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Autore: Shannara_810    29/12/2008    13 recensioni
Mentre il tocco gentile delle labbra di Arthur sfiorò la carne rovente della sua fronte, Merlino sentì il respiro serrarglisi in gola.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Attimi
Rating: PG
Pairing: Arthur/Merlino
Spoilers: Il Calice Avvelenato, 1x04.
AN: beh, con questa piccola storia senza pretese, voglio solo permetterci di sognare un pochino su quello che sarebbe potuto accadere prima della scena in cui Arthur si reca a far visita a Merlino e tutto pare tornare come prima o quasi tra di loro. Perché, ammettiamolo tutto in quella serie, grida al pairing Arthur/Merlino. E, vi prego, non fate caso se uso il nome inglese del nostro bel principe. Semplicemente mi piace di più. Tutti i diritti della serie Merlin appartengono alla BBC.

Attimi
Mentre il tocco gentile delle labbra di Arthur sfiorò la carne rovente della sua fronte, Merlino sentì il respiro serrarglisi in gola per un tempo che parve infinito. Un tempo infinito per lui, giovane mago, ma che nella realtà al di fuori di quelle spoglie mura di pietra si protrasse per un semplice battito di ciglia. Un battito prima che il ricordo di dover fingere di dormire lo riscuotesse.
Tentò di normalizzare il suo respiro, cercando di fingere un’immagine di sonno sereno. Dentro di sé, invece, era una massa brulicante di atomi eccitati e magia cui era bastato un semplice tocco del principe per potersi liberare inarrestabile, lontano dal suo controllo. Da qualche parte nella sua mente sconvolta, il suo inconscio era tuttavia riuscito a tenerlo immobile prima di venire scoperto.
Dita forti sfiorarono i suoi capelli madidi di sudore, allontanandogli scure ciocche dalla fronte. Quelle dita si soffermarono per un secondo, o forse due, prima di scendere a lambire la sua guancia infuocata e poi scomparire. Un tocco così flebile da sembrare irreale. Soltanto un sogno sfocato, eppure tutto in lui gridava altrimenti. Un semplice tocco. Immediatamente Merlino ne sentì la mancanza, la sua pelle fremeva come attraversata da mille e mille scosse elettriche. Era bastato un semplice tocco.
Non riusciva a crederci Merlino. Si chiedeva se magari la febbre indotta dal veleno di Nimueh non avesse iniziato anche ad intaccare la sua ragione oltre che al suo corpo, mescolando realtà a mera fantasia. Arthur, anche se non era l’arrogante principe viziato offeso dalla sua sola presenza, non avrebbe di certo perso il controllo per lui, per quel figlio di nessuno morente. E mai... mai l’avrebbe toccato in quel modo così… no, non poteva dire quella parola, non era possibile. Arthur era il principe, eppure… lo aveva sfiorato in un modo quasi intimo.
C’erano state volte in cui il principe aveva dimostrato di considerarlo più di un semplice servo, qualcuno cui impartire ordini e da guardare dall’alto in basso. Alle volte, gli veniva quasi da credere che Arthur lo considerasse un suo amico. Forse non un amico cui raccontare i propri segreti più oscuri o i propri timori, ma qualcuno di cui fidarsi con la certezza che sarebbe stato lì quando ne avesse avuto bisogno. Era una cosa che sentiva attraverso certi piccoli gesti o azioni, attimi in cui tutto il resto diveniva insignificante. Un ricordo preciso si fece strada in lui con prepotenza. Un flash, rapido ed indistinto, in cui Arthur gli circondava le spalle con un braccio. Lui, lo stupido servo. Il suo principe non era tenuto a salvare la sua patetica, idiota esistenza eppure lo aveva fatto, rischiando la furia di Uther.
Ricordare quegli attimi in cui i loro corpi si erano trovati vicini, così vicini, stretti l’uno al fianco all’altro gli mozzava il respiro già flebile. Ma non era stata la prima volta, la prima volta in cui la sola presenza di Arthur, una sua misera parola, lo aveva mandato in confusione.
C’era il modo sarcastico con cui si affrontavano, quello scambio che veniva loro naturale almeno quanto respirare. O la cosa che preferiva più di tutte, quando Arthur gli diceva almeno una volta al dì “Merlino, tu idiota” in quel suo tono frustrato, ma che all’udito di un semplice servo perdeva tutta la sua ostilità, risuonando allegro come una melodia di note giocose.
C’erano volte in cui Arthur lo scrutava con quei suoi occhi di tempesta, con uno sguardo che non riusciva a definire. Uno sguardo che faceva tremare tutto il suo corpo senza che potesse impedirlo e lo faceva arrossire come un’ingenua servetta. Sapeva che non voleva dire nulla quello sguardo, non poteva dire nulla.
Ma ora? Ora non aveva più certezze, Merlino. Quel bacio sulla fronte, quel tocco fra i capelli umidi, l’avere anche solo Arthur al suo capezzale a prendersi cura di lui, gli faceva battere  il cuore come lo stallone del suo principe lanciato al galoppo nel fragore della battaglia. Aveva paura che decidesse addirittura di balzargli fuori dal petto. Sentiva le dita implorarlo di poter afferrare quella mano callosa ma gentile e stringerla forte.
Chissà cosa sarebbe successo se avesse aperto gli occhi. Poteva percepire il respiro di Arthur sfiorargli i capelli. Poteva sentire il profumo della sua pelle: olio, sudore, sapone e una cosa cui non poteva dare un nome preciso ma che era irrimediabilmente Arthur.
Avvertì il principe farsi più vicino, prima che le sue labbra calde gli sfiorassero una tempia per la durata di un battito di cuore. Avrebbe voluto spalancare gli occhi per la sorpresa ma il suo corpo non rispondeva più. Era troppo malato e stanco. Poteva solo sfiorare il mento di Arthur con le ciglia in un movimento quasi impercettibile. Poteva solo questo mentre il desiderio di circondare il collo del suo principe e stringerlo a sé diveniva sempre più soffocante. Ma niente funzionava come avrebbe voluto. Semplicemente le sue membra non volevano ubbidirgli.
Doveva muoversi, emettere anche solo un sussurro, mostrargli che lui, Merlino, era al suo fianco ma non poteva. Il suo corpo non voleva cooperare anche se, forse, era meglio così. Arthur avrebbe avuto ragione nel chiamarlo idiota e questo non andava bene.
Non riusciva a ragionare. La sua mente era confusa, avvolta in una grigia nebbia che la febbre rendeva sempre più fitta.  Arthur si stava allontanando.
Avrebbe voluto urlare, implorare di tornare al suo fianco ma non poteva.
“Guarisci presto, Merlino. Per me”.
Le spire del sonno lo avvolsero nuovamente mentre le parole di Arthur risuonavano potenti dentro di lui, accendendogli una luce calda nel cuore.
Da qualche parte, forse dai meandri stessi di quel palazzo di pietra, il suono di una risata antica si diffuse nell’aria circostante.
Due uomini, un solo destino.
Due uomini, un’anima sola.
  
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