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Autore: MiyakoAkasawa    26/04/2015    1 recensioni
Fatti strani cominciano ad accadere nel mondo ma solo Evangeline sente che c’è qualcosa di sbagliato nella piuma trovata tra le mani di un cadavere; una piuma molto simile a quelle delle ali degli angeli che, morti, infestano i suoi sogni da settimane. E tutto è cominciato a causa sua, o meglio, all’anima demoniaca che è annidata nella sua da ancora prima che lei nascesse. I demoni si nascondono tra le ombre e presto molti altri sorgeranno direttamente dall’Inferno e Evangeline si troverà al centro di tutto: una guerra tra i demoni che vogliono riconquistare ciò che gli spetta, la Superficie, e la volontà di una ragazza che intende mantenere integro il suo lato umano a qualsiasi costo. Fortunatamente Evangeline potrà contare sulle forze angeliche: su Declan, anch’egli solo per una parte umano e per un’altra angelo, lo spirito di un angelo mandato direttamente dal Paradiso per uccidere Lucifero. Evangeline dovrà lottare contro la propria natura demoniaca oltre che contro i demoni che insorgono sempre più numerosi dall’Inferno, ma non sa che questi hanno molti mezzi per impossessarsi della sua anima e alla fine non tutto potrebbe andare come sperato...
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo VII
Anima d’argento
 

         La spada fendeva l’aria da destra verso sinistra, affondava e colpiva con forza, le mani ben salde sull’impugnatura e i muscoli tesi. Declan si allenava da ore contro nemici immaginari nell’aria o nei tronchi degli alberi che lo circondavano. Stava spuntando il sole e presto sarebbe comparso nel cerchio vuoto sopra di lui che delimitava la radura in cui andava ogni giorno nell’ultimo anno.
         Indossava jeans e una semplice maglietta nera a maniche corte eppure non aveva freddo perché riscaldato dall’energia che gli scorreva dentro, nell’anima. Lasciava che quell’energia non umana scorresse dalle sue mani verso la spada e che si fondesse con essa tanto da poterla sentire vibrare ed emettere un suono cristallino. Tagliò l’aria che prese fuoco in un vampa d’argento che si dissolse pian piano.
         Il ragazzo crollò a terra ansimando. Con quell’ultimo colpo aveva raggiunto il suo limite: solo ora cominciava il vero allenamento. Sollevò di nuovo la spada che sembrava più pesante e si tirò su con le gambe che bruciavano. Continuò a combattere da solo e ad ogni movimento i muscoli si lamentavano, in fiamme, mentre vi si accumulava acido lattico che gli procurava dolorosi crampi. Alla fine, del tutto esausto, la spada gli cadde di mano e si smaterializzò da sola lasciando una scia argentata: non poteva continuare oltre quel punto. Declan, dopo essersi un minimo ripreso, infilò la giacca e se ne tornò in auto al suo appartamento in centro dove fece una doccia e si preparò per una giornata di scuola.
Era lunedì ed era un giorno speciale. Quel giorno avrebbe finalmente incontrato e parlato con la ragazza dagli occhi di ghiaccio: ci aveva pensato su negli ultimi giorni ed era arrivato alla conclusione che, non essendo troppo pericolosa, o così pareva, non ci sarebbe stato niente di male nel conoscere meglio il nemico per cui tanto duramente si era preparato. L’avrebbe messa in guardia, le avrebbe mostrato cosa era in grado di fare, l’avrebbe sfidata e vinta, in modo che sapesse che l’avrebbe ostacolata duramente nel raggiungere i suoi obbiettivi demoniaci, in ogni modo.
Eppure era accaduto qualcosa due sere prima: mentre lui cercava di addormentarsi nel suo appartamento, sentì scoppiare nell’etere un’ondata di energia che lo fece alzare di colpo, mostruosamente potente e oscura, che non aveva saputo riconoscere. Stava accadendo qualcosa a pochi chilometri da lì; uno scontro, magari, o peggio, l’apertura di un varco e la nascita di un demone. E un umano era morto di morte violenta tanto che la sua anima era stata strappata via e dannata nel momento stesso in cui aveva lasciato il corpo. Per questo motivo non c’era più tempo per aspettare: era giunto il momento di combattere la guerra predettagli dagli angeli l’anno prima nei sogni.
         Ora Declan camminava per i corridoi del liceo prima dell’inizio delle lezioni, aspettando di sentire da qualche parte l’aura ramata di quella ragazza per poterle andare a parlare. Era da diverse settimana che la teneva d’occhio a vista ma non ci sapeva fare molto con il captare le anime a distanza: aveva bisogno di toccarla, o anche solo sfiorarla, e solo allora le sarebbe rimasta impressa tanto da poterla sentire a distanze maggiori e riconoscerla tra tante altre. Quando le aveva sfiorato il braccio aveva percepito quell’energia entrargli sotto al pelle e scorrergli dalla mano su per le ossa, fino al cuore, e lo scaldò. Doveva ammettere che non si aspettava una sensazione così piacevole: gli solleticò la pelle e gli procurò un brivido che si trasmise lungo tutta la spina dorsale. Se la aspettava fredda e dolorosa, tutt’altro rispetto alla realtà: è normale, per un demone, avere un’aura così calda?
         Ripensò a quella sensazione e vagò mentalmente nei corridoi setacciando una ad una le anime di studenti e professori finché non la trovò, due piani più sopra. Si fiondò là salendo le scale due gradini alla volta, sempre più calda, sempre più potente, e la vide.
         La ragazza era appoggiata alla porta di una classe con altre due persone, probabilmente amici, e parlava con loro. Aveva un’aria stanca: le occhiaie incupivano il grigio dei suoi occhi e una mano appoggiata al fianco piegato indicava il ricordo di una ferita infertale di recente; solo chi ha provato sulla propria pelle una ferita grave come quella se ne sarebbe accorto: Declan lo fece. Lui restò li in attesa che lo notasse e non dovette aspettare molto infatti la ragazza, pochi secondi dopo, girò lo sguardo e lo vide.
         Che divertente l’espressione dipinta sul suo volto. Declan tra sé e sé rise: come può un mostro simile andare in giro e intraprendere rapporti sociali con degli umani? Gli farò passare questa voglia, può starne certo.
         Provava un forte disprezzo nei confronti di quel demone nel corpo di un essere umano: doveva ucciderlo ma prima doveva soffrire, tanto da rimpiangere le fiamme dell’Inferno da cui era venuto. Attese pochi istanti e se ne andò sapendo che la ragazza l’avrebbe seguito di nuovo. L’aspettò sul pianerottolo delle scale lontano dai rumori e dalle altre persone e lo raggiunse: era più bassa di lui di almeno una testa, esile e troppo magra, senza muscoli, ma il suo sguardo era duro e lo stava guardando dritto negli occhi, occhi grigi contro occhi verdi.
         Un’ondata di emozioni sue lo travolse ma non si sbilanciò nemmeno quando percepì la rabbia che provava mista a qualcosa come timore. Declan se ne compiacque e sogghignò.
         -Si può sapere chi sei e cosa vuoi da me?- gli urlò lei contro.
         La sua voce era femminile e decisa, non fece vibrare una sola sillaba, ma presto avrebbe chiuso la bocca.
         Lui si mosse fulmineo verso il suo obbiettivo afferrandola per il collo, sbattendola con forza contro il muro e ponendosi a pochi centimetri dal suo volto, quasi naso contro naso, fissandola negli occhi grigi pagliuzzati di bianco argenteo e nero.
         -C’è un bosco fuori città, vicino ai ripetitori della linea telefonica. Ti aspetto lì al tramonto-.
         La lasciò andare e la sentì riprendere fiato mentre si voltava e scendeva le scale lasciandola sola. Le aveva stillato nel cuore un pizzico di timore in più e per questo si sentì soddisfatto.
 
Il sole era quasi sulla linea dell’orizzonte e faceva un gran freddo anche sull’autobus che stava portando Evangeline ai confini della città, insieme ad un gruppo di ragazzi che ascoltavano musica rap e ad una donna che teneva per mano una bimba con un cappellino con le orecchie da gatto. Tutti erano inconsciamente in pericolo: perfino quella bambina bionda non avrebbe, probabilmente, avuto un infanzia serena una volta scatenata la furia dei demoni. E quel ragazzo… il suo gesto, spingerla contro il muro con tanta violenza su una schiena già martoriata, l’aveva spaventata ma dopo, ripensandoci, avrebbe voluto seguirlo e prenderlo a sberle per togliergli quel sorriso dalla faccia.
         E ora stava andando di nuovo da lui. Se era la scelta giusta o sbagliata, Evangeline non ne era sicura, ma di certo era una scelta pericolosa. Impossibile che non lo fosse, niente lo era ormai.
         Con il corpo ancora dolorante scese dall’autobus diretta verso il bosco con il vento contro a strapparle via le briciole di calore che aveva recuperato durante il viaggio, e poi lo vide ai margini degli alberi con il sole del tramonto a dorargli i capelli. Una morsa le compresse lo stomaco quando i loro sguardi si incrociarono. La sensazione trasmessale con quel tocco sul braccio, pochi giorni prima, non aveva niente a che vedere con le emozioni che le aveva fatto provare poche ora prima, su quel pianerottolo.
Non si dissero nulla ne si scambiarono un qualche cenno ma il ragazzo, una volta che lei fu abbastanza vicina, si voltò per introdursi nelle ombre del bosco e lei lo seguì mantenendo una certa distanza. I capelli biondi erano spettinati dal vento; il cappotto lo avvolgeva dalle spalle fino a sotto il sedere, le gambe si muovevano in avanti decise ma sciolte. Curava ogni suo movimento: il comportamento da lui tenuto in corridoio non aveva spiegazione ma la voglia di sapere era così forte che avrebbe corso qualsiasi rischio, anche quello di venire di nuovo aggredita da quel ragazzo di cui nemmeno conosceva il nome, pur di sapere chi fosse.
Il ragazzo prese un sentiero secondario che curvava verso destra  e arrivarono, dopo pochi minuti, in una piccola radura: gli alberi formavano un cerchio verde e marrone entro il quale si vedeva il cielo tinto di rosso e oro del tramonto e rifletteva la sua luce su un leggero strato di neve sulle foglie degli alberi e lungo tutta la superficie della radura, intervallato da un gran numero di impronte di scarpe. Lui arrivò al centro e si voltò a guardarla: -Ti starai chiedendo perché ti ho portata qui-.
-Cavolo che arguzia. Cosa te lo ha fatto pensare?-
-Vedi, io per esempio, so bene chi sei tu mentre tu, di me, non sai proprio niente. Risparmiati il sarcasmo, non sei nella posizione adatta-.
Lei si spazientì: -E allora non perdere tempo e dimmi cosa vuoi da me-
Il ragazzo le si avvicinò sovrastandola con la sua altezza e con la sua… presenza. L’aria sembrava essersi appesantita e la morsa allo stomaco strinse più forte.
Lui allungò una mano: -Sono Declan White. Potrei avere l’onore di conoscere il nome della persona che ho davanti? Solo la parte umana; il resto già lo so-
Evangeline non gli staccò lo sguardo dal viso e gli strinse la mano, che le diede una leggera sensazione di formicolio: -Evangeline Goodchild. Davvero, mi hai chiesto di seguirti in mezzo a un bosco al tramonto solo per fare conoscenza? Ci sono modi più semplici- disse con aria di sfida.
-Non è certo solo questo il motivo. Nome appropriato, comunque- rispose con tutta calma con evidenziato sarcasmo
-Illuminami- gli rispose.
         Lui le afferrò una spalla senza mollare la stretta di mano che cominciava a bruciare: -So bene che dentro questo debole corpicino si nasconde l’anima di un demone, e so anche qual è il suo scopo- si chinò al suo orecchio -non te lo lascerò fare Azrael-. Si scostò lasciandola andare.
         I suoi movimenti erano stati così rapidi che lei non aveva nemmeno avuto il tempo di rendersene conto e allontanarsi.
         -Pensi davvero che me ne importi Declan-ho-la-scia-che-luccica?- gli rise in faccia -ne ho abbastanza di voi demoni: vi ho già detto che non ho intenzione di cedere e che invece combatterò finché ne avrò le capacità e farò ti tutto per impedire che Azrael si risvegli-.
         Gli si avvicinò di nuovo tanto da trovarsi il ragazzo ad un palmo dal naso, con lo stesso atteggiamento usato da lui poche ore prima: -Ora, se non hai altre noiosissime stronzate da raccontarmi me ne vado-
         Aveva intuito del legame del ragazzo con il mondo demoniaco dopo lo scontro con Alastor e per il suo pessimo modo di fare, e la sua antipatia le aveva fatto perdere ogni curiosità di vederlo e starlo a sentire dato che anche lui voleva parlarle di Azrael, argomento di cui si era discusso fin troppo. Fece per andarsene ma lui fu più veloce, come un momento prima, e le afferrò una spalla bloccandola in quella posizione.
         -Davvero credi che io sia un demone? Ahahah divertente, ma non osare mai più paragonarmi a uno di loro-
         Evangeline non sopportava il suo tocco: -Vale anche per te- e gli tirò una sberla, una tanto desiderata sberla sul suo viso beffardo. Ma la sua mano non lo raggiunse mai. Fu intercettata e bloccata dalla sinistra di lui che la trascinò alla propria destra facendola voltare. Nel frattempo con l’altra mano le prese il braccio sinistro e poi li tirò entrambi, con forza controllata.
         La ragazza si ritrovò legata dalle sue stesse braccia come se avesse addosso una camicia di forza e un ginocchio al centro della schiena. Imprecò fra sé e sé. Declan si riportò di nuovo al suo orecchio: -Non hai proprio capito niente. Io non sono un demone, sono l’opposto, un angelo, mandato dal Paradiso per fermarti-.
         Un angelo: davvero? Eppure ha l’aspetto di un umano, un umano molto stronzo va aggiunto. Forse non lo è del tutto ma solo metà e metà, come me.
         Tutto sommato non si meravigliò più di tanto ma in quel momento non desiderò altro che farlo innervosire: dopotutto gli angeli sono famosi per il loro orgoglio.
         -Ah ecco, mi chiedevo proprio se voi lassù sareste mai scesi dai vostri troni per venire qui a sporcarvi le mani. Non avete fatto una bella scelta comunque, a mandare te. Non mi sembri all’altezza del compito; non sai nemmeno riconoscere chi hai davvero di fronte. Perché non dai una sbirciatina più profonda alla mia anima? Ti vergogni, forse? È troppo intimo?-
         Declan le lasciò le braccia e le diede un calcio dove prima premeva il ginocchio ma lei, con i riflessi pronti, riuscì a evitare buona parte della spinta e a non perdere l’equilibrio.
Poi gli si avventò contro.
Prese il ragazzo di sorpresa che non fece in tempo a respingerla e cadde a terra con lei sopra. Evangeline si affrettò a richiamare l’energia che sentiva scorrerle sotto pelle che la pizzicava ormai da diversi minuti e la evocò dalla mano destra. Il pugnale con la guardia alata prese rapidamente forma nel suo pugno e tentò di colpire Declan alla spalla, ma lui riuscì a divincolarsi quel tanto che bastava per schivarla e poi rovesciò le parti. Con un forte strattone la spinse di lato e le bloccò il polso sul terreno, mentre teneva premute le ginocchia contro i suoi fianchi e le cosce.
-Non funzionerà. Sono molto più forte di te-.
Eve se ne rese davvero conto solo ora che non riusciva a muoversi più di mezzo centimetro. L’unica cosa che poteva ancora fare era tirargli una testata, ma si sarebbe fatta male più lei di lui.
         Il sole, nel frattempo, era calato del tutto e i contorni delle cose intorno a loro si fece sottile. Anche i contorni dei loro volti si erano fusi con l’ambiente ma gli occhi di Declan erano più luminosi del normale, come se riuscissero a riflettere appieno anche il minimo raggio di luce. Si usa dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima e se così davvero era, Declan rifletteva nei propri occhi un’anima d’argento. Evangeline aveva intuito che ogni demone, e dopo quella sera, ogni angelo, avesse un’anima di un colore ben preciso, con diverse sfumature e riflessi, infatti aveva visto anche quella di Alastor, e si chiese di che colore fosse la sua. Il nastro di energia che legava il suo corpo fisico al pugnale dalla lama ondulata era color rame quindi, probabilmente, doveva essere quello il suo colore. Un bel colore.
         -Dovrei ucciderti, te ne rendi conto?-
         -E allora perché non lo fai? Mi sono abituata alle minacce di morte quindi non farti problemi-
         Declan rise: -Hai proprio un bel caratterino-
         -E tu un caratteraccio. Non ti sopporto-
         -Sentimento reciproco- si tirò su allontanandosi di qualche passo da lei.
Evangeline lo imitò. Ora i due, uno di fronte all’altro, si guardavano sfidandosi con gli occhi, poi lui richiamò la spada. Dal suo pugno chiuso si accese una luce abbagliante che filtrava attraverso le dita, che poi cominciò a spostarsi verso l’incavo tra pollice e indice fino a uscire dalla sua stretta. Il cilindro di luce solida si spense lasciando un’elsa dorata con incisi dei motivi a spirale; un pomolo rotondo con incastonata una gemma trasparente si formò poco sotto il mignolo, e più sopra due ali, anch’esse dorate, si spalancarono verso i lati esterni fino a formare la guardia. Poi nell’aria venne forgiata la lama. Dal centro delle ali della guardia si sviluppò una lama lunga e stretta, più spessa al centro e appiattita ai bordi, che terminava, arrotondandosi, con una semplice punta acuminata. Anch’essa in un primo momento brillò, poi la luce si spense lasciando che il metallo riflettesse soltanto i raggi della luna. Era bellissima, leggera e letale.
La tensione tra i due crebbe a dismisura, tanto che fu difficile per la ragazza tenere le gambe ben salde, senza che cominciassero a tremarle. Richiamò altra energia e anche il secondo pugnale comparve nella sua mano sinistra: lui avrà anche avuto una lama più lunga, ma lei ne aveva una in più.
-Voglio proprio vedere di cosa sei capace. E, per rispondere alla tua domanda, non ho intenzione di ucciderti ora perché so che con un avversario così debole non mi divertirei abbastanza-
Evangeline cercò di trattenersi. Le sue parole non dovevano assolutamente innervosirla o gli sarebbe saltato di nuovo contro, gesto pericoloso a vedere l’arma che impugnava.
-Voglio farti un’altra domanda- fece lei –cosa sei in grado di capire su di me leggendo le mie emozioni? So che puoi farlo-
-Perché dovrebbero interessarmi?-
-Perché forse questo scontro potrebbe essere evitato-
Declan la guardò con un sorriso sghembo: -Ma io voglio divertirmi almeno un po’-. Le corse contro.
Non se lo aspettava eppure, nonostante i suoi movimenti fulminei, riuscì a intercettare la stoccata della spada all’altezza del braccio incastrandola con le guardie di entrambi i pugnali. Incassò il colpo che si trasmise lungo le ossa delle mani fino alle spalle e le sentì subito stanche: non aveva nemmeno la forza di respingere un solo attacco.  Declan era veloce, molto veloce, ma Evangeline era abbastanza sicura di riuscire a tenergli testa con i suoi riflessi, almeno finché lui non avesse cominciato a fare sul serio: era certa che non si stava impegnando più di tanto.
La lama si disincastrò e tentò un’altra stoccata al fianco destro di lei che riuscì ad evitarlo per un soffio facendo un balzo indietro. Un altro colpo partì dal basso verso l’alto e Eve ricambiò cozzandoci contro la lama del pugnale dritto; l’aria vibrò cristallina mentre l’impatto di nuovo le riverberava nelle ossa. Poi fu il suo turno. Attaccò il ragazzo tentando diverse stoccate e affondi da ogni angolazione. Non aveva mai combattuto con delle armi prima della volta contro i demonietti, e contro di loro era stato più facile: erano stupidi e non si preoccupavano di parare i colpi che lei gli infliggeva; questa volta invece, Declan non ne lasciava passare nemmeno uno e dopo diversi minuti ancora non era riuscita a sfiorarlo.
Lei si fermò e si allontanò da lui, madida di sudore e senza fiato, appoggiata sulle ginocchia.
-Sei più debole di quello che credevo. Peccato-
-Devi sempre avere qualcosa da dire tu?-.
Lui invece era ancora fresco. Il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo quasi regolare, la sua schiena era dritta e le gambe ben ferme. Non lo avrebbe sconfitto nemmeno se avesse richiamato altra energia, cosa che non voleva in qualsiasi caso fare, non più di quel che aveva già fatto.
-Perché vuoi uccidermi?- gli chiese
-Perché sei un demone-
-Convinto della risposta?-. Evangeline si rimise dritta.
-Certo che sì. Dove vorresti arrivare?-
-E allora io sono sempre più convinta che ciò che ti ho detto prima è vero. Non sei all’altezza del compito che ti è stato assegnato visto che nemmeno riconosci chi hai di fronte, se un amico o un nemico-.
Si mosse in fretta. Nel tempo di un battito cardiaco Declan le era già dietro a puntarle la lama alla gola. Lei trattenne un respiro al contatto della pelle con il metallo, ma poi scoppiò a ridere. La paura e la tensione sembravano scomparsi dal suo cuore, mai si era sentita così viva come in quel momento, anche se a un passo dalla morte.
-Ma quanto siamo orgogliosi- lo schernì -non mi spaventi; tu stesso hai detto che non mi avresti ucciso stasera, quindi tutto questo è inutile-
-Chi ti dice che non potrei cambiare idea?- Sentì il suo fiato caldo sul collo.
-Sei o non sei un angelo? Comportati come tale se tanto ci tieni a quel titolo-.
Lui la lasciò andare. -Maledizione!- esclamò.
-Per la terza volta te lo ripeto. Tu credi che io sia Azrael e che voglia aiutare i demoni ad aprire i varchi che gli permetteranno di salire in Superficie. In effetti è così, dentro di me l’anima di Azrael c’è davvero, ma c’è anche un altro fattore che ne i demoni ne i tuoi angeli hanno tenuto in considerazione-
L’espressione di Declan vacillò per un secondo e la ragazza se ne compiacque.
-Certo che se non ti interessa non starò di certo qui a sprecare il fiato. Si sa come sono fatti gli angeli: obbedienti fino alla morte, e se il tuo compito è quello di uccidermi tanto vale farlo ora, o domani, o in qualsiasi momento tu abbia voglia, ma considera il fatto che poi ti ritroverai a dover combattere da solo contro l’Inferno intero dato che molti varchi sono già aperti-
L’aveva colpito nel punto giusto. Un’espressione di profonda indecisione si sostituì al suo sguardo duro e beffardo che tanto ancora avrebbe voluto prendere a  sberle.
-Se invece mi starai a sentire potresti trovare un’alleata. A te la scelta, sempre che tu sia in grado di prendere da solo una decisione, angioletto-
-Lo sanno tutti che i demoni mentono-
Evangeline si limitò a fare spallucce
-E’ un problema tuo crederci, non mio-
-Non ti interessa vivere? Lasceresti davvero che io ti uccida?-
-Di certo sarebbe un peccato, ma dubito di vivere ancora per molto-.
         Parlava in maniera neutra, senza sentimento, come se della sua vita non le importasse davvero niente. Ovviamente non era così; stava ancora combattendo, con le parole e la voce.
         Il ragazzo aveva terminato le risposte, così dopo diversi secondi passati a pensare, si limitò a chiedere:
         -Quale sarebbe questo fattore che non è stato preso in considerazione?-
         Lei dentro di sé tirò un sospiro di sollievo, lo aveva in pugno ormai.
         -Leggimi l’anima-
         Lui la fissò un instante, immobile, poi si concentrò e se lo sentì contro. Stava trascendendo una parte dell’anima fuori da sé verso quella di lei e quando toccò la sua parte fisica sentirono entrambi quel tocco come un manto caldo che elettrizzò la loro pelle. Poi affondò oltre e ne sentì il riverbero. Era una sensazione indescrivibile e piuttosto fastidiosa; era come se una mano le fosse passata attraverso e stesse andando a tastarle tutti gli organi in cerca di qualcosa, ma questa mano era in grado di toccarne ogni cellula contemporaneamente, ed esercitava un pressione leggera qui, una stretta là. Non riuscì a reprimere un brivido e per un istante tremò.
         Quel genere di lettura andava oltre a quelle esercitate da lei su ignari studenti tra una lezione e un’altra a scuola: lei poteva sfiorare le loro emozioni e sentirsele sulla pelle, ma non avrebbe creduto possibile scavare così nelle profondità di una persona. Ora che lei lo stava subendo, se mai avesse imparato a farlo a sua volta, non ci avrebbe mai provato con nessuno. Era davvero fastidioso e si rese conto che, come aveva detto prima per scherzare, era sul serio un gesto intimo; fin troppo.
         Arrivò al limite della sopportazione. Evangeline contrattaccò automaticamente mandandogli contro una vampa di energia e Declan si affrettò a ritirarsi; lei si sentì dapprima svuotata, poi, come un lento flusso d’acqua che scorre, tutto il suo essere andò a riempire gli spazi vuoti che si erano creati e si riprese.
         Si trovarono entrambi col fiato corto.
         -Mi dispiace ma era davvero fastidioso, non farlo più-.
         Mi dispiace, gli aveva detto? Si pentì di quelle parole, non si meritava nessuna scusa.
         -Sei tu che mi hai detto di farlo-
         -Bè, non pensavo che fosse così tremendo. Forse sei tu a non esserne capace-
         -Ecco che torni a starmi antipatica-
         -Credevo di non avere mai smesso-.
         I due ancora tenevano in mano le proprie armi sebbene la maggior parte della tensione era sparita. Eve lo percepiva ora, sentiva meglio che almeno una punta di ostilità era scomparsa dal suo avversario. Forse aveva trovato ciò che lei voleva che trovasse.
         -Non hai niente da dire su di me, quindi?-
         -Sinceramente non lo so, non ha alcun senso…-
         -Si che ha senso invece!- il tono della sua voce si alzò senza volerlo -Come puoi pensare che io sia davvero un demone? Non ho saputo combattere, ne difendermi, nemmeno quando mi hai messa al muro oggi, gesto che mi ha fatto davvero schifo se devo dirla tutta. E quando sabato sera è apparso Alastor? Oh, non ne parliamo! Ha ucciso un uomo davanti ai miei occhi; mi ha aizzato contro almeno una decina di demoni che ho dovuto uccidere da sola per salvarmi la pelle; sono tornata a casa piangendo per tutta la strada e poi, guardandomi allo specchio, non ho visto altro che un corpo informe pieno di lividi e ferite sanguinanti che mi fanno male ancora oggi!-
Evangeline era come un fiume in piena, impossibile da arginare, e Declan teneva lo sguardo basso, incapace si sopportare i suoi occhi.
-Mi è stata sputata in faccia la verità, una verità che non avrei mai immaginato potesse esistere, nel giro di pochi giorni, cancellando tutto quello che credevo di essere e tutto il futuro che sognavo. Sono davvero un demone secondo te? Magari lo sarò tra un po’ di tempo, ma non ora, ed è proprio qui che volevo arrivare prima. Non è stato tenuto in considerazione il fatto che io sono ancora umana!-
Disse tutto ad un solo fiato e poi sulla radura calò il silenzio.
Declan non riusciva a capire: gli era stato assegnato un compito ben preciso; il suo doveva essere un nemico pericoloso e da fermare a tutti i costi, sentiva il peso di quella responsabilità da allora eppure adesso che il momento era arrivato le cose sembravano sbagliate. Di fronte non aveva il demone che si era immaginato, nemmeno lontanamente simile al nemico per cui si preparava da un anno, ma c’era solo una ragazza caduta nelle mani di un destino che mai avrebbe scelto di propria volontà. Leggendole l’anima aveva percepito anche quella demoniaca ma non era come se la aspettava: invece di essere completamente infusa e miscelata a quella umana era confinata in pochi punti ben precisi, tenuta prigioniera e indebolita. La captò e gli sembrò di vederla con gli occhi: bolle di debole luce ramata immiscibili in quella verdina dell’anima umana, come gocce d’olio nell’acqua, una nel petto, una all’altezza del fianco destro e l’ultima al centro degli occhi, e si spostavano lentamente come se galleggiassero lasciandosi dietro deboli scie come fa una goccia di colorante versata in un bicchiere d’acqua. Un sottile filo ramato nasceva dalla bolla nel petto e le percorreva il braccio sinistro uscendole dal polso e collegandosi al pugnale: Evangeline aveva pieno controllo su Azrael.
La ragazza non riuscì a trattenere le lacrime che presero a scorrerle lentamente sul viso e ritirò i pugnali; lo scontro non sarebbe continuato. Declan si sentì di fare lo stesso e anche la sua spada scomparve lasciando per un istante l’eco della sua luce nell’aria.
Mille dubbi colsero Declan di sorpresa. Cosa dovrei fare ora? Non posso ucciderla, non finché esercita quel controllo. Sarebbe come uccidere un essere umano ma d’altronde prima o poi non sarà più in grado di resistere e a quel punto sarò costretto a farlo, se non sarà già troppo tardi.
Non aveva idea di cosa fare. Inoltre lei si era offerta di collaborare con lui in questa guerra, di schierarsi dalla sua parte, ma non poteva contarci completamente. Se fosse solo un inganno? I demoni mentono sempre e sono bravi a farlo. Ma se avesse detto la verità come potrei lasciarla sola?
Evangeline si obbligò a smettere di piangere e gli rivolse di nuovo la parola, questa volta con un tono di voce privo di rabbia:
-Allora cosa intendi fare, angioletto?-
Lui la guardò negli occhi riuscendo di nuovo a sostenere il suo sguardo -Dimmi, da che parte stai?-
All’istante, senza bisogno di pensarci su, lei rispose: -Dalla vostra, non è ovvio?-
La sua voce era stanca e il suo sguardo spento: -Considererò le tue parole ma per il momento ho bisogno di riflettere-
-D’accordo, sai dove trovarmi quando avrai deciso-
-Certo, quando sarà il momento. Un ultima cosa…- la sua voce tradiva turbamento –…se non ho capito male hai detto che Alastor è salito in Superficie-
La ragazza si asciugò il naso: -Già, portandosi dietro un'altra dozzina di demonietti. E anche un certo Astaroth se non ho capito male, li ho sentiti parlare-
Alla ragazza parve di vedere il viso di lui sbiancare: -Ho capito. Beh, arrivederci-.
Detto questo il ragazzo fece per andarsene ma poi sentì di nuovo la voce di lei:
-Aspetta- per porgergli l’ultima domanda –Come ti chiami? Solo la parte angelica, il resto già lo so- gli disse usando le stesse parole che aveva rivolto a lei prima.
Abbozzando un piccolo e sincero sorriso Declan rispose:
-Lelarihell-
 
-Sto già pensando con la mia famiglia dove passare le prossime vacanze estive!- Disse Hellawe con voce squillante -magari in Italia, è stata un’idea di mia sorella e sembra la più favorita per ora-
         -Fossi in te penserei prima a finire l’anno senza debiti- la riprese Nathan -da quando conosci Dean i tuoi voti sono calati e non erano molto buoni nemmeno prima-
         Hellawe controbatté: -Se fossi io in te, invece, penserei a comportarmi meglio; sei stato sospeso tre giorni il mese scorso e hai rischiato un’espulsione dalla tua squadra e per cosa? Per una stupida partita di calcio-.
         L’Intervallo era appena cominciato e il terzetto era affacciato alla finestra che dava sul giardino ricoperto di nuova neve, deserto a parte un piccolo pettirosso appollaiato sul ramo di un albero. Erano seduti sul calorifero appena al di sotto di essa per scaldarsi un po’. Evangeline non aveva raccontato nulla ai suoi amici: la situazione si era fatta fin troppo pericolosa. Prima o poi avrebbero conosciuto la verità a causa dell’ascesa dei demoni ma intendeva ritardare quel momento il più possibile. E ora era lì a godersi un po’ gli amici che ultimamente aveva trascurato.
         -A proposito, dicci come è andata- Disse Evangeline -e poi voglio sapere anche come è andato l’appuntamento con Dean, Hella!-.
         Nathan aprì la bocca per parlare ma fu battuto sul tempo dall’amica: -E’ stata una serata meravigliosa, Eve; volevo proprio raccontartelo-.
         Il ragazzo sbuffò e Evangeline lo prese in girò soprattutto perché Hellawe non si accorse di niente.
         -Siamo andati a mangiare una pizza in centro, che gentile che è stato! E io che pensavo che gli americani avessero perso la galanteria; nient’affatto, o per lo meno, non lui-
         -Perché, cosa ha fatto?-
         -Si è presentato davanti casa mia con una rosa, mi ha offerto una cioccolata calda, perfetta con il freddo che faceva, e poi mi ha riportata a casa-
         -Beh, rosa a parte, tutto il resto lo trovo piuttosto normale- propose Evangeline, ma l’amica nemmeno la sentì e proseguì il discorso:
         -Mi ha fatto molti complimenti; mi trova carina e anche brava a pallavolo. Gli ho fatto vedere un video del campionato dell’anno scorso, quando siamo arrivati in semifinale-.
         -Ma non sono noiosi tutti quei complimenti?-
         Pensandoci su rispose: -No, affatto, non ha esagerato. Mi ha fatto piacere sentirli- parve arrossire.
         Nathan, dopo essersi assorbito il noioso discorso da ragazze, fece il suo intervento seguito da un sorriso malizioso: -E poi cosa avete fatto? A noi interessa il post-cena-
         -Idiota! Non è successo proprio niente. Siamo andati a casa sua a vedere un film, tutto qui-
         -Certo, un film, e intanto le mani andavano in esplorazione dentro ai jeans. Alla scoperta del tesoro perduto!- scoppiò a ridere seguito a ruota da Evangeline che si piegò in due dalle risate.
         -Ma non vi rispondo nemmeno!- disse Hellawe innervosita e imbarazzata -E ora illuminaci con la tua rissa; voglio sapere quante ne hai prese-
         -Secondo te io le avrei prese? Io le ho date! Eravamo pari tre a tre e il secondo tempo stava per finire. La palla era mia, nessun altro a cui poterla passare, e l’area della porta era libera.- La sua voce si stava alzando -Mi avvicino pronto a tirare e poi… è arrivato lui a rovinare la situazione! Quel coglione di Marvin mi arriva in scivolata sullo stinco, un male cane, e cado perdendo la palla. Porca miseria lo avrei ucciso! Lo ha fatto apposta perché c’ero io lì; quello ce l’ha con me-
         -E quindi hai pensato bene di menarlo, complimenti- rispose Hellawe sarcastica -Povero ego ferito. Sei stato così tanto furbo che ora sei sospeso per un mese dalle partite, senza contare che il tuo coach ti massacrerà agli allenamenti-
         -E allora? Sono problemi miei- rispose malamente il ragazzo
         -Sarebbero solo problemi tuoi se tua madre non ti avesse messo in punizione! Ora non puoi più nemmeno uscire con noi-
         -Non mi interessa, lo rifarei di nuovo-.
         Hellawe non si trattenne più e sbottò furibonda: -Sei proprio un grandissimo idiota Nathan Scarlett! Non esiste appellativo migliore per descriverti: idiota! Te la meriti quella punizione-.
         Nathan si alzò e andò a farsi un giro in corridoio arrabbiato, con un espressione rigida in volto.
         Poco dopo Evangeline parlò: -Sei l’unica che riesce a tenergli testa quando fa così- disse all’amica -perché hai ragione e lui lo sa, anche se non vuole ammetterlo-
         -Gli passerà tra poco- si limitò a risponderle.
         Nel silenzio che si creò Evangeline non poté evitare di ripensare alla sera precedente. Declan era lì, nello stesso edificio, magari ad un solo piano di distanza oppure ad una sola aula. Non aveva voglia di vederlo e né di essere vista e per questo si era trattenuta anche dall’andare in bagno: non intendeva mettere un solo piede fuori dalla porta se c’era anche solo il minimo rischio di incontrarlo; chissà, magari si trovava in quella parte della scuola proprio ora, oppure no; non voleva nemmeno saperlo. Non aveva idea di come considerarlo: il suo caratteraccio insopportabile e i suoi modi di fare sprezzanti rendevano Evangeline titubante eppure il semplice fatto che esistesse la faceva sentire meno sola perché, per quanto fosse diverso da lei, era diverso anche da tutti gli altri; per quanto fossero i due poli opposti della stessa realtà, sentiva di avere in comune più cose con lui che con chiunque altro al mondo. Non esiste luce senza tenebra ma è anche vero il contrario: la sua comparsa poteva davvero cambiare le cose.
         -Va tutto bene, Eve? Ti vedo pensierosa-
         -Tutto bene, Hella, tranquilla. Sono solo stanca-
         -È da parecchio che dici di essere stanca e di non dormire bene; fai ancora quel brutto sogno?-.
         Ovviamente lo faceva ancora spesso, quasi ogni volta, ma ogni tanto riusciva a dormire bene tutta la notte. Sembrava che pian piano stesse scomparendo dal suo subconscio. Era vero, però, che gli incubi ora infestavano anche le sue ore di veglia.
         -Mi capita molto meno ora- disse sorridendo
         -Oh meno male, ne sono contenta. Te lo dicevo io che non dovevi preoccupartene e che sarebbero lentamente passati-
         -Già, avevi ragione-.
         Si creò di nuovo il silenzio: nemmeno Hellawe aveva molta voglia di parlare sapendo che Nathan era arrabbiato. Sapeva di avere ragione, lui si era comportato ingiustamente sia con quel ragazzo sia con lei, eppure nessuno dei due era davvero felice se l’altro non era sereno. Evangeline aveva sempre ammirato questa sorta di empatia reciproca anche se non riusciva a comprenderla fino in fondo; il loro era una legame speciale, quasi fraterno, cresciuto a partire dai primi anni d’infanzia.
         La ragazza si risollevò quando avvertì la coscienza di Nathan di nuovo calma e leggermente imbarazzata: l’avvertì contro la pelle come le era già successo i giorni precedenti. Il ragazzo apparve sulla soglia della porta un istante dopo e si diresse verso le amiche per chiedere scusa e abbracciarle; tutto tornò alla normalità, come se niente fosse successo.
Lo avevo fatto di nuovo: senza volerlo lo aveva sentito arrivare e aveva percepito le sue emozioni. Non si sorprese ma ne fu contenta. In quel  momento non poté fare a meno di chiedersi se avesse sentito anche lui a sua volta una coscienza estranea o se la sua abilità si proiettava in un’unica direzione: avrebbe aggiunto la domanda alla già lunga lista di quesiti da rivolgere a Declan, se mai avesse voluto di nuovo parlarle. Non poteva fare altro che aspettare che il mezzo-angelo prendesse una decisione e fortunatamente nel frattempo l’Inferno le lasciò una manciata di giorni di ferie.
  
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