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Autore: Glaudrung    26/04/2015    2 recensioni
Era una notte buia e gelida, e in una piccola e desolata casa nella campagna di Birmingham, viveva una famiglia, la famiglia Powell. Essa era composta dal padre Peter, la madre Alice e il piccolo Peter, il figlioletto di Peter e di Alice. In quella notte fredda il piccolo Peter decide di coricarsi presto, e incomincia a sognare. Fa il suo primo incubo, nel quale sogna di essere torturato dal demonio, ma alla fine si sveglia, piangendo. Da questo avvenimento il bambino incomincia ogni notte a fare sogni sempre più paurosi, ma assieme alla sua paura si incomincia a contrapporre una sensazione di fascino verso il mondo dell'incubo. I genitori sono molto preoccupati per il piccolo Peter, per via dei sogni a che si ripetono ogni notte e per l'atteggiamento che dimostra a scuola e dallo psicologo dove viene frequentemente mandato. Quindi il bambino vive la sua infanzia all'insegna dell'incubo, fino al punto di diventare onironauta dei suoi stessi sogni, e quindi di essere cosciente di sognare all'interno di questi, ma la sua passione per l'incubo lo trascinerà in un paradosso onirico tra la realtà e l'Incubo stesso...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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VII



Il signor Wilson entrò in casa. Era tutto sudato, faceva un odore nauseabondo e gli occhiali li portava storti. Si era tolto il cappotto color kaki e lo aveva appeso all'appendiabiti insieme al cappello, fradicio anch'esso.
<< Ciao Jeremy >>, disse la moglie Ellen, che stava in  cucina.
<< Ciao >>, rispose il signor Wilson, depresso.
Jeremy andò verso la cucina, dove esalava un odore buonissimo di minestrone.
<< Oggi sei molto stanco, vedo >>, notò Ellen,  mentre mescolava il brodo con il cucchiaio.
<< Non è niente >>, disse lo psicologo, appoggiando una pezza bagnata sulla fronte.
<< Forse hai pazienti talmente pazzi che o sei diventato anche tu >>, disse scherzosamente la moglie.
Wilson, però, non rideva, e disse: << Non sono pazzi, sono come tutti gli altri, solo che c'è un caso molto particolare che mi sta ossessionando >>.
<< E che caso è ? >>.
<< Un bambino di Birmingham di nome Peter dice che ogni notte fa gli incubi, dal 30 Novembre, e dice un sacco di cose orribili a dir poco…Ellen, questo bambino ha sognato il demonio! Il demonio! Capisci? Il piccolo Peter ha sviluppato anche una passione per gli incubi, li studia e li analizza, non è un bambino normale. I nostri figli non hanno mai avuto problemi con gli incubi ed hanno sempre fatto sogni felici e graziosi con conigli e frivolezze varie. Non ti sto neanche a raccontare ciò che accadrà a questo bambino…>>.
<< Non mi interessa e non lo voglio sapere >>, rispose Ellen.
<< D'altronde >>, continuò, << è un problema di questo ragazzino e della sua famiglia, non nostro, perciò dovresti tranquillizzarti e pensare di più alla tua vita, questa situazione non porterà a dei morti! Suvvia! Non penso che per questa situazione uno dei due genitori si sia suicidato per il cambiamento psicologico del figlio >>.
<< Che ne sai? Può anche accadere >>, rispose severo Jeremy.
<< Ciò che più mi spaventa >>, disse il signor Wilson, << è che questo bambino possa farsi del male! Ho ripetuto ai suoi genitori ed ho detto oggi a suo padre che la passione del loro figlio per gli incubi ha preso forma in un mostro, Nightmare, che viene sognato qualche volta dal piccolo Peter, e questo lo strascinerà all'interno di un paradosso tra la realtà e l'incubo e il bambino non potrà uscirne, tenterà costantemente di uscirne come se fosse un sogno! >>.
<< Non dire stupidaggini! Mostri? Incubi che diventano realtà ed entrano nella vita? Queste sono tutte cose che non accadranno mai! Svegliati! Vivi o non vivi nella realtà? >>, disse Ellen.
<< Ascoltami, Ellen, io sono uno psicacanalista, e se parlo di mostri e incubi che diventano realtà è perché il signor Sigmund Freud me l'ha insegnato! Io so leggere tra le righe come so leggere nell "interpretazione dei sogni" di lui stesso >>.
<< Tu non sei una psicologa e ti chiedessi chi è Freud non mi sapresti dire chi è! >>.
La moglie stese zitta, umliata dal marito, il quale si rese conto di aver offeso Ellen.
<< Scusami Ellen >>, disse dopo un po' il dottor Wilson, << Sono troppo teso, non riesco a stare tranquillo >>.
<< Forse domani non dovresti andare a lavoro >>, propose lei.
<< No, devo andarci, magari spunta quel bambino e posso ricavare altre informazioni >>.
<< Fai come vuoi >>, disse Ellen, << ma io ti ho avvisato, per il tuo bene >>.
Jeremy non la ascoltò.
In seguito lo psicanalista andò verso il soggiorno e si sedette sulla grande poltrona di pelle marrone, poi aprì la borsa di cuoio e  prese un blocco note con su scritto "Sketches and drawings", nel quale soleva far disegnare ai pazienti la prima cosa gli venisse in  mente dopo che lui avrebbe detto una parola. Poco prima aveva fatto fare dei disegni al piccolo Peter nelle ultime pagine, e ora voleva rivederli più attentamente, per poter trarre il quadro psicologico completo del bambino.
Il primo disegno che aveva fatto ritraeva un enorme campo rosso, dove c'erano dei bambini con il broncio che scappavano in gruppo da un uomo con una barba folta che teneva nella mano un coltello; dietro il vecchio c'era una casa rosa, e su una finestra c'era un punto nero, che veniva collegato ad una scritta: Nightmare. La parola che il dottor Wilson aveva detto al bambino prima che facesse quella strana bozza era "ansia", e lui adesso non capiva come il piccolo Peter vedesse nella sua mente dei bambini tristi in un prato rosso che scappano da un vecchio con un coltello che proviene da una casa rosa sentendo la parola "ansia".
Tuttavia non fu quello che più lo turbò, ma il fatto che Nightmare fosse raffigurato come un punto nero su una finestra. Allora Wilson giustificò tutto ciò pensando che il bambino, evidentemente, nei propri incubi non abbia mai visto Nightmare o, anzi, l'abbia visto come qualcosa di inspiegabile, talmente terrificante da non poter essere interpretato visivamente.
Non rimase molto tempo a guardare quell'immagine, benché gli suscitasse parecchia inquietudine,  e voltò pagina e vide qualcosa di ancora più sconcertante: bambini distesi sempre su un prato bianco, esangui, che al posto degli occhi avevano delle croci, tutti disposti sulla stessa fila, e in basso a destra del disegno c'era sempre lo stesso punto nero collegato da una freccia alla stessa scritta della bozza precedente: Nightmare. Jeremy allora ricordò la parola che disse prima che il bambino disegnasse quell'obrobrio che solo al guardarlo viene da rigurgitare, cioè "controllo". Ci mise un po' a capire il motivo per cui la parola "controllo" facesse venire in mente quello scenario orribile, allora capì: tutti i bambini morti erano sopra il punto nero, e ciò vuol dire che erano sotto controllo di Nightmare e al centro dei fanciulli ce n'era un altro con gli occhi azzuri, più alto degli altri, dalla faccia furente. Sopra questi, era scritta con matita leggera " Little Peter", questo voleva sottolineare il fatto che Peter resistesse al controllo assillante del mostro sulla sua personalità.
Il disegno gli metteva tanta paura che voltò pagina dopo un po', e ne vide uno in cui era disegnato il piccolo Peter, tanto grande da ricoprire quasi tutto il foglio, sopra il quale c'era il solito puntino nero, ed accanto al bambino c'era la madre Alice, triste, e il padre Peter, impassibile. La parola che lo psicologo aveva detto per portare a quel disegno era "famiglia".
A Jeremy passò un brivido sulla schiena appena vide quel punto per l'ennesima volta, ma sta volta era davvero troppo:  il punto (Nightmare) era stato incluso nella famiglia. Non fece molta attenzione al fatto che un genitore era triste e l'altro impassibile, ma al fatto che Nightmare faceva parte della famiglia del pambino secondo questi.
Preferì voltare pagina un'altra volta, cercando consolazione in un altro disegno, ma quel che trovò fu solo altra agonia, perché vide una mano sulla quale si posava un martello collegato ad un punto. Ormai era scontato dire che quel punto raffigurava Nightmare, e il signor Wilson subitò ricordò la parola detta, che era "dolore". Sta volta rimase ancora meno tempo, e volle vedere l'ultimo disegno: Un punto nero davanti il rosso. Quel punto stavolta era enorme, ed era sopra una distesa di colore rosso. La parola detta era " Paura", e per il bambino la paura era Nightmare, Nightmare per il piccolo Peter era l'essenza della Paura. Fino a quel momento, tutti i suoi pazienti che fossero bambini con la parola "Paura" avevano disegnato  mostri sotto il letto, draghi o quanto di più irrealistico e infantile ci fosse al mondo, ma ora…un punto nero. Nightmare era in tutti i disegni del bambino, non c'era un suo schizzo in cui non era ritratto il demone. Guardò quel punto, per tanto tempo; era come se fosse entrato dentro il mondo del piccolo Peter e fosse uscito dal suo, e in quel mondo non sapeva come uscirne, poiché era talmente tanto affascinato da non riuscirci, sebbene fosse anche molto impaurito.
 
La moglie Ellen gli bussò alle spalle mentre guardava un punto, con la fondina con il minestrone in mano.
<< Jeremy, è pronto, vieni a tavola >>, disse lei.
Il dottor Wilson allora tornò alla realtà: << Sì Ellen >>.
Perciò lo psicologo si alzò dalla poltrona andò lentamente verso il tavolo da pranzo, si sedette, si mise il tovagliolo di seta ricamata sulla camicia e si rimboccò le maniche. Mangiò la minestra pacatamente, senza fretta, pensando ai disegni agghiaccianti del bambino.
Ellen preferì non dirgli niente, sapendo che la cosa riguardava la faccenda del "marmocchio" che tanto preoccupava lo psicanalista.
Passarono dieci minuti prima che finisse tutto il minestrone, e allora il dottor Wilson decise di andare a letto, stremato dai pensieri.
<< Dove vai? >>, chiese la donna.
<< A dormire >>, rispose Jeremy.
Allora Ellen lo seguì, non volendo restare sola.
I due si misero i pigiama e si coricarono sul grande letto, dove Ellen si addormentò subito, ma il signor Wilson non ci riusciva. Si tolse le coperte poiché sentiva troppo caldo. Non riusciva a respirare, sentiva come se il naso fosse tappato. Gli faceva male la pancia, come se dovesse  raccare una tonnellata di cibo. Senza accorgersene, aveva la bocca aperta, ed aveva anche gli occhi chiusi.
Ogni secondo cambiava posizione tentando trovarne una perfetta per dormire, ma più tentava, più si sentiva male. I minuti e le ore passavano allo psicologo molto lentamente, non sapendo come addormentasi. E allora circa verso mezzanotte, andò in bagno a sciacquarsi la faccia e a riprendersi. Aprì il rubinetto, si bagnò le mani e se le mise sulla faccia. Poi guardò il suo volto allo specchio del bagno, un volto rovinato dal tempo, vecchio, che ne ha viste di tutti colori, un volto afflitto da tutti gli eventi vissuti ed un volto disperato per niente. Guardò sé stesso come poco prima stava guardando quel punto. Ecco, adesso pensava a quel puntino, a Nightmare, e dentro di sé sentiva una voce baritonale che parlava e che diceva: << Ciao Jeremy >>.
<< Ciao >>, rispose lui.
<< Hai paura? >>, chiese la voce.
<< No >>.
<< Io ti vedo, vedo il tuo viso, e da quello capisco che sei preoccupato per il futuro >>.
<< e come fai a saperlo? Chi sei? >>.
A quel punto non ebbe risposta da quel qualcuno e rifece la domanda: << Chi sei? >>.
Ancora una volta non sentì niente, e ritornò a guardarsi allo specchio, ma appena levò lo sguardo verso la specchiera non vide più sé stesso, non c'era più. Si preoccupò.
<< Com'è possibile? >>, si chiese urlando, guardando allo stesso tempo lo specchio, nel quale lui non era più riflesso.
<< Dimmi chi sei! >>, urlò.
Per l'ennesima volta nessuno rispose, e allora prese la specchiera e la scuotette molto forte, fino a mandarla in frantumi, perseverando: << Dimmi chi diavolo sei! >>.
Ellen quindi irruppe nel bagno, essendo svegliata delle urla del dottor Wilson.
<< Jeremy, che cosa stai facendo? Perché la specchiera è tutta in frantumi? Cosa hai fatto? >>.
Lo psicologo si passo una mano sulla fonte sudata e dopo essere tornato lucido disse: <<  Non lo so nemmeno io, sto diventando pazzo >>.
La moglie allora lo portò a letto, preoccupata, prese una pezza in cucina, la bagnò, e la mise sulla fronte del marito.
<< Stai molto male, dovrai dire alla famiglia di quel bambino che non stai bene e che non sei più in vena di vedere il loro figlio >>, consigliò lei.
<< No, devo vederlo >>, rispose lui.
<< Ora prendimi una birra, Ellen >>, disse Wilson.
<< No, stai male, adesso addormentati, e spiegami cosa è successo in bagno >>.
<< Mi stavo sciacquando la faccia, e sentii una voce che mi parlava, una voce profonda…Ellen, forse sto diventando pazzo, questa faccenda mi sta facendo diventare pazzo. >>.
<< E poi, quando guardai lo specchio non mi vidi, non c'ero…era strano >>.
<< Adesso pensa ad addormentarti, domani non ci penserai più >>, disse la donna.
Quindi andarono a coricarsi tutti e due, e per il resto della notte non ci furono altri trambusti.
   
 
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