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Autore: Malvagiuo    23/04/2015    3 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volgrim scrutò l’orizzonte. Il mare era bianco e immobile come un osso levigato. Il ghiaccio ricopriva tutto, estendendosi a perdita d’occhio fino al margine del mondo, nascondendo sotto di sé i banchi di pesci e l’oceano di acqua salata. Rivoli congelati si facevano strada lungo la spiaggia pietrosa, come minuscoli tentacoli in cerca di preda sulla terraferma.

Volgrim avanzò su quella che un tempo era la battigia, calpestando il sottile strato di ghiaccio e facendolo scrocchiare sotto i suoi piedi. Man mano che andava avanti, il rumore del ghiaccio infranto si faceva sempre più rado, fino a scomparire del tutto. L’immensa banchisa non scricchiolava e non dava segni di cedimento: era robusta, dura come ferro. Se c’era stata una qualche speranza che il pallido sole della tarda primavera potesse scioglierla o ammorbidirla, quella speranza era morta.

«Dove sei, Grijndir?» chiese Volgrim, sottovoce.

Il vento gelido fu l’unica risposta che ricevette, un soffio innevato proveniente dalla banchisa, che recava un sinistro ululato.
 

***


Roigkal non si muoveva. Coperto da un fitto strato di pellicce, era difficile osservare il movimento del suo petto e capire se respirasse o meno. Un flebile filo d’aria dalle narici faceva vibrare i peli più sottili della barba, e quello era l’unico segno a testimoniare che suo padre fosse ancora vivo. Due lune di immobilità quasi totale. Volgrim era ormai rassegnato al peggio. Il colorito bluastro della pelle del vecchio Roigkal non lasciava presagire nulla di buono. Il male l’aveva colto all’improvviso, a nulla era valso il riposo, a nulla gli infusi di erbe medicinali. Suo padre stava morendo, abbandonava troppo presto la sua ascia in una terra che più che mai aveva bisogno della sua guida.
Alle sue spalle, Volgrim udì il lembo di tela all’entrata che veniva scostato. In un primo momento, pensò che fosse sua madre. Ricordò subito che non poteva essere lei, perché il sole non era ancora tramontato. Era suo zio Iorig.
«Continua a bruciare?» chiese, con la sua voce che era poco più di un sussurro.

Volgrim non si voltò a salutarlo. Con un cenno della mano, tuttavia, lo invitò a sedersi. C’era posto dall’altro lato del giaciglio, quello più vicino al braciere. Era chiaro, a quel punto, che il calore non avrebbe influito sulla guarigione di Roigkal.

Iorig si avvicinò e prese posto nel punto che gli era stato indicato. Tese le mani nude verso le fiamme, strusciandole per riscaldarle. Era disarmato, notò Volgrim. Nemmeno Iorig avrebbe osato presentarsi armato al capezzale del fratello morente.

«Ha detto qualcosa?»

Volgrim alzò lo sguardo verso lo zio. I suoi occhi non esprimevano nulla. Le sue labbra si dischiusero lentamente, pronunciando poche parole in tono quasi del tutto neutro.

«No. Non dice nulla da tre giorni.»

Iorig piegò il capo verso il fratello maggiore. Protese una mano sulla sua fronte, la ruvida superficie callosa adombrò la testa di Roigkal. Rimase sospesa un attimo, poi si posò con delicatezza sulla pelle cinerea. Le dita restarono immobili per qualche istante, come se attendessero la reazione che li avrebbe allontanate, che fosse di Volgrim o di Roigkal. Ma nessuno dei due si mosse. Dopo un minuto, Roigkal era ancora disteso a morire e Volgrim era ancora accovacciato a fissare il volto del padre. L’unico rumore era il debole scoppiettare delle braci.

«È freddo. Non vedrà un altro giorno.»

«Dì quello che sei venuto a dire, e lasciami solo.»

Iorig scostò la mano dalla fronte di Roigkal. Solo allora Volgrim scrutò negli occhi lo zio, in attesa di ricevere il suo messaggio. I gelidi occhi grigi che temeva fin da bambino lo soppesavano da capo a piedi. La bocca e le guance erano nascoste da una fitta barba rossastra, rendendo la sua espressione indecifrabile. In quel momento, per quanto ne sapeva Volgrim, sul volto di Iorig potevano essere dipinti un sorriso o una smorfia. Era una delle tante cose che aveva sempre detestato in lui: l’incapacità di prevedere il suo atteggiamento.

«Il popolo ha bisogno di un askarl» esordì Iorig.

Volgrim non disse nulla. Voleva che fosse Iorig a sollevare la questione. Così, forse, avrebbe avuto un vantaggio su di lui, nei giorni a venire.

«Tuo padre ti ha nominato erede?» chiese Iorig, senza ulteriori preamboli.

«Sono il suo unico figlio. Se mio padre ha un erede, quello sono io.»

«Ma non sei stato nominato erede dalla sua bocca» dedusse Iorig. Non c’erano inflessioni di alcun tipo nelle sue parole. C’era solo fredda, implacabile logica. «Stai rivendicando il titolo di askarl per diritto di nascita. È una cosa molto diversa.»

«Era desiderio di mio padre che fossi io a succedergli come askarl» la voce gli si incrinò leggermente per la frustrazione, ma Volgrim riacquistò subito il controllo. Non poteva mostrare segni di debolezza a suo zio. Non si sarebbe lasciato trarre in inganno così facilmente dalle sue provocazioni.

«Eppure, nonostante sentisse vicina la morte, non ha sprecato le sue ultime parole per chiamarti jahr-askarl.»

«Lui non sentiva vicina la morte.»

«Che la sentisse o meno, la morte è su di lui. E la nostra gente ancora non conosce il suo futuro signore.»

«Sei venuto qui, al cospetto di tuo fratello morente, per strappare a me, suo figlio, le terre e i doveri che mi spettano?»

Iorig distolse lo sguardo. Per un istante, Volgrim credette che persino un uomo come Iorig avesse dei ripensamenti di fronte a una simile prospettiva. Ma fu solo un’illusione. Gli occhi grigi tornarono a fissarlo, e questa volta non c’erano dubbi sull’espressione che si nascondeva sotto la barba ispida. Un ghigno sardonico faceva capolino tra le labbra sommerse dai peli.

«Terre e doveri...» il ghigno si allargò. «Terre e doveri. Volgrim, è dalle tue parole che mi convinco a non poterti lasciare il potere che fu di tuo padre. Mi stai accusando di disonorare il letto di morte di mio fratello per derubarti di terre... e doveri! Sciocco ragazzo. Sabbia pietrosa, ciottoli, praterie congelate e foreste di tronchi avvizziti: queste sono le terre di tuo padre. Quanto ai doveri... cosa credi di sapere sui doveri di un askarl? Quale sarebbe il primo?»

«Proteggere la mia gente» rispose pronto Volgrim.

«Proteggerla da che cosa, ragazzo?» domandò Iorig di rimando.

Volgrim aprì bocca per ribattere, ma le parole non uscirono. Aveva mosso le labbra, sicuro che ne sarebbe uscita una risposta in grado di zittire le contestazioni di Iorig, gli occhi di Volgrim attendevano di assistere al suo trionfo in quello scontro verbale, trionfo che consisteva nell’osservare lo sguardo incredulo di quei maledetti occhi grigi, dapprima sbalorditi, poi nervosi in cerca di soluzione, infine rassegnati alla sconfitta. Ma non avvenne nulla di tutto ciò, perché alla domanda di Iorig fece seguito solo il silenzio.

«Proteggerla dai suoi nemici, da chi vuol farle del male...»

Volgrim riuscì a dire solo questo. Il tono non era più sicuro. Si rese conto che il silenzio sarebbe stato preferibile a una risposta tanto misera.

Iorig sospirò. Fissava Volgrim con attenzione, come se cercasse un punto debole dove affondare la lama.

«Hai ragione, figliolo. Un askarl ha il dovere di prendersi cura del suo popolo. Deve proteggerlo da chi potrebbe causargli danno. In questo momento, Volgrim, il maggior pericolo per la tua gente sei proprio tu.»

Volgrim rimase sconcertato.

«Come osi accusarmi di questo?»

«Tuo padre ha officiato per più di vent’anni i riti sacri al grande Grijndir. La primavera è cominciata e, a causa della malattia, Roigkal non ha potuto offrire il tributo alla Bestia del Mare. E quest’anno, il ghiaccio non è stato ancora rotto. Tutto il mare è ghiacciato, e il nostro cibo si sta esaurendo» disse Iorig, senza distogliere lo sguardo. «Io posso compiere i riti. E tu, Volgrim?»

Volgrim tacque. La rabbia cominciava a farlo tremare. Le sue mani si chiusero a pugno, stringendo i lembi dei calzoni.

No, Volgrim non poteva compiere i riti in onore del grande Grijndir. La sua istruzione non era completa. Aveva assistito a una sola cerimonia, l’anno precedente, nella quale aveva assistito per la prima volta suo padre durante l’offerta sacrificale. Non era abbastanza, per poterla officiare. Iorig, d’altro canto, non aveva mai assistito suo padre, ma era stato presente allo svolgimento di più di venti cerimonie, nei vent’anni in cui era stato al fianco di Roigkal. Era l’unica persona del suo stesso sangue in grado di svolgere quel delicato compito. Volgrim lo sapeva, anche se rifiutava di accettarlo.

«Cosa accadrebbe se sbagliassi il rituale? Prova a immaginare le conseguenze, se offendessi la Bestia del Mare. Porteresti la rovina su tutti noi.»

La voce di Iorig era ferma, quasi paterna. Le parole erano addirittura ragionevoli. Non avrebbe faticato a convincere il resto degli uomini, Volgrim cominciava a rendersene conto.

«È per questo che saresti un grande pericolo per la tua gente, Volgrim, se diventassi askarl.»

«Questo lascialo decidere al popolo.»

Gli occhi di Iorig si infossarono. Le rughe sulla sua fronte si moltiplicarono, facendolo sembrare di colpo molto più vecchio.

«Vorresti convocare il Consiglio, e perdere altro tempo, mentre le nostre scorte continuano a diminuire?»

«È mio diritto.»

«Lo è, certo. Sei un uomo» Iorig fece per alzarsi. Si diresse verso l’uscita, ma prima di varcarla gettò un’ultima occhiata in direzione di Volgrim. «Ma pensi e agisci ancora da bambino.»

Prima che Volgrim potesse replicare, era già scomparso nella luce diafana del giorno.

 




NOTE AUTORE

Hola! Grazie per aver letto questo primo capitolo. Spero di averti intrattenuto e che la storia ti abbia preso. Se hai voglia di mandarmi un messaggio o di lasciare un commento o una recensione, mi trovi sempre pronto a rispondere e a ringraziarti. Naturalmente accetto ben volentieri critiche negative, poiché il mio primo interesse è migliorare le mie capacità di scrittura. Mi auguro di poterti offrire capitoli sempre più interessanti, per ora ti ringrazio per aver letto. Alla prossima!

   
 
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