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Autore: NoceAlVento    29/04/2015    2 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Serena sospinse di lato la pila di scartoffie che aveva accatastato sulla scrivania della piccola stanza a lei riservata nell’affollato Centro Pokémon. In cima, spillata al fascicolo per una più facile identificazione di quest’ultimo, si distingueva la colorita fotografia di Linus Stromberg in abbigliamento da arrampicata sportiva, prelavata da un servizio fotografico commissionato da Vie Moderne.

Si era meticolosamente documentata su ogni aspetto che riguardava la sua imminente sfida con il Capopalestra di Altoripoli: la specializzazione nel tipo Roccia, le tattiche più frequenti, il rapporto con i novizi. Aveva anche studiato a menadito il regolamento delle battaglie ufficiali sotto la giurisdizione diretta della Lega Pokémon, scoprendo ad esempio che per chi partecipava alla Lega per la prima volta e deteneva meno di due Medaglie il Paragrafo 21, Comma 2 prevedeva un handicap sugli strumenti tenuti dai Pokémon. Lei non sapeva utilizzarli, e per la verità ne possedeva due o tre appena che fossero adatti allo scopo, ma la consolava sapere che il suo avversario non avrebbe potuto avvalersene.

Dopo la sfida contro Violetta aveva deciso di prestare particolare attenzione alle Abilità, ciò che l’aveva tradita in quell’occasione e per poco non le aveva bruciato l’unica sconfitta a disposizione di chi, come lei, intendeva partecipare all’edizione di quell’anno dell’Esame indetto dalla Lega. Non poteva permettersi di perdere contro Stromberg, o sarebbe stata costretta a sei vittorie di fila in condizioni di massimo stress.

Il campanile della cittadina diffuse nell’aria i rintocchi delle dieci del mattino. Serena inspirò profondamente e strinse tra le dita la cintura con agganciate le sfere di Karen e Uno, ossia Ralts e Bulbasaur. I suoi unici Pokémon al momento, e quindi anche i gareggianti obbligati.

 

 

 

Episodio 1x33

Seconde opportunità

 

 

 

Era una limpida domenica primaverile ad Altoripoli, di quelle in cui il cielo è appena velato da un semiopaco manto di nubi candide. Nonostante la rovina portata dai Rotom  la modesta città non aveva perso la sua vivacità: non molti edifici erano ancora anneriti dalle ceneri, di conseguenza le viuzze che si inerpicavano sulla collina brillavano di nuovo dei dinamici colori sfoggiati dalle pareti degli stabili.

Erano trascorsi cinque giorni dall’invasione, un lasso di tempo sufficiente perché il piano di ripresa imbastito dal Presidente Faubourg iniziasse a mostrare i suoi primi frutti. Dovunque si guardasse l’occhio cadeva su lavoratori intenti al restauro delle abitazioni danneggiate, con il fedele aiuto di un colossale spiegamento di Pokémon sull’intera regione. Bellocchio doveva essere da qualche parte là in giro, intento ad aiutare con il suo solito piglio ottimistico. Si era offerto di presenziare all’incontro, ma lei riteneva di avere un debito con se stessa dopo gli avvenimenti della Palestra di Novartopoli, e parte del saldo era trovare il coraggio di farcela da sola. Quantomeno quella proposta aveva confermato che il suo amico non era cambiato, così come non era mutato il loro rapporto dopo la scoperta della sua perdita cronica di memoria. Tutto come prima, e ciò non poteva renderla più felice.

Mentre scalava i misurati pendii del borgo, Serena pensò che non sentiva poi così tanto la mancanza della visuale sopraelevata che si ammirava dal terrazzo di Cornelius. Forse era più spettacolare, ma perdeva il sapore del contatto umano diretto: il profumo delle panetterie, i dialoghi sui tavolini all’aperto dei bar riguardo l’imminente voto per sostituire il compianto Timeus Wikstrom al Consiglio dei Superquattro. L’unico punto realmente a favore del balcone era la spettacolare distesa oceanica, di cui poteva solo raramente ammirare scorci muovendosi tra le stradicciole. A compensare ciò una piacevole calura cullava l’ambiente, e la ragazza meditò che non sarebbe stato male in quel momento avere un Pokémon d’Acqua. Poter rinfrescarsi quando le aggradava… Trovato le aveva raccontato una volta, due o tre mesi prima, che certi esemplari di quel tipo avevano anche un’Abilità chiamata Assorbacqua che li corroborava quando si bagnavano. Forza e freschezza, il massimo del comfort.

Linus Stromberg, più sovente noto come Lino, era un rocciatore a livello dilettantistico quando non era impegnato ad accogliere sfidanti per la Medaglia Rupe. Era considerato uno dei Capipalestra più indicati per gli esordienti a causa del suo mite temperamento, ma ciò non doveva indurre a rilassarsi: era comunque un valutatore severo e un esperto Allenatore. In accordo con il suo hobby, la sua Palestra era incavata in una grotta posizionata alcune decine di metri più in basso rispetto all’uscita della Trait d’Union che Serena e Bellocchio avrebbero dovuto imboccare quando invece erano fuoriusciti troppo a sud. Da un certo punto di vista l’aspetto era più spartano dell’edificio di Violetta: solo il logo della Lega affisso sopra l’ingresso e due colonne esagonali a delimitare quest’ultimo. Entrare in una caverna non fu per la ragazza un compito agevole per via dell’angoscia che la prigionia di Hoopa le aveva lasciato, ma la determinazione di conquistarsi lealmente una Medaglia ebbe la meglio su accenni di disturbo post-traumatico.

Al di là dell’adito si trovava un breve corridoio roccioso rischiarato da fioche lampade appese in angoli strategici. La temperatura era notevolmente calata rispetto al mite clima esterno, e Serena già rimpiangeva di non aver portato con sé la sua fedele giubba scarlatta. Man mano che avanzava un rumore prima impercettibile si intensificava di volume, qualcosa di simile a un acquario in lontananza.

Una volta giunta al termine dell’androne la vera e propria Palestra si spalancò ai suoi occhi: si trattava di una ciclopica spelonca che si estendeva probabilmente per centinaia di metri in altezza. La ragazza poggiava i piedi su uno spiazzo dissestato che preludeva al campo di battaglia su cui avrebbe a breve combattuto. Al termine di quest’ultimo un baratro lo divideva dalla massiccia cascata che aveva prodotto il suono udito prima. L’atmosfera era tesa, ma probabilmente era solo la sua emozione per trovarsi nuovamente in quel tipo di struttura, pronta per la sfida. Si guardò attorno, notando sul lato destro una scrivania a muro non dissimile da quella del laboratorio del Pianeta Nero; accanto a essa un giovane stava scrutando la massa d’acqua corrente. E non era Lino.

Serena gli si avvicinò titubante, trovando solo dopo un po’ l’audacia di parlare « Mi scusi? ».

L’uomo si accorse della sua presenza e le rivolse uno sguardo di sufficienza « Frammenti di una felicità perduta nel presente. Sfocati e sciolti nell’aria, spezzati ma aderenti ».

« Come? ». La ragazza lo scrutò: probabilmente non era molto più vecchio di lei e portava un corto caschetto biondo che ben si intonava alla sua pelle opalescente. Era il volto però a non convincerla, le ricordava troppo da vicino qualcuno che non riusciva a rammentare.

« Non mi aspetto che tu capisca. Perché sei qui? ».

« Cerco il Capopalestra » rispose lei. Inizialmente il suo tono l’aveva intimidita, ma quasi subito aveva deciso di reagire senza flettere un muscolo.

« Ce l’hai davanti » ribatté il ragazzo con fierezza « Christian Black ».

« Non… Non dovrebbe essere Linus Stromberg? ».

Christian parve trattenere una grassa risata « Non lo sai? Linus ha deciso di candidarsi come Superquattro a queste elezioni. Almeno finché non è noto l’esito lo sostituisco io ».

Finalmente Serena comprese chi le riportava in mente quell’individuo: Calem. Aveva lo stesso piglio presuntuoso, la stessa espressione condiscendente. Non seppe se essere rallegrata o infuriata all’idea che sarebbe stato lui il suo avversario. « Vorrei sfidare la Palestra ».

« Beh, questo è ovvio. Serve una carta d’identità » recitò il giovane a macchinetta, afferrando poi quella di Serena con poca perizia « Borgo Bozzetto, bene. Questa è la tua prima Palestra? ».

« No. Ho già la medaglia di Novartopoli » proseguì la ragazza anticipando il quesito successivo.

« Ancora nella classe Principianti, quindi. Quanti Pokémon hai a disposizione? ».

« Due ».

« Due anch’io, allora » dedusse il biondino asettico. Con un passo si apprestò a voltarsi per dirigersi al PC dietro di lui, fermandosi solo per fornire le ultime direttive « Valido la registrazione e seleziono le Ball. Intanto vai pure alla postazione ».

Nel cammino verso le linee di delimitazione che segnavano il campo, Serena fu colta da un misto di solitudine e crescente preoccupazione. Doveva già sopportare l’ansia da prestazione, e questo cambio di programma si presentava al momento meno opportuno. Si era documentata alla perfezione su Lino, ma di questo nuovo arrivato non sapeva nulla. Tante ore di studio buttate al vento. E ora avvertiva anche la sua usuale fitta alla mano sinistra, quel dolore ricorrente che l’assaliva quando era tesa.

« Ci siamo » annunciò Christian dopo qualche minuto di indaffaramento, portandosi poi al rettangolo apposito sul lato opposto. Eccezion fatta per la cascata una quiete totale era calata sull’ambiente, lasciando che i due si studiassero circondati da massi sparsi intorno al campo. Quel Capopalestra improvvisato non avrebbe lanciato nessun conto alla rovescia, per Serena era ovvio. E così fu « Cominciamo! ».

La sfidante non ebbe alcun dubbio: per quanto Uno godesse di un vantaggio sul tipo era anche decisamente inesperto, quindi la scelta ricadde su Karen che uscì dalla Poké Ball come previsto. La prima sorpresa della giornata avvenne a quel punto: dalla sfera di Christian spuntò fuori un vivace ranocchio celeste. Un Froakie. Un Pokémon d’Acqua.

« Ehi! » protestò animatamente « Questa è una Palestra di tipo Roccia! ».

« Quando Lino la gestisce, certo. Ma io non sono Lino ».

« Ma non puoi! ».

Il ragazzo fece spallucce « La specializzazione della Palestra è a discrezione del Capopalestra. In quanto pupillo di Narciso sono bravo con i Pokémon Acqua, usare un tipo diverso sarebbe penalizzante per me ».

Serena soffocò l’istinto che le suggeriva di malmenarlo. Stava barando. O meglio, no, stava solo sfruttando un buco legislativo. Era convenzione che ogni cambiamento nelle qualifiche di una Palestra fosse comunicato in anticipo, e lui stava ignorando senza ripensamenti una lunga tradizione a Kalos. Ma d’altronde da uno che proveniva dalla scuola di quell’insopportabile Superquattro di nome Narciso non poteva aspettarsi altro. Sicuramente un raccomandato.

Se ne sarebbe volentieri andata, ma certamente quella serpe l’avrebbe registrato come forfait, e addio all’unica sconfitta concessa. Per di più, anche se lui probabilmente non lo sapeva, quella scelta la favoriva ugualmente. Si era allenata sulle tecniche Erba, e per sua fortuna l’Acqua la temeva tanto quanto la Roccia. Voleva giocare sporco? Che lo facesse, avrebbe reso la sua vittoria più saporita.

Appena prima che potesse dichiarare un attacco, tuttavia, giunse il secondo fatto inatteso: Christian protese la mano in avanti e richiamò Froakie senza nemmeno annunciarlo. La ragazza fu sul punto di aggredirlo, convinta che la stesse prendendo in giro « Che cosa stai facendo ora? ».

Con un rapido gioco di prestigio la sfera che il biondo stringeva fu sostituita da un’Esca Ball, la quale rivelò un Mantyke che balzò fluttuante sull’arena. Serena non ne aveva mai visto uno di persona, ma l’aveva sentito nominare in una circostanza che ora non rammentava. Sembrava comunque un esemplare comune, tranne per una fascia azzurrina avvolta intorno all’aletta sinistra. « Sostituisco il mio Pokémon ».

« Ma… ».

« Il regolamento prevede che i Pokémon siano sostituibili a discrezione dell’Allenatore. Il tuo Ralts punta sulle tecniche speciali, che Mantyke regge molto meglio di Froakie » espose Christian senza perdere il suo irritante sorriso « Hai intenzione di protestare per tutta la partita? ».

Giurisprudenza, ha studiato, pensò Serena, altroché. Ma aveva dimenticato un passaggio importante della teoria dell’allenamento: mai avvicendare Pokémon in una condizione di parità. Adesso aveva perso tempismo nell’azione e aveva svelato la sua intera squadra. E il cambio non importava, perché la mossa da lei precedentemente approntata rimaneva valida: Fogliamagica avrebbe avuto un effetto superefficace anche sulla nuova arrivata. « Vai, Karen! » gridò senza nemmeno la necessità di nominare l’attacco: la sua compagna intuì alla perfezione e scagliò un turbinio di fronde che colpirono infallibilmente la manta.

Questa, tuttavia, ne uscì sostanzialmente incolume come il Capopalestra aveva predetto. « Mantyke è in parte Volante, ciò neutralizza la tua mossa Erba » spiegò con derivato sconforto di Serena, ordinando poi con voce possente « Usa Idropulsar! ».

« Teletrasporto! ».

Secondo una tattica già provata nella preparazione Ralts scomparve alla prima avvisaglia di un’offensiva nemica, ma il Pokémon Aquilone reagì fulmineo e localizzò l’oppositore abbastanza presto da deviare il flusso d’acqua nella sua direzione. Karen fu colpita in pieno e cadde a terra sotto dove era ricomparsa, sul lato sinistro del campo.

Serena sgranò gli occhi e iniziò impercettibilmente a vibrare di nervosismo. Non era possibile che Mantyke si fosse mosso tanto in fretta. Le sfide in Palestra non consentivano la consultazione del Pokédex, ma ne era certa: non poteva esserne capace. Ci doveva essere un trucco.

E a quel punto comprese. Il nastro turchino che avvolgeva la pinna… « Hai dato al tuo Pokémon una Stolascelta! ».

« Hai buon occhio. Non certo un cieco che legge il braille ».

La ragazza ringhiò internamente. Stolascelta vincolava l’utilizzatore a una sola tecnica, ma era un inconveniente di poco conto se lo rendeva tanto rapido da tenere il passo di un Teletrasporto. « Non puoi! Il Paragrafo 21… ».

« … Comma 2 vieta gli strumenti contro i novizi in possesso di una Medaglia o meno » recitò Christian come uno studente che ha studiato a memoria il programma « Lo so. Ma dimentichi che ogni regola dal Paragrafo 17 è parte delle disposizioni emendabili. Un Capopalestra può negarle se ritiene che il novizio ne gioverebbe ».

Imbrogliava. Imbrogliava platealmente. Chissà se si era spinto su per la gerarchia della Lega a forza di cavilli burocratici. Ma non gliel’avrebbe data vinta, no: aveva commesso un altro errore. Se lui poteva ritirare il suo Pokémon, allora anche lei era abilitata a farlo. « Karen, rientra! ».

Ralts si dissolse in un raggio cremisi, venendo poi rimpiazzato da un Bulbasaur fuoriuscito dall’altra Poké Ball della contendente. Christian applaudì la mossa, seppur con una leggera vena sarcastica che non si sprecò a camuffare « Approfitti del fatto che Stolascelta ha bloccato Mantyke su Idropulsar. Che ti avevo detto? Ti giova ». Ripetendo il gioco di mani di prima scambiò nuovamente le sfere e Froakie tornò sull’arena che aveva abbandonato qualche minuto prima. Serena scrutò il ranocchio alla ricerca di un oggetto tenuto, ma questi sembrava esserne privo.

Adesso era il momento. Il breve incontro tra Ralts e Mantyke era stato utile per studiare le rispettive strategie, ma ora si faceva sul serio. E nessuno dei due si sarebbe trattenuto o avrebbe giocato con l’altro.

« Giornodisole! ».

« Geloraggio! ».

Froakie mostrò maggiore celerità nel generare la tecnica, ma il tempo necessario per raggiungere il bersaglio fu vitale: il bulbo di Uno originò una sfera luminosa che si elevò nella caverna rischiarandola come una splendente stella incendiata. Serena sorrise, conscia che a quel punto la tattica che aveva approntato per Lino era stata innescata: aveva attivato l’Abilità del suo Pokémon, Clorofilla. E infatti quello, fortificato dalla luce solare, acquistò una lestezza tale che riuscì a scansarsi e osservare compiaciuto l’attacco sciogliersi sul terreno.

Adesso la sfidante era in vantaggio: le velocità degli oppositori erano paragonabili, Bulbasaur era uscito illeso e godeva di pochi ma fondamentali attimi di vantaggio. « Usa Foglielama! » ordinò la sua padrona, e il turbinio verdeggiante colse Froakie mentre ancora si stava riorganizzando dopo l’azione precedente, centrandolo in pieno. Serena non trattenne un’esultanza, ma non poté fare a meno di notare che Christian conservava ancora quel provocatorio sorriso sul volto.

E per buone ragioni: la Schiumorana non aveva patito il colpo nemmeno lontanamente quanto avrebbe dovuto. L’Erba debilitava l’Acqua, eppure non si sarebbe detto da come si era scrollato di dosso l’offensiva. Quando il sogghigno del Capopalestra si trasformò in una risata di scherno, la ragazza lo fulminò con lo sguardo « Che cosa c’è, ora? ».

« Ti è familiare il concetto di Abilità? ».

Ti è familiare il concetto di Abilità? All’involontaria ripresa delle stesse parole usate da Violetta, Serena perse molta della sua spavalderia « Certo ».

« L’Abilità di Froakie è Mutatipo. Ogni volta che usa una mossa si mimetizza in essa, acquisendone il tipo. Ciò rende al contempo più forte l’attacco e più imprevedibile lui ».

La ragazza comprese: adesso quel ranocchio era di tipo Ghiaccio, e il Ghiaccio non temeva particolarmente l’Erba. Mentre la realizzazione le giungeva fiaccante, Christian fu galvanizzato e il suo Froakie scagliò immediatamente un secondo Geloraggio che, complice una momentanea disattenzione dell’obiettivo, focalizzò quest’ultimo pienamente. Il grido di dolore lanciato da Bulbasaur fece tornare la sua proprietaria in sé « Coraggio, Uno, non perdere la concentrazione! ».

L’anfibio proiettò un terzo flusso gelido, ma questa volta il Pokémon Seme reagì con prontezza schivandolo con la velocità assicuratagli da Clorofilla. Seguì una successione serrata di Geloraggi lanciati con precisione millimetrica, e Bulbasaur si ritrovò a zigzagare per l’intero campo in un tentativo di ritardare l’inevitabile.

Serena si sentì terribilmente impotente. Per quanto un solo attacco avesse ferito il suo amico, tanto era bastato a renderlo decisamente più debole. Lo vedeva arrancare facendo appello a ogni forza residua, ma prima o poi avrebbe commesso un passo falso dettato dalla poca lucidità. La luce solare che aveva generato a inizio battaglia avrebbe favorito una Sintesi che l’avrebbe rivitalizzato, ma Froakie non concedeva loro nemmeno l’istante di tregua necessario per attuarla.

E non poteva neppure rispondere al fuoco: si era allenata quasi esclusivamente sulle tecniche d’Erba, e Mutatipo aveva scompigliato i suoi piani. Senza considerare che, anche qualora avesse trovato un’alternativa a Foglielama, al suo avversario sarebbe bastato cambiare mossa per vanificare i suoi sforzi. Non poteva attaccare. Non poteva attaccare.

Le parole le vorticarono nella testa fino a che non arrivò alla folgorazione che le serviva. No, non poteva attaccare. Ma poteva difendere.

« Uno, fermati e usa Amnesia! ».

Bulbasaur obbedì, arrestandosi sul posto e lasciando che il Geloraggio di Froakie, mirato poco più avanti per tenere il suo ritmo di corsa, si frantumasse al suolo. Piccole bolle dalle tinte arancioni lo circondarono, dondolando elegantemente nell’aria prima di dissiparsi. Il suo avversario approfittò del momento di stasi per attaccare con successo, ma quando la tecnica colse il Pokémon fu a malapena sufficiente a solleticarlo.

« Così! Usala ancora! » esclamò Serena a pugno chiuso, gongolando nel vedere il Capopalestra per la prima volta in difficoltà. Amnesia aveva incrementato la resistenza speciale del suo compagno, e i Geloraggi adesso non potevano danneggiarlo significativamente. « Perfetto, e adesso Sintesi! » ordinò poi, lasciando che il piccolo rettile si ricaricasse usando l’energia solare « Allora, Christian? Ti fai fermare da così poco? ».

Il ragazzo strinse tra le dita i suoi ciuffi biondi e digrignò i denti esacerbato « Credi di aver già vinto? Ho molte altre cartucce nel mio fucile! Froakie, usa Rimbalzo! ». La Schiumorana si abbassò quasi al livello del terreno prima di spiccare un salto di forse oltre dieci metri, svanendo nell’accecamento provocato da Giornodisole.

« Cartucce nel fucile. Che poeta » ridacchiò sarcastica la sfidante.

« Io non riderei, sai? Rimbalzo è un attacco fisico, la tua Amnesia non ridurrà il danno stavolta! ».

« Oh, lo so benissimo. Ma Rimbalzo è anche un’altra cosa » motteggiò la giovane « Di tipo Volante. Uno, usa Naturforza! ».

Christian sgranò gli occhi incredulo. L’aveva raggirato, e lui si era comportato esattamente come lei aveva pianificato. Mutatipo avrebbe armonizzato Froakie alla sua mossa, rendendolo di tipo Volante, e Naturforza, traendo la propria energia dall’arena stessa, avrebbe assunto il tipo Roccia dettato dalla caverna. Superefficace. Entrambe le tecniche sarebbero andate a segno. Distruzione mutua assicurata.

Il Capopalestra fu costretto ad assistere alla scena senza poter reagire. La sagoma del ranocchio in caduta libera ricomparve stagliata contro il finto sole mentre l’attacco di Bulbasaur, convertito in Gemmoforza, veniva sprigionato verso l’alto. Da lì fu una questione di attimi: entrambe le parti si mossero troppo velocemente per essere viste e in un baleno un fragoroso boato assordò i presenti. Una nube di polvere si levò dal punto d’impatto precludendo alla vista buona parte del campo. Rimbalzo doveva essere andato a segno visto il rumore, ma quando la nube di pulviscolo iniziò a diradarsi l’anfibio a terra indicò che anche Naturforza aveva svolto il suo dovere. Presto anche l’altro contendente divenne visibile: entrambi erano accasciati a terra, entrambi colpiti duramente da ciò a cui erano deboli, eppure entrambi non completamente esausti. Apparivano quasi incapaci di muoversi, ma erano vigili.

Christian strinse i denti. Nessuno dei due era messo bene, ma Bulbasaur godeva di un vantaggio: Sintesi. Lui poteva riprendersi, Froakie no. Non poteva permettergli di farlo, o avrebbe perso quel round. E visto che il suo combattente non sembrava in condizione di produrre un Geloraggio, tantomeno di ricorrere a una mossa fisica come Rimbalzo, rimaneva una sola alternativa. « Usa Lancio! ».

Serena si drizzò come un manico di scopa. Sotto i suoi occhi il ranocchio infilò la zampa sotto il collare schiumoso e ne sfilò un pendente a forma di goccia. Acqua Mistica, celata per tutto quel tempo, mai impiegata perché ricorrere a mosse d’Acqua sarebbe stato fuori luogo per il suo avversario. Se avesse colpito Uno sarebbe stata più che sufficiente a mandarlo al tappeto. La reazione della ragazza fu più istintiva che ragionata « Presto, Resistenza! ».

Lo strumento lasciò in quel momento la stretta della Schiumorana per dirigersi verso il suo bersaglio. Bulbasaur si accovacciò all’istante e fu centrato in piena fronte dal proiettile, che tuttavia fu sbalzato via con un sussulto del ricevitore. Per quanto con un briciolo di vitalità, la tecnica difensiva gli aveva permesso di reggere.

La sfidante trattenne un’esultanza per la sola ragione che non era ancora finita. I suoi occhi andarono al soffitto della caverna, dove la sfera prodotta da Giornodisole andava affievolendosi. Sarebbe durata ancora poco, quindi doveva fare in fretta. Un’occhiata rapida a Froakie bastò a capire che non riusciva a rialzarsi dall’attuale posizione inginocchiata, e per quanto spossato sarebbe stata necessaria una tecnica di potenza non indifferente per finirlo. « Uno, usa Solarraggio! ».

Christian trasalì, Serena non si deconcentrò per un’istante. Bulbasaur era stato violentemente ferito da Rimbalzo, forse anche paralizzato, e il solo issarsi sulle piccole zampe lo fece tremare. Ma doveva farcela. Poteva farcela. La sua padrona lo incitò a mente, forse addirittura convinta che servisse. Coraggio. Coraggio, ripeté tra sé e sé mentre il suo amico radunava le sue forze.

Ma non fu sufficiente. Dopo un ultimo sforzo il Pokémon cadde a terra incapace di proseguire, e Serena fu obbligata a ritirarlo nella Ball mentre il sole artificiale si spegneva e sull’antro calavano nuovamente le tenebre. Con i nervi a fior di pelle lanciò in campo Karen, parzialmente rinvigorita dal breve riposo ma comunque limitata dal suo stadio evolutivo. La ragazza si sarebbe attesa di vedere dall’altro lato la sinuosa sagoma di Mantyke, eppure l’anfibio era ancora al suo posto. « Non hai intenzione di richiamarlo? » domandò corrucciata.

« Il fatto che Froakie sia debole non vuol dire che sia inutile » ribatté sprezzante Christian « Non ha speranze di vincere, ma è sacrificabile per sfiancare Ralts. Credo che sopravvaluti il tuo piccoletto ».

Serena increspò le sopracciglia disgustata. La prima frase era stata quasi troppo gentile per il personaggio, e infatti con la seconda e la terza si era ampiamente rifatto. « Nessun Pokémon è sacrificabile. Per la cronaca, Karen è una lei » lo corresse adirata « E credo che sia tu a non doverla sottovalutare, perché hai dimenticato qual è stata la tua ultima mossa ». La sua ira era tale che non lasciò nemmeno al suo avversario il tempo di comprendere il suo errore e gridò a pieni polmoni « Karen, usa Assorbibacio! ».

Il Capopalestra pensò che fosse una decisione peculiare, e quando ne afferrò il senso ormai era troppo tardi. L’ultima mossa di Froakie era stata Lancio, tipo Buio, e per via di Mutatipo ora anche il Pokémon stesso l’aveva acquisito. Il che lo rendeva vulnerabile al Folletto, una delle specialità di Ralts. Prima ancora che potesse rispondere la Schiumorana giaceva inerme a terra, definitivamente stordita. Erano pari: uno a uno, e lo scontro decisivo era alle porte.

Per quando Mantyke giunse sull’arena, però, Serena aveva già elucubrato abbastanza per capire che aveva perso. Era come Violetta aveva detto: Ralts era troppo fragile per reggere uno scontro diretto. Credeva di essere migliorata, di essersi preparata, e invece aveva di nuovo peccato di superbia. Ma esattamente come allora non intendeva darsi per vinta. Le chance erano nulle, ma arrendersi non era da lei. Si fece coraggio.

« Fogliamagica! ».

« Idropulsar! ».

Come nella prima iterazione l’attacco di Karen scalfì appena la pelle della manta, che nel frattempo aveva già caricato e scagliato il suo getto d’acqua. Ralts fu investito in pieno, svanendo sommerso dalla massa liquida senza nemmeno provare un Teletrasporto, perché si era già rivelato inutile. La sua proprietaria si attese di ritrovarlo steso in acque chete, umido e vinto.

Ma non fu così. Con sconvolgimento di tutti i partecipanti, Karen in primis, il piccolo Pokémon Sensazione era rimasto vigorosamente in piedi. Si sarebbe detto che la tecnica l’avesse mancato da come pareva illeso, ma tutti avevano assistito al contrario. Serena non riuscì a capacitarsi di cosa fosse successo, rimanendo immobile con gli occhi sgranati. Christian invece realizzò l’accaduto relativamente presto, con una voce che trasudava stupore « Traccia… ».

« Cosa? ».

« Il tuo Ralts ha Traccia come Abilità, vero? ».

La ragazza lo osservò perplessa. Lei l’aveva scoperto negli studi in previsione di quel giorno fatidico, ma non l’aveva mai detto nel corso della battaglia. « Sì, come fai a saperlo? ».

« Perché si è appena attivata, furbona. Ha copiato Mutatipo da Froakie ».

In quel momento la bionda competitrice afferrò appieno il significato delle parole dell’Allenatore, e in parallelo anche come si era svolta la faccenda. Quando Karen era scesa in campo Traccia aveva imitato l’Abilità del suo avversario corrente, ovvero Froakie. Quando aveva usato Fogliamagica Mutatipo era stata innescata, e il nuovo tipo Erba aveva resistito a Idropulsar. Ora Mantyke era vincolato a quella mossa che lei non soffriva. Era di nuovo in partita.

E un’altra realizzazione la colse a quel punto, una che la rinvigorì all’istante: contro Violetta aveva vinto. Aveva ripassato la sfida decine di volte, al punto da impararla a memoria, eppure non le era mai passato per l’anticamera del cervello che quella caratteristica che aveva ritenuto inutile, Traccia, potesse consentirle di ritorcere l’Abilità del suo nemico contro di lui. Ora invece le appariva chiarissimo: Karen tre settimane prima aveva copiato Insettocchi, e quindi aveva sempre saputo qual era il vero Vivillon tra le copie prodotte da Doppioteam. Se avesse attaccato avrebbe vinto, e per questo Violetta si era arresa. Le aveva mentito per non farle montare la testa.

Christian, silenzioso a digrignare i denti fino ad allora, si convinse che non aveva nulla da temere: poteva sfinire quell’esserino a furia di Idropulsar. Era pur sempre il settimo Pokémon più debole conosciuto e non aveva modo di rivitalizzarsi autonomamente. « Mantyke, v–– ».

« Karen, Attaccalite! » proruppe Serena con un ritrovato sorriso.

Il Pokémon Aquilone cercò di obbedire al Capopalestra, ma non riuscì a sferrare l’attacco. Fu come soffocato, incapace di generarlo nella bocca. « Cosa? ».

« Stolascelta può anche esserti utile per essere più veloce, ma devi pagarne il prezzo » spiegò la ragazza soddisfatta « Non puoi cambiare mossa. Attaccalite impedisce di usare la stessa due volte di fila, quindi non puoi toccarmi ».

« Non posso finché non attacchi di nuovo » la corresse Christian, ben conscio del funzionamento della tecnica e dei suoi tempi di reset « Ricorda il Paragrafo 2, Comma 24. Norme sullo stallo: se non attacchi in tre minuti hai perso ».

Serena annuì. Conosceva benissimo il regolamento. E non avrebbe avuto bisogno di quei tre minuti, perché ormai sapeva cosa fare. Prima il nervosismo aveva annebbiato il suo raziocinio, troppo concentrata com’era sul non perdere, ma ora vedeva chiara la strategia di vittoria. E non c’era nulla che il suo avversario potesse fare per fermarla. « Karen, usa Baratto! ».

Una coppia di flussi energetici color erba connesse in versi opposti i due Pokémon in campo. Quasi contemporaneamente l’Idropulsar di Mantyke tornò in funzione, proiettato dritto contro Ralts e sommergendolo. Christian si concesse una breve esultanza, ma fu quasi immediata la realizzazione che il suo nemico non stava indietreggiando di un millimetro. Di più, stava assimilando il colpo.

« Sorpreso? » domandò la sfidante in tono provocatorio « Baratto scambia l’Abilità con il bersaglio. Possiamo dire con moderata certezza che il tuo Mantyke aveva Assorbacqua? ».

« INTERROMPI SUBITO L’ATTACCO! » ordinò il ragazzo a pugni stretti, e all’istante il getto fu tranciato alla fonte cadendo sul suolo pietroso. Assorbacqua rinvigoriva l’utilizzatore quando era colpito da mosse di tipo Acqua, quindi tutto ciò che aveva fatto era stato avvantaggiare Ralts. Non solo, per via di Stolascelta non poteva nemmeno cambiare mossa. Era inerme. « Come sapevi che Abilità aveva? ».

Il ghigno di Serena fu eloquente nel mostrare il suo stato d’animo. Aveva ricordato dove aveva visto Mantyke prima: era nella lista di Pokémon che Trovato gli aveva mostrato parlandogli di quell’Abilità. « Merito di un amico » commentò criptica « Ma grazie per la ricarica gratuita ». Assaporò il puro risentimento provato dal Capopalestra come la fragranza del primo giorno di primavera, poi si rivolse alla sua Karen « Allora, la chiudiamo? Prepara Laccioerboso ».

« Mi chiedevo quanto ci avresti messo a capire che era più efficace di Fogliamagica per il peso di Mantyke ».

« Chiedo venia, ero distratta ».

« Sai, è irritante essere sconfitto da un’Allenatrice imbarazzante come te » disse il giovane amareggiato « Stai attaccando un Acqua-Volante. Non dovresti usare l’Erba, dovresti usare lo Psico o il Folletto che sono i tipi di Ralts. L’efficacia è la stessa ».

« È irritante essere stata quasi sconfitta da un Allenatore imbarazzante come te » ribatté Serena secca « Perché hai dimenticato che Baratto funziona in entrambe le direzioni, quindi Mutatipo è passato a te. Dimmi, qual è l’ultima mossa che hai usato? ».

Proprio mentre un duo di viticci fluorescenti spezzava la continuità della roccia come germogli nel cemento, Christian ebbe l’epifania più significativa della sua vita: non aveva semplicemente perso, era stato superato. Aveva trascurato la sua stessa Abilità, e il fatto che in congiunzione con Idropulsar avesse cancellato il tipo Volante dal suo Pokémon Aquilone. E l’entusiasmo di Serena non fece che rendere ancora più duro il momento in cui la manta, stritolata dai rampicanti, cadde tramortita a terra impossibilitata a continuare lo scontro, sancendo la sua sconfitta. Nonostante gli strumenti usati, nonostante si fosse mosso ai limiti del regolamentare per prevalere, aveva perso.

Serena, sita dal lato opposto dell’arena, si piegò sulle ginocchia e scoppiò in una quieta risata. In un colpo solo aveva guadagnato due Medaglie e si era liberata di quel peso opprimente che la resa di Violetta le aveva caricato sulle spalle. Adesso sì che era un’Allenatrice.

Dopo aver richiamato Karen si avvicinò al sostituto Capopalestra a passi lenti, quasi signorili nella natura. Quello la osservò con uno sguardo dapprima abbattuto, poi illuminato da un guizzo intuitivo « Sei stata davvero brava. Sarebbe bello se cominciassimo ad allenarci insieme, sono sicuro che impareremmo qualcosa l’uno dall’altra ».

La ragazza gli rivolse un’occhiata di fuoco. Mentiva, e non era nemmeno bravo a farlo. Sicuramente era così che era entrato nelle grazie di Narciso: facendosi amici i più talentuosi, vivendo sotto le loro ali protettive e aggrappandosi a loro mentre spiccavano il volo verso i piani alti degli ordinamenti degli Allenatori. « La mia Medaglia, grazie ».

Sbigottito e mortificato – probabilmente non era abituato a ricevere un rifiuto così deciso –, Christian frugò nella tasca della sua giacca per estrarne una spilla dalla forma simile a una parete di mattoni, un premio adeguato alla Palestra di Linus Stromberg. Protese la mano per porgerla alla vincitrice, recitando con tono afflitto « Questa è la Medaglia Rupe. Adesso che possiedi due Medaglie risulti regolarmente iscritta alle qualificazioni per l’Esame della Lega Pokémon di Kalos. Congratulazioni ».

La ragazza sorrise e la strinse tra le dita orgogliosa. Avrebbe voluto dire molte cose a quell’arrogante, ma un incipiente sermone fu troncato dal suono inconfondibile di una notifica del PSS. Quando l’ebbe recuperato dalla borsa scoprì che si trattava di un lapidario quando enigmatico messaggio di Bellocchio.

Costa Nera a mezzogiorno”.

 

 

Quando Serena arrivò alla spiaggia designata, sotto un cielo limpido e un sole accecante alto sulla cupola turchina, il suo amico doveva essere lì già da diverso tempo. Una scia di orme marcate nella sabbia conduceva alle sue scarpe affossate nei granelli. Entrambe le sue mani erano infilate nelle tasche frontali dei pantaloni, il volto era proteso all’orizzonte color indaco, e una brezza marittima sollevava appena il suo cappotto. Lo aveva indosso nonostante il caldo, ma non sarebbe stato lui se avesse ragionato come loro comuni mortali.

Appena la ragazza gli fu sufficientemente vicino, l’uomo parlò senza muovere il capo « Com’è andata? ».

« Ho vinto! » rispose Serena con gioia. Bellocchio si voltò verso di lei quando bastava perché un insolitamente arcuato sorriso di congratulazioni divenisse visibile. Era felice per lei, su questo non c’era dubbio. « Sono uscita da poco, però. Come sapevi che per mezzogiorno avrei finito? ».

« Perché ero certo che ce l’avresti fatta in breve, ed ero certo che avresti vinto ».

« Per fortuna che uno di noi due lo era » commentò la ragazza con pungente autoironia « Ah, sai che avevo vinto pure con Violetta? ».

« Sul serio? ».

Serena annuì allegra « Questione di abilità ». Sul momento rise tra sé e sé per quella freddura tanto ingegnosa, ma a ben pensarci era terribile. Meglio dimenticarla. « Perché siamo qui? ».

Il giovane estrasse la mano destra dalla rispettiva tasca, stringendo tra le mani una Poké Ball fortemente danneggiata. Numerosi graffi le segnavano la copertura, e in alcuni punti pareva addirittura di intravedere della ruggine.

« Cos’è? ».

« La sfera che contiene la Chansey di Kashlinsky. Quella che alimentava il generatore sinaptico di Hoopa ».

« Quella con cui hai fatto il giochetto per batterlo » rammentò l’Allenatrice « Cosa ne facciamo? ».

« La liberiamo. Ha passato anni dentro la Ball, è anche ora che si faccia una camminata. Tu sei d’accordo? ».

« Sei tu l’incubo degli dei ».

Bellocchio emise uno sbuffo divertito alla punzecchiatura dell’amica e premette il pulsante centrale della sfera. Di lì ciò che seguì fu confuso: il flash di apertura lo accecò per una frazione di secondo, ma in quel brevissimo istante una serie interminabile di migliaia e migliaia di figure danzarono nella mente del giovane. Riuscì a distinguere soltanto alcune immagini, fotografie di un film sconclusionato: un vortice blu, una donna bionda che lo baciava, una cabina metallica e poco altro. Senza alcuna transizione ritornò alla realtà, non prima però che un’ultima istantanea gli infiammasse le retine: il cosmo. Un angolo remoto dell’universo, buio e al contempo denso di stelle che come gemme lo decoravano.

Serena afferrò il suo amico per le spalle per evitare che cadesse dopo averlo visto sobbalzare all’indietro « Ehi, che hai? ».

Bellocchio sbatté le palpebre più volte. Solo ora si rendeva conto che quelle diapositive non erano state mute: le sue orecchie palpitavano, investite da suoni inconsulti che pareva aver avvertito solo lui. Impiegò qualche momento per riportare la sua soglia uditiva a un livello accettabilmente basso. « Ho visto… È stato strano, è come se… » farfugliò. Osservò la Poké Ball ora aperta e vuota come se avesse scorto un fantasma al suo interno « Ho visto i ricordi di Kashlinsky ».

Serena sussultò « Cosa? ».

« Dev’essere stato il generatore » proseguì l’uomo ancora sconcertato « Mentre estraeva il codice sinaptico per produrre le radiazioni deve averlo rinforzato ».

« Le ha impresse dentro la Poké Ball ».

« Può essere. Quando l’ho aperta mi saranno arrivate in faccia ».

La ragazza esaminò a fondo il suo volto con preoccupazione. Per quanto ne stesse parlando con la più assoluta naturalezza era evidente che ciò che aveva provato per quella scheggia temporale era stato tutt’altro che banale. Se davvero erano le memorie di quello scienziato di cui le aveva raccontato, doveva aver rivissuto avvenimenti cupi. La caduta del Pianeta Nero, la progressiva follia del suo leader, il proprio assassinio… « Tu stai bene? ».

« Sì… Sì, sono andate. È stato un attimo » la rassicurò Bellocchio. Rivolse il proprio sguardo al paffuto corpo di Chansey, che fino a quel momento li aveva scrutati incuriosita, e si accorse che anche lei ora lo fissava negli occhi. La sua espressione era strana, delicata, come se stesse cercando di comunicargli qualcosa. Ma dovette rinunciare e, senza emettere neppure un verso di ringraziamento o attendere la conferma della sua liberazione, si allontanò verso nord a goffi passi.

A Serena la scena, e in particolare la dinoccolata andatura del Pokémon Uovo, erano parse quasi comiche. « Mi hai chiamato qui per questo? ».

« No. Cornelius oggi mi ha telefonato, ha detto che durante la notte si è svegliato e il suo armadio brillava. Termine esatto usato da lui ». L’uomo mise da parte la Poké Ball dopo averla richiusa e con la mano rimanente mostrò un altro oggetto: un piccolo coccio traslucido, parte di una gemma opalescente. « Ha trovato questo nella tasca della giacca che hai indossato durante l’invasione ».

Serena sobbalzò, riconoscendolo immediatamente « È uno dei frammenti! ».

Il suo amico assentì a confermare il riconoscimento visivo « Secondo Saul erano quattro in tutto, quindi ne manca uno ».

« Ma… » esitò la ragazza grattandosi la fronte. Il primo l’avevano rinvenuto nel nido dei Beedrill, il secondo era giunto a loro per mano di Dusknoir. « E questo come ci è arrivato lì? ».

« Era quello che volevo chiedere a te ».

Domanda legittima, sotto un certo punto di vista: il soprabito l’aveva preso in prestito lei. « Io non ne ho idea ».

« Lo immaginavo » commentò il giovane « Sospetto che qualcuno l’abbia messo lì mentre eri prigioniera nella caverna ».

« Hoopa? ».

« Forse ».

« Ma perché nella mia? ».

Bellocchio abbassò gli occhi alla rena in cui affondavano i suoi piedi, seguendo i granelli che scivolavano nella depressione locale del terreno. Che cosa stava facendo della sua vita? Serena era la sua migliore amica, aveva più volte rischiato la vita per lui. E come la stava ripagando? Celandole informazioni che avrebbero potuto salvarla in un giorno lontano. Non più. « Sapevo che avevi vinto con Violetta ».

La ragazza gli rivolse uno sguardo disorientato. Era abituata ai cambi di discorso di quello strano individuo, ma non così improvvisi e seri.

« Sono andato a parlarle quel giorno e mi ha confermato che avevi vinto ».

« Ma… Perché non me l’hai detto? ».

Bellocchio inspirò profondamente. Avrebbe voluto affermare che non lo sapeva, ma lo sapeva benissimo. « Perché è quello che faccio, mento continuamente. Fingo di ricordare tutto della mia vita, fingo di riconoscere il tuo volto quando mi parli dopo il tramonto. Mento da talmente tanto tempo che ormai è un’abitudine. È come respirare, non ci faccio nemmeno caso ».

« Per una Palestra… Ma dai–– ».

« La Dama Cremisi ti stava tenendo d’occhio. L’ho capito da quando ci ho parlato la prima volta. Mentre viaggiavo con te l’ho sempre saputo ».

La bocca di Serena rimase semichiusa, interrotta da una frase che l’aveva paralizzata. L’aveva tenuta d’occhio. Era una combinazione di parole banale, eppure la sua mente non riusciva a recepirla. « Me? Perché? ».

« Non lo so. Considerando che è morta non lo saprò mai » considerò l’uomo chinando nuovamente il capo « Ti capisco se hai cambiato idea, se non vuoi continuare a viaggiare con me. Avresti ragione ».

Eccolo di nuovo. Stava avendo gli stessi ripensamenti che già le aveva esposto poco prima di quel pacifico tramonto nell’appartamento di Cornelius. Serena credeva di aver messo a tacere gli irragionevoli sensi di colpa del suo amico già allora, ma assumere ciò nei confronti di chi ogni giorno non ricordava il precedente era stato con il senno di poi un delirio. E ripetere le stesse cose difficilmente avrebbe funzionato di nuovo.

Per un po’ la ragazza faticò a trovare una risposta apprezzabile. Poi una bizzarra concomitanza di intuizione e buona sorte la favorì, donandole i vocaboli giusti da pronunciare « Hai letto del nostro primo incontro? ».

« Certo ».

« Quella notte ti feci credere di essere un’Allenatrice. Tu ne eri convinto e io non dissi nulla, perché mi piaceva che almeno qualcuno lo credesse. Perciò, vedi, tecnicamente ti ho mentito prima io » concluse con un sorriso, imitandone poi il tono di voce mentre riprendeva ironicamente la frase da lui usata poco prima « Ti capisco se hai cambiato idea, avresti ragione ».

Bellocchio rise a sua volta. Niente da fare, era proprio decisa a proseguire con lui. E in fondo che autorità era per arrogarsi il diritto di impedirglielo? Entrambi tornarono a contemplare l’oceano. Udirono solo ora il dolce suono delle onde che si frangevano sulla battigia, come se le loro orecchie fossero state liberate soltanto in quel momento. Il loro moto armonico era tanto poetico che interromperlo sarebbe stato un crimine, ma come al solito a qualcuno spettava il fardello.

« Allora, andiamo a mangiare? La battaglia mi ha messo fame ».

Senza nemmeno attendere risposta, la bionda Allenatrice si incamminò in salita per uscire dalla spiaggia e tornare nella zona urbana di Altoripoli. Il suo amico la osservò nel tragitto per qualche secondo prima di obiettare « Ma è solo mezzogiorno ».

« Magari questa volta non dovremo cucinare tutto in cinque minuti! » replicò lei ad alta voce, rifiutandosi giocosamente di degnarlo di uno sguardo.

Bellocchio esitò prima di seguirla, dispiaciuto di dover abbandonare un paesaggio così memorabile come lo scintillante litorale di mezzodì. Ma in fondo, ancor più che mentire, questo era ciò che faceva: lasciava tutto indietro. Laddove altri si sarebbero legittimamente crogiolati per qualche giorno nell’idea di aver salvato Kalos, loro proseguivano come se nulla fosse successo.

Quella era la loro vita, adesso. Mai fermi, sempre pronti a inoltrarsi in nuove avventure. C’era chi li avrebbe criticati, ma anche quella era la forza di loro due: nessuno aveva la minima intenzione di mancare l’appuntamento con le meraviglie che li attendevano. Da qualche parte cuori tra i ghiacci attendevano di essere sgelati, pietre indemoniate giacevano silenti, uomini senza volto ordivano schemi, ombre tendevano agguati agli indifesi e cancelli per l’inferno bramavano l’apertura. E loro sarebbero stati lì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

brutte notizie

LKNA chiude.

Bene, ora che vi ho spaventati posso dire che non è vero: non chiudo nulla (finché il mio sistema cardiocircolatorio non collasserà per colpa di Geometria I). Per chi ha letto questo capitolo in differita non ci sarà stata alcuna sorpresa, dato che nel menù a tendina sotto il titolo avrà visto un rimanente numero imprecisato di altri episodi (a quattro cifre, se vado avanti di questo passo). Quindi ci sono soltanto una decina di persone che potrei o non potrei aver scioccato con l’annuncio di cui sopra.

Perché ho esordito così? Perché ho effettivamente brutte notizie da comunicare (altrimenti il titoletto sarebbe sprecato), e ho pensato che dandone prima una falsa e tragica avrei indorato la pillola. È stata una pessima idea, ma ormai ho scritto queste righe e sono troppo pigro per ricomporle.

Chi ha seguito in diretta (i famosi dieci) sa che ho pubblicato l’1x32 con un ritardo di una settimana a mezza, ritardo dovuto al fatto che banalmente non lo avevo ancora finito. Avevo affermato nel lontano dicembre 2014 che questo sarebbe stato l’anno di LKNA: grande arco di Altoripoli e finale della prima stagione. Posso dire di aver mantenuto almeno una delle due promesse, che in termini statistici non è un risultato da buttare. Questo per introdurre la vera sconfortante novella: niente finale di stagione a luglio.

È stata una decisione sofferta: nel corso dell’anno e mezzo di vita di LKNA sono quasi sempre riuscito a mantenere il ritmo di due capitoli al mese (minisodes a parte) e a tener fede alle scadenze annunciate. Tale presa di posizione deriva dunque da due considerazioni principali: la prima è che, per quanto questa storia mi appassioni, non posso nemmeno lontanamente pensare di metterla davanti ai miei doveri universitari, per la banale ragione che uno dei due campi ha vaghe speranze di mantenermi un giorno e l’altro no (a meno che tutte le proprietà intellettuali che ho violato con plagi sistematici non mi concedano licenza gratuita di lucro). La seconda è che, per rimanere in pari con termini autoimpostimi, avrei dovuto scrivere qualcosa come un capitolo alla settimana o portarmi LKNA dietro durante la sessione estiva di esami. La terza è che, in fin dei conti, conviene anche ai miei lettori che io abbia il tempo per pianificare attentamente le storie che intendo presentare loro, e non ha senso affrettarle per qualcosa di tanto etereo come la puntualità.

Quindi quali sono i piani di LKNA nell’immediato futuro? Maggio sarà di pausa: lo userò per respirare e preparare ciò che verrà in seguito. Durante giugno e luglio avverrà la pubblicazione della penultima avventura del primo gruppo, tre capitoli incorniciati da due minisodes pubblicati con la solita cadenza quindicinale. Il finale di stagione slitterà ahimè a settembre, quando sarà edito, eccezionalmente, un episodio a settimana anziché due. Per ciò che verrà dopo, beh, dovrete aspettare per scoprirlo.

E ricordate che tutto ha un inizio a una fine. Ma non sempre la fine viene presto.

 

Un mortificato ma stranamente a suo agio,

Novecento

   
 
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