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Autore: Elly J    23/04/2015    0 recensioni
"Noi, Tributi dei ventiduesimi Hunger Games, siamo all’interno dell’Arena… Luogo che si trasformerà nella nostra tomba. Solo uno di noi riuscirà a sopravvivere e di certo non sarò io."
~ ~ ~
"La punta della lancia che stringo tra le mani è a pochi centimetri dal collo di lui. Però all’improvviso la punta inizia a tremare, e con lei tutta la lancia. Le mie mani, le mie braccia, iniziano a tremare convulsamente. Sento le lacrime iniziare a pungermi gli occhi.
Non riesco… non posso ucciderlo."
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 3, La squadra


 
Quando riapro gli occhi è mattina. Lo capisco dalla luce leggera che filtra tra le foglie sopra di me e dal canto vivace degli uccelli. Strizzo gli occhi un paio di volte finché non riesco a mettere a fuoco quello che vedo attorno di me. Sono sotto una specie di tetto fatto di foglie, foglie molto grandi di cui ignoro il nome. Faccio guizzare gli occhi qua e la per trovare qualche altro particolare, ma non c’è molto altro da vedere. L’unica cosa che noto è l’entrata di quella specie di tettoia, di fronte a me. Lì la luce è molto più forte, quindi deduco sia una specie di varco per entrare e uscire.
Quando provo a muovermi, provo un dolore lancinante per tutto il corpo che mi costringe a fermarmi.
Voglio alzarmi, voglio uscire di lì.
Riprovo ad alzare il busto, ma questa volta a cedere sono le mie braccia. Torno con la schiena a terra, ansimante. Il dolore che provo è allucinante, come se fossi stata investita da un tir più e più volte. Ma non posso mollare. Devo alzarmi, uscire di lì e soprattutto capire dove sono.
Con uno sforzo disumano riesco ad alzarmi seduta e una volta raggiunta questa posizione noto che qualcuno mi ha fasciato la ferita sull’avambraccio sinistro, quella che mi aveva procurato il Tributo del Distretto 12. Muovendomi scopro anche che la spalla destra, oltre che a farmi un male indescrivibile, è completamente bloccata da un’ampia fasciatura che sento a contatto con la pelle sotto la mia maglietta. Ricordo anche alla perfezione come me la sono procurata quella maledetta ferita… ma evito di pensarci.
Seduta, ferita e dolorante mi guardo intorno nuovamente, questa volta soffermandomi sui particolari di quella strana caverna fatta di foglie. Quest’ultime sono state intrecciate con una maestria incredibile e proprio quel particolare mi fa ben pensare che non è di certo opera di Ettore.
Ettore, il mio tonto compagno di Distretto, quello che ha cercato di uccidermi piantandomi una freccia nella spalla. Certo, a quanto sembra lo ha fatto per sbaglio… Ma dove è ora?
Tutte quelle domande mi spingono ad alzarmi da terra. Inutile dire che faccio una fatica immane… ma ormai non è una novità. L’unica cosa di cui mi rendo conto in quel momento è che fin ora sono scampata alla morte almeno quattro volte… Un bel record per trovarsi nel bel mezzo degli Hunger Games.
Inciampando di tanto in tanto, riesco finalmente ad uscire da quel luogo così strano, quasi inadeguato. Quando esco la luce del sole mi acceca, tanto che sono costretta a portarmi una mano davanti agli occhi. Poi, all’improvviso, sento una voce.
- Ehi, la tua amica si è svegliata.
Quando i miei occhi si abituano alla forte luce del sole, vedo due figure alla mia destra che camminano a passo svelto verso di me.
- Minerva! - riconosco all’istante la voce bambinesca di Ettore. Non so se sono felice o troppo incazzata di sentirla. Sto giusto pensando ad una rispostaccia da dargli, quando riesco a finalmente a vedere con chiarezza il viso della persona che accompagna Ettore. Subito mi si ghiaccia il sangue nelle vene.
- TU! - esclamo con una vena di terrore mista a sorpresa nella voce.
Ettore mi guarda spalancando gli occhi, poi sposta lo sguardo verso il ragazzo di fianco a sé. - Vi conoscete? - chiede.
- Ettore, vieni qui, allontanati da lui. - dico, senza distogliere lo sguardo dal nuovo arrivato. - Dove sono le armi?
Ettore mi guarda senza capire. - Min, cosa stai dicendo? Lo conosci?
- Ho avuto il piacere di conoscere la tua amica qualche giorno fa, alla Cornucopia. - dice il ragazzo fissandomi negli occhi e sorridendo leggermente. Quel suo sorriso mi fa accapponare la pelle e non capisco bene cosa voglia significare.
Con una mano stretta sulla spalla destra, come per attutirne il dolore, inizio a fare qualche passo lateralmente, preparandomi ad un imminente attacco mortale da parte di quel ragazzo.
- Minerva! - Ettore piagnucola il mio nome, come per obbligarmi a dargli una spiegazione su quella stana e allo stesso tempo pesante situazione.
- Cosa ci fai qui? - chiedo al ragazzo mentre lo fisso con aggressività. Ignoro completamente Ettore.
- Ti ho salvato la vita, Distretto 3, a te e al tuo amico qui di fianco. Dovresti provare almeno un po’ di riconoscenza, non credi? - mi risponde il ragazzo con una nota di ironia nella voce.
- No, non credo, Distretto 7. - dico usando il suo stesso tono beffardo - Se non sbaglio mi hai promesso la morte e a prima vista direi che sembri uno che mantiene le promesse, nonostante tu abbia una faccia da ebete.
Il Tributo del Distretto 7 ride, poi si gira verso Ettore - Simpatica la tua amica. - gli dice.
Ettore lo guarda frastornato. - Mi spiegate perché voi due vi conoscete? - insiste.
- Questo simpatico individuo mi ha promesso di uccidermi senza pietà, Ettore. E sai perché? Perché io non sono riuscita ad uccidere lui durante il massacro della Cornucopia. - mi ritrovo a fissare gli occhi chiari del ragazzo del Distretto 7 e inizio ad essere certa di aver fatto un grave errore nel risparmiarlo. Mi ritrovo nel bel mezzo degli Hunger Games, i giochi della morte per eccellenza, e io sono ancora qui che provo pietà per i Tributi che prima o poi uccideranno me… e so per certo che nessuno di loro esiterà, nemmeno lui, il ragazzo del 7.
Ettore sposta il suo sguardo a destra e a sinistra in continuazione, prima guarda me, poi guarda il Tributo del 7 - Min, lui ti ha salvato la vita. - dice poi alzando leggermente le spalle.
- Peccato che poco tempo fa mi abbia promesso la morte. - rispondo in un ringhio.
A questo punto il ragazzo del 7 allarga le braccia - Credo che io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato. - mi dice.
- Ah sì? - replico sfoggiando tutta la mia ironia. Poi proseguo con tono serio - Non credo che negli Hunger Games ci sia un modo per iniziare con il piede giusto.
Il ragazzo inizia a parlare muovendo le braccia, come se stesse facendo un discorso di fronte ad un pubblico importante - Quando ti ho detto che ti avrei ucciso ero spaventato, perché credevo che mi avresti davvero tagliato la gola con quella lancia. Invece non lo hai fatto, mi hai risparmiato. Non so perché, ma per me conta che tu lo abbia fatto. Quindi quando ho trovato te agonizzante con una freccia piantata in una spalla e il tuo amico di fianco a te disperato, ho deciso di aiutarti.
- Quindi vuoi dire che adesso siamo pari e che possiamo nuovamente tentare di ammazzarci l’un altro? - replico.
Il ragazzo scuote la testa - Non ti voglio uccidere, ne te ne il tuo amico.
- Ti ricordo che siamo negli Hunger Games, 7. Dovrai farlo se vuoi sopravvivere.
- Ora non è necessario.
Fisso negli occhi il ragazzo per alcuni secondi, poi guardo Ettore. Quest’ultimo, per tutta risposta, si stringe nelle spalle. Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione simile. Durante la mia preparazione ai Giochi, mi sono sempre immaginata da sola contro tutti una volta arrivata nell’Arena… e invece ora mi ritrovo con una specie di squadra, di cui uno dei due membri è un fifone piagnucoloso, mentre l’altro ha minacciato di uccidermi e ora ritira le sue minacce. Bella storia.
- Mi chiamo Elia. - dice il Tributo del 7 avvicinandosi di qualche passo a me - Da quanto mi ha detto il tuo amico… come ti chiami?
- Ettore.
- Giusto, Ettore. Da quanto mi ha detto il tuo amico Ettore, tu sei Minerva. - Elia mi porge la sua mano destra con un  mezzo sorriso.
Prima fisso la sua mano per alcuni secondi, poi sposto lo sguardo verso il suo viso - Molto non piacere. - rispondo con voce acida - Perdonami se non ti stringo la mano. - quella situazione è una cosa tanto incredibile quanto assurda. Credo che nella storia degli Hunger Games non si sia mai vista una presentazione del genere tra Tributi, i quali dovrebbero uccidersi l’un altro senza pietà. Chissà come si starà divertendo la gente di Capitol City in questo momento.
Elia fa un passo indietro, ridendo fragorosamente. Poi si gira verso Ettore - Sono tutte così nel tuo Distretto, amico?
Ettore ride di rimando, ma si vede lontano un miglio che non ha capito il senso della domanda.
Tutta quella situazione assurda mi ha fatto dimenticare il dolore delle mie ferite, le armi, ma soprattutto le conseguenze che questa unione di squadra implica. Cosa farò adesso? Un’alleanza non era nei miei piani iniziali per questi Hunger Games… o meglio, non avevo nessun piano. Ma di certo l’idea di portarmi dietro Elia non mi alletta per nulla.
- Ettore, prendi il tuo arco e la mia lancia. Ce ne andiamo. - dico con un cenno del capo verso il mio compagno di Distretto.
Lui mi guarda con gli occhi sbarrati - Cosa? Vuoi andartene così?
Lo fisso con uno sguardo di rimprovero - Certo che voglio andarmene, e subito anche. Ti ricordo che non siamo ad un pic-nic, Ettore. Il ragazzo qui presente potrebbe ucciderci da un momento all’altro.
Elia fa una piccola risata e scuote la testa - Credi davvero che ti ucciderei così, su due piedi, ora? - dice.
- Sì, lo credo. - replico, marcando bene le parole.
Vedo Ettore in difficoltà. Continua a guardare prima me, poi Elia, nell’attesa che qualcuno dei due cambi idea… o meglio, che io cambi idea.
- Min, ti prego, cerca di ragionare. Sei ferita, dove credi di poter arrivare con quelle ferite?
A sentire quella frase non ci vedo più. Sento il sangue iniziare a ribollirmi nelle vene, i muscoli tesi che iniziano a tremare.
- Se tu, maledetta testa di cavolo, non mi avessi colpito con il tuo fottutissimo arco ora non saremo di certo qui! E ti ricordo che siamo nell’Arena, A R E N A, ok? Non al parco dei divertimenti. Potrebbero ucciderci da un momento all’altro e se vuoi evitare che questo accada devi muovere il culo e imparare anche tu ad uccidere in fretta, magari mirando al bersaglio giusto! - la mia voce esce con violenza e cattiveria… ma la verità è che ho una paura incredibile. Vorrei dire a Ettore che non deve provare pietà per niente e per nessuno, ma mi rendo conto che la prima che prova pietà in quella squadra mal messa sono io. Quando ne ho avuto la possibilità non sono riuscita ad uccidere un Tributo, e ora la situazione mi si sta rivoltando contro. Avrei dovuto uccidere Elia alla Cornucopia, tanto comunque sono certa che dovrò farlo a breve.
Ettore è diventato una statua di pietra. Se non fosse per il suo respiro affannoso, potrei dire che sembra morto. Questa situazione sta prendendo una brutta piega, ne sono consapevole. E voglio evitare che finisca in un bagno di sangue, anche perché non so se io ne uscirei vincitrice conciata come sono. Ad un certo punto è Elia a parlare, come se anche lui avesse avuto quel brutto presentimento.
- Direi che è il caso di calmarci. Siamo in una brutta situazione, ma vi ricordo che qui fuori, da qualche parte nell’Arena, ci sono ancora circa una quindicina di Tributi che non vedono l’ora di ammazzarci brutalmente. - Elia si gira verso di me e mi guarda di sbieco - Non credi che sia il caso di preoccuparci di loro, prima? E poi tu sei anche ferita e ti assicuro che sola non andresti tanto lontano.
Fisso Elia negli occhi e mi duole ammettere che ha perfettamente ragione. Per qualche oscuro motivo mi sono completamente dimenticata dell’esistenza degli altri Tributi, come se tutta quella situazione avesse contribuito a rimuoverli dalla mia mente.
- Quindi stai proponendo una specie di alleanza? - chiedo, piegando leggermente la testa di lato. Anche se Elia aveva ragione, volevo comunque mantenere un atteggiamento scettico.
- Esatto, un’alleanza. Che ne dite? - replica il ragazzo con un cenno di assenso. Poi sposta il suo sguardo anche su Ettore.
- Io ci sto. - dice Ettore con fermezza. Non mettevo in dubbio che accettasse, spaventato com’era. Per lui una squadra è tutto dato che non è per nulla in grado di badare a se stesso da solo. Ancora mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere al massacro della Cornucopia.
- Minerva? - mi incalza Elia.
Lo guardo fisso negli occhi per alcuni lunghi secondi, senza dire nulla. - E quando finirà questa alleanza? Quando rimarremo solo noi tre in vita, cosa che dubito fortemente?
- Non credo che ora sia il momento per deciderlo. Quando questa alleanza sarà sul punto di finire, lo capiremo tutti e tre.
Rimango in silenzio ancora per qualche secondo, senza però distogliere gli occhi da Elia. Mi sento come intrappolata in un a rete, senza alcuna possibilità di liberarmi. L’unica certezza che ho è che non sopravvivrò mai a questi Hunger Games. Non ho alcuna possibilità contro i Tributi Favoriti, oltre al fatto che non so usare nessun tipo di arma in modo decente. Nonostante questo però sento qualcosa dentro di me, qualcosa che mi spinge a non mollare, a tentare di tornare a casa sana e salva… sento che mi opprime il petto, che mi costringe a riconoscerla: la volontà di sopravvivere.
- Va bene. - dico infine.
Non posso fare altro che attenermi a queste circostanze, dato che non ho altra scelta… almeno momentaneamente.
 
 
***
 
 
Il sole è quasi alto nel cielo, segno che si sta avvicinando mezzogiorno. Ettore, Elia e io ci sediamo sotto quella specie di capannina di foglie intrecciate che Elia ha costruito per ripararmi dal sole quando ero svenuta. Stando ai racconti dei due ragazzi, dopo che Elia ha trovato me agonizzante in mezzo al bosco con Ettore vicino che piangeva come un bambino piccolo, ho dormito un giorno e mezzo. Mi sono svegliata solamente un paio di volte farfugliando parole incomprensibili e poi sono caduta nuovamente in uno stato di incoscienza.
Elia, con l’aiuto di Ettore, ha curato tutte le mie ferite con delle bende che ha trovato all’interno di uno zaino recuperato alla Cornucopia. A sentire il ragazzo del 7 la ferita sull’avambraccio non è grave, ma quella alla spalla potrebbe avere delle complicazioni se non mi riguardo.
Ettore continua a scusarsi con me per avermi colpita, tanto che ho dovuto ripetergli più volte di stare tranquillo. Non so se lo ho proprio perdonato, ma per ora non ce l'ho con lui. Solamente mi da fastidio quando piagnucola.
Dopo che ci siamo seduti sotto la capannina di foglie, Elia estrae dal suo zaino un po’ di cibo: carne secca, un paio di frutti mezzi marci e mezza borraccia d’acqua. - E’ tutto quello che ho. - dice mostrandoci il cibo - Non prevedevo compagnia e in ogni caso non è che ho avuto molta fortuna con questo zaino.
Ora che ci penso, Elia è stato più furbo di Ettore e me. Lui per prima cosa ha pensato a sfamarsi, invece noi abbiamo pensato per prima cosa alle armi. In verità non so bene quale sia tra le due la cosa migliore, ma in quel momento opto per il cibo.
Ci dividiamo la carne secca in parti uguali e dopo che io rifiuto una delle due mele mezze marce, i due ragazzi se ne mangiano una a testa senza troppi complimenti. Infine passiamo all’acqua, qualche piccolo sorso a testa. Decidiamo di non berla tutta subito, anche se la sete è tanta. Ma non possiamo rischiare di rimanere senza acqua proprio ora, messi male come ci ritroviamo… soprattutto io.
- Quanti altri Tributi saranno rimasti circa? - chiede ad un certo punto Ettore mentre si pulisce la bocca con la manica della giacca a vento.
- Una quindicina? - azzardo.
- Penso meno. Direi una decina. - interviene Elia, masticando il suo ultimo pezzo di carne secca.
Mi sembra impossibile che siano rimasti così pochi Tributi nell’Arena. D’accordo che il massacro della Cornucopia si chiama così per un motivo, ma dieci Tributi sopravvissuti oltre noi mi sembravano veramente troppo pochi.
- Non penso ne siano rimasti così pochi. - commento - Ho sentito i colpi di cannone, non mi sembravano così numerosi.
Elia si gira verso di me - Fidati che non ne sono rimasti più di dieci o undici.
- Come mai ne sei così sicuro? - chiede Ettore.
- Perché molti li ho uccisi io.
La risposta di Elia lascia Ettore e me spiazzati. Ci scambiamo uno sguardo interrogativo, dentro al quale si cela però anche un brivido di paura. Non so per quale motivo, ma non faccio molta fatica a credere alle parole di quel ragazzo biondo con la faccia da ebete. Sento che dietro quella maschera da imbranato si cela qualcuno di molto diverso da come appare.
- Quanti ne hai uccisi? - chiedo con voce completamente piatta. Non voglio di certo far credere a quel presunto assassino di avere paura di lui.
Elia ci pensa un attimo su, volgendo lo sguardo verso l’alto. - Sei.
- Sei?! - la voce di Ettore esce come se qualcuno li avesse dato una pacca sulla schiena - Come hai fatto? Con che arma? Quando ci hai trovato non avevi alcuna arma con te.
- Infatti non ho usato armi.
Fisso Elia, cercando di non far trasparire alcuna emozione. Sono completamente inorridita da con che tranquillità lui ci abbia rivelato quanti Tributi ha ucciso, ma poi mi ricordo che siamo agli Hunger Games e non tutti i Tributi provano pietà come me o come Ettore.
- Hai rotto loro il collo? - chiedo.
Elia si gira verso di me, come se fosse sorpreso da quel mio intervento. - Esatto. Non si sono accorti praticamente di niente. - dice poi.
Ci fissiamo per diversi secondi, senza dire nulla, sostenendo l’uno lo sguardo dell’altro. Sento che mi pentirò molto presto di aver accettato di fare squadra con lui.
  
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