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Autore: SanjiReachan    25/04/2015    8 recensioni
Bart è sempre il solito ragazzino, genio del crimine, presenza malefica nella sua città, idolo per tutti i teppisti.
Ma anche lui a volte si annoia delle solite cose... solo che nessuno lo riesce a capire. Fin quando non arriva nella sua vita questo "ragazzo" che scoprirà essere molto più simile a lui di chiunque altro.
Insieme parleranno a lungo, spedendosi delle lettere, finchè Bart non scoprirà che è solo l'ennesimo trucco del suo rivale più temuto... ma questa volta, riuscirà a non affezionarsi?
Pairing: BobxBart
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A V V I SO  I M P O R T A N T E:

Nell’universo dei Simpson senza età, dovendo adattare i personaggi della storia a una realtà più vicina a noi, direi che l’età di Bart oscilla dai 14 ai 16 anni (poiché nel cartone sembra che il tempo non passi mai).
Non ho mai specificato questo dettaglio nella storia, lasciando all’immaginazione. Per quanto riguarda ogni riferimento ai 10 anni di Bart, si tratta di un’età importante di riferimento, cioè quella originaria in cui si svolge l’incontro con Telespalla Bob. Per il resto però, il lettore è libero di decidere quello che più preferisce. 
Mi sembrava importante specificare questo dettaglio, a questo punto della storia. Detto ciò, ecco il nuovo capitolo.





Capitolo nono:  

Mangia o vieni mangiato, è questa la regola


Il rombo scuro e penetrante dei tuoni lo fece svegliare. Aprì gli occhi agitato, facendoli saettare a destra e sinistra per l’improvviso spavento.
Stranamente aveva avuto un sonno tranquillo e privo di sogni, fin troppo riposante. Quasi non sentiva la stanchezza. La sveglia non era ancora suonata, ma mancava poco.
Bart si rilassò sul guanciale del suo cuscino, morbido e accogliente, e si stiracchiò a dovere guardando fuori dalla finestra. Grossi nuvoloni grigio-azzurri ricoprivano il cielo, che quella mattina sembrava più tetro che mai; nell’aria c’era solo la frizzante atmosfera fredda e umida che precede una tempesta, ma nemmeno una goccia si azzardava a scivolare dalle nuvole, soltanto lampi e tuoni che di tanto in tanto provocavano flash nell’aria, lamentandosi tetramente nei loro rombi gutturali e rochi.
Rimase beato tra il caldo tepore delle lenzuola, approfittandone per stiracchiarsi un po’ e rimanere a godersi il tempestoso morale di quella giornata, senza interferirne.
Non potendolo fermare, il suo pensiero scivolò rapido a ieri sera. All’inizio non ricordava niente, poi le immagini si proiettarono magicamente sotto i suoi occhi, e allora si diede mentalmente dello stupido.
Non poteva abbassare la guardia proprio ora. Bob era lì accanto che dormiva, ma una parete a separarli non era abbastanza, rappresentava ancora un pericolo troppo persistente da poter essere ignorato.
Anche se…
“A quanto pare passeremo molto più tempo insieme”
Rabbrividì alla sensazione troppo viva di quelle labbra vicino al suo orecchio, dei loro corpi che combaciavano e dei loro respiri affannati che…
“No. No, no, no! Non è il momento per allearsi con il nemico! “ pensò quasi istericamente.
Scese veloce dal letto,  attraversando di corsa il corridoio fino al bagno.
Si sentì il rumore dello scarico e poi la porta aprirsi, ed ecco che il ragazzino uscì dalla stanza tutto trionfante. Aveva la faccia pulita, lo aspettava una colazione da re e quel tempo minaccioso e cupo non lo spaventava per niente. Un unico pensiero gli occupava ormai la testa, solo e indisturbato a regnare sotto quella massa morbida e folta di ciocche color del miele.
Si fermò esitante davanti ad una porta. Tentennante, la guardò per interi minuti, cercando di non badare al suo cuore palpitante che gli tamburellava furiosamente nel petto, facendogli sentire uno strano formicolio alle giunzioni delle gambe, come se avesse voluto muoverle ma nello stesso tempo ne fosse impossibilitato.
Per un attimo pensò alla favola di Barbablù, dove quella donna continuava a fissare la stanza in cui il marito le negava l’entrata, e il suo desiderio cresceva sempre di più. Senza sapere che dentro…
No.  No, per niente. Lì dentro Telespalla Bob stava solo dormendo. Era impossibile che stesse esercitando chissà quale piano perverso e crudele per farlo secco. In questo momento era probabilmente addormentato, rannicchiato sul letto, sotto le coperte. Le coperte arancioni, candide, simili a quelle del suo letto ora lo stavano avvolgendo interamente, beandosi del calore del suo corpo snello e forte, proprio come aveva fatto lui solo poche ore fa. Se si fosse avvicinato un po’ di più, sarebbe anche riuscito a sentire il suono del suo respiro…
Bart si allungò sulle punte tenendo gli occhi chiusi, trasportato da quell’immagine surreale. La sua mente era entrata lì nella camera, sotto le coperte, rannicchiato contro il petto dell’uomo che odiava con tutto sé stesso agognando per poter di nuovo avvertire sul suo corpo quel tepore…
Ma no.  Si disse perdendo l’equilibrio e arretrando di appena qualche passo. Lui non sarebbe entrato. Non avrebbe nemmeno sbirciato dalla serratura o si sarebbe arrischiato ad aprire uno spiraglio…
*** *** ***
-Mamma!-
-Si tesoro?-
-E lui dov’è?-
-Lui chi?-
-Lo sai.-
Bart si sedette al suo posto, tagliuzzando con decisione le frittelle che Marge gli metteva davanti, come di consueto, tutte le mattine.
-Ah, quindi hai notato la sua assenza.- disse con un sorrisetto -Non lo vuoi come tutore ma noti subito la sua assenza…-
Bart infilò con decisione una forchettata di impasto in bocca, facendo finta di non aver sentito l’ultima frase.
-Comunque sia è tornato a casa stamattina presto per fare lezione alla sua scuola, ma non preoccuparti, ha promesso di venirti a prendere a scuola. Sei contento? Oh, tesoro attento!-
Bart iniziò a tossire in modo brutto, la colazione aveva praticamente deciso di fermarsi in gola, infischiandosene di scendere. “Non prendere esempio da tuo padre e mangia piano” fu l’ammonimento di sua madre, ignorando completamente che a impedire ogni tentativo di finire il boccone senza ricacciarlo fuori fosse stata la notizia che Bob lo avrebbe aspettato all’uscita da scuola, di lì a poche ore.
-Ma come ti è venuto in mente di accettare una cosa del genere?- chiese quasi urlando il biondo, ormai sull’orlo dell’esasperazione alla donna dai lunghi capelli blu.
Quest’ultima si sentì presa alla sprovvista dal rimproverò e balbettò flebili parole di motivazione e insieme di incoraggiamento. Non riuscendo nella sua impresa in fine fece saettare lo sguardo da un punto all’altro del pavimento, il che servì solo a far intenerire il figlio.
-Tranquilla mamma, non fa niente.- le sorrise rassegnato, e si avviò lentamente al pullmino fermo davanti casa che Otto aveva già iniziato a far suonare rumorosamente.


*** *** ***
Bob era abbordo della sua vettura smaltata di nero, le mani e gli occhi fissi sul volante ma la mente evidentemente altrove. I suoi pensieri erano impegnati a ripercorrere la conversazione con la Signora Simpson, la notte precedente.
La rivedeva chiara dinnanzi ai suoi occhi, la donna dall’aspetto un po’ trasandato, bella come un fiore che curi poco ma sai che sarà sempre lì ad addolcirti la vista ogni mattina. Questa bellezza, sebbene affaticata dagli impegni di una madre che si potrebbe reputare quasi single e con tre figli, serviva comunque a nascondere la sua vera età a chiunque cercasse di indovinarla.
-Insisto, Bob.-
Aveva detto risoluta, entrando in cucina.
-Mettersi alla guida a quest’ora può essere pericoloso. Perché non resti a dormire per stanotte? Dopo tutto sei di casa qui…-
Strana frase da dire Marge, per uno che ha tentato di ammazzare tuo figlio almeno una dozzina di volte. Ah, non dimentichiamoci di tua sorella Selma.
Bob era trasalito a quell’ultimo, orribile ricordo.
Si era appoggiato col bacino al tavolo della cucina, mascherando quei pensieri con un sorriso tanto apprensivo e docile, quanto tossico.
-Non vorrei arrecarle altro disturbo, davvero…-
-Ma quale disturbo. Hai appena salvato Bart o sbaglio? Ah e comunque dammi del tu.-
-No, non credo potrei mai, Marjorie- aveva risposto prontamente, il che aveva fatto scappare una risatina di gusto alla donna di fronte a lui.
Vennero interrotti dal pianto improvviso di una bambina, che sembrò allarmare molto Marge.
-Ma che cos’ha quella piccola stasera? E’ talmente agitata.-
-Posso aiutarla, Marge? Dove tiene il biberon?-
-Nella credenza sul lavello…- aveva risposto distrattamente la donna mentre andava a controllare che fosse tutto apposto nell’altra stanza.
Bob ne aveva approfittato per arrotolarsi elegantemente le maniche della camicia appena al di sopra del gomito, e aveva iniziato a controllare la cucina in cerca di quelli che chiamava “i suoi ingredienti magici”, o almeno, così li chiamava la sua ex-moglie.
-Posso chiederle di utilizzare i fornelli?-
-Non devi mica chiedermi il permesso!- la voce arrivava dalla porta aperta che conduceva dritta al salone.
-Non posso utilizzare la cucina della padrona di casa senza chiederle prima il consenso.- aveva alzato un po’ la voce, quel tanto che bastava perché la raggiungesse.
Marge era arrivata poco dopo tutta trafelata.
-Padrona di casa!- aveva esclamato, deliziata –Francesca è davvero una donna fortunata.-
Sul viso di Bob, di spalle, quella frase aveva fatto scomparire ogni traccia di un sorriso.
-Ah si, beh… lei non ne sarebbe tanto d’accordo.- aveva confessato a voce bassa e imbarazzata. –Abbiamo divorziato, circa due mesi or sono.-
Messo il latte a bollire, si era girato fingendo di sorridere, pacifico.
Non era stato pronto alla reazione della Signora Simpson. Teneva lo sguardo basso, le mani che si contorcevano fra di loro come a voler lavare via qualcosa, sul volto un leggibile senso di colpa.
-Bob, mi dispiace tantissimo. N…non intendevo…-
-Ma Marge cara, Marge cara! E’ tutto apposto. Davvero.- aveva cercato di riparare a quella confidenza detta in un momento di debolezza.
Ma in quel preciso istante, una saetta gli era corsa nella mente, lasciando la scia luminosa di un’idea a dir poco geniale.
-Per noi, è stato meglio così. Ma per Gino invece… ho perso la custodia.-
-Cosa?-
-Tecnicamente non ho potuto nemmeno combattere per averla. Quale giudice lascerebbe un bambino al padre pluricondannato?-
Non era stato neppure necessario fingere una scenata. Le parole che aveva detto le pensava davvero.
In più sapeva di stare facendo leva sulla parte più vulnerabile di una madre: la sofferenza per un figlio perduto.
-Quando mi hanno tolto Gino, mi hanno tolto una parte di me. La parte che era riuscita a risalire a galla.
Ho ottenuto una cattedra come insegnante, ma cosa ho perso? Tutta la mia famiglia.-
Poi si era fermato, girandosi a guardarla negli occhi.
-Tu sei fortunata, Marge. Hai tre bellissimi figli. Uno di loro, in piena crisi adolescenziale. Io pagherei per stare accanto al mio Gino in quel periodo della sua vita. Invece, ora potrò incontrarlo solo poche volte l’anno.-
Detto questo, si era voltato platealmente di spalle, afferrando il sedile di una sedia, così da non mostrare l’espressione sul suo volto. Da una madre attrice shakespeariana, non aveva che imparato il migliore dei teatri.
-Per…- Marge si era azzardata a rompere quel silenzio –Perché non vieni a trovare Bart qualche volta? In effetti stavo proprio pensando ad assumere un insegnante privato per lui. Saresti interessato a fargli da tutore?-
Gli angoli della bocca di Bob, a quelle parole, si erano arricciati, malefici.
-Io non so che dire. Bart è un ragazzo davvero speciale, ma sarebbe d’accordo?-
-All’inizio no, ma credo che gli serva un modello maschile più…- lo sguardo di entrambi era volato sul divano in salone, dove Homer, con una lattina di birra in mano, stava urlando qualcosa di indecifrabile alla televisione spenta.
-Più responsabile, ecco.- aveva poi finito Marge, con un sospiro.
-Credi che la vicinanza con Bart potrebbe curare il mio spirito dalla mancanza che sento per mio figlio?-
-Credo solo che- la donna sembrava soppesare ogni parola- dimostrare che sei un uomo del tutto cambiato possa essere il primo passo nella lotta per riavere il tuo Gino.-
Bob aveva sorriso.
-Credo che accetterò quell’invito per la notte.-
 
*** *** ***
La campanella era appena suonata e, come ogni giorno, i ragazzi si spinsero fuori dalle classi a ondate disordinate e confuse, travolgendo qualsiasi cosa/persona trovassero a parargli la strada verso l’uscita.
Bart sentì distrattamente la sua maestra urlare:
-E non dimenticatevi dei compiti a casa… ah.-
Ma era impossibile ormai catturare l’attenzione dei ragazzi, attenzione che già difficilmente riusciva ad ottenere in classe.
La donna di mezz’età sbuffò, accendendosi una sigaretta.
-Che ci fai ancora qui, Bart?-
 In tutta risposta il ragazzo scese dalla sua sedia e raccolse le sue cose. La borsa pesante gli tirava la felpa arancione tutta da un lato, che cercò di sistemarsi prima che l’altra spalla rimanesse del tutto scoperta.
La verità era che lì fuori ad aspettarlo c’era una persona che non aveva proprio voglia di affrontare. Aveva cercato di rimandare quel momento il più possibile (aveva perfino pensato di rimanere a scuola tutto il giorno a scontare qualche punizione) ma alla fine, un mal di testa persistente e i crampi imperterriti che affliggevano lo stomaco lo fecero desistere.
Imboccò comunque l’uscita di emergenza, pensando di fare la strada più lunga girando intorno all’edificio. Lungo il cammino la struttura gialla, un po’ decadente, servì solo a peggiorare il suo umore già pessimo.
Perché stava scappando da lui? Non era più un bambino, non aveva più paura. Oppure si?
E’ comunque difficile dimenticarsi di un incubo- rifletté tra sé e sé- soprattutto se a lungo andare, finisce per essere la tua ossessione.
-Dacci i soldi del pranzo, sfigato.-
-Ma li ho già spesi!-
-Mmh… Allora dacci il tuo pranzo, sfigato.-
-Ehi Simpson!-
Bart si riscosse e si girò in fretta verso quel fastidioso vociare. Ci mancavano solo i bulli.
-Vieni a darci una mano. Questo nerd non vuole collaborare.-
Perché dopo anni continuavano a crederlo uno di loro?
Bart guardò un gruppo di ragazzi ben noti intenti a spintonare avanti e indietro un ragazzino che, a giudicare dall’aspetto, doveva essere di prima.
-Ragazzi dai, lasciatelo in pace. Non vedete che non ha niente?-
-Ah… si ma ti sfugge il punto, Simpson.- il più basso del gruppo si avvicinò gonfiando il petto con aria minacciosa. Nelson era più basso di Bart, ma di corporatura era molto più massiccio. E di certo sapeva fare a botte. E Bart non avrebbe avuto scampo contro quattro di loro.
-Il punto è il gusto di farlo.- continuò.
-Non ti capisco, Simpson! Prima sembri un tipo tosto con tutti i casini che combini, e subito dopo ti comporti come un perdente!- sputò fuori il più alto di bulli, soprannominato Secco, che indossava sempre un cappello di lana viola (davvero fuori stagione comunque).
Bart deglutì. Non voleva far del male a nessuno, voleva solo andarsene a casa, possibilmente con le sue gambe. Tra i bulli e Telespalla Bob, non sapeva davvero chi preferire.
-Ascoltate ragazzi, vorrei tanto, davvero. Ma non ho proprio tempo.- cercò di scagionarsi Bart, allontanandosi cautamente a mo’ di scusa.
-Wowowowo, dove credi andare?- venne strattonato nuovamente davanti al ragazzino, che ora tremava letteralmente dalla paura: Bart era evidentemente più grande di lui.
-Ecco il patto, o lo pesti, o noi pestiamo te. Cosa preferisci Simpson? A te la scelta.-
-E sappi che stavolta non ci andremo piano.-
E così dicendo si misero a spingerlo sempre più al centro del loro “gruppetto”.
Si ritrovò davanti al ragazzino. Aveva i capelli nocciola, gli occhi, grandi, erano cerchiati da occhiaie grigiastre. Chissà perché non dorme- pensò Bart.
-Mangia o vieni mangiato, è questa la regola!-
-Avanti, che aspetti!-
Altri spintoni, stavolta seguiti da pugni abbastanza forti sulle spalle.
Bart si sentiva terrorizzato, non tanto per paura di essere picchiato, ma per la pressione e l’ansia a cui lo stavano sottoponendo. Non era un ragazzo cattivo, ma sotto pressione, non reagiva bene.
Sentì la testa andare in folle, il battito cardiaco ormai così forte da otturargli le orecchie, non riusciva che a sentire il suo cuore rimbalzargli su e giù come un pallone da basket.
Strinse le mani a pugno.
-Dritto in faccia, che aspetti!-
Un braccio pronto a sollevarsi, in direzione della bocca del ragazzo.
Bart stava assistendo alla scena come se non ne facesse parte, come se fosse uno spettatore estraneo seduto a guardare da un vetro.
Sollevò il pugno, ormai dolorante per la morsa stretta in cui lo aveva serrato.
A questo punto era pronto a colpire la sagoma appallottolata dinnanzi a lui per il terrore.
Ah, ecco perché- pensò. Non dorme perché ha paura. Paura di persone come te e di quello che potrebbero fargli.
-Ah, levati di mezzo, imbranato!-
Il pugno scese, veloce, impassibile, crudele. Ebbe appena il tempo di sentire una voce familiare e dal timbro scuro che urlava il suo nome, preoccupata. Prima che il rumore di un colpo che si abbatte duramente sulla carne, si levasse nell’aria tutto intorno. 

 
Fine nono capitolo.



ANGOLO DELL'AUTRICE 
Salve a tutti! Come va? ^^
Okkey, penso sia inutile chiedere scusa per il ritardo *dopo circa due anni, non credo si chiami neanche più ritardo!* Emh... ma ve lo chiederò lo stesso :D 
SCUSATE!!
Mi dovete scusare perchè ho trascurato la storia, ma non solo, ho trascurato la scrittura e voi. Non so dirvi quanto sia stata felice di ricevere le vostre recensioni, sempre fantastiche, che mi hanno motivato a riprendere in mano la storia e a continuarla. Beh, che dire... capisco se a questo punto non la seguirà più nessuno, ma ho voluto provarci lo stesso xD
Un G R A Z I E enorme a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, mi hanno riempito di complimenti immeritati, e hanno riposto tante speranze in me.
Grazie anche a chi mi legge e ha messo la storia nelle preferite/seguite.
Sono davvero orgogliosa,  siete voi lettori a fare parte della magia di una storia poichè credendoci, la rendete vera.
Adesso chiudo i ringraziamenti e le dediche melense xD Ma voglio sapere tutti i vostri pareri sul nuovo capitolo!
Dubbi? Critiche? Minacce di morte? (oddio le ultime proprio no o.o)
Alla prossima! (che speriamo non sia tra altri due anni ahah ^^")
Bacioni!!!
Rea-chan x3

 
  
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