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Autore: genesisandapocalypse    23/04/2015    7 recensioni
Gli occhi di Luke sono vitrei, nascosti da una nube di pensieri e ricordi. Dice di aver superato tutto, ma nessuno ci crede, Eloise per prima, che riuscirebbe a mettere da parte il suo odio colossale per Michael Clifford, se potesse aiutare.
Essere scappata nell’università al centro di Sydney è stata un po’ una salvezza, per Gioia. E che lo sia pure per qualcun altro?
Ashton ha perso fiducia nelle donne da tempo e scorbutico com’è, riesce a togliersele di mezzo, ma ogni tanto sa anche essere gentile.
A Cardiff c’è stata per soli tre anni, Eva, abbastanza per tornare a Sydney con qualcosa di troppo e far rimanere secco Calum.
E Scarlett, non sa bene come, finisce più spesso in quel bar che in camera propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Home is wherever I am with you.

LA VERITÀ BRUCIA?

"La verità è come il cauterio del chirurgo: brucia, ma risana."
"La verità ai più non piace, come lo specchio alle persone brutte."
 
 Il “Nirvana” non è cambiato di una virgola fuori, si ricorda che la prima volta che ci entrò aveva diciassette anni e Ashton solo diciannove, ma aveva lasciato la scuola due anni prima e aveva faticato per aprirlo, sotto l’aiuto dello zio, che gestiva un ristorante.
Era emozionatissima di inaugurare il nuovissimo bar dove, da quel giorno, ci avrebbe passato intere giornate dentro.
«Lo terrò aperto fino a sera tarda e avrò le birre, perché sennò non ha senso,» aveva detto, con le braccia aperte e quel sorriso genuino in volto.
Ed è diventato un successone, tra i giovani del quartiere.
In poco tempo il Nirvana si è popolato e ha guadagnato tanto, per essere solo agli inizi.
Si stringe nelle spalle, poi si avvicina alla porta e la apre. Si guarda intorno, notando come tutto è perfettamente identico a prima, giusto i tavoli sono disposti diversamente.
Porta gli occhi al bancone, poi, e scontra quelli cangianti di Ashton, suo vecchio amico, che la sta guardando con incredulità, la bocca spalancata e le sopracciglia inarcate verso il basso.
Sorride, prima di avvicinarsi e sedersi su uno sgabello, incrociando le dita e poggiandosi il mento sopra.
«E-Eva?» balbetta Ashton, indietreggiando di un passo.
«Proprio io - risponde lei, sorridendo, prima di buttare un occhio sulle paste dietro la vetrata - allora, li fai ancora quei muffin al cioccolato troppo buoni?» chiede, poi, per cercare di togliere un po’ di tensione e di imbarazzo.
Ashton sta immobile per qualche secondo, incapace di muoversi e non sapendo se urlarle contro, abbracciarla come se non ci fosse un domani o offrirle il muffin.
Alla fine opta per l’ultima, aggrottando la fronte e arricciando le labbra.
Eva lo azzanna con voracità, già prima ci si strafogava, ora che è incinta ha anche la scusa. Si lascia sfuggire un sospiro di piacere, poi alza gli occhi sull’ - ex? - amico.
«Buoni più di prima - esclama, ammiccando - tu sì che sei bravo, Ash,» aggiunge, vedendolo stringersi nelle spalle.
Ashton la trucida con lo sguardo, è arrabbiato ed Eva lo sa bene. Puntare sullo scherzo non basta, è venuta apposta per parlarci.
Del resto, lo conosce. Ashton è quello che potrebbe fare il caos, l’unico in grado di spaccare vetri e facce.
Sospira, poggia il muffin quasi finito e si stringe nelle spalle.
«Hai tutte le ragioni di questo mondo ad avercela con me, Ash - inizia - d’altronde, me ne sono andata e chi si è visto, si è visto, hm? - ridacchia, abbassa gli occhi per qualche secondo - ma mi dispiace da morire per essere sparita e so che sembra quasi insensato dirvelo ora che sono tornata, solo che ero così presa dalla mia nuova vita da non accorgermi di quanto sia stata stupida,» aggiunge, e guarda l’amico, decisa.
Si pente di tutto, ha lasciato tutti loro per un futuro diverso e incerto e si è trovata fregata.
Ashton la guarda, è incazzato come pochi e non sarà un “mi dispiace” a farlo calmare.
«Te ne sei andata e ci hai mollati tutti - dice, velenoso, affinando lo sguardo - in questi tre anni avremmo avuto bisogno di te, ne sono successe così tante e tu non c’eri, troppo impegnata a spassartela con chissà chi per pensarci e farti viva - ringhia, puntandole un dito contro - non ci hai nemmeno risposto alle chiamate,» lei lo guarda colpevole, si morde il labbro inferiore e annuisce.
«Lo so, sono stata una cogliona, ma avevo diciotto anni e tanta voglia di indipendenza.»
«E ovviamente chi vuole indipendenza si scorda degli amici, vero?» le rifila lui, cattivo.
Eva affina le labbra, socchiude gli occhi e lo guarda nuovamente.
«Avevo paura di non riuscire ad andare avanti, se vi avessi risentito - ammette, portando le mani sul bancone - mi siete mancati anche voi, che ti pensi?» aggiunge.
Ashton ride, sarcastico.
«Immagino,» si lascia sfuggire soltanto.
Eva sospira, poi si alza.
«Mi dispiace, Ashton, più di questo non posso dirti,» lui la guarda, incrocia le braccia e sospira.
«Sono tutti arrabbiati.»
«Michael no.»
«Michael è un coglione.»
«Non lo è,» risponde lei, indispettita.
«Vi siete sempre difesi a vicenda,» risponde, prima di sorridere leggermente.
«Ci siamo sempre voluti bene, qualunque cosa succedesse,» e Ashton sa che cosa intende.
Quel giorno è scolpito nella mente di tutti, lei è stata l’unica a stargli accanto, fregandosene se avesse torto o ragione.
Rimangono in silenzio, poi Eva si gira e si avvicina alla porta.
«Mi sei mancata  anche a me, Eva - mormora Ashton, poco prima che esca - ma dammi tempo, non posso evitare di avercela con te,» e lei sorride leggermente, prima di aprire la porta ed uscire soddisfatta.
Alla fine, Ashton non si è scordato del bene che le ha voluto.
 
«Non ci vediamo da due settimane, quando finisce il tuo cavolo di viaggio?» Scarlett è davvero frustrata, Andrea non lo sente quasi mai e sta in India, troppo impegnato con il suo diavolo di lavoro.
È un imprenditore di successo, non si lamenta affatto perché ciò che guadagna lui finisce in buona parte nel suo shopping, ma è comunque il suo fidanzato e ogni tanto, starci insieme, non nuoce alla salute.
«Amore, lo sai, devi starci un altro po’, è una grande opportunità,» Scarlett si morde il labbro, poi annuisce, comprensiva.
«Sì, lo so, è solo che mi manchi,» dice, sospirando e lasciandosi andare sulla sedia.
Lo sente ridacchiare dietro il telefono, poi sospira anche lui di riflesso.
«Anche tu, tantissimo,» bisbiglia.
Scarlett vorrebbe davvero essere lì con lui, baciarlo più volte e magari passarci la notte insieme, ma non può.
Sa già che vita aspettarsi, una volta sposati non cambierà nulla. Lui continuerà i suoi viaggi e lei continuerà a lavorare lì, con il telefono sempre all’orecchio per ascoltare la voce di lui e la nostalgia ad avvolgerla.
«Devo andare, ci sentiamo presto - dice lui, dopo qualche secondo - ti amo,» aggiunge e Scarlett è convinta di sentirlo sorridere.
«Ti amo anch’io,» risponde, poco prima che il telefono venga attaccato.
Sospira nuovamente, poi lo poggia sul tavolo e si passa una mano fra i capelli castani, tornando con gli occhi sul pc acceso e sulle varie scartoffie sul tavolo.
Ha dei casi su cui lavorare e tanto vale che non si lasci andare in sentimentalismi.
Non fa in tempo a prendere il mouse in mano, che bussano alla porta.
«Avanti,» esclama, a voce forte, prima che la maniglia si abbassi ed entri una figura alta e snella.
Il signor Clifford le sorride, avvicinandosi con calma alla scrivania e facendole segno con una mano di restare al suo posto.
«Buongiorno, signorina Young, come sta?» chiede gentilmente, com’è solito fare con i suoi dipendenti.
«Oh, bene, e lei?» risponde Scarlett, sorridendo leggermente, prima di passarsi la mano fra i capelli.
L’uomo fa un cenno del capo per rispondere, poi si infila una mano in tasca.
«So che non dovrei, ma potrei chiederti un piccolo favore?» fa l’uomo e lei annuisce, tranquilla.
«Sono davvero molto stanco oggi e ho tanto lavoro da fare, potresti andarmi a prendere un espresso? Joanne non è venuta a lavoro per malattia,» chiede, tirando fuori il proprio portafoglio.
«Certo, nessun problema,» Scarlett si alza e fa il giro della scrivania, arrivando di fronte al capo, che le offre qualche dollaro - anche di troppo.
«Grazie mille, davvero! - le dice, poi la accompagna alla porta - qui vicino dovrebbe esserci il Nirvana, è un bar niente male,» lei sorride, prima di scapparsene di fuori.
Alla fine, prendere un caffè anche per lei non sarebbe una cattiva idea.
In pochi minuti si ritrova di fronte al bar detto dal capo e sospira quando, riconoscendo il luogo, si ritrova ad aprire la porta di quel luogo a cui voleva proprio girare alla larga.
Entra, il campanello suona e nota con piacere che c’è gente e, soprattutto, qualche altro dipendente oltre che al proprietario.
Del resto, un bar gestito solo da una persona è un po’ impossibile.
Si avvicina al bancone e subito un ragazzo con il viso gentile l’accoglie, chiedendole poi cosa vuole prendere, e lei sospira, ‘ché di avere a che fare con il direttore proprio non le andava.
Scarlett è già pronta a dirgli le ordinazioni, prima che una voce li blocchi.
«A lei ci penso io,» Ashton arriva, da una pacca sulla spalla del dipendente e offre un’occhiata distratta a Scarlett, che alza gli occhi al cielo.
«Cosa vuoi?» le chiede, con un tocco di arroganza. Lei storce le labbra, odia l’arroganza, l’ha già detto.
Soprattutto di chi una volta si dimostra gentile e l’altra no.
«Non ho mai sentito qualcuno morire di cortesia, sai? - dice, piccata, prima di afferrare i soldi - e comunque due espresso, una donut al cioccolato e una bottiglia d’acqua, grazie,» risponde, ricalcando l’ultima parola.
Ashton grugnisce, poi prepara e caffè e infine infila in una bustina la ciambella e le porge l’acqua.
«Non è giornata, cara,» ribatte lui, prima che gli occhi della ragazza si scontrino nei suoi.
«Non lo avevo capito,» si lascia sfuggire, sarcasticamente, prima di afferrare il tutto e infilarselo in borsa, prendendo i due bicchieri di plastica che le sta porgendo il ragazzo, mettendolo uno sopra l’altro.
Lo guarda per un attimo, scorgendone i tratti nervosi, prima di sospirare rumorosamente, mettendo i soldi sul bancone.
«Beh, può sempre migliorare - gli dici, prima di avvinarsi all’uscita - e tieni il resto.»
 
È la pausa pranzo, il bar nell’università è pieno zeppo di persone, ma Gioia è riuscita, bene o male, ad arrivare abbastanza presto e ha appena ordinato due tramezzini e una bottiglia d’acqua.
I suoi compagni di corso sono seduti a una panca che sono riusciti ad accaparrarsi, nel giardino principale dell’edificio, mentre varie persone stazionano persino sull’erba, sotto gli alberi o, i più disperati, direttamente sul cemento della vietta che porta all’entrata principale.
Gioia guarda i suoi amici seduti, sorridono e scherzano come dei bimbi, ogni tanto si lanciano chissà quali schifezze e lei non può che ridacchiare, felice come lo si è a Natale, perché ha fatto amicizia in fretta e, soprattutto, con le persone giuste.
Paola è lì, sta guardando con sguardo ammirato William Armstrong, un ragazzo dall’aria da duro, il sorriso sbarazzino e un cuore enorme.
Gioia si sta incamminando verso di loro quando, gli occhi scuri e brillanti, si posano con distrazione sulla figura solitaria di nient’altro che Luke Hemmings, intento a fumarsi una sigaretta e in compagnia soltanto di una tracolla, buttata fra le sue gambe, con la schiena ricurva di chi non ha la forza di stare retto.
Nessuno ha avuto la briga di sedersi accanto a lui, sul muretto vicino al cancello, e lui non sembra farci più di tanto caso, gioca al telefono.
La ragazza lo guarda per qualche minuto, ci pensa un attimo, prima di posare gli occhioni sulla sua combriccola.
Del resto, loro sono insieme, perché preoccuparsene? Sospira, guarda il secondo tramezzino nella sua mano e, con un sorriso, si avvicina al ragazzo a passo svelto, già sapendo che tornerà a lezioni con un leggero di odore di sigaretta addosso, sebbene lei non fumi e nemmeno si azzarda.
Luke alza lo sguardo di scatto quando, al posto del telefono, si ritrova a osservare un tramezzino fumante e dall’aria invitante.
Ammette, ha fame, ma di fare la fila per minuti interi al bar proprio non gli andava ed è talmente abituato a digiunare che, per lui, un giorno in meno o un giorno in più poco conto.
Il viso sorridente di Gioia fa capolinea di fronte a lui.
La ragazza ha gli occhi scuri luminosi, un sorriso che le stende le labbra e le mostra la fila bianca e perfetta dei denti, il naso arricciato e le guance leggermente arrossate.
«Credo di averne comprato uno di troppo, non sono molto affamata, vuoi favorire?» gli chiede, continuando a offrirgli il tramezzino.
Luke sbatte le palpebre più volte, prima di infilarsi il telefono in tasca e afferrarlo, sorridendo timidamente.
Ha troppa fame per ribattere.
«Grazie,» sussurra, prima di spostarsi leggermente e far intendere a Gioia di sedersi.
Lei allarga, se possibile, il sorriso, prima di affiancarlo e azzannare il suo tramezzino, affamata come poche e felice più del solito.
Luke butta la sigaretta a terra, a metà, non interessato più a spendere tempo appresso a quella, prima di assaggiare ciò che ha in mano, ritrovandosi a finirlo in meno di cinque minuti.
«Perché sei venuta da me?» chiede, poi, girandosi verso di lei.
«Ti ho visto solo e mi sono chiesta se avessi fame,» alza le spalle e scontra i suoi occhi con quelli di lui, ma il contatto dura un attimo, ‘ché Luke li abbassa, imbarazzato.
«E non hai pensato che magari ho già mangiato prima?»
«L’hai già fatto?»
«No.»
«E allora!» alza nuovamente le spalle e si lascia andare in un risolino, prima di infilarsi tra le labbra l’ultimo pezzo, leccandosele per togliere ogni residuo di salsa.
Luke rimane quasi colpito dalla tranquillità di Gioia, che prende tutto come se fosse meraviglioso o divertente.
«E comunque grazie,» ripete, dopo qualche secondo di silenzio, abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente.
Non sono tutti così gentili con lui, da quando è diventato un po’ più.. riservato.
«Mi hai già ringraziato,» ridacchia lei, muovendosi in modo che i capelli lisci le cadano sul viso.
«Lo so,» risponde solamente, il viso che si chiazza leggermente più di rosso e le mani che si stringono attorno alle cosce.
Gioia sorride e l’ha ben capito che, il ragazzo, ha solo bisogno di qualcuno che gli stia accanto.
 
Eloise sbuffa, si lega i capelli biondi in una treccia disordinata e infine esce dal bagno del Nirvana, posando lo sguardo sul nuovo arrivato, Calum.
Ha un sorriso sul viso, segno che l’incazzatura è almeno sbollita, e chiede subito una birra, quindi non ci mette tanto a capire che non vuole altro che bere, magari farsi qualche risata e lasciare da parte il pensiero che lo tormenta da qualche giorno a questa parte.
Eva.
Si siede accanto a lui, gli da un bacio sulla guancia e sorride, prima di portare gli occhi chiarissimi sul profilo di suo fratello, oltre Calum, intento a giocherellare con il cellulare, la birra ancora a metà di fronte a lui e probabilmente tiepida.
Eloise sbuffa nuovamente, odia che Luke sia sempre così perso nel suo mondo, senza interagire con i suoi amici di una vita, in modo tale da liberarsi di pesi troppo opprimenti.
Ashton si sta passando una mano fra i capelli - troppo lunghi, ma che lui non ha nessuna intenzione di tagliare - e ogni tanto lancia occhiatine alla porta, assicurandosi che qualcuno entri o meno.
La giornata non è migliorata, per lui, e già sa che il sorriso di Calum è falso, sa che Luke non parlerà come fa solitamente, perso chissà dove con i pensieri, sa che Eloise si farà sfuggire qualche cattiveria velenosa - perché è così, lei - e sa che Michael, appena arriverà, non farà che aumentare il nervosismo.
Ha parlato con Eva solo la mattina e, se non fosse che è lei uno dei tanti problemi in quel gruppo di amici ormai disgregato, ne parlerebbe volentieri.
La porta si apre, il campanello suona e la testa tinta di bianco con qualche spruzzata di azzurro fa capolinea.
Michael gli sorride - o ghigna, ancora non l’ha ben capito - prima di lasciarsi scappare un occhiolino, infine si avvicina a passo strascicato verso di loro.
Quando Calum lo nota, il suo sorriso svanisce e gli occhi diventano due lame affilate.
«Buonasera, gente!» esclama l’amico, sedendosi comodamente accanto alla ragazza e sorridendole bonario.
Eloise alza gli occhi al cielo, non degnandolo nemmeno di un sorriso e lasciandosi sfuggire uno sbuffo irritato, che fa ridacchiare Michael.
«Come va?» il silenzio l’accoglie, nessuno parla e l’unico che potrebbe rispondergli decentemente è troppo impegnato a girovagare su Facebook.
«Bene, direi, - commenta, alzando le sopracciglia e arricciando le labbra - Ash, una Tennent’s, grazie,» alza l’indice e sorride all’amico, che l’afferra al volo e gliela lancia.
«Come mai questo silenzio? Preferisco quando mi insultate, a essere sincero,» aggiunge, poco dopo, accorgendosi mentalmente di star facendo un monologo.
Eloise si gira di scatto verso di lui, inarcando le sopracciglia verso il basso.
«Se vuoi ti accontento,» dice, affilata.
Michael la guarda, si lecca un labbro e poi lo morde.
«Amo quando fai l’aggressiva, dolcezza,» ammicca, accarezzandole una guancia con un dito, prima che la ragazza lo tolga con stizza e ringhi.
«Coglione, tieni le mani a posto, odio essere toccata da te,» commenta, afferrando la birra del ragazzo e prendendone un lungo sorso, sotto gli occhi trasparenti di Michael, che si lascia sfuggire un ghigno.
«Una volta non la pensavi così,» ribatte, prima che lei quasi si strozzi con il liquido.
Eloise lo guarda male, digrigna i denti e infine gli sbatte una mano sul braccio.
«Testa di cazzo!» gli urla contro, non attirando nessuna attenzione.
Ormai tutti i clienti sono abituati alle loro scenette.
Michael ride, prima di finire la propria birra e guardare verso un punto indefinito oltre Ashton, che sbuffa innervosito.
«La verità brucia?» la stuzzica ancora.
«L’unica cosa che brucerà sarà il tuo culo tra qualche minuto, se non la smetti di dire stronzate!» ruggisce, sporgendosi leggermente verso di lui, che le ridacchia in faccia.
«Pensavo fossi te la passiva, una volta - è che Michael sa sempre cosa dire - non dicevi ti piacesse?» ed Eloise davvero vorrebbe ucciderlo.
Ashton alza gli occhi al cielo e rivolge un’occhiata anche agli altri due, persi tra chissà quali pensieri.
Sa che sarà una delle solite serate.
 
***
Ehilà,
come va?
Scusate davvero per il ritardo, ma ho avuto un vuoto e non sapevo cosa scrivere, è uscito tutto ora.
Allora, iniziamo con Eva che va a trovare Ashton, suo vecchio amico. Si scusa, dice la sua e fa intendere di essersi pentita, ma lui non è uno che passa sopra facilmente. Gli passerà, dite?
A Scarlett manca Andrea e intanto il capo la manda nella tana del lupo, a subirsi un Ashton a cui rode un poco, forse perché ha avuto modo di parlare con Eva.
Gioia va a far compagnia al biondo e gli offre persino un panino. 
E infine, Michael ed Eloise che si scannano. Qui si capisce un po’ di più del loro passato.
Scappo, comunque, e spero vivamente che vi sia piaciuto.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Bye bye,

Judith. 
  
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