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Autore: Alice Thoreau    26/04/2015    1 recensioni
Anno 1095. In un mondo dominato dalla magia e dalla superstizione, una donna scozzese si innamora di un cavaliere al punto di seguirlo in battaglia durante la prima crociata.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Capitolo I. Grisandole Scott.
SCOZIA. ARROCHAR. Mercoledì 31 ottobre 1095.

Il pallido volto di Ysolde riluceva nel rosso crepitio del falò, scomparendo a tratti dietro il nugolo di fumo scuro. Le trecce corvine scendevano morbide lungo il consunto vestito di lino chiaro. Mi stava osservando. Uther fu il primo a gettare le ossa nel fuoco, seguito poi da Wallace e da Vortimer. A uno a uno, gli uomini e le donne di Arrochar si avvicinarono al falò per gettarvi le ossa delle bestie macellate in preparazione dell’inverno. Timidi sorrisi si intrecciavano a complici sguardi di intesa.
Era Samhain, il giorno che precede Ognissanti. Questa era la tradizione dei nostri padri e dei loro padri prima di noi. Uther si avvicinò nuovamente al falò per accendere la propria torcia. Il fuoco sacro avrebbe rinvigorito quello dei focolari domestici. Quaranta torce illuminavano il circolo magico e rischiaravano la buia notte senza luna. Senza proferire parola, gli uomini e le donne di Arrochar abbandonarono la sacra radura di Aegnor e iniziarono a discendere le pendici del monte Cobbler per fare ritorno alle proprie case.
Jeannette mi prese per mano e ci avviammo verso Arrochar. Arrochar era un luogo di rara bellezza sulle rive di Loch Long. Gli dei antichi e il Dio nuovo vegliavano su di noi, rendendo il villaggio uno splendido luogo in cui vivere. Jeannette era una donna di rara bellezza, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi color del cielo. Aveva circa venticinque anni ed era sposata con Tyree, il macellaio. I suoi tre splendidi figli le assomigliavano incredibilmente, e questo era un bene poiché una sera Jeannette mi aveva confidato di averli concepiti con Uriens. Le torce degli uomini e delle donne di Arrochar si divisero lentamente, mentre i capifamiglia e le loro donne facevano ritorno nelle loro case per ravvivare il focolare con il fuoco sacro di Samhain.
Io ero sola. Abboid, mio marito, era morto di gotta questa primavera lasciandomi sola e senza figli. La casa di mio marito si trovava al limitare del bosco, in disparte rispetto al resto del villaggio. Abboid amava la tranquillità del talamo e il dolce suono dello sciabordio lacustre che si infrangeva contro i ritti pali del molo. Non avrebbe mai sopportato di vivere al villaggio, per quanto piccolo fosse Arrochar. Salutai Jeannette e Tyree e mi diressi verso casa. Il sentiero che unisce la mia dimora al villaggio corre lungo la riva di Loch Long ed è segnato da imponenti pietre muschiose, che svettano acuminate contro il cielo. Sono stati i giganti a portarle lungo la mulattiera. E questa certamente è una storia vera, perché l’ha raccontata padre Angus in chiesa.
Fu allora che lo vidi. La pelle bianca come la neve. I capelli biondi come il miele. Gli occhi verdi come il prato della radura di Aegnor dove ormai il fuoco sacro stava spegnendosi. Era certamente il fantasma di un soldato, perché portava ancora indosso l’armatura. Il mondo dei morti è estremamente vicino al morto del vivi durante la notte di Samhain. Mi cadde la torcia di mano, la bocca spalancata in un grido silenzioso. Il fantasma mi osservava. Iniziai a correre verso casa, senza mai voltarmi.
Non dormii quella notta. La pallida sagoma del fantasma perseguitava i miei pensieri.
   
 
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