Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Gio_Snower    27/04/2015    1 recensioni
|| Storia partecipante al contest I’m no Superman, indetto da rhys89 sul forum || Levi's Pov ||
Levi Ackerman è conosciuto come un'Eroe, il Soldato più forte dell'Umanità; ma cosa si cela dietro quell'uomo di piccola statura e grande fama? Cosa prova l'Heichou dallo sguardo freddo come il ghiaccio e perché? E sopratutto, quali sono i suoi pensieri?
|| Lieve presenza di Ereri ||
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo un uomo
 
 
«Pivello, cosa vorresti dire? Che vuoi essere come me?
Ma non vedi che nemmeno io voglio essere come me?»
Dr. Cox - Scrubs
 

È una giornata di pioggia; triste, solitaria. Sei nella camera principale di una vecchia catapecchia, seduto a un tavolo guardi fuori dalla finestra, il cielo è completamente nero e la pioggia fitta nasconde il bagliore delle stelle. Intorno a te, seduti intorno al tavolo o per terra, ci sono i tuoi uomini. Eren ti guarda titubante, chiedendo, le labbra morse troppe volte, secche. Mikasa lo fissa, ansiosa, mentre Armin è appoggiato a Jean e ha un’aria stanca, ma decisa. Quest’ultimo, invece, è perso nei suoi pensieri. Sai che ha perso il suo migliore amico, sai che tutti in quella stanza hanno perso qualcuno. D’altronde, nell’era buia in cui vivete, esiste ancora qualcuno che non ha perso qualcosa?
L’umanità intera ha perso; la sua vita, la vita di chi ama, l’amore stesso, l’umanità, la gentilezza. O almeno è questo che pensavi; ora sai che non è così. La speranza anima i vostri petti, è come una fiaccola che splende luminosa, ha nomi diversi, sentimenti diversi, che la animano, e qualche volta vacilla; ma lo sai, no? Non si spegnerà. Altrimenti non sareste lì, in quella sporca casa abbandonata. Ti alzi e per un attimo gli sguardi si spostano su di te, ma li ignori. Sei stanco e loro non hanno bisogno di incoraggiamenti; hai fiducia nei loro sentimenti. Per una volta, pensi con ironia, potrei essere empatico. Un piccolo sorriso si affaccia sul tuo volto e svanisce subito, nessuno lo nota, neppure tu.
Ti avvicini alla libreria e passi una mano sulle copertine stracciate, sporche, vecchie. Ne prendi uno a caso e ti avvicini alla candela. A quella tremula e fioca luce, simile alla speranza dell'Umanità, apri il libro e da un passo a caso inizi a leggere, ad alta voce.
“Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo.
In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile.
Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero.
Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga¹”.
Leggi queste righe con voce grave, stanca. E ogni parola si incide dentro di te, finché non ti rendi conto di cosa stai leggendo, e la tua mente non può far a meno di paragonare quei “loro” ai Titani e quel “noi” agli Umani. Quanto ti hanno tolto lo sai bene, sei arrivato al punto di diventare una bestia, tu che fra tutti eri rimasto umano anche nella disperazione. Sei sul baratro, una linea che attraversi ogni volta e non sai se ogni volta ritornerai indietro; è un rischio che puoi assumerti solo grazie all'odio che covi, a quella fredda e letale rabbia che si cela dietro i tuoi occhi di ghiaccio. Ti alzi nuovamente e riponi il libro, non sai perché l'hai preso in mano e ora, la polvere che era su di esso, è sulle tue mani e tu rabbrividisci leggermente. Prendi uno straccio che sembra pulito e ti strofini le mani. Il senso di pesantezza, che ti attanagliava prima, ti lascia un po'.
 
†††
 
È ancora notte e luna si affaccia dietro le ombre per pochi attimi; ha smesso di piovere da poco, eppure il cielo si sta già schiarendo, diventando via via più scuro e pulito, luminoso per via di quel grande cerchio pallido e delle piccole stelle timorose. Le nuvole scappano dalla luce lentamente, fino a perdersi nell'orizzonte. Non hai chiuso occhio, non ci riesci. Sei disteso su un letto senza coperte e usi il mantello come stuoia, che ti separa da quel che resta del materasso, su cui dovresti riposare.
Per l'ennesima volta ti chiedi come finirà, se quel che stai facendo è giusto. Non sai come comportarti di fronte a questa situazione; non sai nemmeno se le parole che hai pronunciato bastino. Se tu basti.
La porta cigola lentamente mentre qualcuno la apre; non giri nemmeno il volto, non guardi. Il tuo respiro si tranquillizza, lui si avvicina e quando è di fronte a te ti guarda, esitante, così ti ritrovi a fissare due occhi del colore degli smeraldi. Hai visto quelle pietre solo una volta in tutta la tua vita; appartenevano a una collana d'oro leggermente sporca e adornavano il collo niveo di tua madre. Quelle pietre brillavano alla mezza luce della città Sotterranea, intrappolandola dentro di sé fino a splendere. Ne resti affascinato ogni volta, ma non lo ammetterai mai, nemmeno con te stesso. Non ammetterai mai che quegli occhi, quel colore, ti fanno battere il cuore più velocemente e che... Ti fanno sentire vivo.
“Vieni” gli ordini porgendogli la mano. Lui ti fissa confuso, il volto leggermente arrossato. Ti metti a sedere velocemente e lo intrappoli fra le tue braccia; la differenza d'altezza non conta quando siete distesi né quando siete seduti in un letto.
“Heichou” mormora, ti fissa bramoso, sfidandoti. Fa sempre di testa sua, non ascolta quasi mai ed è così insicuro; questo è l'Eren che tu vedi. La sua esitazione ti infastidisce, ma... Lo capisci. E non lo capisci.
Lui è il tuo ieri e il tuo oggi; forse il tuo futuro, ma non sei ancora pronto ad ammetterlo. Con un ringhio lo trascini verso di te e con ferocia lo baci; troppo insaziabile e irrazionale per resistere a quella tentazione. Se non lo conoscessi così bene, penseresti che ti provoca consapevolmente, ma in lui non esiste traccia di malizia. Sorridi contro le sue labbra e lo fissi negli occhi, osservando il tuo riflesso nel suo sguardo, cercando quel che tanto vuoi e, lo sai, lui lo ha. Quando lo vedi ti ci avventi sopra e lo divori per il resto della notte.
Per quelle ore, rubate al buio, sei diverso; sei meno triste e rabbioso.
Sei vivo.
Disteso fra le lenzuola, assopito e innocuo, con il suo volto da bambino, dorme al tuo fianco. La tua mano si avvicina al suo viso, ma la blocchi; fra poco il cielo si rischiarirà e lui dovrà andarsene. Al chiarore, tornerà il peso sulle tue spalle e i ricordi di un tempo affolleranno la tua mente; insieme al tuo dolore, alla tua malinconia, alla tua impotenza. Osservi quei capelli scuri e, prima di rendertene conto, una ciocca di essi è fra le tue mani. Chiudi gli occhi e speri solo che quell'attimo si fermi; un attimo prima della luce, della realtà.
 
†††
 
Quante volte sei arrivato in ritardo? Quante volte, nonostante la tua cosiddetta forza, non hai potuto fare niente? Arrivi sempre dopo, appena in tempo per vedere i loro cadaveri o, a volte, i soli resti. Occhi vitrei, braccia strappate che prima si aggrappavano a qualcuno, mani che accarezzavano. Ricordi le mani di Isabel sul tuo corpo, una dolce carezza intima, ma senza sensualità. Amore, amore fraterno, un legame che credevi non si sarebbe mai spezzato.
E invece è bastata la morte a portarteli via.
A portare via il sorriso di Isabel e le sopracciglia corrugate di Farlan, a portare via il luccichio malizioso dagli occhi di lei – vitrei e fissi nel vuoto nella tua mente – e le lunghe gambe in cui inciampava sempre di lui. La morte... E i Titani.
È iniziato allora. Non li avevi mai odiati, prima. Non te ne importava nemmeno molto, a dir la verità. A te, che eri solo un moccioso della città sotterranea, a te, nato da una prostituta e disilluso già nei tuoi primi anni di età. Quella poca speranza che avevi, quel piccolo bagliore nel tuo cuore – che rivedi spesso nelle tue ingenue Reclute – ti è stata tolta da Kenny. Ci ha pensato lui a eliminarlo per sempre, facendoti capire quanto è crudele il mondo. O almeno pensavi di averlo capito, ma poi...
L'hai visto. Hai visto con i tuoi occhi quanto la realtà può diventare crudele.
Quanto, in un solo minuto, tutto quel che hai possa essere distrutto, cancellato dalla faccia della terra e della vita, lasciando cicatrici che non si vedono sulla pelle. Che nessuno può vedere... Perché tu non lasci che le vedano, non vuoi. Non sei disposto a mostrarle per il semplice motivo che la tua debolezza manderebbe tutto a puttane; non puoi e non vuoi. La responsabilità del mondo è sulle tue spalle e a malapena te ne rendi conto; quando tutto è iniziato non volevi che finisse così, non l’avevi chiesto. Tu volevi solo una cosa, non ti sei mai lamentato del carico di missioni, di vite umane sulle tue spalle, delle responsabilità che piano piano sono diventate tante, forse troppe per le tue spalle, tutto per raggiungere quell’obbiettivo. E adesso?
Adesso sei al punto di prima, ne hai sterminati quanti… Duecento? Trecento? No, decisamente di più.
Però non saranno mai come le vite umane prese da loro, lo sai, ora.
Forse uccidendoli tutti potrai vendicare le morti di chi amavi, forse potrai finalmente respirare, ridere senza quel macigno che sembra opprimerti il petto. Un po’ ti penti della tua scelta. Ti ha promesso l’omicidio, lo sterminio, ti ha chiesto di aiutarlo a farlo.
E grazie a lui – per colpa sua, anzi – sei diventato un fottuto eroe. Ma Eroe di cosa, poi. Perché?
Sei solo un uomo, anche basso per giunta. Hai un brutto carattere e una mania che non riuscirai mai a superare; vivi per vendetta e uccidi con facilità e apparente leggerezza. Cosa diavolo ci vede in te la gente per chiamarti Eroe? Ma tu lo sai bene cosa ci vede, sai cosa vedono loro nei tuoi occhi stanchi e freddi, sai perché i bambini ti fissano ammirati e gli adulti – padri e madri, sorelle e fratelli cresciuti – ti insultano o ti acclamano. Piangono guardandoti; sperando che tu possa riportare indietro i loro cari, possa far qualcosa.
Ma tu, caro Levi, sei solo un uomo.
 
E un giorno, forse, dimenticando tutto il tuo dolore, ricorderai di esserlo.
 
 
¹Se questo è un uomo, Primo Levi



Note dell'Autrice

Che dire? Ho scritto questa storia per un contest*; ma in verità aspettavo - bramavo - da molto tempo l'occasione di poter scrivere su quel gran personaggio che è Levi Ackerman.
Son rimasta affascinata da Levi praticamente subito e ho riflettuto molto su che tipo di persona è, su cosa lo spinge a continuare. Molte cose viste nello spin-off hanno dissipato i dubbi che avevo e hanno reso concrete e canon molte mie teorie; di questo ne sono felice.
Ritornando alla storia... Spero che vi sia piaciuta. C'ho messo anima e corpo per scriverla ed era la prima volta in assoluto che scrivevo in seconda persona singolare. E' stata una sfida e - spero - anche un motivo di crescita. Per chi non l'avesse capito, il limite su cui riflette Levi è la sua umanità, il suo essere umano. E' un limite solo per lui, solo per un uomo che è un Eroe, ma è sopratutto un uomo.
Detto tutto, non indugiamo inutilmente.
A presto,
xx Giò


*Questa storia partecipa al contest "I'm No Superman" di Rhys89 sul forum di EFP.
   
 
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