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Autore: JustAHeartBeat    25/04/2015    3 recensioni
Entro in classe.. o meglio, sarei entrata in classe se l'ingresso non fosse stato ostruito da un armadio. Non mi è subito molto chiaro cosa ci faccia un armadio davanti alla porta della classe, quanto mi è chiara la durezza del pavimento. Il mio sedere perlomeno ha imparato a conoscerne anche la densità. Ahia.
“Hey, mannaggia a me! Scusami davvero, non era mia intenzione”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
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Buongiorno a tutti!
Eccomi qui con un'altra long da farvi leggere!
Ammetto che inizialmente non avevo intenzione di pubblicarla qui, ed anche ora non sono propriamente sicura di ciò che sto facendo.. ad ogni modo tentar non nuoce! Giusto? *cri cri cri* okaaaay :'(. Scherzo xD. Passiamo alle cose serie e parliamo della storia: quest'altro lampo di genio(?) è stato scritto in realtà più di un anno fa e stato poc'anzi sottoposto ad una bella revisione :) Quindi, speriamo bene!
Mi farebbe davvero, davvero moolto piacere ricevere un vostro commentino, ovviamente anche critica, quindi a presto cari!
Bacionissimi(?)
JustAHeartBeat

 

Il bacio della sfiga
 
Prologo
   Un giorno come un altro
 
"Sono le 8:20, ma vuoi sbrigarti!" Questa è stata la prima angelica voce che ho sentito al mio risveglio. Ah, son forse queste le note angeliche che i poeti d’altro tempo narrano? Questa voce femminile squillante ed acuta come un Chihuahua che ha sbattuto il mignolo allo spigolo della porta. Quale suono migliore poteva accompagnare la mia consueta incazzatura mattutina, se non quello della voce di mia madre che sbraita manco le avessero versato l’aceto nel latte? Ma ovviamente nessun’altra!
Emergo dalla borsa e mi porto una mano alla tempia nel tentativo di reprimere il malsano bisogno di lanciare qualcosa. Non so perché ma qualcosa mi dice che non è la prima volta nell'arco di queste due ore che sento una frase come questa, e adesso come adesso,trovo che sia il tipo di frase che detta in un momento come questo faccia incrementare l'istinto omicida domato di una persona ."Oh che palle ma', un attimo, sto facendo la cartella!" le urlo di rimando, le braccia sprofondate nei meandri più oscuri della borsa ed il capo alto, voltato in direzione della porta, fino a sentire un’imprecazione poco gentile proveniente dalle mie corde vocali.
"Non ti azzardare a dire parolacce, tanto meno a me" risponde questa, indignata, ed io la immagino incrociare le braccia sotto al seno, poggiata al corrimano delle scale. Come se fosse la prima volta.
"Ok mammina, scusami tanto se cerco di combattere la sordità nel mondo" borbotto per niente convinta in un ruggito all'incredibile Hulk bloccato nel traffico del lunedì mattina.
Setaccio per la millesima volta la libreria e poi mi arrendo al fatto che non troverò mai 'Il giovane alchimista', e che probabilmente l'avrò frullato da qualche ignota parte della stanza ieri sera. Do una schicchera con l'indice ad un pop-corn solitario posato sul tomo di aritmetica e geometria e lo butto a casaccio nella cartella consunta di stoffa, che esala il suo ultimo respiro per poi rotolare rovinosamente sul pavimento di parquet chiaro, e rovesciando il proprio contenuto. Impreco mentalmente e mi chino a rimettere 'a posto' i libri.
Quando sono abbastanza convinta che la pagina settantanove della Divina Commedia sia irrimediabilmente strappata, prendo lo straccio blu, che gli esseri umani, estranei a questa casa e a ciò che accade al suo interno (ordine compreso), chiamano cartella e passo distrattamente davanti allo specchio.
Beh, Marilyn Monroe arrenditi al fatto che sono più figa io!
 Con questo ironico pensiero afferro 'molto delicatamente' la boccetta del profumo e mi spruzzo due gocce del suo incolore liquido sul collo, per poi prendere male le distanze e farla cadere, imbrattando il tappeto. Quando il destino dice che una giornata deve andare male, va male in un modo o nell’altro va comunque male.
Decido che non sia il caso di mandare a rotoli la mia carriera scolastica per del profumo e mi catapulto giù dalle scale saltando i gradini a due a due, per poi avere una fantastica visione del mio cellulare che fa bella mostra di se sulla scrivania della cameretta e ritornare su battendo i piedi, con uno smisurato odio contro il mondo ed i telefonini (per non dire l'odio nei confronti della mia stupida memoria, ma non lo ammetterò mai).
" Era ora! Il bus sta per passare ma ancora fai in tempo a fare colazione" Mi fa presente mia madre che evidentemente non ha capito a che livello la mia pazienza sia in questo momento.
"No, tranquilla mamma , prenderò un cappuccino alla macchinetta con Ely, Lenny e Jules" le dico io,con una scrollata di spalle. La Willsow non vede l’ora che arrivi tardi e farlo la seconda settimana di scuola sarebbe una follia. Butto un’occhiata malinconicamente alla brioche farcita sul piano della cucina, che oltretutto mi guarda triste, chiedendomi di mangiarla, la stronzetta, mi fa anche sentire in colpa!
"Sempre la solita,nemmeno fai più colazione a casa! Sempre in ritardo pronta a fuggire qui e la. Oh ma vedi signorina se stasera non vai a dormire ad un orario proponibile" borbotta contrariata, per poi battere il mattarello tra le mani in una chiara minaccia non verbale. Sbuffo alzando gli occhi al cielo.
Decidendo, da buon’anima quale sono, che non sia il caso di lasciar soffrire una povera brioche,la addento e,cartella in spalla, esco da casa, respirando il profumatissimo smog che avvolge il quartiere manco fosse una coperta.
Tre passi sul viottolo e vedo l'autobus passarmi davanti, con un ghigno beffardo. Fantastico, di bene in meglio!
Inizio a correre a perdifiato, con la brioche in bocca, i capelli sulla faccia ed una mano in testa per non far cadere il cappello.
Eccomi qui come sempre, in ritardo, già sudata e trafelata di rima mattina: Anna Giannario , diciassettenne in piena fase adolescenziale (purtroppo) , ma anche una delle più brave della classe ( LA più brava, ma non diciamolo in giro ), brillante in tutte le materie,con un'ottima memoria (no,non è vero, ma diamola lo stesso per buona) e una capacità di comprensione eccellente … cosa si può desiderare di più? Nulla, ovviamente. Mh.. insomma..
Comunque, adesso, teoricamente dovrebbe arrivare la classica parte pallosa del libro nella quale la solita protagonista stra-figa si infanga trovando miliardi di difetti che non ha, ma vi comunico che la sottoscritta, per quanto perfetta, (?) non è una gran stra-figa, (purtroppo..guarda te se dovevo capitare nell'unica storia nella quale non posso descrivermi come una modella mancata..quanto è ingiusto il mondo!) anzi, è un gran catorcio(scrittrice di merda, muori.). Va bene, forse ora sto esagerando: mettiamo allora, che se avesse le gambe un dieci centimetri più lunghe, il seno di una taglia in più, se non dovesse litigare ogni mattina con i capelli per cercare di non farli somigliare ad un nido biondo di deliziosi passerotti (passerotti inclusi) e magari, perché no, se avesse qualche brufolo in meno, potrebbe anche essere carina.
Penso che l'unica cosa che apprezzo veramente del mio aspetto (ironica modestia a parte) sono i miei occhi: sono verdi militare intenso, una piccola macchiolina blu in quello destro a renderli diversi, unici.
Mi piace pensare sia una macchia assegnatami dal destino per indicarmi che un giorno anch'io mi libererò dalla monotonia dei miei giorni, e sarò libera, come le onde del mare, costretta solo dal vento,e impetuosamente raggiungerò la sponda lungamente agognata della felicità ( Lo ammetto, adoro formulare questi pensieri contorti, e vi premetto che parlerò molto spesso in prosa: quanto sono malefica)
Da piccola immaginavo che sarei diventata anch'io un'onda,ma non un'onda qualsiasi,un'onda coraggiosa, tanto da ribellarsi al vento e trovare la sua strada nel blu infinito.
"Sarò la prima onda libera " Dicevo sempre,beccandomi occhiate sconcertate dai miei genitori, che mi avranno spiegato almeno due miliardi di volte che non ci si può trasformare in un'onda di punto in bianco! Per questo io, prontamente rispondevo sempre (chiamatemi scema) che non ci sarei mai potuta diventare di punto in bianco, ma ci avrei ben pensato, e ce l'avrei fatto dopo qualche secolo passato a mollo in acqua. Vorrei solo dirvi che a questo pensiero, Daniel, mio fratello, che aveva più o meno due anni, sputava il ciuccio ed inclinava la testa da un lato, guardandomi con gli sproporzionati occhioni castani, come se fossi una marziana con un'evidente cotta per il professor Ferri (parrucchino e brufolo sul naso compresi).
Sono finalmente riuscita a fermare il bus. Le porte si aprono ed io salgo,trafelata , le mani alle costole che in questo momento stanno bestemmiando anche in aramaico antico, con gli occhi accigliati di tutti fissi addosso.
Borbottando un  'Cosa guardate?' mi siedo al penultimo posto vicino al finestrino, infilo le cuffie e tiro fuori il libro di chimica per ripassare, e, Nothing dei The Script nelle orecchie, inizio a cercare di convincere me stessa a continuare la  lettura nonostante i conati di vomito e la nausea.
Ho giusto il tempo di leggere quattro pagine e mettere il libro in cartella che il bus si ferma ed io scendo alla fermata davanti scuola, dove Elena Scattella, due delle, cuffie alle orecchie e libro in mano, mi sta aspettando.
"Hey! L’Empire State Building è ancora in piedi?" Chiede ironica, chiudendo con un colpo secco il libro, lo stesso da più di un anno, stessa copertina, stessi graffi, stesse pagine profumate: Uno splendido disastro.
"Buongiorno! Ah, ah, sei divertente come un compito a sorpresa, ad ogni modo credo di si, non mi sono ancora informata" rispondo acida, sedendomi con la grazia di un ippopotamo sul muretto del cortile e continuando il ripasso.
"’Giorno Plebee,oggi mi sento una favola! Ieri ho studiato tutto il giorno e se oggi la bastarda m’interroga sono affari suoi!" Giulia, come suo solito,  spunta da dietro le siepi, gambe secche fasciate dai suoi immancabili jeans scuri ed una felpa che è il riassunto dettagliato del suo essere cinica e priva di qualsivoglia forma (anche basilare) di romanticismo, che vanta una stampa serpeggiante la quale recita: "Ti manca il sapore dei miei baci? Se vuoi ti posso sputare addosso". Davvero, gliel’hanno cucita su misura o l’ha chiesta a Babbo Natale il venticinque Dicembre dell’anno scorso?
"Ciao Jules, veramente? Evento del secolo!!" Le rispondo ghignando, per poi riacciuffare il libro e continuare imperterrita a leggere. Oggi m’interroga, mi ci gioco l’anima.
"Spiritosa!" risponde con una linguaccia, da persona matura quale è. Non sapendo più come impegnare la sua a giochicchiare con i fili d’erba, dividendoli in fili via, via sempre più piccoli, lo sguardo perso nel vuoto. E’ sempre stata così Julie, una bomba di energia per il 99,9% del tempo che si passa con lei ma anche terribilmente riflessiva. Si perde nei suoi pensieri così, così come le vengono battute o risate, così si estranea dal mondo.
Suona la campanella. Percorriamo i corridoi brulicanti di allegre pecorelle smarrite, ( comunemente chiamate 'studenti') per arrivare prima agli armadietti, per lasciare i libri che non servono alla prima ora,( si, teoricamente dovrebbero servire a quello, ma ogni ragazza con un armadietto a scuola, sa benissimo che il suo scopo principale è quello di accertarsi di non essere delle cesse atomiche e di non avere qualche spruzzo solitario di dentifricio sparso per la faccia) e poi in classe, che nel caso nostro è Algebra avanzata.
Non ci scambiamo parole o frasi depresse pre-interrogazione, quella mattina, diversamente dal solito, anzi, ognuna in silenzio cammina, diretta alla propria classe, non una parola non un gesto, il sogno a regnare sulla scena come protagonista indiscusso. Mi distacco dal duo salutando con cenno della mano per poi entrare nella classe A12, l’aula di Algebra avanzata, sotto responsabilità di Merida Malti, un nome una garanzia, anche chiamata Il Broccolo, per l’acconciatura inguardabile nella quale rinchiude i vaporosi ricci candidi ogni santa mattina. La Malti, oltre ad essere laureata in bastardologia, è la vicepreside del nostro istituto, una specie di incubo che cammina col bastone, ecco.
Entro in classe.. o meglio, sarei entrata in classe se l'ingresso non fosse stato ostruito da un armadio. Non mi è subito molto chiaro cosa ci faccia un armadio davanti alla porta della classe, quanto mi è chiara la durezza del pavimento. Il mio sedere perlomeno ha imparato a conoscerne anche la densità. Ahia.
“Hey, mannaggia a me! Scusami davvero, non era mia intenzione”
   
 
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