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Autore: Felixfair    25/04/2015    0 recensioni
Jane è una ragazza che ama osservare la realtà fino a perdercisi dentro, ma ancora di più ama riuscire a staccarsi da questa realtà. I suoi ragionamenti hanno un inizio ma difficilmente hanno anche una fine precisa. Si annoia facilmente, ha una vocina nella testa, e un istinto che la porterà lontano. Più di quanto vorrebbe. Se vi state chiedendo che razza di storia è questa state sbagliando domanda, perchè non lo so io e di conseguenza nemmeno lei. So solo che è la sua storia, e forse vale la pena di essere raccontata.
(Collaborazione con VPV, la storia parallela e intrecciata di Penny e Jane, narrata da un altro punto di vista)
Genere: Commedia, Demenziale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Beh. Non c’è proprio un motivo particolare per cui sono qui a scrivere oggi. Più che altro ce ne sono molti. Intanto, oggi è un anno che sono su efp. Ovvero un anno che ho lasciato morire quella piccola povera storia innocente che ora non mi interessa più. Ma anche un anno dal giorno in cui ho fatto l’iscrizione al magico mondo che mi ha portato a conoscere la specialissima VPV. Faccio una precisazione che potrebbe apprezzare. La MIA specialissima VPV. Sto leggendo la sua storia, perché vale la pena non solo di essere raccontata ma anche di essere letta, ascoltata, e dove possibile, capita.
Quindi ho pensato che forse era il momento di portare alla luce una nuova storia, o almeno di provarci. O morire per questo! Beh no, magari morire no, dai. Suonava piuttosto epico però, giusto? Ecco che divago con del no-sense. Chiedo scusa, divago sempre. Ho dimenticato quello che volevo dire. Ah ok, ecco è tornato. Dicevo. Leggendo la storia di VPV mi è… boh, venuta la voglia di picchiare la tastiera con le dita in maniera che le lettere messe in fila formino parole di senso compiuto. In parole povere, voglia di scrivere. La domanda immediatamente successiva a questa idea l’ha fatta Eireen. Sì, la vocina nella mia testa, la sorella mai nata, bla bla bla. Riassumendo, la parte rompiscatole del mio cervello. “Cosa scrivere?”
Eh. Cosa… cazzo. Sapevo che c’era la fregatura. Insomma… un’idea io ce l’avrei. Però, boh. Il mostro nero dell’insicurezza che dorme nel mio stomaco non la approva molto. Potrei fare quelle belle cose che si fanno con i libri di successo. Raccontare la stessa storia, e intendo quella di VPV, ma dal punto di vista di un personaggio differente. Intendo la valigia. No, sto scherzando, intendo me. Megalomane? Egocentrico? Vanitoso? Scorretto? Ditemelo voi. E’ il genere di cose che di solito piace tanto. Ma anche se la storia avrà personaggi simili, sarà un po’ diversa. Potreste prenderla come la fan fiction di una storia originale. O potreste prenderla come una storia e basta. La mia. Non dimenticate però, mia, ma parallela e intrecciata a quella di persone speciali.
Scrivere tutto ciò è stato dannatamente difficile e spero che almeno abbia una sua utilità. Divagare è un mio vizio terribile e non sono capace di evitare battutine ogni tanto, spero non abbia influito troppo. Quello che so è che è decisamente troppo lunga come premessa.  (un'ultima cosa, questo primo capitolo sarà mostruosamente corto, perchè è stato scritto in qualche ora e non è granchè, ma prometto che migliorerà)
 
 

1

Grovigli di ricordi

 
 
Lo ammetto. Nonostante il premio ricevuto alla fine dell’anno dalla mia classe e dai miei genitori, per aver sopportato di tutto e di più, non sono una ragazza paziente. No. Per nulla. Tiro un calcio ad un’innocente pietruzza che passa sulla strada e ignoro le sue urla di pietà mentre la scaravento sul marciapiede sul lato opposto. Mi sto annoiando. Mi sto annoiando e io detesto annoiarmi. E vi dirò una cosa, anche le persone detestano che io mi annoi perché divento terrificantemente molesta e lamentosa. Prendo il cellulare dalla tasca, ho le dita ghiacciate, ci soffio sopra per scaldarle e dato che sono anche terribilmente imbranata, nella manovra rischio di far cadere il cellulare. Grazie al cielo non mi ha visto nessuno. Giusto perché lo sappiate, uno dei miei numerosi titoli è “La collazionatrice di figuracce” gli altri ve li dirò più avanti, quando ce ne sarà l’occasione. Mi guardo attorno per sicurezza e poi abbasso di nuovo lo sguardo sul cellulare dove è racchiuso il mio piccolo mondo. A quanto pare la batteria del mio piccolo mondo è scarica.

Tanto vale rifugiarsi altrove, fare a pezzettini la realtà sezionandola, è una delle mie attività preferite. Comincio ad osservare, analizzare con lo sguardo, immagino di disegnare quello che vedo indagandone le forme e scoprendone i segreti. Potrà sembrare esagerato detto così, ma è questo quello che tento di fare quando la gente mi vede spostare lo sguardo sul nulla. Ma non è nulla. Perché con un po’ di allenamento e memoria potrete accorgervi che il portone grigio davanti al quale siete passati la settimana scorsa adesso è verde. Che il biglietto di Mark che cercava lavoro non c’è più appeso al lampione, che c’è un fiocco blu sul cancello dei vicini, che la luce del sole batte giusto sul viso di un bimbo che dorme, che un signore molto bello, con la barba e gli occhiali sorride a una bambina in vestito giallo a pois rossi; e che sopra al volantino di un mese fa, della piccola Lea -gatta rossa di sei mesi, smarrita- c’è scritto sopra, con un bel pennarello blu “RITROVATA, GRAZIE”.

La mia vita praticamente è fatta di questo. Osservare piccoli inutili, insignificanti, banali particolari, alla ricerca del Particolare. Il particolare con la P maiuscola è quella piccola cosa che sarà grande abbastanza per dare una svolta alla mia ordinaria realtà. È questo che sto cercando. E dato che non ho la più pallida idea di come sia devo stare attenta a vedere tutto.
 
Chiaramente è un gioco difficile da fare quando sei arrabbiata. Tipo adesso. Grovigli di ricordi mi turbinano nella testa, scendono sulle spalle, mi restano attaccati ai vestiti… mi rallentano. Vedrete come il mio umorismo possa diventare orrendo quando sono arrabbiata o triste. Forse diventa perfino cattivo. Non sono granchè brava a parlare di me stessa. Dico come la penso io ma se la pensiamo allo stesso modo e le nostre menti sono simili… beh in genere è piuttosto raro e ancora non sono sicura che sia una buona cosa. Eireen si intromette nei miei pensieri. Mi passo una mano tra i capelli (e le dita restano come al solito incastrate in quei maledettissimi ricci) e mi mordicchio le labbra mentre ascolto i suoi rimproveri. So che arriverò tardi a casa e non dovrei, Eireen aggiunge che ha raggiunto il limite del numero di ramanzine genitoriali che può sopportare in una settimana. E a dirla tutto sono d’accordo con lei. Quindi mi costringo mio malgrado a muovere le gambe verso casa.
È vuota e non posso fare a meno di sospirare di sollievo. Mi rifugio in camera e tiro fuori il cavalletto. Perfino Eireen fa silenzio, e io posso parlare con i colori.
Dopo qualche ora nella stanza c’è ancora silenzio. Le mie dita sono colorate, i miei capelli sono più disordinati che mai, sparano in tutte le direzioni e nemmeno la mia faccia è sfuggita alla furia del colore. I miei occhi indagano le forme che sono nate sulla tela. Non mi piace. Dopo tutto l’impegno che ci ho messo. Non mi piace. E voglio ricominciare tutto da capo
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