non resiste a chiedere, sperando che non sia una domanda stupida.

«Sì, e viceversa. Ci sono dei posti sul pianeta da cui è possibile accedere comunque a questo luogo, ma al momento non saprei individuarli.»

Tart si accontenta della prima parte della risposta e non fa nemmeno finta da aver capito bene la seconda.

Dei passi.

Pai balza in piedi, arriva ai comandi e spegne le luci. Sentono Ghish avvicinarsi e percorrere i corridoi. Almeno si è ricordato di fare un giro di controllo prima di uscire. Probabilmente sta anche cercando la colonia di parassiti che si sono portati dietro. I chimeri serviranno a rendere il pianeta pronto ad accogliere un'intera popolazione.

I due fratelli rimangono assolutamente immobili.

Dopo interminabili minuti sentono finalmente Ghish teletrasportarsi via.

Tart scatta in piedi per primo. Guarda i borsoni. «Li lasciamo qui?»

«Sì, li nascondiamo in un vano, dovrebbe essere qui.» Pai si avvicina ai comandi.

«Vuol dire che rimarremo nell'astronave? Non è troppo rischioso?» osserva Tart.

Pai scuote distrattamente la testa. «Sono sicuro che Ghish tornerà qui solo per dormire. E in ogni caso, questa parte dell'astronave è l'ultima a cui penserà ora che siamo atterrati.» commenta mentre sistema i loro borsoni in un vano che poi si richiude ermeticamente. «Bene.» fa guardandosi intorno «Vado a fare i primi accertamenti, rimani qui.»

«COSA?» esclama Tart risentito «Spero che tu stia scherzando! Non posso rimanere chiuso qua dentro, che cosa sarei venuto a fare?»

«Uscirai quando sarò certo che è sicuro.» sentenzia il fratello prima di scomparire.

Tart rimane a fissare il punto in cui era fino ad attimo fa. Punta i pugni sui fianchi. «“Uscirai quando sarò certo che è sicuro”.» fa il verso «Col cavolo che rimango qua dentro!» protesta contro il nulla «La Terra non me la perdo.» fa su e giù per la stanza «Sai che figura: uno dei primi atterrati sulla Terra che rimane dentro a fare il bravo bambino.»

Camminare gli ha surriscaldato i piedi. Come si può vivere in un pianeta così caldo? Dovranno cominciare ad andare in giro nudi.

Scalcia le scarpe e rimane qualche istante a guardarle. Alla fine decide di lasciarle così, in mezzo al pavimento, alla faccia della meticolosità di Pai.

Si teletrasporta via, non sa dove di preciso, ma qualunque posto va bene.

I suoi piedi atterrano su qualcosa di relativamente fresco, fatto di tante specie di striscioline. La sua pelle registra calore, non maggiore di prima, ma più diretto. I suoi occhi sono costretti a chiudersi, accecati. La luce continua ad essere troppo forte anche dietro le palpebre chiuse. Si scherma con una mano, prova a sollevare le palpebre di pochissimo. Gli occorrono numerosi tentativi prima di riuscirci.

E deve chiuderli di nuovo. Ad essere accecante non è solo la luce, ma i colori stessi. Non ne ha mai visti di così accesi, così forti.

La luce si attenua improvvisamente. Finalmente riesce a tenere gli occhi aperti.

È circondato dal verde. In tutte le sue sfumature. In tutte le sue dimensioni. Ci sono fili verde chiaro sotto di lui che si susseguono per metri e metri. C'è del verde più scuro in alto, sopra a colonne di vari marroni e diverse dimensioni.

Che razza di posto è?

Guarda in alto. E subito deve riabbassare lo sguardo. Qualcosa di bianco e morbido, una specie di grosso cuscino informe, copre parzialmente la sorgente di luce. E poi... qualcos'altro. Sbircia di nuovo. Azzurro.

Un cielo azzurro.

Non lo aveva mai visto. Il cielo di Arret – le uniche due volte in cui ha potuto guardarlo – è costantemente grigio e pieno di grandine, neve e, se va bene, grandine; di solito, però, la roccia gelida del sottosuolo è l'unico cielo che si può scorgere.

Questo azzurro, un colore freddo, è caldo. Il verde, a terra, è così brillante da ferire. Il marrone è accogliente.

Qualcosa di rotondo e arancione fende l'aria davanti a lui e si ferma sul verde scuro in cima ad una colonna marrone.

Era un animale?

«Dovediavololoailanciato?»

Per poco non urla. Sobbalza, il suo cuore perde parecchi battiti. Salta all'indietro.

Chi ha parlato?

«Nonècolpamia! Meloaipassatotroppoforte.»

Due ragazzini sbucano fuori praticamente dal nulla, spintonandosi a vicenda.

Tart si butta a terra, ringraziando che i fili verdi siano abbastanza alti.

I due si fermano a pochi passi da una colonna.

«Guarda! Èfinitasullalbero.»

«Dove?»

«Lì, traqueirami.»

Tart non capisce una singola parola di quello che quei due dicono.

Si alza e corse più che può nella direzione da cui sono venuti.

Dopo poco sente altre voci. Vuole allontanarsi, invece si avvicina, pur mantenendosi a distanza.

Mentre corre, un alieno orribile gli viene incontro. Avanza veloce sulle quattro zampe, una coda come un timone dietro di lui. Il muso allungato punta dritto davanti a sé, la lingua di fuori.

Tart sta per urlare, poi un fischio.

L'alieno si ferma. Drizza le orecchie, poi si volta e riprende a correre. Tart lo segue a distanza.

Si ferma solo quando vede un altro alieno, diverso, quasi identico a lui. Se non fosse che la sua pelle è marrone scuro, come la terra e non ha orecchie. Ora che ci pensa, neanche i due ragazzini di prima avevano le orecchie.

Tart rimane tra i cespugli a fissare i due alieni giocare con un bastone. Due razze così diverse convivono? Che razza di pianeta è questo?

La Terra.

Nel momento in cui lo realizza si sente male. Questa è la Terra. È meravigliosa.

E già abitata.

Si siede a terra. Si guarda intorno. E vede l'ennesimo alieno.

È piccolissimo, rotondo con due sottilissime zampe, la testa con un muso appuntito e ai lati del corpo due specie di grosse placche. Lo guarda inclinando la testa di lato.

Tart allunga una mano e quello vola via.

«Ma cosa...»

Sente di nuovo fischiare, ma in modo diverso da prima. Il suono si ripete, si sovrappone ad altri. Vengono tutti dall'alto.

Tart si guarda intorno disorientato, spaventato.

Si alza e riprende a correre.

Un nuovo alieno, per fortuna uno di quelli simili a lui, gli passa accanto senza guardarlo. Si direbbe una femmina e cavalca un marchingegno stranissimo, fatto da due ruote e dei grossi tubi che le collegano.

Svolta continuando a guardarsi alle spalle.

In questo modo inciampa e si sbilancia. Ma non cade.

Allibito, rimane sospeso per aria.

Ansima, finché il suo respiro non ritorna regolare.

Solleva cautamente entrambi i piedi. Non è una sua impressione. Può davvero rimanere sollevato da terra. Può fare come il piccolo alieno rotondo? Può volare come un'astronave.

Guarda verso l'alto. Abbassa le braccia e le tiene contro il colpo. Immediatamente comincia a salire verso l'alto. Quando allarga di nuovo le braccia, si ferma.

«Forte.»

Sale di quota, quanto basta per non essere notato dal basso.

Vede qualcosa oltre il verde sotto di lui. Qualcosa fatto di lucidi blocchi grigi. Da lì vengono molti rumori. Vi si dirige.

Guardare tutto dall'alto è bellissimo. Fa sentire potenti. Grandi.

Si avvicina ai blocchi. Sono davvero enormi. Di altezze diverse, intervallati spesso da sottili spazi vuoti. Cosa diavolo sono? Non possono essere naturali.

Aguzza la vista. Qualcosa si muove tra i blocchi. Qualcuno.

Scende di quota.

I corpi più grossi sono troppo lucidi per essere esseri viventi. Sono chiaramente meccanici. Sono i più veloci.

E quelli più piccoli?

Scende ancora, fino a trovarsi su uno dei blocchi più bassi.

Il suo cuore accelera. Sente il battito nelle tempie.

Sono di nuovo loro. Gli esseri simili a lui. Quelli senza orecchie.

Il suo sguardo corre. Da un angolo all'altro, nel dedalo di strade.

Decine.

Centinaia.

Migliaia.

Ora si sente piccolo e impotente.

Alieni.

Sul pianeta ci sono alieni ovunque.

«Che ci fai qui?»

Trasale. Quasi strilla per lo spavento e si volta con un salto.

«Pai!» esclama mentre il fratello atterra davanti a lui «Anche tu voli.»

«Già. Non avevamo considerato questa possibilità. Qui l'atmosfera è diversa, molto più densa e ricca e l'attrazione gravitazionale diversa da quella che conosciamo. Forse i nostri antenati terrestri erano diversi, ma la nostra costituzione fisica è tale da permetterci di sollevarci.» risponde senza quasi riprendere fiato tra una parola e l'altro. Si zittisce così all'improvviso da fare quasi impressione. A volte non riesce a tenere a freno le sue spiegazioni. Ghish non le sopporta. E con lui Pai sa trattenersi. «Che ci fai qui?» ripete, ricordandosi di cosa doveva dire.

È l'ora della scenetta. Del “col cavolo che rimanevo nell'astronave”. Lo farebbe. Forse lo fa anche, senza accorgersene.

«Sono... sono... ci sono... Pai questo pianeta è pieno zeppo di alieni!»

«Ho notato.» conferma il fratello con esasperante calma «Era una possibilità. Questo conferma che il pianeta è particolarmente ospitale, ma il loro numero e la loro varietà è comunque sorprendente.» lui non ha la faccia sorpresa.

«Come facciamo a trasferirci qui se ci sono già loro? Forse non ci sentiranno arrivare senza orecchie, ma di sicuro ci vedranno.»

«Hanno tutti l'udito.» contesta quasi distrattamente Pai «Alcuni persino un linguaggio sviluppato. Dovrei studiarlo. Credo che la specie simile a noi sia molto evoluta. Quasi al nostro livello. Forse. Le loro menti danno l'idea di essere dotate, ma le loro tecnologie sono ancora arretrate.»

«Pai, non me ne importa niente di cosa sono le loro teste. Come facciamo ad abitalo?»

«Credo...» le sue sopracciglia si aggrottano appena «credo che dovremmo usare i chimeri.»

«I chimeri?» Tart non capisce «Quelli servono per costruire. Sì, insomma, spianare, raccogliere, non so, costruire in generale.»

«Possono essere usati in altro modo.»

Continua a non capire. In che altro modo si possono usare i parassiti. Pai li ha chiamati chimeri, quindi ha già pensato di legarli a fonti di energia.

Ma su questo pianeta non ci sono fonti di energie come quelle di Arret. Ci sono solo... le forze-vitali degli alieni. Ma questo non voleva dire ucciderli? Era il motivo per cui il loro utilizzo era stato inizialmente vietato su Arret, no?

E Pai vuole...

e ci arriva.

«Vuoi sterminarli!»

Pai avanza fino al bordo rialzato che delimita la superficie su cui si trovano. Vi posa i pugni e si sporge leggermente in avanti. Abbracciando con lo sguardo tutto l'insediamento alieno.

«Hanno già costruito tutto ciò che ci serve, perciò i chimeri non saranno strettamente necessari per questo scopo.»

«Ma sterminarli!»

«Guarda quei marchingegni.» Pai indica quelli veloci che sfrecciano al centro delle strade «Vedi quasi tubi di scarico.»

«No.»

«Siamo troppo lontani. Mi sono avvicinato, prima. Hanno tutti di tubi di scarico. In un solo giorno immettono nell'aria una quantità incredibile di gas tossici. E guarda lì, in lontananza. Quelle specie di torri. Vedi i fumi che rilasciano?»

Tart deve aguzzare la vista per individuare quella che non è altro che un'ombra in lontananza. Così lontana che se non sapesse che c'è, se non si trovasse così in alto e se ci fosse anche solo un po' più di sole non l'avrebbe mai vista.

«È qualcosa di simile ad una fabbrica, non so come la chiamino. Immette altri gas di scarico. E sostanze tossiche in un corso d'acqua. E...»

«E tu lo hai scoperto nel poco tempo che sei stato qui?» osserva Tart interrompendolo.

Pai esita. «Sono stato attento.»

Nemmeno conoscendolo, Tart direbbe mai che sta mentendo. Eppure è così. Tart lo sente. In qualche modo sa la verità.

Una verità che ha un nome.

Profondo Blu. Lui deve aver guidato Pai.

Come? Difficile dirlo. Sa solo che è così.

Vuol dire che è già stato sulla Terra? Che non sono i primi? Assurdo.

«Il pianeta è enorme, probabilmente tutto questo non ha un grande impatto.» è tutto ciò che trova da dire «Se sono sopravvissuti fin'ora...» lascia la frase in sospeso.

Pai scuote leggermente la testa. «Ci sono migliaia di loro su tutto il pianeta. E sono i primi a sapere ciò che stanno facendo.»

«Pai.»

Si guardano.

E chiaramente non è uno scontro ad armi pari.

«Abbiamo bisogno di questo pianeta. Non sopravviveremo ancora a lungo su Arret.»

Come può rispondere?

«Dovremmo almeno aspettare un po'.» non basta «Raccogliere più informazioni.» ecco, ora va meglio «E lasciare la prima mossa a Ghish.» ora un po' meno.

Pai si limita a distogliere lo sguardo, tenendo però la testa alta. «Ci vediamo dopo.» scompare.

Bel modo di affrontare la situazione.

«Sono perché solo più piccolo!» strilla Tart parlando di nuovo al vuoto «E solo perché ti credi più intelligente.» aggiunge, riflettendo su come sarebbe andata se lui fosse stato più grande.

Guarda verso gli alieni in basso.

Se è vero ciò che ha detto Pai, comunque lo abbia saputo, devono essere una specie di pazzi.

«Ehi!» osserva all'improvviso «Non mi ha detto di stare attento.»

Sorride, divertito.

Finché Ghish se la saprà cavare da solo, sarà uno spasso stare a guardare.




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Angolo me

eccomi qua, finalmente ho trovato il tempo di finire questa mini-long

Ghish è l'alieno che amo, ma Tart è il mio preferito. E, purtroppo, temo che sia anche quello che mi è venuto peggio. Ho però un paio di scusanti. Non volevo mostrare il solito bambino vivace, sipatico e allegro. Doveva essere più inquadrato nel contesto. Tart è un bambino, certo, ma un bambino cresciuto in un pianeta ostile, più che cosciente di cosa succede.

E il più "umano".

Sì, questo l'ho sempre pensato. Perché Pai, fino all'ultimo, è stato fedele a Profondo Blu. E Ghish ha tentato di ucciderlo, direte voi. Vero. Ma solo e soltanto per Strawberry, rispondo io. Adoro la loro coppia, anche se non è la mia preferita, ma devo ricordarvi che a Ghish non importava molto del resto degli umani. Tart invece si è reso conto che non voleva fare ciò che gli era ordinato. Si è frapposto al fratello maggiore. Si è persino fatto uccidere. 

Ecco, era questo il Tart che volevo tirare fuori, o almeno un introduzione a quel Tart.

Temo che non sia venuto bene in ogni caso.

Faccio solo altre due precisazioni e poi, tranquilli, taccio.

Primo. Quando parlano gli umani (i due ragazzini del parco in particolare) ho scritto appositamente le parole tutte attaccate. Sì, perché gli alieni non possono avere la nostra stessa lingua, quindi appena arrivati non potevano comprenderla. In seguito, avranno avuto tutto il tempo di apprenderla. Ho anche eliminato le "h" del verbo avere per trascrivere solo i suoni, lasciando però gli intervalli della punteggiatura.

Secondo. Non volevo che le conclusioni sugli umani nascessero in modo così affrettato, ma volevo anche metterle in questo capitolo conclusivo. In più Pai è abbastanza spesso da poterci arrivare in fretta. In questo modo credo di non aver reso abbastanza bene quella parte. Pazienza.

Okay, finito, scusate se ho scritto un poema.

Grazie mille per aver letto la storia e un bacio a mobo per aver recensito i primi due capitoli. Ovviamente anche a tutti quelli che recensiranno questo ma, ehi, non posso vedere nel futuro.

Ancora. Ci sto lavorando. ;)

Artemide

  
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