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Autore: Yu_Kanda    23/04/2015    1 recensioni
Cosa si è disposti a fare per risolvere i problemi di coppia? Quando un ridicolo incidente coinvolge Lavi e Kanda nei problemi di qualcun altro, Lavi ha la brillante idea di sfruttare la situazione per convincere la sua non propriamente 'dolce' metà a rendere la loro relazione pubblica. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco...
[YAOI][LAVIYUU]
[Fanfiction Classificata 1° (gruppo long) al Contest "You and I" indetto da Luna Ginny Jackson sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 2° al Contest "Billie sarà contento!" indetto da Rain_Elfwand sul Forum di EFP]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D.Gray-man, ma ho una bella bambolina woodoo... prima o poi funzionerà!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!





Dimmi che mi Ami

 

 

Capitolo 1: Una Splendida Giornata

 

A volte la mattina al risveglio non ci si dovrebbe proprio alzare dal letto.

Spesso, questo tipo di presentimenti finisce per rivelarsi dolorosamente esatto e Lenalee ora si chiedeva perché mai, quel giorno, avesse deciso d'invitare il suo ragazzo a casa mentre il fratello era via.

Si aspettava una serata romantica, con una bella cena a due a lume di candela; credeva di sentirsi dire quanto fosse graziosa, nell'abito che aveva scelto d'indossare per l'occasione. Era sicura che, a un certo punto, lui l'avrebbe baciata teneramente dicendole che l'amava...

Invece, nulla di tutto questo era avvenuto, fallimento completo.

La ragazza camminava con le lacrime agli occhi, il passo talmente spedito da dare l'idea che stesse quasi correndo, sulla strada per l'abitazione di colui che aveva eletto a 'migliore amico'. Qualunque cosa la crucciasse, per ogni guaio in cui si cacciava, ne cercava la spalla, checché lui pensasse in proposito. Erano cresciuti insieme, dopo che il loro vicino di casa l'aveva adottato alla tenera età di nove anni, e lei lo considerava un secondo fratello, la sua personale ancora di salvezza. Adesso il giovane viveva da solo e raramente tornava a trovare il patrigno, che per qualche strana ragione non aveva mai potuto sopportare. Almeno così diceva.

Il signor Tiedoll era un uomo molto particolare, un artista, d'indole fin troppo buona e per questo esageratamente incline alle lacrime, soprattutto di commozione. Emotivo ed espansivo, sempre pronto a dispensare abbracci, chiacchierone... Il figliastro, Kanda, era praticamente l'opposto, tanto riservato da sfociare nell'asocialità, scontroso e brusco nei modi, freddo fino all'indifferenza, l'espressione perennemente corrucciata e zero pazienza. Per forza detestava quel tipo di atteggiamenti e Lenalee era piuttosto sicura che fossero parte dei motivi per cui evitava il signor Tiedoll come la peste. In particolare quando tentava d'invitarlo a melense riunioni di famiglia, perché insisteva a chiamarlo con il nome di battesimo unito a un suffisso Giapponese, che ne faceva quasi un nomignolo. Verissimo, Kanda era Giapponese, e dall'alto dei suoi nove anni aveva immagazzinato tutte le usanze del suo paese, per prime quelle su nome e livelli di confidenza consentiti. Apparentemente, non considerava il patrigno sufficientemente 'in confidenza' da poterlo chiamare con il nome di battesimo, Yuu, meno che mai Yuu-kun. A dispetto di questo, Lenalee sapeva perfettamente quanto il giovane gli volesse bene, a modo suo certo, però non cambiava la sostanza delle cose.

Ora Lenalee aveva assolutamente bisogno del conforto che solo lui poteva darle, Kanda era l'unica persona che la sapeva ascoltare senza giudicarla, che la comprendeva. Forse perché in realtà non gli importava dell'opinione degli altri, o magari la verità era che per lui i problemi della gente cosiddetta 'comune' erano solo idiozie, incluso il mal d'amore. Almeno lui, proprio per questo, non avrebbe riso del suo dolore.

Suonò al citofono con dita tremanti. Quando la solita voce, fredda e lievemente velata d'irritazione, le rispose, la ragazza prese un bel respiro e ingoiò le lacrime per non far capire da subito in che stato d'animo versasse.

Lenalee. – disse semplicemente e la porta scattò, socchiudendosi. Kanda non faceva mai altre domande oltre quel freddo 'Chi è'.

Quando arrivò al piano lui l'attendeva sulla soglia, l'espressione accigliata. A quanto pareva, aveva intuito, anche senza che lei parlasse, cosa la portava a casa sua. Gli rivolse un sorriso triste, salutandolo, ma Kanda invece di risponderle emise una delle solite esclamazioni seccate.

Tch.

Fu l'unico suono a uscirgli dalle labbra; la fissò negli occhi con aria eloquente, in attesa.

Ciao, Kanda-kun. Posso entrare? – chiese lei.

Il giovane teneva molto al proprio retaggio Giapponese, probabilmente in conseguenza della perdita dei genitori e dell'adozione da parte di uno 'straniero', che aveva finito per sradicarlo dalla terra d'origine. Lei poteva capire, essendo di origini Cinesi c'era passata; anzi, in realtà c'erano passati insieme. Sapeva perché l'aveva conservato e sapeva che gli faceva piacere essere chiamato così, per cognome, e si adeguava.

Si accorse di essere oggetto d'uno sguardo particolarmente severo. Era evidente che i suoi sforzi per mantenere ferma la voce erano stati un gran fallimento, considerò Lenalee quando Kanda sbuffò, facendosi da parte per lasciarla passare. Probabilmente, già presagiva le brutte notizie e lo sfogo cui si sarebbe abbandonata e, nonostante avere a che fare con reazioni emotive fosse l'ultima cosa al mondo cui era propenso, la stava facendo entrare. L'avrebbe ascoltata. Consolata. Perché il loro legame era più profondo dell'amicizia.

Dal canto suo, Kanda non era stato affatto contento quando Lenalee aveva iniziato a vedersi con un insulso moccioso albino addirittura di un anno più giovane di lei, ma non aveva potuto far nulla per impedirlo. Dopotutto, la vita affettiva di Lenalee non era affar suo e più di manifestare apertamente l'antipatia che sentiva per il ragazzo non s'era spinto. Però era sicuro che l'avrebbe fatta soffrire, e qualcosa gli diceva che proprio lui dovesse essere la causa dello stato d'animo in cui Lenalee versava quella sera.

Coraggio, siediti. – le disse, piuttosto irritato, dopo averla portata nel piccolo soggiorno. – C'entra quel buono a nulla di moyashi (1) nel motivo per cui sei qui, vero? – chiese poi senza tanti complimenti, in tono sprezzante, quasi volesse farle intendere fra le righe un bel 'Te lo avevo detto'.

Oh, non chiamarlo così, – rispose Lenalee in automatico, al suono del nomignolo con il quale Kanda si riferiva al suo ragazzo – sai che lo odia. – salvo poi ricordare perché si era ritrovata in strada sul punto di piangere, diretta verso la casa di Kanda. – Sì. È uno stupido. – sospirò, distogliendo lo sguardo da quello dell'amico e fissando il pavimento, le mani che le si stringevano sulle ginocchia con forza.

A quelle parole un ghigno compiaciuto comparve sul volto di Kanda, la cui mente fu attraversata da un nutrito gruppo di risposte che andavano dal 'Che ti avevo detto io?' al 'Te ne sei accorta presto!'. Decise però di non infierire sullo già compromesso umore della ragazza. Prese un profondo respiro, preparandosi al racconto di qualcosa di incredibilmente stupido, che solo per una donna poteva assumere una tale importanza.

Che è successo? – chiese poi, porgendo a Lenalee un bicchiere d'acqua. Lei bevve un paio di sorsi, quindi scosse il capo con aria triste.

Niente. – mormorò, posando il bicchiere sul tavolinetto di fronte a lei. Kanda sollevò un sopracciglio a una simile dichiarazione, ma prima che potesse obiettare sul motivo per cui era lì, a casa sua, a piangere, la ragazza continuò. – Non è accaduto nulla di ciò che doveva e tutto, invece, ciò che non si vorrebbe mai a un appuntamento.

Risollevò il viso, fissando Kanda negli occhi con quell'espressione a metà fra oltraggiata e disperata che lui non sopportava. Il giovane sbuffò, scrollando le spalle e portandosi una mano alla tempia.

Lenalee, ti prego. Non coinvolgermi in alcun racconto sdolcinato – iniziò a dire, ma la ragazza pareva non ascoltarlo, presa dal fervore per l'affronto ricevuto.

Si è presentato coperto di fango! Dicendo che non aveva avuto tempo di cambiarsi e chiedendo se poteva farsi una doccia da me! – esclamò, alzando la voce senza rendersene conto, quasi sul punto di non riuscire più a trattenere le lacrime.

Lenalee... – Kanda non sapeva che fare per confortarla. Non era uno dei suoi punti di forza gestire i sentimenti, aveva difficoltà già con i propri figurarsi con quelli degli altri.

Io l'ho lasciato fare, ma ci metteva troppo, così l'ho chiamato... lui ha chiesto un asciugamano, così sono entrata... tu non hai idea! – Kanda sospirò, aspettandosi la descrizione di chissà quale terribile idiozia commessa dal moccioso, e Lenalee continuò lo sfogo. – Sembrava avesse quattro anni! Hai presente? Immaginalo da bambino – e Kanda già a quel preludio aggrottò vistosamente la fronte. Perché, no, non ci teneva affatto a evocare l'immagine di un moyashi infante nella sua sensibilissima mente – durante il bagnetto; lui è felice, schizza dappertutto e la madre, commossa, gli porta pure le paperelle! Questa stessa scena trent’anni dopo. Torna a casa dal calcetto, si fa la doccia, riduce il bagno che sembra l’Acquafan di Riccione, tu lo chiami mentre è ancora dentro e gli dici: “Guarda! Guarda cos’hai combinato!” E lui ti fissa con l'aria innocente, stupita, di chi sta pensando: “E le paperette?!”

Kanda si coprì il viso con la mano, incredulo di fronte a una tale manifestazione d'imbecillità. Eppure il bamboccio albino doveva sapere, ormai, quanto fosse sensibile Lenalee, come aveva potuto comportarsi in un modo così stupido! Senza contare il fratello psicopatico iperprotettivo che lei si ritrovava (quello vero), che se l'avesse sorpreso in tali compromettenti condizioni l'avrebbe come minimo decapitato. Solo da un incapace come lui ci si poteva aspettare una cosa del genere. D'improvviso un pensiero lo fulminò: no, non solo da lui... C'era un altro idiota capace di fare una cosa simile e lui ce lo aveva in casa.

Kanda rabbrividì al pensiero, cercando di scacciarlo dalla mente e tornare a concentrarsi sulla discussione. Visto che per Lenalee era tanto importante, doveva almeno dimostrare un minimo d'interesse e condividere lo sdegno di lei. Sospirò appena.

Lenalee, non ce li abbiamo nemmeno trent'anni. – sottolineò, cercando di sminuire il problema, sviando il discorso su qualcos'altro, ma la ragazza lo fissò facendo il broncio.

Era una figura retorica, Kanda-kun. – si lamentò, accavallando le gambe e sprofondando la schiena nel divano. – Per rendere meglio l'idea.

La esprimeva più che bene anche senza, pensò Kanda, scuotendo la testa. Avrebbe voluto suggerirle di piantarlo, ma sarebbe suonato troppo di parte, quindi accantonò l'idea in favore di un consiglio più blando.

Lenalee, non credi che avresti dovuto discuterne subito con moyashi invece di... – s'interruppe di colpo. – L'hai buttato fuori di casa, vero? – chiese a bruciapelo; quando lei annuì con aria severa, Kanda non riuscì a nascondere un sogghigno, strappandole un'esclamazione contrariata. – Avrei voluto assistere alla scena. – dichiarò candidamente, immaginando l'odioso ragazzetto messo alla porta in mutande (o peggio nudo) con gli abiti in mano.

Io... ecco... – Lenalee si stropicciò la gonna con le dita, fissando poi Kanda negli occhi con espressione supplice. – Se non ti disturbo, vorrei restare qui con te qualche giorno, così non mi troverà in casa e si preoccuperà. Ti prego... – implorò; si sarebbe preoccupato in modo inimmaginabile anche il suo iperprotettivo fratello, ma questo era irrilevante ai fini della macchinazione da lei architettata giusto una manciata di minuti prima.

Kanda impallidì di colpo. Non si aspettava quella richiesta e ora non sapeva come dirle di no senza tradirsi. Non si sentiva ancora pronto a rivelarle della sua relazione con qualcuno che lei conosceva anche troppo bene, visto che tutti loro frequentavano la stessa università ed erano amici; ma qualcosa doveva pur dirle.

Lenalee, è... complicato. Io... ho un appuntamento stasera e anche domani, e... – esitò, riflettendo velocemente su una scusa plausibile.

L'evidente imbarazzo che l'interruzione tradiva fece saltare subito Lenalee alle conclusioni; gli sorrise, estasiata e meravigliata al tempo stesso.

Ti vedi con qualcuno! Oh, Kanda è meraviglioso! – esclamò raggiante, mentre Kanda afflosciava le spalle prevedendo la catastrofe imminente. – E com'è? La conosco? È bella? Simpatica?

Ecco, il terzo grado era iniziato e lui non aveva idea di cosa rispondere per soddisfare la curiosità di Lenalee e farla smettere di porre domande imbarazzanti. Inoltre... doveva liberarsi di lei prima che l'altra catastrofe rientrasse, facendo scoprire il suo segreto.

Sarebbe meglio che tu non restassi, perché io... insomma, noi... torniamo qui dopo cena. – le rivelò riluttante.

Sperò che la spiegazione fosse sufficiente per convincere la ragazza a non insistere ed evitò di rispondere alla sfilza di domande precedenti sulla natura della persona con cui aveva appuntamento.

Lenalee sorrise per il palese disagio dell'amico e stava per commentare la confidenza ricevuta, quando il rumore della porta che si apriva fece voltare tutti e due.

Yuu, sono tornato! Dammi cinque minuti, mi cambio e poi andiamo! – quasi gridò una voce molto familiare dall'ingresso; Lenalee fissò Kanda, spiazzata, riconoscendone il proprietario.

L'oggetto dell'occhiata indagatrice distolse immediatamente lo sguardo, sentendosi perduto. Non c'era una singola possibilità che la verità sul suo rapporto con il giovane appena arrivato non saltasse fuori, anzi proprio quest'ultimo non si sarebbe fatto problemi a parlarne. Difatti si presentò a torso nudo qualche secondo dopo, trovandosi di fronte Lenalee seduta sul divano e Kanda in piedi accanto a lei. Fissò la ragazza sorpreso, avvicinandosi all'altro giovane e ricevendo un'occhiata omicida che prometteva ogni tipo di tormenti se si fosse anche solo azzardato ad abbracciarlo e baciarlo davanti a lei.

Lavi? – esclamò Lenalee, confusa. – Viene con voi? Fate un'uscita a quattro?

Il giovane la salutò con un sorriso, poi si rivolse a Kanda sollevando il sopracciglio visibile, visto che il suo occhio destro era coperto da una benda medica.

Non le hai ancora detto nulla, vero? – si lamentò in tono ferito e sospirò, mentre tornava a finire di cambiarsi, dopo il fallimento del patetico tentativo di ricevere un 'bentornato' come si deve dal suo Yuu. Il quale, cosa ampiamente prevedibile, fece del proprio meglio per ignorare il commento, concentrandosi invece sulla domanda posta da Lenalee, cui comunque trovò il modo di dare una risposta evasiva.

Uh, sì, Lavi... viene. – borbottò, con gli occhi incollati al pavimento, sentendo un leggero calore salirgli al volto.

Maledizione, no! Non doveva arrossire proprio ora, davanti a Lenalee!

La ragazza parve riflettere attentamente su quanto Kanda le aveva appena detto, non riuscendo a comprendere il motivo del suo imbarazzo.

Se c'è anche Lavi, non potreste fermarvi da lui dopo? – azzardò speranzosa, non volendo proprio ritornare a casa e affrontare le insistenze del fidanzato quella stessa sera, perché, ne era certa, l'avrebbe trovato seduto ad aspettarla sui gradini dell'ingresso. Aveva bisogno di un po' di tempo per calmarsi e riuscire a perdonarlo della sua insensibilità. – Così io potrei restare senza infastidirvi...

Kanda sospirò, scuotendo la testa preoccupato, perché questa volta non poteva evitare di fornire una ragione valida per motivare la propria impossibilità di accontentare Lenalee. Avrebbe voluto escogitare un modo non troppo compromettente di spiegarle, ma Lavi si intromise dall'altra stanza.

In effetti restiamo da me. Il fatto è che le due cose coincidono, Lenalee. – quasi gridò, perché lo sentissero bene. A quell'affermazione Kanda assunse un'aria talmente colpevole che Lenalee iniziò a chiedersi cosa stesse succedendo e che intendesse dire Lavi, quando il giovane ricomparve pronto per uscire. – Ho lasciato roba sul letto, metto via dopo che saremo rientrati. – informò il padrone di casa, con un sorriso sornione talmente sfacciato che fece saltare i nervi di quest'ultimo.

Certo, trasferendola in terra come tuo solito! – Kanda lo rimproverò di getto, senza riflettere sul fatto che avevano pubblico quella sera, accorgendosi troppo tardi di aver praticamente reso una confessione a Lenalee.

La ragazza lo fissò a bocca aperta, spostando poi lo sguardo sul viso soddisfatto di Lavi, il quale continuava a sorridere godendo dell'espressione sconvolta di Kanda. Atteggiamento che gli fece guadagnare un pugno al ventre, dato con poca forza ma con rabbia. Lavi ne approfittò immediatamente per abbracciare l'aggressore, piegandosi su di lui, e i due giovani iniziarono una piccola lotta, uno per liberarsi dalla stretta e l'altro per mantenere la posizione.

Stavano per rovinare in terra quando la voce di Lenalee li fece bloccare di colpo.

Lavi vive con te? – domandò incredula, alzandosi dal divano. – Quindi non c'è nessuna donna, è con lui che esci. – concluse, perché per come lo conosceva, sapeva fin troppo bene che mai avrebbe consentito altrimenti a qualcuno di dividere anche solo una camera del dormitorio studenti con lui, figurarsi il proprio appartamento.

Kanda s'irrigidì fra le braccia di Lavi, evitando di voltarsi verso di lei.

Andiamo Yuu, prima o poi avresti dovuto dirlo almeno a lei. – Lavi sospirò, liberandolo e prendendogli il viso fra le mani per costringerlo a guardare verso di lui. Kanda lo allontanò con astio, serrando le labbra.

Lenalee sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di riprendersi da quella notizia scioccante. Kanda era sempre stato un solitario, rifuggiva ogni contatto sia con donne che con uomini, ragion per cui indovinarne le inclinazioni sessuali era pressoché impossibile, ma Lavi...

Lui era il più sfacciato donnaiolo in circolazione in tutto l'edificio universitario, sempre dietro a una gonna, ogni minuto del giorno. Proclamava che Kanda era il suo migliore amico, per cui aveva senso che gli stesse appiccicato tanto quanto l'astio dimostrato da questi per le attenzioni ricevute e non richieste. Però... adesso che sapeva, il loro comportamento dell'ultimo periodo assumeva tutto un altro significato. Ecco perché d'improvviso non c'erano più donne per Lavi, ecco come mai di recente Kanda appariva fin troppo tollerante con lui e gli consentiva di trascorrere insieme tutto il tempo libero fra le lezioni.

La curiosità di sapere come potesse essere successo la divorava, ma Lenalee si guardò bene dal chiedere proprio una cosa del genere, conoscendo quanto Kanda fosse restio a esternare i propri sentimenti.

Mi dispiace, non volevo farvi litigare. – mormorò invece, stringendosi le braccia attorno al corpo. – Kanda-kun, io... sono davvero contenta per voi. – gli sorrise, sebbene ci fosse un che di triste sul suo viso. – Allora vi lascio soli, non voglio mettervi in imbarazzo quando tornerete.

Lavi le scoccò un'occhiata interrogativa, completamente all'oscuro di ciò di cui i due stavano discutendo prima che rientrasse, poi spostò lo sguardo su Kanda, esprimendo la stessa implicita domanda. Il giovane sbuffò leggermente, quindi si decise a fornire una spiegazione, seppure molto, molto concisa.

Lenalee ha litigato con moyashi e mi chiedeva di restare qui. – disse in tono neutro.

Il viso di Lavi s'illuminò di comprensione, come se da quella notizia scarna gli fosse stato possibile estrapolare chissà cosa, e si colpì la fronte con il palmo di una mano.

Ci avrei scommesso! – esclamò in tono di disapprovazione. – Gli avevo detto di darsi una ripulita dopo la partita, ma lui ha risposto che era troppo in ritardo, che l'avrebbe fatto a casa. Solo, non mi aveva specificato a casa di chi. Che idiota.

Ma senti da che pulpito, commentò mentalmente Kanda. E così l'idiota, il suo idiota, se n'era andato a una partita di calcetto nel giorno del loro anniversario. Non che lui fosse tipo da dare importanza a queste cose o che l'appuntamento di quella sera fosse chissà quale grande evento, visto che erano insieme 'ufficialmente' solo da tre miseri mesi, però... be', sì. Gli bruciava che Lavi non gli avesse detto che l'impegno importantissimo cui non poteva assolutamente rinunciare nel giorno del loro anniversario era solo una fottutissima partita di calcetto! Con moyashi per giunta!

Serrò la mascella, scoccando al compagno un'occhiataccia assai significativa.

Visto che l'idiota numero due, qui, sembra sapere già tutto, non avrà nulla in contrario che tu resti finché siamo via. – affermò caustico, fissando Lavi, per poi posare una mano sulla spalla di Lenalee con fare comprensivo, seppure la sua postura apparisse piuttosto rigida nel compiere quell'atto gentile. – Rilassati un paio d'ore, tanto noi non rientreremo prima di mezzanotte. Poi ti accompagneremo a casa.

Lenalee annuì, coprendo la mano di Kanda con la propria; accennò nuovamente un sorriso e accettò con gratitudine il plaid che il giovane le porse subito dopo. Avrebbe cercato di dormire un poco, ma non sarebbe rimasta fino al loro ritorno. Non voleva creare altri problemi a Lavi, perché, se conosceva Kanda come sapeva di conoscerlo, i due avrebbero litigato appena fuori della porta a causa sua. E lei non voleva assolutamente rovinargli la serata, considerato lo stato d'animo in cui versava dopo che qualcuno aveva mandato all'aria la sua.

Domani parlo con Allen e gli do una bella tirata d'orecchi, vedrai che non lo farà più. – promise Lavi mentre apriva la porta, venendo subito spinto bruscamente all'esterno dal giovane dietro di lui.

Lenalee li salutò con la mano, cercando di dare a vedere che era tranquilla; quando però la porta fu richiusa, si rannicchiò sotto la coperta senza più trattenere le lacrime.

Era conscia di quanto fosse esagerato il modo in cui aveva reagito, ma non poteva farci nulla. La delusione di un sogno infranto può essere davvero travolgente, a volte, e lei si aspettava il pacchetto “serata da fiaba” completo.

Allen avrebbe dovuto suonare alla porta in smoking, mazzo di fiori (rose rosse) alla mano, salutarla con un inchino e chiederle con un bel sorriso dolce se poteva entrare... lei avrebbe preso graziosamente i fiori e risposto all'inchino, offrendogli la mano da baciare... Solo allora l'avrebbe invitato dentro. Lui le avrebbe offerto il braccio con cavalleria e lei l'avrebbe condotto al tavolo imbandito per l'occasione. Avrebbero cenato e poi danzato, e poi...

Le sfuggì un singhiozzo più forte e tirò su con il naso (tanto non c'era nessuno che potesse sentirla), muovendo in avanti il braccio per guardare l'orologio. Regolò la sveglia; ancora una mezz'ora, poi si sarebbe 'ricomposta' e avrebbe preso la via di casa.

 

 

Entrati nell'ascensore, Lavi non poté fare a meno di chiedersi quanto l'aver rivelato a Lenalee della loro relazione avrebbe inciso sulla serata che si apprestavano a trascorrere insieme e, a dire il vero, l'inizio pareva niente affatto promettente. Anzitutto, Kanda si ostinava a mantenere il più assoluto silenzio; secondariamente, aveva in spalla la custodia di stoffa della sua spada, e non era vuota. Inoltre, teneva le mani in tasca con aria distratta, lo sguardo puntato casualmente di lato, sul numero dei piani che cambiava nel display dell'ascensore.

Quando arrivarono al pianterreno e le porte si aprirono, Kanda fu il primo a uscire. Senza neanche gettare un'occhiata indietro per vedere se Lavi lo seguisse o meno, si diresse a grandi passi verso il portone. Appena furono in strada, vedendo che non accennava a rallentare né pareva intenzionato a rivolgergli la parola, Lavi decise di appianare quel diverbio, prima che la cena del loro anniversario ne risultasse irrimediabilmente rovinata.

Posso chiederti perché hai portato Mugen con te? – esordì in tono serio. – Tutte le volte che lo fai è come se volessi dire: "Se mi tocchi, se mi parli, se anche solo mi guardi, ti faccio a pezzi".

Kanda si voltò verso di lui, sollevando un sopracciglio in maniera piuttosto eloquente riguardo la sua opinione su quell'affermazione ridicola. Poteva concedere che, in relazione alle proprie origini orientali fosse un tantino fissato con i Samurai e l'arte della spada, che amava e praticava; poteva concedere che, come conseguenza, fosse anche più di un tantino fissato con le katane in generale e avesse persino dato un nome a quella che possedeva. Poteva persino concordare che apparisse quantomeno azzardato portarsi dietro una katana autentica, anche se, secondo la sua personale interpretazione del mondo, era solo per protezione. Non poteva invece tollerare che gli si mettessero in bocca parole che non aveva mai pronunciato.

Mai detto niente del genere. – rispose gelido, riportando lo sguardo sulla strada davanti a sé.

Questo, secondo il modo in cui vedeva le cose, avrebbe dovuto concludere la conversazione; ma, come sempre, l'idiota che si tirava dietro non sarebbe stato dello stesso avviso. Se solo non fosse stato così importante per lui...

Dannatissimi sentimenti.

Perché ti dà fastidio che sappiano di noi? – chiese il sopracitato idiota, toccando un diverso tasto sensibile, argomento che Kanda non voleva assolutamente affrontare in quel momento e, a dirla tutta, in nessun altro. E non avrebbe smesso finché lui non avesse ceduto o fosse esploso. – Non sminuirebbe la tua mascolinità, se è questo che ti preoccupa, e tutti continuerebbero ad aver paura di te, garantito, bastardo come sei. – insistette Lavi, ricalcando l'esatta linea di condotta che lui aveva previsto.

E così, i loro compagni di università pensavano che fosse un bastardo; ma che bella notizia. Lavi trovava sempre il momento migliore per metterlo a parte di certe cose. Perché per una volta non poteva semplicemente lasciar perdere? Perché voleva proprio finire per litigare in un giorno che, in teoria, era importante praticamente solo per lui? Kanda roteò gli occhi, rifiutandosi di cedere all'irritazione che stava montando in lui.

Sta' zitto! – sibilò aspro. – Non voglio parlarne, specialmente stasera.

Aveva messo il broncio, Kanda poteva vederlo con la coda dell'occhio. Era certo che stesse rimuginando su una delle sue favolose argomentazioni per tentare di convincerlo, ancora una volta, che tenere segreta la loro relazione fosse stupido ed egoista da parte sua. E Lavi non lo deluse affatto, anzi.

Sai cosa? Ti vergogni di esserti innamorato proprio di me, che ho tutti quei difetti che hai sempre proclamato di detestare, ecco che c'è. – disse d'impulso, e si morse la lingua immediatamente dopo essersi lasciato sfuggire un'affermazione simile, che era equivalente a una dichiarazione di guerra, rivolta a Kanda.

Questi si fermò di botto, voltandosi a fronteggiarlo. Tuttavia, invece dell'espressione furente che Lavi si aspettava di vedere, delle parole taglienti che era certo Yuu gli avrebbe vomitato contro, lesse nei suoi occhi scuri profonda amarezza. Deglutì a vuoto, temendo di aver fatto un disastro totale, persino peggiore di quanto aveva presagito solo un istante prima. Avrebbe voluto scusarsi in qualche modo, invece, a dispetto degli ordini inviati dal suo cervello alle corde vocali, la voce non volle uscire e lui restò muto a bocca aperta.

Kanda lo scrutò, serio, i lineamenti rigidi nello sforzo di non tradire nessun'altra emozione, a parte quella chiaramente visibile dallo sguardo che stava rivolgendo.

Tch. – esclamò, fissandolo dritto in viso. – È questo che credi? Che mi vergogno di te?

E forse in parte era così, ma Kanda Yuu non l'avrebbe mai ammesso, nemmeno con sé stesso. Lavi ne sostenne lo sguardo, costernato, tormentandosi le mani mentre pensava a come uscire dal guaio in cui la sua boccaccia lo aveva appena cacciato. L'ultima cosa che voleva era essere piantato il giorno del loro terzo anniversario. Mesiversario. Quel che era.

Io... – iniziò, poi allargò le braccia con aria sconsolata. – Be', è l'impressione che dai. Tutta questa segretezza, il fatto che in pubblico neanche ti posso sfiorare... mi ferisce, sai?

Kanda sospirò. Colpito e affondato. D'accordo, forse si vergognava, ma solo un pochino e non per le motivazioni che credeva Lavi. Oh, al diavolo! Afferrò il braccio del giovane e se lo passò intorno alle spalle, cingendogli poi la vita con il proprio, sotto lo sguardo stupito di lui. Quindi riprese a camminare, anche se un po' impacciato, sollevando il viso per osservarne la reazione, visto che si era zittito di colpo: gli sorrideva.

Sorrideva, con quella sua disarmante aria allegra contro la quale lui non riusciva a tenere il muso, né a essere convincente quando lo rimbrottava. Sentì un certo calore salirgli al viso, ma si sforzò d'ignorarlo.

Lavi parve intuire il momento di debolezza e si chinò piano su di lui, coprendo quei miseri due centimetri di altezza che li separavano e unendo dolcemente le loro labbra, anche se solo per un breve attimo.

Kanda non protestò. Anzi, si lasciò stringere un pochino di più dopo quel bacio fugace, omettendo persino di colpirlo come faceva sempre, quando Lavi mimò con le labbra 'Love Yuu', il gioco di parole che lui odiava tanto.

Idiota. – commentò semplicemente; il bersaglio dell'epiteto gli si appoggiò di peso sulla spalla, la testa reclinata e le labbra quasi premute contro il suo collo, nel vano tentativo di trattenersi.

La risata argentina che sfuggì da quelle labbra, così vicine da sfiorarlo, tanto da mandargli brividi lungo la schiena, gli risuonò nell'orecchio. Non che gli dispiacesse, in verità, adorava la voce di Lavi e ancor più il suo modo di ridere e, no, non glielo avrebbe mai detto, ovviamente.

 

 

 

Note:

(1) Moyashi: germoglio di fagiolo. Allen ha avuto questo nomignolo perché è basso, esile e inutile.

 

   
 
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