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Autore: akirakirara    29/04/2015    0 recensioni
«Comunica a quello stronzo che appena lo becco lo stendo! Deve piantarla di tirarci il pacco.» Jesse si scostò dall’orecchio dell’amico con un sorriso colpevole. Le ragazze fanno proprio paura.
«Mi sta minacciando di stupro?» La voce ridente dall’altra parte della cornetta fece arrabbiare ancora di più la giovane che si avventò sulla mano che teneva il telefono. Dick si scostò appena in tempo e, girandole prontamente intorno la prese per la vita imprigionandola. L’amica squittì cercando di liberarsi mentre Wally rideva divertito sentendo i rumori.
«Dove sei amico, è da quindici minuti che ti aspettiamo, mi si sono gelate persino le mutande.»
«Perché tu le indossi?»
«Perché tu no?»
La risata dall’altra parte lo fece pentire di aver chiesto.
NB I personaggi sono ambientati in situazioni modificate e ne vengono cambiate età e rapporti.
NMB (interpretate) Storia a tematiche omosessuali con descrizioni di atti, ma non dettagliate.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Sangue, sangue rosso, era ovunque. Sul marciapiede, sulle pareti luride del vicolo, sulle sue mani. Il suo respiro era affannato e gli girava la testa alla vista di tutto quel rosso. L’aria gelida lo circondava e l’istinto cercava di mandargli segnali, segnali di pericolo, di doversi sbrigare. Sapeva che si doveva muovere, che quello non era il suo sangue e che doveva fermarne la fonte se no Lui sarebbe morto e se avesse perso Lui la vita non avrebbe avuto più significato. Ma continuava a stare immobile nell’aria della notte e la sua mente era bloccata, come un computer che continuava far vedere sempre la stessa schermata nera non permettendoti di fare assolutamente niente, solo che sulla sua schermata c’era una sola frase… Non posso perderlo, non sopravviverei. Sentì solo allora un respiro ancora più affannato del suo provenire dall’angolo e si rese conto che forse Lui non era così lontano, che si poteva ancora fare qualcosa. Vide il vicolo buio avvicinarsi barcollante ma in realtà erano le sue gambe che si stavano trascinando facendolo barcollare in modo precario. Appena il muro fu a portata di mano vi si appoggiò non curandosi minimamente di quanto quella superficie fosse sporca e appiccicosa. Non appena girò l’angolo gli si gelò il sangue vedendo tutto quel rosso dappertutto. Si era bloccato di nuovo e cercava disperato di chiamarlo mentre sentiva arrivare in lontananza le sirene. Di colpo si rese conto che con era solo la sua poca stabilità emotiva a renderlo tanto barcollante sulle gambe ma che lo era anche una grossa lama conficcata nel polpaccio sinistro che a ogni suo strascicato e doloroso passo rendeva sempre più debole la stabilità del ginocchio.
Fece un altro passo ma stavolta la sua gamba non resse e finì per metà in ginocchio, facendo schizzare gocce di acqua sporca e sangue ovunque, bagnandosi i calzoni e immergendo il ginocchio nella melma. Guardando per terra prese un profondo respiro per affrontare nuovamente ciò che gli si presentava davanti. Sentì conati di vomito salirgli lungo lo stomaco diretti verso la gola e l’orribile voglio di scappare ma anche l’insensato bisogno di andare avanti e raggiungerlo e stringerlo anche a costo di strisciare lo pervadeva, mentre una voce a malapena udibile e profondamente famigliare diceva. «Non ti preoccupare, non è tutto sangue mio…» … la sveglia nell’altra stanza che suonava distolse Dick dalle immagini che lo opprimevano che pian piano cominciarono a sparire dalla sua vista sostituendo il bianco del marmo al rosso dei suoi ricordi. Si rese conto di non star respirando e prese una grande boccata d’aria inghiottendo anche non poca acqua cosa che lo indusse a tossire. Sentendosi un completo idiota spense il getto e uscì dalla doccia mettendosi un asciugamano intorno ai fianchi e subito gli venne la pelle d’oca. Era una sensazione sgradevole e di certo la tentazione di tornare indietro sotto l’acqua calda era forte ma quel freddo lo aiutava ad avere la mente lucida e, grazie al cielo, tenere lontane quelle immagini terribili dalla mente.
Vestirsi, colazione, zaino, spazzatura… Vestirsi, colazione, zaino, spazzatura continuò a ripetersi queste quattro parole come un mantra, senza mai deconcentrarsi così che, queste azioni automatiche, assorbissero la sua mente completamente.
Dick le eseguì senza davvero rendersi conto di cosa facesse ma concentrandosi solo ed esclusivamente sulle parole il che fu davvero un male perché nel momento in cui prese la spazzatura in mano con cartella sulle spalle e si rese conto che, anche se dipende dai punti di vista, non puoi davvero considerarti vestito con un misero asciugamano attorno ai fianchi.
Gettò indietro la testa chiudendo gli occhi e respirando lentamente chiedendosi se ridere o piangere e, tanto per non peggiorare la giornata, decise che un sorriso fosse la cosa migliore.
Si diresse nella sua stanza dando una sbirciata alla sveglia sul comodino mentre tirava fuori dall’armadio le prime cose che gli capitavano sotto mano. Cazzo, perdo il treno.
Mise la maglietta e i jeans senza nemmeno curarsi dei boxer, i cassetti erano troppo lontani per perdere tempo a prendere pure quelli, e corse fuori dall’appartamento come un razzo stravolgendo quasi la ragazza della porta accanto. Gridò qualche scusa distrattamente mentre macinava i gradini a una velocità impressionante che, per i rumori da rinoceronte che produceva, fece uscire la signora Sallen per cercare di capire se si trattasse realmente di un terremoto o fossero i suoi nuovi medicinali a farle quell’effetto. Resasi conto che in realtà a provocare tutto quel baccano fosse il giovane inquilino si mise a borbottare come un vecchio gatto stizzito e richiuse la porta del proprio appartamento. Dick, senza curarsi delle persone che lo guardavano stranite mentre correva verso la stazione riuscì all’ultimo a salirvi, travolgendo probabilmente un’altra dozzina di gente durante il tragitto. Quando le porte del treno si chiusero annunciando la partenza del treno cercò un posto a sedere e, buttandosi sull’ultimo posto in fondo, cominciò a rilassarsi.
La cabina in cui era seduto era come tutte le altre, un po’ pasticciata, non particolarmente pulita in generale ma sopportabile. Quel treno in particolare piaceva davvero a Dick, si vede che i costruttori avevano voluto fare qualcosa di stravagante per una volta dipingendo tutto in un marroncino chiaro, con al posto dei sedili delle panchine vere in legno con davanti tavoli dello stesso identico legno. Inoltre, stranamente, quello era l’unico treno in assoluto a non essere pieno di gente a quell’ora del mattino.
A dimostrazione che comunque fosse un treno quando Dick inspirò al posto di sentire la ricca fragranza di legno secco sentì solo una specie di mix di profumi e sudore. Che ci vuoi fare, non tutto è oro ciò che luccica.
Il treno entrò in una galleria e le strade trafficate vennero sostituite dal suo riflesso. Lui continuò a fissare un punto indefinito oltre al vetro non curandosi della propria immagine, dopotutto il suo aspetto non era importante, lui non era nato per essere attraente ma per essere forte, il suo compito era salvare le persone e il suo carattere o aspetto non avevano significato, semplicemente non importava.
La ragazza seduta due sedili più in là non sembrava però pensarla allo stesso modo e, attratta dai vivaci occhi azzurri, i capelli corvini e disordinati e pelle chiarissima, che gli davano un’aria da ragazzo cattivo e tenebroso, si alzò dal proprio posto tirandosi indietro i lunghi capelli biondi e sistemandosi la maglietta sul seno e avanzò piano verso la preda. Di certo, appena usciti dalla galleria e le sue curve esposte alla luce del sole, non passarono inosservate a molti passeggeri del vagone come anche la sua estrema difficoltà a camminare sul pavimento instabile con i tacchi rosso fuoco che si era messa.
Si avvicinò piano e con difficoltà alla sua preda ma infine ci riuscì e, senza nemmeno chiedere il permesso, come se la sua sola esistenza fosse un biglietto universale per permetterle un posto ovunque, si sedette di fronte al ragazzo. Appoggiò i gomiti sul tavolino situato tra di loro mentre con i palmi rivolti verso l’altro si sorreggeva il viso. Osservò per alcuni minuti il ragazzo notandone il semplice abbigliamento costituito da una maglietta bianca e un paio di Jeans. La maglietta la lasciò un po’ perplessa e anche il fatto che lui non l’avesse ancora notata ma decise che avrebbe che sorvolato su entrambe le cose e che il primo passo spettava a lei. Allungò la sua mano verso una delle due poggiate sul tavolo di Dick e le fece una lieve carezza. Lui spostò lo sguardo su di lei ma non cambiò la propria posizione rimanendo rivolto verso la finestra, solo gli occhi si mossero ad osservarla. Quando la ragazza gli sorrise lui ricambiò gentilmente rivolgendo finalmente tutto il proprio corpo verso di lei per non sembrare scortese ma, proprio mentre lei cercò di dire qualcosa di accattivante, il treno si fermò e lui si alzò dicendo che era la sua fermata.
Dick si rendeva conto di essere stato poco cortese ma non aveva alcun interesse nel fare conoscenza di prima mattina, ne di tradire la sua quasi-ancora ragazza.
Uscì dalla piattaforma di arrivo della stazione e poi dalla stazione stessa mentre stava seriamente considerando l’idea di tirare dritto e non voltarsi verso la confusione che si stava creando alla sua destra. Sentì urletti e gridolini di ragazze adoranti mentre una voce alta continuava a gridare il suo nome e una testa rossa saltava in mezzo alla folla sbracciandosi.
Quell’idiota poteva solo mettere grandi cartelloni pieni di lucine colorate con su scritto DICK SO CHE SEI Lì E IL MIO SCOPO NELLA VITA AL MOEMNTO è IMBARAZZARTI URLANDO E SALTANDO NELLA TUA DIREZIONE!!!! per farsi notare ancora di più.
Fortunatamente l’idea non parve venirgli in mente e Dick ringraziò mentalmente il cervello bacato di Wally per non avergli permesso di escogitare un piano del genere… oppure per non esserci ancora arrivato.
Valutò velocemente le sue possibilità di cui la prima era quella di camminare facendo finta di niente e nei peggiore dei casi di mettersi a correre ma probabilmente il suo amico non avrebbe desistito e lo avrebbe rincorso fino a quando non si fosse fermato, però nel frattempo oltre ad essere seguito Wally sarebbe stato anche inseguito da tutte le fan acclamanti di quest’ultimo, situazione che voleva ardentemente risparmiarsi.
Così optò per l’altra sua alternativa che consisteva nell’assecondare l’amico ed andargli incontro limitando di molto i danni che avrebbe potuto causare sia a se stesso che all’ordine pubblico.
«Ciao amico.»
«Ciao pagliaccio.»
«Non sei carino lo sai, ed io sono anche venuto a prenderti.»
«Si, carino come un pugno nello stomaco.»
Wally osservò per un momento l’ammasso di muscoli più basso che si trovava davanti.
«Ma ti sei messo la maglietta al contrario?»
Dick si guardò per la prima volta in quella giornata e si rese conto delle cuciture mentre il suo viso diventava caldo e probabilmente anche rosso. Abbassò le mani pronto quasi a togliersi la maglietta ma si ricordò di essere in pubblico e quindi afferrò uno dei suoi migliori amici e se lo trascinò dietro senza guardarsi intorno. Wally non oppose resistenza ma Dick non aveva la più pallida idea dell’espressione sul suo viso e si aspettava che scoppiasse a ridere senza tante cerimonie appena entrati in uno dei bagni universitari. Lo mollò in mezzo alla stanzetta andandosi a chiudere in uno dei piccoli cubicoli. Odiava il proprio pudore, era stupido e insensato, erano entrambi maschi e inoltre, senza contare che in missione rimaneva spesso a torso nudo, il suo amico lo aveva visto praticamente nudo tantissime volte.
Buttò a terra lo zaino, si tolse la maglietta e se la rimise giusta riaprendo il chiavistello della porta malconcia. Evitò deliberatamente di guardare nei grandissimi specchi appesi a una parete del bagno anche se riuscì comunque ad avere conferma del suo fantastico colorito.
Grazie maledetta vista periferica.
Evitò di penarci troppo e si fissò sul viso di Wally che intanto lo guardava con fare serio, stranamente neppure un accenno di divertimento in viso.
Non aveva idea di che cosa dire e neppure l’amico sembrava intenzionato a parlare mentre il silenzio si protraeva.
La porta del bagno si aprì e un ragazzo minuto entrò accorgendosi subito della tensione e infilandosi velocemente dietro a una delle porte. Grazie al cielo aveva interrotto il contatto visivo tra i due che in silenzio uscirono e camminarono verso la propria aula della prima ora.
«Amico, stai bene?» Una domanda improvvisa quanto anche abbastanza sottovalutata che fece riflettere Dick.
«Si, sto bene.»
Sto davvero bene?
   
 
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