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Autore: EmilyWord    29/04/2015    0 recensioni
Piccola riflessione di una musicista diciannovenne che sta vivendo la sua arte senza nemmeno rendersene conto, perdendo così se stessa.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un cuore che cerca sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto sa di cosa è stato privato.
La morte non è però la più grande perdita nella vita. La più grande perdita è ciò che muore dentro di noi mentre stiamo vivendo. E non sempre esser morti significa morire.
Hai intenzione di sentire una storia?
Ogni persona ha una storia, non c'è la necessità di ascoltare quella altrui, sapendo soprattutto che solo colui che l'ha vissuta riuscirà davvero a comprenderla con il corso del tempo.
Quindi perché raccontare qualcosa se nemmeno darà emozioni minimamente simili a ciò che davvero si è?
Ho solo diciannove anni, e già parlo in questo modo, mi faccio pietà da sola. Ma almeno ho la consapevolezza di non comprendere nulla di ciò che è avvenuto nella mia vita, ed è già abbastanza.
E' successo tutto troppo in fretta, tutto così dolorosamente, così inesorabilmente. E non serve molto per stentare a credere cosa sia realtà e cosa sia fantasia.
Tutta colpa dei giorni che si ammucchiavano nell'angolo della mia mente, idealmente sotto le suole di quelle scarpe così malconce; tutta colpa dei ricordi che scorrevano inesorabili lungo quella sottile linea della notte, che ha come origine l'anima e come temine lo sguardo; tutta colpa della realtà che non offriva rifugio nemmeno nell'angolo più tenebroso che poteva esistere. E ancora oggi, tutto ciò che ho è solo ciò che avevo prima, dove i sentimenti sono sottoforma di pianti neri che si frastagliano come l'oceano sui miei occhi ormai offuscati da ciò che mi aiuta a distruggermi, e non mi vanto ne mi lamento di ogni forma che il destino ha assunto per me.
Sono pronta a continuare, sapendo perfettamente che ciò che ho è solo una vita apparente, con un'aura di morte che lentamente spinge ogni mia azione. In fondo, continuare non è ciò che sto già facendo?
Non ho problemi a confrontarmi con il mio futuro o con il mio presente, ma il passato è li che stride sulle leggeri pareti create dall'animo e trasforma ogni singola ferita in una stridula poesia, che poi si trasforma in suono, e poi si concretizza. Questo dolore origina voce, questa distorsione origina fantasia; questa me origina mostri che poi diventano ciò che mi hanno resa famosa. E sono così, della stessa materia della morte e della musica, dello stesso pianto nero di cui nessuno comprende la vera origine.
Sento, provo, inesorabile sfido quel destino che ancora non vedo, ma che continua a farmi soffrire.
Prima mi chiedevo se i miei ideali potessero esser compresi, ma, con il passare della mia vita, mi chiedo solo se siano rimasti questi sospiri.
Non serve dannarsi, siamo solo anime perdute, e con il tempo lo accetteremo. Ma quanto tempo potrò mai avere lungo questa agonia?
   
 
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